Giornata Internazionale Della Donna

L’8 marzo: una giornata di lotta e di consapevolezza 

L’8 marzo nasce come giornata internazionale delle donne nel 1909 negli Stati Uniti, in seguito alle lotte delle operaie per migliori condizioni di lavoro. Nel 1917, le proteste delle donne russe contro la guerra segnarono un momento chiave, portando questa data a un riconoscimento globale. Figure come Clara Zetkin, che propose la Giornata internazionale delle donne nel 1910, e Rosa Luxemburg, che lottò per i diritti delle lavoratrici, hanno segnato profondamente le battaglie per rivendicare un mondo più giusto. La giornata è poi diventata un momento di mobilitazione per i diritti delle donne, la parità e la denuncia delle discriminazioni e della violenza di genere. 

Perché si sciopera oggi? 

Ancora oggi in tutto il mondo ci si mobilita perché le forme di violenza di genere rimangono o si sono evolute.  La violenza di genere, infatti, continua a essere un fenomeno strutturale: il numero di femminicidi, le molestie sul lavoro e nelle scuole, la violenza economica e psicologica ci dimostrano quanto il problema sia intenso e radicato. A tutto ciò si aggiunge la disparità salariale, la precarietà lavorativa e la differente divisione del lavoro di cura. In un sistema che spesso non dà pari opportunità, l’8 marzo diventa una giornata di lotta collettiva per ribaltare l’esistente e immaginare una società più equa e giusta, un momento per rivendicare tutte e tutti insieme un mondo senza violenza e discriminazioni. 

Dati sulla violenza di genere 

Secondo il rapporto Istat “Le molestie: vittime e contesto” sono 2,322 milioni il numero delle persone di 15-70 anni che hanno subito almeno una molestia sul lavoro nel corso della vita, di cui l’81% sono donne. Inoltre, il gender pay gap in Italia si attesta intorno al 5,5% nel settore pubblico e al 17% nel privato, dimostrando una persistente disuguaglianza economica.
Secondo l’indagine “Oltre le parole. Narrazione politica e percezione pubblica sulla violenza maschile contro le donne”, condotta da ActionAid in collaborazione con Osservatorio di Pavia e B2Research emerge che l’interesse della classe politica sul tema risulta limitato: solo l’1,5% dei post sui social media dei rappresentanti politici affronta questa tematica, evidenziando una disconnessione tra l’opinione pubblica e le priorità politiche.
La scuola ha un ruolo cruciale nella sensibilizzazione, ma spesso manca di strumenti adeguati per affrontare questi temi in modo efficace. 

Il ruolo della scuola: didattica di genere e invisibilizzazione 

Nonostante l’importanza della formazione sui temi di genere, in Italia la scuola presenta ancora molte lacune. L’assenza di un’educazione alle differenze nei programmi e la scarsa rappresentazione delle figure femminili nei libri di testo contribuiscono a rafforzare stereotipi e disuguaglianze. Si devono promuovere pratiche didattiche di genere e un approccio che dia spazio a una visione critica della realtà per costruire una società più consapevole. 

L’8 marzo non è una celebrazione, ma una giornata di lotta. Cosa possiamo fare concretamente per portare avanti questo impegno nelle scuole? Correte a guardare la missione collegata! 

 

L’edizione 2024-2025 del portale è supportata dal progetto “AGIRE”, finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Comitato interministeriale per la programmazione economica – CUP C29I23001120001

Giornata Mondiale contro il Bullismo e il Cyberbullismo 

Giornata Mondiale contro il Bullismo e il Cyberbullismo 

La giornata mondiale contro il bullismo e il cyberbullismo viene celebrata ogni anno il 7 febbraio ed è stata istituita per sensibilizzare l’opinione pubblica e diffondere la consapevolezza circa un tema così delicato oltre a promuovere azioni concrete per prevenire e contrastare il bullismo in tutte le sue forme. Per questo motivo vogliamo chiudere il mese proponendovi un approfondimento su questo tema. 

Cos’è il Bullismo? 

Il bullismo rappresenta solo una delle molteplici forme di violenza tra pari che ragazze e ragazzi possono subire dentro e fuori dalla scuola. Possiamo definirlo come un comportamento aggressivo ripetuto nel tempo che ha l’obiettivo di ferire, intimidire o umiliare una persona da parte di un singolo o di un gruppo. Esistono diverse forme di bullismo: 

  • Bullismo fisico: include atti come spintoni, pugni, calci o danni agli oggetti personali. 
  • Bullismo verbale: insulti, minacce, prese in giro offensive, che mirano a colpire la dignità della vittima. 
  • Bullismo relazionale: esclusione sociale, diffusione di pettegolezzi o bugie per danneggiare le relazioni interpersonali della vittima. 
  • Cyberbullismo: una forma di bullismo che avviene attraverso l’uso di social media, chat, e-mail o forum online. Il cyberbullismo può essere particolarmente insidioso perché la vittima non ha un rifugio sicuro; può essere perseguitata ovunque e in qualsiasi momento. 

Perché è Importante Parlare di violenza tra pari? 

Bullismo e cyberbullismo sono solo una delle forme di violenza tra pari che quotidianamente avvengono dentro o fuori dalla scuola. La violenza tra pari, che poggia le proprie radici in dinamiche di potere ineguali e discriminazioni può avere effetti gravi sulla salute mentale e fisica delle persone che la subiscono e incidere per esempio sul rendimento scolastico, causare ansia, depressione e perdita di autostima. È dunque fondamentale che tutti gli attori della comunità educante siano consapevoli e informati sulla violenza tra pari in tutte le sue forme, anche quelle più sottoli e nascoste, e abbia gli strumenti per prevenirla, contrastarla e gestirla.  

Alcuni dati: 

Dall’indagine “I giovani e la violenza tra pari” condotta da Ipsos per ActionAid su un campione rappresentativo di circa 800 ragazze e ragazzi tra i 14 e i 19 anni, con un focus anche sulla violenza di genere, emerge una situazione preoccupante. Per 4 giovani su 5 una donna può sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole. Ancora 1 su 5 crede che le ragazze possano contribuire a provocare la violenza sessuale se mostrano un abbigliamento o un comportamento eccessivamente provocante. Quasi 1 su 3 sostiene che molte persone che si identificano come non binarie/ fluide/trans stanno solo seguendo una moda del momento.
Sono le ragazze, più dei ragazzi, a vivere con maggior frequenza atti di violenza tra pari, in qualsiasi forma essa si manifesti: molto più spesso dei coetanei assistono a gossip, prese in giro, insulti, scherzi, esclusione di persone dai gruppi, a situazioni in cui le parti intime di una persona vengono toccate senza il suo consenso, alla diffusione non consensuale di foto e video di situazioni intime. Inoltre, le ragazze rischiano più spesso di ricevere molestie verbali mentre camminano per strada, di essere toccate nelle parti intime, di essere vittime di scherzi o commenti a sfondo sessuale e della diffusione di foto/video che le ritraggono in situazioni intime.   

I ragazzi invece rischiano principalmente di essere picchiati e le persone transgender/fluide/non binarie di venire insultate.     

A che punto siamo? 

Negli ultimi anni, diversi Paesi hanno introdotto nuove leggi per contrastare il bullismo e il cyberbullismo. In Italia, la Legge n. 71 del 2017 è stata un passo importante nella lotta contro il cyberbullismo. Innanzi tutto, per la prima volta, viene definito in modo chiaro cosa si intende per cyberbullismo, inoltre questa legge prevede misure specifiche per tutelare i minori, come l’obbligo per le scuole di adottare politiche di prevenzione e intervento. 

La legge attribuisce un ruolo entrale alle scuole: ogni istituto deve nominare una figura responsabile di coordinare le iniziative di prevenzione e di supporto nel caso in cui siano presenti vittime di cyberbullismo. Le scuole sono anche tenute a promuovere attività di sensibilizzazione sul tema. Questo punto è particolarmente importante proprio perché molto spesso fenomeni di questo tipo si sviluppano tra i banchi di scuola e perché l’istituzione scolastica deve essere il luogo che più di tutti insegna a relazionarsi con gli altri e il rispetto reciproco. 

Infine, la legge incoraggia la collaborazione tra scuola, famiglie e istituzioni per creare un ambiente sicuro e rispettoso per tutti. È importante che i giovani siano informati sui loro diritti e sappiano come chiedere aiuto in caso di bisogno. 

Seppur questa legge rappresenti un importante passo in avanti, non è sufficiente focalizzarsi solo su bullismo e cyberbullismo. All’interno del programma Youth for Love, che si pone l’obiettivo di implementare un programma integrato di prevenzione e contrasto della violenza tra pari e di genere, abbiamo elaborato insieme a studenti, docenti, comunità educanti e attori locali e nazionali una serie di richieste politiche specifiche che contribuiscono a rendere le nostre scuole e comunità libere dalla violenza. Per approfondire le richieste: Dieci azioni contro la violenza di genere a scuola. Il decalogo dei ragazzi. (actionaid.it)  

 

Per Approfondire: 

  • Generazioni Connesse: un progetto del Ministero dell’Istruzione che fornisce informazioni e strumenti per affrontare il cyberbullismo. 
  • Telefono Azzurro: offre supporto e consulenza ai ragazzi che subiscono bullismo o cyberbullismo. 

 

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Come ci fanno stare i social media?

Oggi vogliamo analizzare un tema molto attuale e importante: il rapporto tra social media e salute mentale.

Una delle problematiche più importanti legate ai social è la rappresentazione a cui siamo costantemente sottoposti di corpi e vite perfette; uno studio condotto dalla Royal Society for Public Health nel 2017, infatti, mostra come questa costante esposizione possa portare a sviluppare ansia e depressione.

Immagine corporea:

9 adolescenti su 10 dichiarano di non essere soddisfatte del proprio corpo (fenomeno che colpisce sia maschi che femmine, ma le ragazze in misura maggiore)

È stato dimostrato come l’esposizione ai social, soprattutto quando avviene per tempi prolungati, porta le ragazze a provare un maggiore desiderio di modificare il proprio aspetto: il viso, i capelli e/o la pelle per cercare di raggiungere i canoni di perfezione che si vedono sui social, che sono, però, irraggiungibili. Dobbiamo, infatti, ricordare che molto spesso le immagini che vediamo sono ritoccate oppure utilizzano dei filtri.

Vedere foto di corpi perfetti e luoghi da sogno può acuire i sentimenti di inadeguatezza tipici del periodo dell’adolescenza. Da questo punto di vista Instagram mostra di essere il social “peggiore”: il confronto, per un adolescente, non regge mai.

Basti pensare che circa il 70% dei giovani tra i 18 e i 24 anni prenderebbe in considerazione l’idea di sottoporsi a un intervento di chirurgia estetica per assomigliare maggiormente ai corpi visti sui social.

Fomo (fear of missing out):

è un fenomeno caratterizzato dall’uso eccessivo dei social network ed è il bisogno percepito di rimanere costantemente connessi con la propria rete sociale. La FOMO è stata definita nella letteratura scientifica come coinvolgente due componenti primarie specifiche:

  • a) l’apprensione che gli altri stiano vivendo esperienze gratificanti dalle quali si è assenti,
  • b) il desiderio persistente di rimanere connessi con le persone della propria rete sociale.

Il principale problema legato a questo fenomeno è che le persone postano quasi esclusivamente i lati felici della propria vita, in questo modo vista da fuori può sembrare perfetta e far sentire inadeguati (soprattutto gli adolescenti), si pensa, appunto, di starsi perdendo qualcosa.

Proprio per tutte queste ragioni risulta fondamentale un’educazione all’utilizzo consapevole e sicuro della rete e dei social media, per fare ciò è necessario che questa formazione inizi fin dalle scuole elementari. Proprio perché questo tema che è sempre più attuale e coinvolge tutti noi e per quanto internet e i social network abbiano portato innumerevoli benefici e vantaggi è importante non dimenticarsi anche del lato più buio e problematico di queste tecnologie.

 

Per approfondire:

 

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Giornata Mondiale della Giustizia Sociale

La Giornata Mondiale della Giustizia Sociale si celebra il 20 febbraio, è stata istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2007, con l’obiettivo di promuovere azioni concrete per affrontare le disuguaglianze economiche, sociali e politiche che esistono in tutto il mondo.  

Cos’è la Giustizia Sociale? 

La giustizia sociale fa riferimento alla creazione di una società che rispetti i diritti di ogni individuo e garantisca che tutte le persone, indipendentemente dalla loro origine, dal loro orientamento sessuale e dal loro genere abbiano accesso alle risorse necessarie per vivere dignitosamente. In altre parole, quando si parla di giustizia sociale si fa riferimento alla riduzione delle disuguaglianze e a garantire che le persone non siano discriminate a causa di fattori ascritti (sesso, etnia, status socioeconomico della famiglia…) o anche acquisiti come il proprio status socio-economico. 

Perché è Importante? 

Promuovere la giustizia sociale è fondamentale per costruire una società inclusiva e sostenibile dove possa essere piacevole e dignitoso per tutte e tutti viverci. Le disuguaglianze, infatti, possono portare a conflitti, instabilità e ingiustizie che minano la coesione sociale e il benessere delle comunità (quindi sono uno svantaggio anche per coloro che risultano privilegiati). Inoltre, la giustizia sociale è essenziale per lo sviluppo economico e sociale: una società che garantisce pari opportunità permette a tutte le persone di contribuire pienamente al progresso comune. 

La Giustizia Sociale nel Mondo e in Italia 

Nel mondo, nonostante i progressi compiuti, permangono grandi disuguaglianze. Milioni di persone vivono in condizioni di povertà estrema, senza accesso a servizi essenziali come l’acqua potabile, la sanità e l’istruzione. In molti paesi, le disuguaglianze di genere sono ancora un grosso problema, con le donne che spesso non hanno le stesse opportunità lavorative o educative degli uomini. 

In Italia, la situazione è simile a quella di molti altri paesi sviluppati. Anche se l’accesso ai servizi essenziali è garantito a gran parte della popolazione, esistono ancora disuguaglianze significative. Le differenze regionali sono molto marcate: il Sud Italia continua a essere meno sviluppato del Nord, con tassi di disoccupazione più alti e un accesso limitato a opportunità educative di qualità. Inoltre, la pandemia di COVID-19 ha accentuato le disuguaglianze esistenti, colpendo maggiormente le fasce più vulnerabili della popolazione. 

Un Focus sull’Istruzione 

L’istruzione è uno degli strumenti più potenti per promuovere la giustizia sociale. Garantire un’istruzione di qualità a tutti significa dare a ogni individuo la possibilità di migliorare la propria vita e di contribuire al progresso della società. Tuttavia, nel mondo ci sono ancora milioni di bambine, bambini, ragazze e ragazzi che non possono andare a scuola a causa della povertà, dei conflitti o della mancanza di infrastrutture adeguate. 

In Italia, nonostante l’istruzione sia garantita a tutte e tutti, esistono ancora delle sfide. Ad esempio, le scuole nelle regioni meno sviluppate spesso non dispongono delle risorse necessarie per offrire un’istruzione di qualità, e gli studenti e le studentesse provenienti da famiglie svantaggiate possono avere difficoltà a completare il loro percorso scolastico. È quindi fondamentale continuare a investire nell’istruzione, per avere la possibilità di un paese migliore in futuro. 

 Per Approfondire: 

Nazioni Unite: Giornata Mondiale della Giustizia Sociale 

Istruzione | UNICEF Italia 

 

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Come raccontano il mondo intorno a noi i media

Molto spesso nei media tradizionali le minoranze e le categorie discriminate vengono rappresentate in modo estremamente stereotipato.

Pensiamo, per esempio, quando viene commesso un reato da una persona non bianca, nei telegiornali e spesso anche in molti giornali viene specificata immediatamente la nazionalità (o il paese di nascita di queste persone) alimentando implicitamente lo stereotipo dell’immigrato cattivo che viene in Italia per rubare.

O ancora al modo in cui vengono raccontati i casi di violenza di genere e femminicidi, mettendo spesso enfasi sul modo in cui la donna è vestita o se fosse o meno ubriaca alimentando quegli stereotipi legati ai ruoli di genere e normalizzando atteggiamenti possessivi.

Queste tipologie di narrazioni sono presenti soprattutto nei telegiornali e nelle testate online dei giornali più famose, in certi casi (minori) anche nei giornali cartacei

Alcuni esempi e dati:

In un articolo di Internazionale del 13/12/2018 viene analizzato uno studio svolto dall’associazione Carta di Roma, che da anni monitora i toni usati da giornali e tv per parlare del fenomeno migratorio. Lo studio aiuta a capire come sia stato possibile passare rapidamente da un contesto accogliente verso i rifugiati, i migranti e i richiedenti asilo a un atteggiamento diffuso di paura e ostilità.

Ci sono diverse motivazioni analizzate dallo studio:

  • il legame troppo stretto tra mezzi d’informazione e politicaà infatti, negli ultimi anni, gli immigrati sono diventati protagonisti dei programmi politici di alcuni partiti à Secondo il rapporto di Carta di Roma, nel 2018 il 43 per cento delle notizie sull’immigrazione contiene un riferimento esplicito a una dichiarazione o a un’azione politica e in alcuni mesi, come luglio e agosto, la percentuale raggiunge il 53 per cento. “Se si guarda all’agenda dei notiziari nel loro complesso, la politica è presente in media nel 21 per cento delle notizie.
  • I migranti sono al centro di un confronto, o meglio, uno scontro politico e di valori. Che spinge sulla leva delle emozioni. Anche per questo il tema risulta meno frequente e frequentato sui giornali di carta. Non solo, cioè, perché i giornali di carta hanno subìto un pesante ridimensionamento, negli ultimi anni. E, dunque, sono meno utili sul piano della risonanza e della propaganda. Ma soprattutto perché, per suscitare emozioni, funziona molto meglio la televisione. Che nel 2018 risulta essere ancora il medium più seguito dagli italiani.

Il rapporto ha rilevato che l’attenzione sul fenomeno migratorio è stata maggiore in tv e minore sulla carta stampata. Sulle prime pagine dei principali quotidiani nazionali, si è assistito a una riduzione delle notizie sul tema rispetto agli anni precedenti: nel 2018 sono state 834, contro le 1.006 dello stesso periodo nel 2017. Invece nei telegiornali di prima serata delle reti Rai, Mediaset e La7 è aumentato il numero delle notizie sull’immigrazione: 4.058 nei primi dieci mesi del 2018, il 10 per cento in più rispetto all’anno precedente.

per approfondire:

Il ruolo di giornali e tv rispetto al razzismo in Italia – Annalisa Camilli – Internazionale

 

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Una moda sempre più veloce

Cos’è?

Il fast fashion è la moda ultraveloce che negli ultimi decenni ha rivoluzionato il modo in cui ci vestiamo, consente di acquistare capi a basso costo e di conseguenza di comprarne molti di più di quanto ne avremmo realmente bisogno. Il fast fashion è caratterizzato da un ciclo incessante di produzione e consumo che spinge le aziende di moda a produrre abiti a ritmi vertiginosi e i consumatori a credere di dover acquistare sempre di più per rimanere al passo con le tendenze.

Come è nato?

Originariamente le industrie di moda producevano 2 collezioni: autunno/inverno e primavera/estate, con l’avvento del fast fashion, invece, la produzione è diventata continua.

Negli anni Novanta, i cicli di tendenza si sono accelerati, marchi come Forever21 e Zara, che hanno iniziato a produrre capi d’abbigliamento fino a 52 “micro-stagioniall’anno.

Oggi, mentre i social media amplificano le tendenze a ritmi più rapidi, nuovi marchi esclusivamente online come Shein e Temu producono a ritmi ancora più veloci, utilizzando algoritmi sofisticati per immettere sul mercato nuovi stili nel giro di pochi giorni; si parla di moda ultraveloce.

Cosa c’è dietro?

È evidente come questa tipologia di moda non sia sostenibile

Infatti, non solo acquistiamo molto di più che in passato, e di conseguenza sono necessari molti più materiali per produrre i nostri indumenti, ma buttiamo i nostri vestiti in tempi altrettanto brevi, il che crea enormi quantità di rifiuti.

  • Ogni anno soltanto nell’Unione Europea vengono gettate via 5 milioni di tonnellate di vestiti e calzature (circa 12 chili per persona) e l’80% di questi finisce in inceneritori, discariche o nel sud del mondo. Per rendere l’idea, ogni secondo nel mondo un camion di indumenti viene bruciato o mandato in discarica.
  • Il 25% dei capi di abbigliamento prodotti in tutto il mondo rimane invenduto e meno dell’1% dei vecchi abiti viene usato per produrre nuovi vestiti.

Inoltre, i lavoratori di tutto il mondo (l’80% dei quali sono donne) sono pagati con un sistema a cottimo che comporta salari estremamente bassi. I lavoratori guadagnano una cifra molto bassa per ogni articolo prodotto, per un totale di 200 dollari a settimana per un lavoro a tempo pieno. In Bangladesh, il secondo esportatore di indumenti al mondo, i lavoratori, addirittura, ricevono un salario minimo mensile di 113 dollari al mese.

La retribuzione non è l’unico problema, infatti spesso queste persone sono costrette a lavorare in totale insicurezza.

Cosa possiamo fare e quali sono delle possibili soluzioni al fast fashion?

A livello legislativo negli ultimi anni, ma soprattutto dal 2020, sono stati introdotti alcuni importanti atti legislativi con l’obiettivo di rendere illegale il lavoro a cottimo e l’obbligo per i marchi di tracciare la propria catena di approvvigionamento.

È importante ricordare che anche noi come consumatori possiamo cambiare le cose, per prima cosa è fondamentale informarsi ed essere consapevole durante i nostri acquisti, per approfondire il tema vi lasciamo sotto alcuni link utili, tra cui un video realizzato da ActionAid in collaborazione con Giuseppe Bedan (progetto happiness).

È poi fondamentale cercare di uscire dalla logica che ci è stata imposta dal fast fashion e cercare di orientarci, invece, verso uno slow fashion, ovvero scegliere di acquistare meno capi e di maggiore qualità in modo da poterne godere nel tempo.

Un’altra alternativa, economica e sostenibile è quella di acquistare capi second hand.

Per approfondire (tema diritti dei lavoratori):

MADE IN BANGLADESH – la storia dei bambini operai nel Fast Fashion🇧🇩 (youtube.com)

Fast fashion: i lati oscuri della moda usa e getta – Greenpeace Italia

What Is Fast Fashion | Vogue

 

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Educazione alla sessualità e all’affettività per tutt*

Nel 2024, in occasione dell’anniversario della ratifica della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Italia, il Gruppo CRC (Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza) ha pubblicato un documento dal titolo: “Educazione all’affettività e alla sessualità: perché è importante introdurre la Comprehensive Sexuality Education nelle scuole italiane” .

All’interno di questo documento, viene sottolineata l’importanza di introdurre nelle scuole l’educazione all’affettività e alla sessualità e la necessità di affrontare questi temi, fin dall’infanzia.
L’UNESCO a partire dal 2009 ha promosso un processo di Comprehensive Sexuality Education (CSE), che ha come obiettivo affrontare il tema dell’educazione sessuale non solo per quando riguarda la conoscenza dell’apparato riproduttivo ma che comprenda anche l’educazione alle emozioni, alle relazioni e al consenso.

Lo scopo è: fornire ai giovani conoscenze abilità che permettano loro di sviluppare relazioni sociali e sessuali rispettose e comprendere e garantire la protezione dei loro diritti.

Situazione italiana:

In Italia tutt’oggi non si è ancora riusciti a regolamentare l’introduzione dell’educazione all’affettività, di conseguenza le attività risultano disomogenee e lasciate all’iniziativa dei presidi e insegnanti che decidono di proporre incontri e formazioni sulla parità di genere e sull’affettività.

Negli ultimi anni sono stati fatti alcuni passi avanti come, per esempio, la direttiva n 83 del 24 novembre 2023 che disciplina un programma per le scuole in tema educazione alle relazioni”. Questo progetto è destinato alle scuole secondarie di secondo grado in ambito extra-curriculare. È da considerarsi un piccolo passo avanti in quanto viene posta attenzione sulla formazione dei docenti (sviluppata dall’istituto di ricerca Indire) e sul coinvolgimento attivo degli studenti.  L’obiettivo di tale progetto è sviluppare una cultura di rispetto reciproco e contrastare ogni forma di violenza.

Nonostante questo, siamo ancora lontani da un programma di Comprehensive Sexuality Education curriculare. Infatti, nel progetto precedentemente descritto non vi è un rimando alle Linee guida dell’Unesco 2018 e non è in linea con le indicazioni CSE in quanto si svolge solo nelle scuole superiori.

Il nostro contributo:

Come ActionAid abbiamo contribuito alla redazione del documento e sosteniamo da tempo l’introduzione dell’educazione sessuale e affettiva nelle scuole di tutti i livelli, come parte del programma Youth for love.

Chiediamo per tanto che il Ministero dell’Istruzione e del Merito trasformi le proposte di realizzare una formazione obbligatoria e progettata per docenti e studenti di tutte le età, con esperti autonomi e laici, tutor per la prevenzione e gestione dei casi, codici anti-molestia, bagni neutri e Carriere Alias in realtà.

Educare all’affettività e alla sessualità significa decostruire pregiudizi, stereotipi e ruoli, fortemente radicati nella società e nel pensiero comune, e promuovere una cultura trasversale per affrontare i principi che costituiscono la base dell’affetto e dell’affettività.

 

Per approfondire:

Educazione_affettivita_sessualita_Gruppo_CRCpdf.pdf (imgix.net)

 

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Gennaio mese del veganuary

Cos’è il veganuary e come nasce?

Veganuary è un insieme di due parole inglesi: vegan + January, è un’iniziativa che nasce da un’associazione inglese nel 2014 per promuovere l’alimentazione vegana.

Il veganuary è un impegno a mangiare vegetale per 31 giorni, dall’1 al 31 gennaio, in Italia questa iniziativa viene promossa da https://www.essereanimali.org/.

È stato scelto il mese di gennaio perché è comunemente il mese dei buoni propositi!

Lo scopo di tale iniziativa è mostrare come sia molto più semplice e meno costoso di quanto si pensi mangiare vegetale.

Come partecipare?

Per partecipare è necessario iscriversi al sito di https://veganuary.com/it/partner/essere-animali/ selezionare la data in cui si vuole iniziare e si riceveranno via mail per 31 giorni ricette per provare un’alimentazione completamente vegetale, sana e gustosa e consigli nutrizionali di esperti. Si può partecipare alla challenge anche senza iscriversi al sito, ma farlo potrebbe essere un’ottima occasione per comprendere meglio questo mondo e avere gratuitamente importanti consigli.

Perché partecipare e iniziare un percorso di alimentazione vegetale?

È risaputo che un’alimentazione onnivora non è sostenibile dal punto di vista ambientale:

  • Il settore agricolo è responsabile di circa un quarto delle emissioni globali di gas serra, delle quali oltre il 60% provengono dalla produzione, ormai sempre più intensiva, di carne e derivati animali.
  • la produzione di mangimi ha un impatto distruttivo sulle foreste e sul cambio di uso del suolo.

Sappiamo, inoltre, che non è sostenibile nemmeno dal punto vista dei diritti degli animali.

Infatti, per soddisfare il nostro bisogno di carne sono nati gli allevamenti intensivi che sembrano delle vere e proprie fabbriche dove gli animali:

  • non vedranno mai la luce del sole
  • non potranno mai correre o accudire i propri piccoli e che spesso non riescono neanche a muoversi o girarsi
  • vengono mutilati, imprigionati in gabbie.

Infine, diversi studi dimostrano come una dieta onnivora sia meno sostenibile rispetto ad una vegana anche per quanto riguarda la salute. Uno studio condotto dall’università del Piemonte orientale dimostra come diete vegane diminuiscono il rischio di malattie cardiovascolari, principalmente a causa di un maggior consumo quotidiano di frutta, verdura, legumi, cereali integrali, frutta secca e semi.

 

Per approfondimenti sulle condizioni degli animali:

https://www.essereanimali.org/il-problema-degli-allevamenti-intensivi/

 

Per approfondimenti sulla questione climatica:

https://www.greenpeace.org/italy/storia/5570/perche-mangiare-meno-carne/

https://www.essereanimali.org/2019/03/spreco-acqua-con-prodotti-origine-animale/

 

per approfondire i benefici sulla salute:

https://www.agingproject.uniupo.it/per-i-professionisti/pillole-di-scienza/dieta-vegana-e-dieta-onnivora-a-confronto-gli-effetti-cardiometabolici/

 

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Agente0011 è di nuovo online!

Benvenut* o bentornt* Agenti!

da qualche giorno siamo di nuovo online con il portale Agente0011! Come negli anni scorsi potrete partecipare a tante challenge stimolanti incentrate sugli Obiettivi Sostenibili delle Nazioni Unite per darvi la possibilità di attivarvi per un futuro più equo e sostenibile per tutt*.

Come chi di voi ha già partecipato negli scorsi anni già sa, uno degli obiettivi di questa piattaforma e di ActionAid Italia è mettere al centro la partecipazione di studenti e studentesse rafforzando e favorendo gli spazi di partecipazione, in modo da rendere gli studenti stessi i protagonisti.

I temi maggiormente affrontati nel corso dell’anno saranno: il cambiamento climatico e tutto ciò che si trova attorno a questo tema e le disuguaglianze sia a livello locale che globale, il nostro obiettivo non sarà solo quello di presentarvi queste tematiche ma anche, e soprattutto, cercare di trovare insieme a voi delle soluzioni e delle alternative efficaci a grandi e piccoli problemi della nostra società.

 

Siete pronte e pronti per cambiare l’Italia a partire dalla scuola?

Unitevi a noi e iscrivetevi alla challenge!

Il portale Agente0011 si rivolge alle scuole di ogni ordine e grado di tutta Italia coinvolgendole in un percorso di apprendimento e mobilitazione per rafforzare la cittadinanza attiva e il raggiungimento degli obiettivi educativi per i cittadini globali, in ottemperanza anche alle linee guida ministeriali sull’insegnamento dell’educazione civica, i e le giovani da tutta Italia sono chiamati e chiamate a partecipare con la propria classe o con un gruppo informale alla sfida sulla sostenibilità.

L’edizione 2024/2025 del portale è supportata dal progetto “AGIRE”, finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Comitato interministeriale per la programmazione economica, CUP C29I23001120001.

 

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