Basta Omolesbobitransfobia!

Il 17 maggio ricorre la giornata internazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia. Si tratta di una giornata molto importante per sensibilizzare le persone e porre l’attenzione sulle discriminazioni e violazioni dei diritti, così come sulle battaglie, della comunità LGBTIQA+. Un elemento che può contribuire a favorire la non discriminazione e la creazione di spazi sicuri è sicuramente il riconoscimento delle differenze di genere, a partire dal fatto di utilizzare la terminologia corretta per definirle. Proprio per questo, nell’articolo, proveremo a fornire una serie di spunti e informazioni da cui partire.

Dal 6 gennaio 2021 le persone registrate all’anagrafe islandese possono chiedere di essere associate a un genere neutro, o per la precisione all’espressione «Kynsegin/annao», che significa «non binario/altro». L’Islanda è diventata così uno dei pochi paesi del mondo in cui le istituzioni riconoscono che l’identità di genere di una persona possa non essere né femminile né maschile. È un’idea sempre più diffusa a livello sociale e culturale: deriva da decenni di studi di psicologia, sociologia e filosofia sulla sessualità e sulle sue caratteristiche e processi profondi, e dà la possibilità di definire la propria identità a chi non si riconosce nei ruoli di genere tradizionalmente legati al sesso femminile e a quello maschile. Per molte persone è però un concetto ancora poco comprensibile, anche per via della confusione tra i termini e significati che solitamente si utilizzano per descrivere la sessualità umana: il sesso, il genere e l’orientamento sessuale[1].

Quando una persona nasce le viene assegnato, e dichiarato all’anagrafe, un «sesso» sulla base degli organi genitali visibili: la scelta è tra due alternative, femmina se ha una vulva, maschio se ha pene e testicoli. A livello biologico, in realtà, le cose sono più complesse perché il sesso è legato, oltre che ai genitali esterni, a quelli interni, ai cromosomi sessuali nel Dna, alla produzione di ormoni e alle caratteristiche sessuali secondarie, come la barba e le mammelle. Per tutte queste caratteristiche esistono numerose variazioni rispetto alle categorie di femmina e maschio. In generale, in questi casi, si parla di persone intersessuali[2].

Il «genere» invece ha una dimensione sia psicologica, sia culturale. Ha a che fare con il sentimento di appartenenza e con l’identificazione con i modelli sociali di femminilità, mascolinità o androginia. Si usa l’espressione «identità di genere» per riferirsi alla percezione che ciascuno ha di sé in quanto donna, uomo o altro. Si parla invece di «ruolo di genere» quando si vuole fare riferimento alle convenzioni sociali legate ai diversi generi, come ad esempio gli abiti e l’uso dei cosmetici. «Genere anagrafico», come è facile intuire, indica invece i marcatori F e M (e X, per i paesi come l’Islanda) nei registri anagrafici e sui documenti ufficiali di una persona[3].

Molte persone nascono e crescono in una condizione di discontinuità tra sesso e identità di genere: per esempio ci sono – e ci sono sempre state – persone che hanno organi genitali femminili ma si sentono uomini, oppure né donne né uomini, oppure donne in alcuni periodi della loro vita e uomini in altri. Un termine che si può usare per descriverle genericamente è «trans», mentre «cisgender» indica chi questa discontinuità non la vive. Per venire incontro a quella parte di persone trans che non si identificano né come donne né come uomini, alcuni paesi hanno introdotto un «terzo genere» per identificare le persone a livello ufficiale, ma per il momento sono ancora molto poche le istituzioni del mondo che riconoscono che possano esserci più di due opzioni per sesso e genere. Una larga parte della società non ne riconosce ancora l’esistenza o, se la riconosce, fa fatica a parlarne perché non conosce le parole corrette per nominarle e descriverle[4].

I discorsi intorno a questi concetti sono indubbiamente complicati dal fatto che ancora si tende a fraintendere con il concetto di «orientamento sessuale», che descrive invece da chi ci si sente attratti sessualmente. Le più note categorie per descrivere l’orientamento sessuale sono l’eterosessualità e l’omosessualità, ma anche in questo caso l’esperienza di tantissime persone ha reso chiaro che non esistono solo due opzioni. Ci sono persone pansessuali, che sono attratte da persone di ogni genere, e persone asessuali, che non provano attrazione sessuale per altri individui pur essendo capaci di innamorarsi e avere delle relazioni.

Il sistema del binarismo e le combinazioni che ne conseguono sono una griglia interpretativa che descrive la realtà in maniera incompleta. All’interno della comunità LGBTQIA+ si dice spesso che «il genere è uno spettro», come lo spettro delle onde elettromagnetiche: significa che non esistono solo un genere femminile e un genere maschile, ma uno spettro continuo di generi tra questi due estremi. Da parte della comunità scientifica internazionale non c’è una posizione definita su questo tema[5], ma la visione dello spettro del genere, pur essendo meno familiare della semplificazione binaria femmina/maschio, è sicuramente utile per descrivere le esperienze di moltissime persone che non si riconoscono nell’identità di genere assegnata loro alla nascita sulla base del sesso anatomico[6].

Uno strumento che può essere utile per comprendere meglio il concetto di genere come spettro si chiama The Genderbread Person. Questo è infatti una modello che rappresenta il modo in cui la società concepisce il genere e le diverse componenti che ne fanno parte. Vuole essere una veloce introduzione a queste tematiche per coloro che sono alle prime armi. Fa una distinzione tra espressione, identità, attrazione e sesso.

  • Espressione: è il modo in cui si presenta il genere attraverso le azioni, l’abbigliamento e il comportamento, per citarne alcuni, e come queste presentazioni vengono viste in base alle aspettative sociali.
  • Identità: è il modo in cui ogni persona, nella propria testa, sperimenta e definisce il proprio genere, in base a quanto ci si allinea o meno con ciò che capite essere le opzioni di genere.
  • Attrazione: è il modo in cui ci si sente attratti (o non attratti) da altre persone, in ambito sessuale, romantico e/o in altri modi (spesso classificati in base al genere).
  • Sesso: è l’insieme dei tratti fisici che nascono o si sviluppano e che noi consideriamo “caratteristiche sessuali”, nonché il sesso che ci viene assegnato alla nascita.

Le riflessioni su sesso, genere e orientamento sessuale sono state e sono un’occasione per creare nuove parole necessarie. Alcune, come «transgender» e «cisgender», arrivano dall’inglese, dato che nel discorso pubblico anglosassone sono state introdotte prima; alcune stanno diventando molto comuni, altre si sentono ancora di rado. E come per tutte le parole nuove, non tutte hanno un significato perfettamente delineato e condiviso, anzi: alcune possono essere usate in modi leggermente diversi dalle persone che le scelgono per descriversi, e in parte si sovrappongono[7].

Di seguito proponiamo un breve glossario che può sicuramente tornare utile:

GLOSSARIO:

  • TRANSGENDER: Le persone transgender (o «transgenere», in italiano, meno utilizzato) sono quelle che non si riconoscono nel genere assegnato alla nascita, che desiderino o meno modificare il proprio corpo o il proprio aspetto.
  • TRANSESSUALE: Alcune persone trasngender sono anche transessuali, cioè si stanno sottoponendo, o lo hanno fatto, a un’operazione di transizione da un sesso all’altro; a volte preferiscono non definirsi transgender, ma semplicemente donne o uomini.
  • TRANS: Questa abbreviazione è usata molto spesso sia in inglese che in italiano, per descrivere l’esperienza di persone che vivono un genere diverso o alternativo rispetto a quello assegnato alla nascita, siano esse transessuali o transgender. Una donna trans è dunque una persona il cui sesso anagrafico attribuito alla nascita è maschile, ma che invece si sente e si riconosce come donna. Un uomo trans è una persona il cui sesso anagrafico attribuito alla nascita è femminile, ma che invece si sente e si riconosce come uomo.
  • CISGENDER: Sono le donne e gli uomini che si riconoscono nel sesso assegnato alla nascita in base ai loro organi genitali, e possono essere eterosessuali, omosessuali o avere altri orientamenti sessuali; per quello che sappiamo sono la maggioranza delle persone. A volte si usa l’abbreviazione “cis”.
  • DI GENERE NON BINARIO: Sono le persone trans che non si riconoscono né come donne né come uomini e rifiutano la concezione binaria del genere, quella per cui esisterebbero solo queste due alternative.
  • IDENTITA SESSUALE: È il complesso degli aspetti che descrivono la sessualità di una persona, dunque il sesso, il genere, l’orientamento sessuale e l’identità di genere; per identità sessuali “non conformi” si intendono tutte quelle che storicamente sono state considerate un’eccezione alla “normalità”, dunque tutte le identità sessuali diverse da quelle delle persone cisgender ed eterosessuali.
  • QUEER: È una parola inglese che in passato significava «strano» ed era usata come insulto per le persone con identità sessuali non conformi, soprattutto omosessuali; oggi, dopo un processo di riappropriazione da parte delle stesse persone che un tempo la subivano come insulto, è usata per comprendere tutte le identità sessuali non conformi, oltre che per descrivere le filosofie legate alla prospettiva delle persone queer (le «teorie queer») e le culture da loro sviluppate.
  • INTERSESSUALE: Termine che non ha a che vedere con l’identità di genere, né con l’orientamento sessuale: si usa per indicare le persone che hanno alcune caratteristiche biologiche (che possono riguardare i cromosomi sessuali, gli ormoni o gli organi genitali) riconducibili al sesso femminile, e altre riconducibili al sesso maschile. Il termine ombrello per includere tutte queste condizioni è «intersessualità», corrispondente all’inglese «intersex» – che molte persone intersessuali usano in forma di aggettivo per definirsi. L’espressione «ermafrodita» invece è considerata stigmatizzante.
  • BISESSUALE, PANSESSUALE E ASESSUALE: Descrivono orientamenti sessuali. «Bisessuale» è chi prova attrazione per persone di due o più generi. «Pansessuali» sono persone per cui il genere non è un fattore di attrazione e che possono essere attratte da chiunque, a prescindere dal suo genere. «Asessuale» è chi non prova desideri sessuali per nessuna persona. Le persone asessuali possono comunque provare sentimenti romantici e definirsi, ad esempio, «eteroromantiche» o «omoromantiche».
  • LGBTQIA+: È la sigla usata per descrivere la comunità formata da chi ha identità sessuali non conformi e nel tempo è stata resa più lunga per includere più persone: fu introdotta tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila e inizialmente comprendeva solo lesbiche, gay, bisessuali e trans (LGBT); più di recente sono state aggiunte la Q di queer, la l di intersessuali e la A di asessuali, con un segno + in fondo a indicare la maggiore inclusività possibile e tutte le altre definizioni non conformi di sé.
  • COMING OUT: E’ l’espressione con cui si descrive l’atto di rivelare il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere agli altri; in Italia è spesso confuso con «outing», che invece in inglese viene usato per descrivere il rendere pubblico l’orientamento sessuale o l’identità di genere di un’altra persona, di solito senza il suo consenso.
  • GENDERQUEER: Definisce le persone di genere non binario che si oppongono agli stereotipi sui generi e si riconoscono in un mix personale di caratteristiche che possono essere associate al genere femminile o a quello maschile. Alcune persone usano «di genere non binario» e «genderqueer» come sinonimi, per altre il secondo termine include anche donne e uomini trans, e per altre ancora contiene una sfumatura di contestazione politica alle norme di genere. Si usa anche l’espressione «genderfuck» per chi vuole ribadire la sua identità di genere in modo provocatorio.
  • GENDERFLUID: Descrive le persone di genere non binario che si riconoscono nel genere femminile o in quello maschile in certi periodi della vita e non in altri; ci sono anche le persone che si definiscono «gender questioning» perché si stanno ancora interrogando sulla propria identità di genere.
  • AGENDER: Sono le persone che preferiscono non definirsi con nessuna categoria di genere.
  • ANDROSESSUALE, GINOSESSUALE E SKOLIOSESSUALE: Sono alcune delle parole che si cominciano a usare per superare i limiti di «eterosessuale» e «omosessuale», che definiscono l’orientamento sessuale di una persona sulla base del suo genere; il primo termine indica chi prova attrazione sessuale per gli uomini, il secondo chi la prova per le donne, il terzo per le persone non binarie[8].

 

NOTE:

[1] Cavallo, A. et al. (2021) Questioni di un certo genere: Le Identità Sessuali, I diritti, Le Parole da usare: Una guida per Saperne di più e Parlarne meglio. Milano: Iperborea

[2] Cavallo, A. et al. (2021) Questioni di un certo genere: Le Identità Sessuali, I diritti, Le Parole da usare: Una guida per Saperne di più e Parlarne meglio. Milano: Iperborea

[3] Cavallo, A. et al. (2021) Questioni di un certo genere: Le Identità Sessuali, I diritti, Le Parole da usare: Una guida per Saperne di più e Parlarne meglio. Milano: Iperborea

[4] Cavallo, A. et al. (2021) Questioni di un certo genere: Le Identità Sessuali, I diritti, Le Parole da usare: Una guida per Saperne di più e Parlarne meglio. Milano: Iperborea

[5] Per molto tempo in ambito psichiatrico si è detto che le persone che si identificano in un genere diverso da quello corrispondente al sesso assegnato loro alla nascita soffrissero del «disturbo dell’identità di genere», sostanzialmente una patologia. Non esistono convenzioni universali sulle definizioni e i sintomi dei disturbi mentali, ma dagli anni Cinquanta del Novecento si usa come riferimento di questo ambito il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali dell’American psychiatric association, a cui in gergo ci si riferisce con la sigla Dsm. Nella sua edizione più aggiornata, la quinta, pubblicata nel 2013, il «disturbo dell’identità di genere» non è più considerato un disturbo mentale ed è stato di fatto rimosso dal manuale. Al suo posto è stata introdotta la «disforia di genere», espressione che descrive il disagio sperimentato da molte persone che non si riconoscono nel genere associato ai loro organi genitali e che normalmente si attenua quando le persone trans possono vivere coerentemente con il genere in cui si riconoscono, avendo la possibilità di modificare parti del proprio corpo come desiderano.
Un disagio, quindi, attribuibile anche al contesto sociale e culturale con cui la propria condizione deve fare i conti. La disforia di genere è stata inserita in una nuova sezione del Dsm, non rientra in quella dedicata alle disfunzioni sessuali. In occasione dell’uscita della quinta edizione del manuale, l’American psychiatric association ha inoltre chiarito che «il non identificarsi nel genere assegnato alla nascita non è di per sé un disturbo mentale» e che l’uso dell’espressione «disforia di genere» è pensato anche per garantire alle persone trans l’accesso a cure psichiatriche, ormonali e chirurgiche che potrebbero desiderare.

[6] Cavallo, A. et al. (2021) Questioni di un certo genere: Le Identità Sessuali, I diritti, Le Parole da usare: Una guida per Saperne di più e Parlarne meglio. Milano: Iperborea

[7] Cavallo, A. et al. (2021) Questioni di un certo genere: Le Identità Sessuali, I diritti, Le Parole da usare: Una guida per Saperne di più e Parlarne meglio. Milano: Iperborea

[8] Cavallo, A. et al. (2021) Questioni di un certo genere: Le Identità Sessuali, I diritti, Le Parole da usare: Una guida per Saperne di più e Parlarne meglio. Milano: Iperborea