Si può ereditare un trauma? 

24 Febbraio 2021

Gli effetti del trauma intergenerazionale sulle comunità vulnerabili  


Ci portiamo dietro i traumi dei nostri antenati fino a dieci generazioni fa. E ce lo dice uno studio del 1988 di Vivian Rakoff e colleghi. La psichiatra canadese teorizzò per la prima volta il fenomeno del trauma intergenerazionale negli anni Sessanta quando ebbe in cura bambini che presentavano un alto livello di stress psicologico. I suoi pazienti erano figli di sopravvissuti all’Olocausto. Venti anni dopo, le sue ricerche dimostrarono che i nipoti di coloro che avevano esperienza dell’Olocausto avevano una probabilità 300 volte più alta dei loro coetanei senza alcuna esperienza del genocidio di essere in cura psichiatrica. Il vissuto fortemente traumatico era passato dai genitori ai figli, e da questi ai nipoti, con conseguenze drammatiche per la loro salute fisica e mentale a distanza di decenni. Nonostante le comunità ebraiche siano state particolare oggetto di studio in questo campo, il trauma intergenerazionale può affliggere tutti, in particolare, coloro che appartengono a famiglie e comunità vulnerabili perché vittime di catastrofi naturali, della schiavitù, o di qualsiasi altra forma di discriminazione istituzionalizzata 

 

Che cos’è un trauma?  


Il trauma si verifica quando ci troviamo in una situazione percepita come una minaccia per la nostra sicurezza alla quale il cervello, stimolato nelle sue funzioni più primitive, attiva una risposta “Fight or flight” (combatti o scappa, letteralmente). Come spiega Resmaa Menakem, nel suo libro “Le Mani di Mia Madre” sulla schiavitù e le sue conseguenze intergenerazionali, il trauma si annida nel corpo, tanto quanto nella mente: “Quando qualcosa di troppo intenso, troppo veloce o troppo affrettato accade al corpo, il corpo è sopraffatto e questo crea un’esperienza traumatica”. Duplice l’effetto, duplice la conseguenza. Lo stress, infatti, si collega a determinate dinamiche comportamentali e sociali, come l’incapacità di gestire la rabbia o le relazioni, ma anche a deficit nel sistema immunitario. Problemi a controllare i propri impulsi, ricordare aneddoti o essere flessibili mentalmente sono sintomi comuni.  

 

Come si trasmette alle generazioni future?  


Molto spesso, il ricordo della esperienza traumatica passa, ma gli effetti sul proprio comportamento e la percezione della realtà rimangono, tanto da venire internalizzati dalla persona traumatizzata e poi diventare parte integrante del proprio carattere. A questo punto, le esperienze di singoli individui in un contesto familiare o di comunità si sommano a formare una cultura del trauma, determinata da codici sociali ed un linguaggio specifico, la cui causa è però sconosciuta ai membri del gruppo. Così un trauma si passa di generazione in generazione: attraverso gli elementi culturali che si imparano dai propri genitori, nonni, antenati e mentori.  

 

Un esempio per comprendere meglio…  


Due mamme, una afroamericana, Angela ed una bianca, Gabriela, partecipano ad un incontro genitori – insegnanti. Angela fa i complimenti a Gabriela per i buoni voti del figlio, Brian, alla quale questa risponde elogiandolo a sua volta e raccontando nei particolari i suoi successi scolastici. Gabriela, però, ricorda che il figlio di Angela, Malcolm, è il migliore della classe e glielo fa presente. Angela risponde che sì, è vero, però, subito si sofferma sui difetti del figlio, dicendo che non aiuta a casa o è viziato… La risposta di Angela, come spiega la dottoressa e psichiatra Joy DeGruy è, molto probabilmente, causa di un trauma intergenerazionale. Per gli antenati di Angela, schiavi nelle piantagioni americane, era buona norma minimizzare i pregi dei propri figli, se sottolineati da un colone, per mantenerli al sicuro e protetti da eventuali mire dei propri padroni. L’episodio non dimostra che Angela non è orgogliosa di Malcolm, come potrà pensare lui. Anzi, Angela ha una reazione meccanica di autodifesa, alla quale non sa dare una spiegazione, proprio perché è consapevole delle qualità del figlio.  

 

Quali soluzioni?  


Non esiste un trattamento univoco per questo tipo di trauma. Il primo passo è entrare in terapia, sostengono gli esperti nel campo. Non è però abbastanza. Infatti, il trauma generazionale è collettivo: la terapia di alcuni individui non rappresenta che una goccia nel mare per risolvere il problema. Come sottolinea DeGruy, una soluzione a lungo termine deve comprendere un progetto di ampio respiro di giustizia sociale. Alcune comunità saranno sempre più vulnerabili di altre finché la loro oppressione viene perpetuata da istituzioni e sistemi culturali, sociali ed economici, alimentando sofferenze e stress che finiranno per diventare parte del corredo genetico delle (ignare) generazioni future.  

“La risposta al motivo per cui così tanti di noi hanno difficoltà nella vita è perché i nostri antenati hanno trascorso secoli in condizioni inesorabilemente brutali. Generazione dopo generazione, i nostri corpi hanno immagazzinato traumi e un'intensa energia di sopravvivenza, e le hanno trasmesse ai nostri figli e nipoti. La maggior parte di noi ha anche tramandato resilienza e amore, ovviamente. Ma (…) come vediamo con tanti altri esseri umani - la resilienza e l'amore non sono sufficienti per guarire completamente tutti i traumi. Spesso, almeno parte del trauma continua".  


Resmaa Menakem  

Di Giada Santana 
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