Il 2025 è l’anno prefissato dai Sustainable Development Goals (SDGs) dell’Agenda 2030 per il raggiungimento dell’obiettivo 8.7 : eliminare e proibire il lavoro minorile in tutte le sue forme, compreso il reclutamento e l’impiego dei bambini soldato. I lievi progressi compiuti finora non sono sufficienti e rischiano di essere messi in discussione dalla crisi sanitaria e socio-economica scatenata dalla pandemia COVID-19. Il 2025 si avvicina e per assicurare l’accelerazione necessaria l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), in collaborazione con l’organizzazione Alliance 8.7, ha lanciato ufficialmente il 2021 come “International Year for the elimination of Child Labour”.
Il lavoro minorile
Che cos’è il lavoro minorile?
A livello internazionale, il lavoro minorile è definito come il lavoro svolto dai bambini tra i 5 e 17 anni, che li obbliga a molte ore di lavoro o che mette a rischio la loro salute, privandoli del loro diritto all’infanzia.
Quali sono le cause del lavoro minorile?
Il lavoro minorile nasce spesso per necessità a causa delle drammatiche condizioni socio-economiche delle loro famiglie. I bambini sono costretti al lavoro per sopravvivere. Ma avviene anche che il lavoro minorile sia invece causato da pratiche “ben intenzionate”, da tradizioni culturali o volontà familiari, come seguire i percorsi lavorativi dei genitori fin da bambini, o come l’idea che lavorare già da bambini aiuti nello sviluppo delle skills personali.
Cosa provoca il lavoro minorile?
Il lavoro minorile danneggia lo sviluppo dei bambini con lavori pericolosi che mettono a rischio sia la loro salute fisica che mentale. I bambini sono spesso costretti ad abbandonare il loro percorso scolastico e ad allontanarsi dalle loro famiglie e dai loro amici, mettendo così a rischio il loro futuro. Inoltre il lavoro minorile in alcuni casi sfocia in gravi forme di schiavitù.
I numeri
I numeri dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro sono drammatici. Sono circa 152 milioni nel 2016 i bambini ancora condannati al lavoro minorile nel mondo. Un bambino su dieci. I progressi fatti nel nuovo millennio, nel 2000 erano circa 246 milioni (-38%), non però sono sufficienti. Osserviamo inoltre ancora enormi squilibri tra paesi: quasi la metà del lavoro minorile avviene in Africa (72 milioni di bambini), seguita da Asia e Pacifico (62 milioni). Circa la metà, 72.5 milioni di bambini, praticano lavori pericolosi e in condizioni che sono considerate dannose per la loro salute e la loro vita. Un bambino su dieci, viene sfruttato nell’agricoltura, altri settori sono l’allevamento e l’industria. La metà dei bambini è troppo giovane per lavorare e un terzo dei bambini coinvolti è fuori dal sistema educativo e quelli che lo frequentano hanno prestazioni scadenti.
Il piano
L’obiettivo dell’iniziativa, decisa già nel 2019 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con una votazione all’unanimità, è tanto la sensibilizzazione dell’opinione pubblica quanto quello di incoraggiare reali politiche attive volte a sradicare la piaga del lavoro minorile in tutto il mondo. Questo importante traguardo necessita della partecipazione non solo dei governi ma anche della società civile, degli stakeholders e di tutti i cittadini del mondo. Presso il sito ufficiale dell’iniziativa infatti è possibile proporre progetti (Action Pledges), da intraprendere entro il 2021, per contribuire a mettere fine al lavoro minorile. L’iniziativa sarà poi seguita nel 2022 dalla quinta edizione della Conferenza Globale sul Lavoro Minorile che si terrà in Sudafrica.
“There is no place for child labour in society. It robs children of their future”.
“Non c’è posto per il lavoro minorile nella società. Ruba i bambini del loro futuro”, queste le parole del direttore generale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, Guy Ryder. Speriamo che si riesca, attraverso uno sforzo globale, a realizzare questa promessa sconfiggendo quanto prima l’orrenda piaga del lavoro minorile in tutto il mondo.
Simone Gennari