“Proiettiamo sui muri la storia delle pietre d’inciampo”: l’edizione 2022 si terrà il 27 gennaio a Roma

Nella capitale, grazie al sostegno di Autostrade per l’Italia e patrocinato dal IV Municipio, ha preso forma l’edizione 2022 del progetto che proietta sui muri della città le storie delle vittime dell’Olocausto, ideato da Serena Cecconi e Lidia Gattini

Oggi 27 gennaio 2022 per la Giornata della Memoria, dalle 17:30 alle 21.30, di fronte alla Scuola Perlasca, in Via Pomona 9 a Roma, verrà proiettata e raccontata la storia delle pietre di inciampo, simbolo che rende omaggio alle vittime delle deportazioni e dei campi di sterminio nazisti.Protagonisti dell’edizione del 2021 del progetto dal titolo ‘Proiettiamo sui muri la storia delle pietre d’inciampo‘ sono gli studenti di Roma dell’Istituto Croce Aleramo.Il format, ideato da Serena Cecconi e Lidia Gattini e che ha visto la sua prima edizione lo scorso anno nelle città di Chieti, Bologna e Parma, ha coinvolto la classe V dell’Istituto di istruzione superiore Croce Aleramo di Roma, guidato dalla preside Teresa Luongo, ed è stato finanziato da Autostrade per l’Italia.

L’idea muove dalle “pietre d’inciampo” ideate dall’artista berlinese Gunter Demnig che, attraverso piccoli blocchi in pietra incorporati nel selciato urbanistico e ricoperti da una piastra di ottone, con inciso il nome del deportato, la data e l’anno di nascita, e, se conosciuti, l’eventuale luogo di deportazione e la data di morte, ha realizzato monumenti “creati dal basso”, diffusi, a livello europeo, come luoghi della memoria.

 

Abbiamo raccontato cosa sono le “pietre d’inciampo” qui

I giovani protagonisti, dopo una fase preparatoria a cura dei giornalisti di Mandragola Editrice e con la docente Elisa Cataldi, hanno partecipato a un laboratorio in presenza in una serie di incontri per creare un video-documentario e un podcast radiofonico per raccontare la storia di una delle persone deportate dal loro quartiere al quale è dedicata una pietra di inciampo.Quest’anno prenderà nuova vita sui muri capitolini la tragica parabola del giovanissimo Fausto Iannotti, ricordato con una pietra di inciampo nel Municipio IV, esattamente in Via del Peperino: Fausto aveva 16 anni ed era un giovane borgataro di Pietralata quando, nel trambusto dell’assalto al Forte Tiburtino dell’ottobre 1943, venne arrestato e imprigionato nel terzo braccio di Regina Coeli, a giurisdizione germanica.  Il 4 gennaio 1944 venne deportato da Roma con destinazione Mauthausen. Immatricolato il 13 gennaio 1944 con il n.42118 triangolo rosso di politico, il successivo 28 gennaio 1944 venne trasferito nel sottocampo di Ebensee, dove morì il 30 aprile 1945 a 18 anni appena compiuti e a pochissimi giorni dalla liberazione. Nel 2012 gli è stata conferita la Medaglia d’Oro alla memoria.

Con Fausto Iannotti venne deportato anche Antonio Risi, alla cui memoria è stata dedicata lo scorso gennaio una pietra d’inciampo, anch’essa presente nel IV Municipio. La giovanissima età di Iannotti ha colpito le ragazze e i ragazzi che hanno scelto di narrare la sua storia.Nel video realizzato dalle studentesse e dagli studenti dell’IIS Croce Aleramo, sotto la direzione artistica del Maestro Andrea Gattini, si alterneranno immagini d’archivio, i volti degli studenti e le loro voci che interpreteranno la sceneggiatura che hanno scritto e interpretato dopo un lavoro di ricerca e studio.

 

Sulla pagina Facebook di Zai.net verrà postato il documentario video e sul sito di Zai.net (www.zai.net) sarà possibile ascoltare il podcast realizzato dai ragazzi

Contenuto editoriale a cura di Mandragola Editrice

BEST TEAM OF THE MONTH: DICEMBRE 2021!

Care e cari agenti,

il secondo di mese di challenge è appena terminato e possiamo finalmente svelare i nomi dei team vincitori.

Congratulazioni invece ai team che sono riusciti ad aggiudicarsi il primo posto nelle relative categorie. Scopriamoli insieme!

 

SCUOLA:

  1. Categoria 5-10 anni: Piccoli aiutanti del pianeta, di Novara (NO)
  2. Categoria 11-13 anni: Teen Titan Class, di Melito Porto Salvo (RC)
  3. Categoria 14-19 anni: Ad Maiora 2020, di Siracusa (SR)

ENTI INFORMALI:

  1. Categoria 5-10 anni: Mattine, di Milano (MI)
  2. Categoria 11-13 anni: Un futuro per chi sa sorridere, di Melito Porto Salvo (RC)
  3. Categoria 14-19 anni: —

Potete consultare la classifica definitiva sul portale, attraverso la pagina personale del vostro team. Ricordiamo che si aggiudica il titolo di “Best Team of the Month” il team con più punti che non ha ancora vinto il titolo. La classifica generale sarà tenuta in considerazione per decretare i “Best Team of the Year” alla fine della challenge.

Ancora congratulazioni ai team che hanno raggiunto la vetta per questo mese, e un grande in bocca al lupo a tutti gli altri che riusciranno a farlo nelle prossime settimane.

INCLUSICITY, LA CITTÀ DELL’INCLUSIONE! IL NUOVO SERIOUS GAME DI AGENTE 0011

Agente 0011 si arricchisce con il nuovo serious game: InclusiCity, promosso da Fondazione Cassa Depositi e Prestiti nell’ambito del progetto Costruire Futuro, Insieme! per aumentare la partecipazione civica di ragazze e ragazzi e di tutta la comunità educante. 

InclusiCity è la città dell’inclusione. Vestendo i panni del sindaco o della sindaca della città, i e le giovani dovranno ascoltare le proposte di assessori e assessore che compongono la giunta comunale e scegliere quelle che ritengono essere le migliori per lo sviluppo sostenibile della città e per il benessere di cittadini e cittadine.  

Giocando, ragazzi e ragazze avranno l’opportunità di comprendere quanto sia complesso prendere delle decisioni che riguardano il futuro di una città e di chi la abita, ma al tempo stesso capiranno l’importanza di ascoltare le opinioni e partecipare alla vita pubblica e ai processi decisionali per rendere le città luoghi inclusivi e migliori in cui vivere. 

Tutti e tutte possono giocare! Partecipando con il team di Agente 0011 si ha la possibilità di concorrere alla classifica del Serious Game. 

Cosa aspettate? Mettetevi in gioco e provate anche a voi ad amministrare al meglio la città di InclusiCity! 

Qui il link per giocare: link 

Orientarsi nelle scelte formative per una scuola che include

Lo scorso anno ActionAid ha realizzato un percorso partecipato da ragazzi e ragazze a rischio dispersione scolastica, e non, per ragionare insieme su cosa si possa fare (dentro e fuori la scuola) per supportare i giovani nel compiere scelte future consapevoli, aderenti ai propri interessi, alle proprie capacità e ai propri desideri. I principali risultati del percorso potete trovarli in questo articolo realizzato in collaborazione con Scomodo, la redazione under 25 più grande d’Italia.

La situazione italiana relativa ai fenomeni di dispersione e abbandono scolastico, che sono diversamente distribuiti e originati da molteplici cause, se comparata al prospetto europeo non appare rassicurante: il nostro Paese, che pur ha ridotto l’impatto del fenomeno negli ultimi dieci anni, è il quarto per abbandono scolastico, con un tasso del 13,5% nel 2019 e 13,1% nel 2020, nonostante l’obiettivo dell’UE fosse di ridurre il fenomeno al 10% entro il raggiungimento del primo ventennio degli anni Duemila; inoltre, la distribuzione sul territorio dei processi di abbandono è tutt’altro che omogenea, andando a colpire prevalentemente il Sud della penisola e raggiungendo nel 2020 un tasso medio del 16,5%, con le dovute differenze tra regione e regione – rispetto all’11% del Nord e del Centro Italia.

Le ragioni della dispersione e dell’abbandono scolastico sono molteplici e possono variare da individuo ad individuo, ma è compito di famiglie, docenti e student* non lasciare indietro nessuno e assicurare che il diritto all’educazione sia garantito a tutte e tutti. L’orientamento è una delle possibili soluzioni che si possono mettere in atto per aiutare ragazzi e ragazze a compiere scelte future di cui siano consapevoli e che rispettino le attitudini di ciascuno, certi che ogni giovane – seppur con tempi diversi – possa percorrere la strada che più desidera per realizzare i propri sogni.

Sostenibilità e sport, il caso della F1

Avreste mai pensato che persino lo sport, in alcune circostanze, ha un ruolo importante nel sostenere la transizione ecologica a sostegno della sostenibilità?

Ebbene, è proprio quello di cui si è reso conto il mondo dei motori. Tra tutti i settori sportivi, infatti, quello legato alle corse di auto, moto e tutti i mezzi a motore, è tra quelli che ha un impatto ambientale maggiore. La questione ambientale e la salvaguardia del nostro pianeta non potevano quindi che divenire uno degli aspetti principali su cui adoperarsi per cambiare le cose.

In questo caso non ci si riferisce in particolare al circuito delle corse che utilizza le auto a propulsione elettrica (come ad esempio la Formula E),  quanto più a un cambio di paradigma nella massima competizione automobilistica internazionale: la Formula Uno. Ed è proprio la F1 che ha in mente un piano a breve termine per ridurre al minimo l’impatto dei propri Gran Prix, puntando alle emissioni zero entro il 2030 (per  approfondire sul concetto di emissioni zero, leggi qui).

Nell’ultimo anno si è lavorato al quartier generale della FIA per mettere a punto una strategia, in accordo con le squadre, i piloti e gli sponsor, per arrivare nei prossimi 8 anni a minimizzare l’impatto delle gare. E non solo, come si potrebbe immaginare,  in termini di consumo di carburante e relativi inquinanti, ma in tutti gli aspetti che riguardano l’organizzazione del mondiale come la logistica, lo spostamento dei tifosi e tutte le attività corollarie.

 

Cosa prevede il piano?

Già da tempo la F1 si è interrogata su questioni che riguardano i motori, in un discorso che certamente coinvolge le prestazioni ma che, in modo indiretto, riguarda anche il risparmio di energia (e le emissioni). Le auto montano già da tempo motori ibridi, capaci di sprigionare una maggiore potenza con un consumo inferiore di carburante (e quindi una minore dispersione di CO2 nell’atmosfera). Ma non si parla solo di motore: la progettazione di tutti i componenti dell’auto (sia il design che i materiali) può contribuire a raggiungere l’obiettivo, alleggerendo le automobili e rendendolo più aerodinamiche.

Tutte le innovazioni puntano a soppiantare, un giorno, il motore a combustione interna o comunque a limitarne al massimo le emissioni.

Ma c’è un’aspetto altrettanto interessante da considerare, quando si parla di corse automobilistiche e sostenibilità.

Sì, perché inaspettatamente non sono i motori di per sé a incidere maggiormente sull’impronta ecologica della F1. Secondo i dati della stessa le emissioni nel 2019 sono state pari a 256.551 tonnellate di anidride carbonica e che il 45% delle emissioni totali proviene dal settore logistico e da tutti i viaggi aerei e marittimi necessari per spedire le apparecchiature di supporto alle gare in tutto il mondo (contro l’8% delle emissioni delle piste).

Se non hai idea di che impatto abbia la logistica sull’organizzazione del GP, guarda il video!

Cosa fare dunque? Il piano prevede entro il 2025 di rendere i singoli Gran Premi, intesi come eventi nel loro complesso, sostenibili, lavorando sugli aspetti più problematici (come appunto la logistica, che si prevede di spostare dove possibile su rotaia o nave) e su aspetti apparentemente più semplici. Per fare alcuni esempi, verrà eliminato l’utilizzo di plastiche monouso, puntando al riciclo, e verranno forniti incentivi e soluzioni per viaggi ecologici per tutto il “popolo dei motori”. Verranno poi adottati sistemi energetici rinnovabili per sostenere il fabbisogno delle fabbriche e delle officine che lavorano alla produzione delle monoposto.

L’obiettivo, come accennato, è raggiungere la neutralità carbonica entro il 2030.

Insomma, anche il modo dello sport deve e vuole fare la sua parte per continuare a offrire il proprio spettacolo senza danneggiare il pianeta che lo ospita. Senza il quale, in fondo, non avrebbe alcun senso correre.

Cos’è la neutralità carbonica e come raggiungerla entro il 2050

Nella legge europea sul clima, l’Unione europea si impegna a raggiungere il traguardo della neutralità carbonica, le cosiddette “emissioni zero”, entro il 2050. Cosa comporterà in pratica?

Il cambiamento climatico sta colpendo il nostro pianeta, sotto forma di condizioni climatiche estreme quali siccità, ondate di caldo, piogge intense, alluvioni e frane sempre più frequenti, anche in Europa. L’innalzamento del livello dei mari, l’acidificazione dell’oceano e la perdita della biodiversità sono ulteriori conseguenze dei rapidi cambiamenti climatici.

Per riuscire a contenere il riscaldamento globale entro la soglia di 1,5° – reputata sicura dal Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) – raggiungere il traguardo emissioni zero entro la metà del ventunesimo secolo è essenziale. Tale obiettivo è previsto anche dall’Accordo di Parigi firmato da 195 paesi, inclusa l’Unione europea.

A dicembre 2019 la Commissione europea ha presentato il Green deal europeo, il piano per rendere l’Europa climaticamente neutrale entro il 2050. Questo obiettivo sarà raggiunto attraverso la legge europea sul clima che inserisce la neutralità climatica nella legislazione vincolante comunitaria.

Cos’è la neutralità carbonica?

È un’espressione che potrebbe essere male interpretata: si potrebbe pensare che significhi “smettere di produrre emissioni di gas serra”, ma non è proprio così. Quando si parla di “emissioni zero” si intende in realtà “emissioni nette zero”, cioè una condizione in cui per ogni tonnellata di COo di un altro gas serra che si diffonde nell’atmosfera se ne rimuove altrettanta. Le emissioni zero (o neutralità carbonica) consistono quindi nel raggiungimento di un equilibrio tra le emissioni e l’assorbimento delle stesse. Quando si rimuove anidride carbonica dall’atmosfera si parla di sequestro o immobilizzazione del carbonio. Per raggiungere tale obiettivo, l’emissione dei gas ad effetto serra (GHG) dovrà essere controbilanciata dall’assorbimento delle emissioni di carbonio.

Viene definito pozzo di assorbimento un sistema in grado di assorbire maggiori quantità di carbonio rispetto a quelle che emette. I principali pozzi di assorbimento naturali sono rappresentati dal suolo, dalle foreste, e dagli oceani. Secondo le stime, i pozzi naturali rimuovono tra i 9.5 e gli 11 Gt di CO2 all’anno. Nel 2019, le emissioni globali di CO2 hanno superato di più di tre volte (38.0 Gt) la capacità totale di assorbimento dei pozzi naturali.

Ad oggi, nessun pozzo di assorbimento artificiale è in grado di rimuovere la necessaria quantità di carbonio dall’atmosfera necessaria a combattere il riscaldamento globale. Il carbonio conservato nei pozzi naturali come le foreste è rilasciato nell’atmosfera attraverso gli incendi nelle foreste, i cambiamenti nell’uso del terreno o i disboscamenti. Per questo motivo è fondamentale ridurre le emissioni di carbonio per poter raggiungere la neutralità climatica.

Compensare le emissioni di carbonio

Un altro modo per ridurre le emissioni e raggiungere la neutralità carbonica consiste nel compensare le emissioni prodotte in un settore riducendole in un altro. Questo può essere fatto investendo nelle energie rinnovabili, nell’efficienza energetica o in altre tecnologie pulite. Il Sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’UE è un esempio di schema per la compensazione delle emissioni di carbonio.

Il meccanismo della delocalizzazione della CO2 è un altro modo per ridurre le emissioni. Attraverso questo sistema, si conta di aiutare a prevenire la delocalizzazione delle emissioni di CO2 scoraggiando lo spostamento della produzione verso paesi con norme meno rigorose sulle emissioni di gas serra. La Commissione dovrebbe proporre questa tassa sul carbonio nel 2021.

Gli obiettivi dell’Unione europea

L’Unione europea è impegnata in un’ambiziosa politica climatica. Secondo il piano stabilito dal Green Deal, l’UE aspira a diventare il primo continente a togliere dall’atmosfera almeno tanta CO2 quanta ne produce entro il 2050.

Il Parlamento europeo il 7 ottobre ha approvato non solo il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, ma anche una riduzione delle emissioni del 60% entro il 2030. Si tratta di una proposta più ambiziosa rispetto alla proposta della Commissione del 55%, a cui il Parlamento richiede di fissare un ulteriore obiettivo intermedio per il 2040 per assicurare il raggiungimento dell’obiettivo finale nel 2050.

Gli eurodeputati hanno chiesto ai singoli stati membri di divenire climaticamente neutrali, così che dopo il 2050 la CO2 rimossa dall’atmosfera sarà maggiore che quella prodotta. Inoltre, tutti i sussidi diretti o indiretti per i combustibili fossili dovranno essere eliminati al massimo entro il 2025.

Nell’aprile 2021, gli eurodeputati hanno raggiunto l’accordo con il Consiglio sull’obbligo per l’UE di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

L’istituzione di un comitato consultivo scientifico europeo indipendente sui cambiamenti climatici, come suggerito dal PE, servirà a valutare la qualità degli interventi messi in campo e a monitorare i progressi fatti.

Attualmente cinque stati membri dell’UE hanno legiferato circa l’obiettivo emissioni zero: la Svezia mira a raggiungere zero emissioni entro il 2045, mentre Francia, Germania, Danimarca e Ungheria entro il 2050.

Articolo riadattato dall’originale

Per saperne di più su come l’UE lavora per ridurre le emissioni:

Obiettivi nazionali per il 2030

Auto e inquinamento, obiettivi per le emissioni

Emissioni CO2 delle auto: infografica

La storia dei negoziati sul cambiamento climatico: infografica

La Nuova Zelanda vuole essere un paese “smoke-free” entro il 2025

La Nuova Zelanda è il primo paese a mettere in atto delle misure concrete per provare a diventare il primo paese “smoke free” entro il 2025. E’ questo infatti l’obiettivo dichiarato dal Ministro della Salute in occasione del lancio del “SmokeFree Action Plan 2025” lo scorso 9 dicembre.

Anche se in Nuova Zelanda l’85% della popolazione è non fumatrice, sono tra i 4500 e i 5000 le persone che ogni anno nel paese muoiono per cause legate al consumo di tabacco o al fumo passivo. Si tratta di 12-13 persone ogni giorno, in un paese che ne conta appena 5 milioni.

Nel paese, in particolare, il consumo di questa sostanza nociva è particolarmente diffuso tra la popolazione indigena di etnia Māori, come emerso da uno studio commissionato dalla Māori Affairs Committee (“Commissione per gli Affari Māori”) nel 2010. Il rapporto, infatti, ha evidenziato come non solo il consumo di tabacco negli anni sia aumentato tra le persone di etnia Māori e di altre etnie del Pacifico, ma anche che le donne Maori hanno uno dei tassi di cancro al polmone più alti del mondo. Non stupisce, se pensiamo che le donne māori coprono da sole circa il 30% del consumo di tabacco al giorno del paese.

E proprio a partire da questo studio si è arrivati alla proposta accolta dal Governo lo scorso mese. A  seguito della pubblicazione dello studio, infatti, la Commissione ha richiesto formalmente al Governo di adoperarsi per rimuovere il tabacco dal futuro del proprio paese, “per proteggere la cultura Maori in favore delle future generazioni”. Una delle conseguenza cui si pensa meno spesso rispetto ai rischi del tabacco è, infatti, la perdita di trasmissione della cultura e delle tradizioni dovuta alla scomparsa prematura delle fasce adulte e anziane della popolazione.

A seguito della proposta e dopo una serie di consultazioni, il Governo neozelandese ha accolto l’istanza e ha varato il proprio ambizioso piano. Cosa prevede? Beh, è il caso di dire che il Governo ha scelto coerentemente di prendere misure molto serie: non solo implementerà misure che renderanno più costoso e meno “semplice” fumare (oltre all’aumento del costo del tabacco, già di per sè molto alto in Nuova Zelanda, saranno varate molte aree no-smoking e diminuito il numero di negozi in cui è possibile acquistarle, e si dovrà anche incidere sui livelli di nicotina e altre sostanze nocive nei prodotti), ma ha intenzione di incentivare la creazione della prima generazione “smoking-free”.

Sì, perchè a partire da quest’anno la vendita di prodotti legati al consumo di tabacco sarà completamente vietata alle persone nate a partire dal 2008. L’obiettivo, ambizioso, è di far sì che le giovani generazioni non inizino proprio a fumare, così da impedire la diffusione di questa malsana abitudine e rafforzare le possibilità che nei prossimi anni il consumo di tabacco resti solo un lontano ricordo.