1° maggio, Festa del Lavoro

 

Il 1º maggio è la Festa dei Lavoratori. Quali sono le origini della festa

La celebrazione del Primo Maggio affonda le sue origini alle rivendicazioni per la giornata lavorativa di otto ore a partire da metà Ottocento. A sviluppare un grande movimento di lotta sulla questione delle otto ore sono state soprattutto le organizzazioni dei lavoratori statunitensi. Nell’ottobre del 1884 la Federation of Organized Trades and Labour Unions indicò nel 1° maggio 1886 la data limite a partire dalla quale gli operai americani si sarebbero rifiutati di lavorare più di otto ore al giorno. Cadeva di sabato, allora giornata lavorativa, e in dodicimila fabbriche degli Stati Uniti 400mila lavoratori incrociarono le braccia. Seguirono disordini per diversi giorni fino a quella che, il 4 maggio 1886, fu chiamata la strage di Haymarket Square. Lo scoppio di una bomba a Chicago durante una grande manifestazione operaia causò la morte di sette poliziotti e almeno quattro civili. Così, la data del 1° maggio ha cominciato a caricarsi di un forte significato simbolico.

La ricorrenza come la conosciamo noi oggi, nata per ricordare i diritti dei lavoratori di tutto il mondo, venne ideata il 20 luglio 1889 a Parigi. Il congresso costitutivo della Seconda Internazionale decise “una grande manifestazione organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente i tutti i paesi e in tutte le città, i lavoratori avrebbero chiesto alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore”. La data proposta fu il 1° maggio, la Festa del Lavoro.

In Italia

La riuscita del 1° maggio 1890 anche in Italia costituisce una sorpresa per molti socialisti e un salto di qualità del movimento dei lavoratori, che per la prima volta dà vita ad una mobilitazione su scala nazionale, per di più collegata a un’iniziativa di respiro internazionale. Invece, il 1° maggio 1898 coincide con la fase più acuta dei “moti per il pane “, che investono tutta Italia e hanno un tragico epilogo a Milano. Nei primi anni del Novecento il 1° maggio si caratterizza anche per la rivendicazione del suffragio universale, poi per la protesta contro l’impresa libica e contro la partecipazione dell’Italia alla guerra mondiale.

Il regime fascista decise la soppressione del 1° maggio, che durante il ventennio fu inglobato alla celebrazione del 21 aprile, il cosiddetto Natale di Roma. Così la Festa del Lavoro assume una connotazione frondista e diviene occasione per esprimere in forme diverse (dal garofano rosso all’occhiello alle scritte sui muri, dalla diffusione di volantini alle riunioni in osteria) l’avversione al regime.

Il 1° maggio diviene ufficialmente festa nazionale nel 1947, altra data tragica per i lavoratori, legata all’eccidio di Portella della Ginestra in Sicilia. Il primo maggio 1947 nei pressi della Piana degli Albanesi, vicino Palermo, durante la Festa del Lavoro, la banda Giuliano sparò sulla folla di contadini che festeggiava la fine della dittatura e il ripristino delle libertà, uccidendo dodici persone e ferendone più di trenta. La matrice politica dell’attentato sembrò evidente, nonostante che l’allora ministro dell’Interno Mario Scelba negasse ovviamente qualunque connessione.

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Orientamento

In occasione del 1° maggio ci sembrava significativo trattare la tematica dell’orientamento scolastico e lavorativo. Rappresenta una tappa importante nel percorso di studenti e studentesse sia nei momenti di transizione tra diversi livelli di istruzione che nel momento di ingresso nel mondo del lavoro. Tuttavia, nel sistema italiano, diverse problematiche legate all’orientamento esistono sia durante le scuole medie, per la scelta del percorso di scuola superiore, che alla fine delle scuole superiori, per la scelta della formazione terziaria o dell’ingresso nel mondo del lavoro. Ciò costituisce un problema perché le giovani e i giovani guidati da un percorso di orientamento di qualità può trovare con più facilità il percorso formativo e lavorativo che più si adatta alle proprie capacità e attitudini, a differenza di chi invece si ritrova senza una bussola.

ActionAid è impegnata nella prevenzione e contrasto delle disuguaglianze educative attraverso la co-progettazione di spazi e percorsi per fornire orientamento a ragazzi e ragazzi adolescenti nel passaggio scuola-scuola / scuola-lavoro.

Nello specifico, Il progetto Mind the Gap ha l’obiettivo di costruire una rete di risposte integrate alle sfide poste dalle disuguaglianze educative, lavorando direttamente sul coinvolgimento attivo di giovani ragazzi e ragazze, e di tutta la comunità educante, nella definizione di un servizio di prossimità per l’orientamento scuola-scuola / scuola-lavoro. Attraverso diversi interventi dentro e fuori le scuole medie e superiori studenti e studentesse hanno la possibilità di sviluppare nuove competenze tecniche e trasversali, attraverso una didattica orientativa, innovativa e inclusiva, coinvolgendoli direttamente nella co-progettazione di un servizio di orientamento, che parta proprio dai loro bisogni, e che valorizzi le risorse presenti sul territorio.

Op-Ed. Orientamento e Partecipazione per l’educazione, è un altro progetto di ActionAid intende rafforzare il percorso di orientamento e i meccanismi di partecipazione per gli studenti e le studentesse delle scuole secondarie di primo e secondo grado delle città di Palermo, Siracusa e Reggio Calabria, nel quadro di un maggiore coinvolgimento della comunità educante. Lo farà attraverso percorsi integrati ad hoc per studenti e studentesse, docenti e genitori in costante dialogo con gli enti istituzionali territoriali.

 

 

25 aprile: le donne nella resistenza

La Festa della Liberazione si festeggia ogni anno il 25 aprile, quando si ricorda la liberazione d’Italia dal governo fascista e dall’occupazione nazista del paese. La Festa del 25 Aprile, durante la quale ovviamente non si lavora, è conosciuta anche come anniversario della Resistenza, una festività dedicata anche al valore dei partigiani di ogni fronte che, a partire dal 1943, contribuirono alla liberazione del paese. In Italia le formazioni partigiane si costituirono infatti nel corso della Seconda Guerra Mondiale, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, per iniziativa di antifascisti e di militari del dissolto regio esercito. Inizialmente composta da poche migliaia di uomini, la Resistenza assunse consistenza grazie alla vasta partecipazione di donne, operai, contadini e dei giovani renitenti alla leva della Repubblica di Salò che portarono nell’esercito partigiano circa 300.000 persone. Le bande partigiane diedero vita alla resistenza armata contro l’occupazione nazista e contro il collaborazionismo fascista ed è per questo che fu nel contempo una guerra di liberazione contro lo straniero e una guerra civile.

In onore del 25 aprile e della giornata del Libro (23 aprile), vi proponiamo un libro incluso tra i dodici candidati al Premio Strega 2023, dedicato alla vita di una donna partigiana straordinaria. Si intitola “La Sibilla”, di Silvia Ballestra.

La straordinaria storia di Joyce Lusso, partigiana, scrittrice, attivista, femminista

Joyce Lussu nasce come Gioconda Salvadori a Firenze, l’8 maggio 1912, da genitori marchigiani con ascendenze inglesi. Il nome Joyce risultava troppo esotico per l’impiegato dell’anagrafe. Lussu lo divenne per matrimonio.

Sua madre era Giacinta Galletti de Cadilhac figlia e nipote di garibaldini, il padre, Guglielmo Salvadori, docente universitario e primo traduttore del filosofo Herbert Spencer, malmenato e più volte minacciato dalle camicie nere, dopo aver pubblicato articoli contro Mussolini, fu costretto all’esilio con la famiglia in Svizzera, nel 1924.

Joyce passa l’adolescenza all’estero, in collegi e ambienti cosmopoliti, maturando un’educazione non formale, ispirata agli interessi della famiglia per la cultura, l’impegno politico e la propensione alla curiosità, al dialogo, ai rapporti sociali. A Ginevra, per la prima volta incontra Emilio Lussu, eroe della Prima Guerra Mondiale, famoso per l’audace fuga dal confino a Lipari insieme a Carlo Rosselli, padre della poetessa Amelia Rosselli. Si innamorano immediatamente ma lui non ha intenzione di impegnarsi vista la vita che conduce.

Tra il 1933 e il 1938 è in più zone dell’Africa; l’interesse per la natura e per lo sfruttamento colonialistico di genti e paesi, resteranno, da allora, motivazioni fortemente legate alla sua scrittura e alla sua vita. Al ritorno dall’Africa, torna attiva nel movimento Giustizia e Libertà insieme al fratello Max. Incontra nuovamente Emilio Lussu, o mister Mill, instancabile organizzatore della resistenza degli esiliati. Stavolta non si lasciano più. Vivono e agiscono in Francia dove si concentra lo sforzo antifascista italiano e si sposano con una cerimonia civile che definiscono “socialista” di fronte a pochi amici.

Torna in Italia subito dopo la caduta di Mussolini e entra nella lotta partigiana. Nome di battaglia: Simonetta. Per la sua militanza raggiunge il grado di Capitana, verrà decorata con la medaglia d’argento al valor militare. A liberazione avvenuta, Joyce Lussu vive da protagonista i primi passi della Repubblica Italiana e il percorso del Partito D’Azione, fino al suo scioglimento. Milita per qualche tempo nel PSI e, nel 1948, fa parte della direzione nazionale del partito.

Dal 1958 al 1960, continuando a battersi nel segno del rinnovamento dei valori libertari dell’antifascismo, sposterà il suo orizzonte di riferimento nella direzione delle lotte contro l’imperialismo. Sono gli anni dei viaggi con organizzazioni internazionali della pace, con movimenti di liberazione anticolonialistici. Dalla metà degli anni 60 la causa del popolo curdo diviene la sua causa, che la conduce nel mondo e, soprattutto, nelle scuole. Nel ’68, sostiene le proteste studentesche, si avvicina all’ecologismo e prende parte alla lotta femminista degli Anni 70 pur senza risparmiare le critiche.

Partigiana, capitana delle brigate Giustizia e Libertà e medaglia d’argento al valor militare, femminista, poetessa, scrittrice, traduttrice, ecologista, attivista. Tanti e nemmeno tutti gli aggettivi per descrivere la straordinaria Joyce Lussu.

Youth for Love: studentesse e studenti dicono no alla violenza!

Il 3 aprile 2023, presso Afol Metropolitana, si è tenuto l’evento finale del progetto. Consisteva in una giornata di workshop con student3, docenti e stakeholders. Dopo un breve benvenuto, in mattinata i e le giovani sono stati suddivisi in cinque gruppi e a turni hanno partecipato a diversi workshop e laboratori (Dalla mostra fotografica allestita da studenti e studentessse dell’IIS Rossellini di Roma, al laboratorio per costruire tampon box e creare targhe per bagni gender free).

Nel mentre docenti e stakeholders hanno seguito un workshop sulle procedure e raccomandazioni. Dopo la pausa pranzo, è stato tenuto un laboratorio sulla Scuola Transfemminista a cura di Stati Genderali. Infine, le studentesse del CFP di Paullo hanno organizzato una sfilata femminista, dove hanno impersonificato diverse figure femminili che hanno fatto la storia.

 

Il 4 aprile, presso la Stecca 3.0, si è tenuta la conferenza (in modalità ibrida) finale del progetto dove il corpo docenti, studenti, i diversi partner e le istituzioni, attraverso diversi tavoli di lavoro, si sono confrontati sui risultati, gli apprendimenti e le best practice che si sono sviluppate durante il progetto. All’evento è stata nuovamente allestita la mostra fotografica realizzata da studenti e studentesse dell’IIS Rossellini di Roma.

 

Cos’è il progetto YFL2?

La violenza tra pari e di genere anche nel target adolescenziale assume caratteristiche particolarmente complesse e sfaccettate. Comprende diverse manifestazioni di violenza fisica, sessuale e/o psicologica, come abusi verbali, bullismo, abusi e molestie sessuali, coercizione e aggressione, stupro. Negli ultimi anni, e in particolare a conseguenza delle chiusure causate dalla pandemia, è in parte ancora più “invisibile”, avvenendo on-line, con caratteristiche che rendono ancor più complesso il processo di riconoscimento, gestione e prevenzione. Le diverse forme di violenza spesso si sovrappongono e si rafforzano a vicenda e il genere rappresenta un fattore chiave alla base di molte forme di violenza e discriminazione.

YFL2 è parte di un programma quadriennale italiano e europeo, implementato in Italia da ActionAid e Afol Metropolitana. A livello europeo è stato sviluppato e implementato da ActionAid Hellas (Grecia), UC Limburg (Belgio), e Fundatia Centrul Partenariat Pentru Egalitate (Romania). È co-finanziato da the Rights, Equality and Citizenship (REC) Programme dell’Unione Europea.

L’obiettivo generale del progetto è quello di prevenire, individuare e affrontare la violenza tra pari tra gli adolescenti e la violenza di genere (14-18 anni) in 5 comunità di 4 paesi europei (Italia, Belgio, Grecia e Romania). Youth 4 Love 2 ha promosso l’adozione di un approccio globale e multilaterale che coinvolga attori che in genere non cooperano tra loro come i e le giovani, i genitori, i professionisti del settore dell’istruzione (scuola e comunità), associazioni, rappresentati dei servizi privati (settore privato e terziario), servizi pubblici e autorità (settore pubblico) a livello locale e nazionale.

In Italia il progetto ha coinvolto tre scuole e le relative comunità di riferimento: l’istituto cine-tv Roberto Rossellini di Roma, il Centro di Formazione Professionale Paullo e l’istituto Oriani Mazzini di Milano.

 

Per maggiori informazioni:

https://www.youthforlove.eu/progetto/

la crisi climatica è anche una questione di genere

L’Earth day, la Giornata della Terra, è il giorno in cui si celebrano l’ambiente, le sue risorse naturali e la salvaguardia del pianeta Terra. L’idea della Giornata è nata negli anni del presidente Kennedy, dei Beatles in vetta alle classifiche e di Jimi Hendrix, ma anche in quelli delle proteste contro la guerra in Vietnam. Era il 22 aprile 1970. L’idea venne al senatore democratico del Wisconsin, Gaylord Nelson: dopo aver osservato migliaia di studenti scendere in piazza per manifestare contro la guerra in Vietnam capì che quella era la strada da seguire per rivoluzionare il movimento ambientalista: una grande manifestazione ambientale a livello nazionale.

La crisi climatica è anche una questione di genere

Ora più che mai si scende in piazza per chiedere ai governi e alle multinazionali azioni concrete per contrastare il cambiamento climatico e le conseguenze che ha sulle persone e i loro diritti. La crisi climatica infatti non è neutrale, le sue conseguenze amplificano le disuguaglianze sociali preesistenti. Tra queste anche il problema di genere. Se è vero che il cambiamento climatico non fa distinzioni di per sé, è altrettanto vero che gli effetti sui gruppi sociali colpiti non sono tutti uguali. La disparità di genere rende le donne più vulnerabili degli uomini.

Ma partiamo dai  dati….Secondo le Nazioni Unite, le donne dipendono maggiormente dalle risorse naturali minacciate dal cambiamento climatico. In tutto il mondo, le donne rappresentano circa il 43% della forza lavoro in agricoltura. In Asia e Africa, questa percentuale è più alta, spesso superiore al 50%. Un insieme di 130 studi condotti dalla Global Gender and Climate Alliance afferma che in contesti climatici estremi le donne hanno maggiori probabilità di soffrire di insicurezza alimentare rispetto agli uomini.

La mancanza di risorse, poi, è una delle cause delle migrazioni climatiche. Anche in questo caso, i dati delle Nazioni Unite ci dicono che circa l’80% dei migranti climatici sono donne. Sebbene questa stima sia incerta, considerata la difficile definizione di migrante climatico, resta il fatto che le conseguenze negative dei cambiamenti climatici colpiscono di più il sesso femminile.

E la violenza? Che la violenza sessuale aumenti in concomitanza di disastri naturali e altri casi di emergenza umanitaria è chiaro e lo dimostrano studi recenti. Si basti pensare alla pandemia da Covid-19 e i suoi impatti disuguali. La dottoressa Clare Wenham, assistente di politica sanitaria globale alla LSE di Londra, ha detto che durante i periodi di crisi “le norme di genere si acutizzano”, e questo non vale solo per i paesi in via di sviluppo per l’appunto.

Insomma, la crisi climatica è anche un problema di giustizia, e se vogliamo trovare delle soluzioni non possiamo ignorare la questione di genere.

 

Orientamento e Partecipazione per l’Educazione

ActionAid, da questo anno scolastico, propone il Progetto “Op-ed.” Orientamento e Partecipazione per l’Educazione, finalizzato alla riduzione delle diseguaglianze educative, coinvolgendo nove scuole, in tre città italiane, Reggio Calabria, Palermo e Agrigento 

Per ActionAid, infatti, la scuola è il primo luogo di prevenzione e contrasto delle diseguaglianze, l’unica istituzione che ha le potenzialità̀ per essere centro di aggregazione dell’intera comunità̀ educante e richiamare alla responsabilità̀ educativa tutti gli attori preposti. La scuola è palestra di democrazia e generatore di inclusione delle comunità̀, in primis dei ragazzi e ragazze.  

Obiettivo specifico del progetto è quello di promuovere la consapevolezza e la motivazione nel percorso scolastico, nel quadro di una rafforzata comunità̀ educante, mediante attività̀ relative all’orientamento scolastico e alla partecipazione studentesca per ridurre l’insuccesso formativo. 

In particolare, questo secondo aspetto del progetto, ossia il consolidamento della partecipazione avverrà attraverso forme diversificate per i rispettivi ordini di scuole: analisi del territorio e animazione degli spazi; percorsi di rafforzamento della rappresentanza studentesca per le superiori. 

In entrambi i casi, sarà coinvolto il corpo docente con una formazione specifica e il territorio. 

Questa grande attenzione da parte di ActionAid nasce dalla convinzione che la partecipazione non sia solo una parola o un metodo, è un diritto e lo è per tutt*, a prescindere dalla maggiore età che decreta ufficialmente il diritto al voto. A livello nazionale e internazionale, non manca il riconoscimento della partecipazione giovanile come elemento imprescindibile al fine della tutela di ogni loro diritto. È stata la Convenzione Onu sui diritti dell’Infanzia e Adolescenza a sancire per la prima volta nel 1989, con gli articoli 12 e 15, il diritto dei e delle minori a essere ascoltati, di far sentire la propria voce per le questioni che li riguardano, nonché di aver libertà di associazione. Come indicato anche nello Statuto delle Studentesse e degli Studenti, approvato nel 1998 grazie alle mobilitazioni e rivendicazioni dei movimenti studenteschi, “Lo studente ha diritto alla partecipazione attiva e responsabile alla vita della scuola. I dirigenti scolastici e i docenti, con le modalità previste dal regolamento di istituto, attivano con gli studenti un dialogo costruttivo sulle scelte di loro competenza in tema di programmazione e definizione degli obiettivi didattici, di organizzazione della scuola, di criteri di valutazione, di scelta dei libri e del materiale didattico”. 

Tuttavia, come emerge anche dall’indagine “Gli studenti e la partecipazione”, condotta da IPSOS per ActionAid in collaborazione con Unione degli Studenti a settembre del 2021, già prima dell’emergenza sanitaria, nel 45% dei casi le assemblee di classe venivano indette poche volte l’anno o mai, e con la chiusura delle scuole le opportunità di assemblea si sono ulteriormente ridotte: il 38% delle classi non ha organizzato assemblee online, mentre il 40% ha continuato seppur in misura minore rispetto a prima. Se si guarda alle assemblee di istituto, il dato è ancora più preoccupante: se prima della pandemia nella metà dei casi venivano svolte poche volte l’anno o mai, con la pandemia il 42% degli studenti ha smesso, mentre nel 38% dei casi sono proseguite ma in misura ridotta. Dati più bassi risultano in particolare in Istituti tecnici, ma ancora più nei professionali. 

Bisogna dunque promuovere sinergie e strumenti affinché studenti e delle studentesse non siano soggetti passivi, semplici beneficiari, del processo formativo ma, invece, soggetti attivi e motore principale. 

Quali sono i Centri Antiviolenza nella tua città? Diffondiamoli in ogni classe! – #YouthForLoveItalia

19.600 donne hanno affrontato il percorso di fuoriuscita dalla violenza con l’aiuto dei Centri Antiviolenza solo nel 2021. Questi i dati Istat che ci consegnano una fotografia di come il problema della violenza di genere rimane un fenomeno purtroppo diffuso e strutturato nella nostra società. È sempre più importante promuovere progetti di contrasto e prevenzione che, già dalle scuole, possano incidere verso un cambiamento radicale di questo problema. 

I centri antiviolenza sono luoghi in cui si offre consulenza accogliendo le donne che hanno subito violenza, dando loro servizi essenziali per interrompere la condizione di ricatto a cui sono sottoposte e strumenti per riprogettare le proprie vite libere dalla violenza. I principali servizi messi a disposizione sono l’ascolto, l’accoglienza, supporto psicologico, consulenza legale, orientamento lavorativo, supporto alla genitorialità e per figli/figlie minorenni, fino al supporto e consulenza alloggiativa. 

In Italia ne abbiamo in totale 338 distribuiti in ogni regione con una media di 1,2 centri/servizi per ogni 100mila donne con 14 anni e più, ma alcune volte questi luoghi non sono conosciuti e non si sa come raggiungerli. Per questo è necessario promuovere una loro diffusione già a partire dai banchi di scuola, facendo conoscere i loro servizi e il loro operato affinché ognuna possa sapere come accedervi sul proprio territorio, identificando le strutture più vicine alla propria scuola o zona di residenza.