Violenza di genere in Italia: numeri reali e il ruolo della scuola

Sara Campanella e Ilaria Sula sono state uccise perché hanno detto no. Questi non sono casi isolati, non sono dei raptus: sono femminicidi. Una forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne, che si ripete e che affonda le radici in una cultura che insegna il possesso. Parlare di questi casi e riconoscerne le vere cause è una responsabilità collettiva. Finché non verranno messi in discussione atteggiamenti che comunemente sono considerati “normali”, ma che in realtà nascondono una violenza strutturale e non si investirà seriamente in prevenzione, non riusciremo a estirpare il problema dalla radice. È per questo che il lavoro culturale ed educativo è centrale. Serve intervenire prima che la violenza si manifesti, a partire da dove si formano le persone: le scuole. 

Secondo l’Osservatorio Nazionale di Non Una Di Meno, al 2 aprile 2025 in Italia sono già stati registrati 24 casi di femminicidio, lesbicidio e trans*cidio. Questi dati mostrano che non basta indignarsi dopo l’ennesimo caso. Serve un’azione strutturale e continua, che coinvolga le istituzioni, i media e soprattutto i luoghi della formazione. 

La Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia nel 2013, è il primo trattato internazionale che vincola gli Stati a prevenire e combattere la violenza maschile contro le donne. Impone misure specifiche per garantire tutele e soprattutto mette al centro le azioni educative per combattere la cultura della violenza. Tuttavia, nonostante l’Italia abbia firmato l’impegno, i progressi concreti sono stati lenti e insufficienti. Le leggi ci sono, ma spesso non vengono applicate adeguatamente, e le politiche di prevenzione, in particolare quelle educative, sono ancora troppo poche o assenti. 

L’educazione alla sessualità e all’affettività nelle scuole è quindi uno strumento essenziale. Si può così parlare di relazioni, emozioni, rispetto dei confini e del consenso. Il Gruppo CRC, che si occupa della tutela dei diritti di bambini, bambine e adolescenti, sottolinea la necessità di introdurre nel sistema educativo italiano la Comprehensive Sexuality Education: un percorso formativo che aiuti ragazze e ragazzi a sviluppare consapevolezza emotiva, a riconoscere la violenza nelle relazioni e a costruire legami basati sull’uguaglianza. Parlare di affettività e sessualità a scuola significa prevenire la violenza. Significa dare a tutti e tutte gli strumenti per comprendere se stessi e gli altri. 

Per saperne di più: 

 

L’edizione 2024-2025 del portale è supportata dal progetto “AGIRE”, finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Comitato interministeriale per la programmazione economica – CUP C29I23001120001

Spreco alimentare 

Cos’è: 

Una prima definizione di spreco alimentare viene dalla FAO, e comprende qualsiasi sostanza sana e commestibile, destinata al consumo umano, che venga sprecata, persa, degradata o consumata da parassiti in qualsiasi punto della filiera agroalimentare. 

Più recentemente è stata proposta una distinzione tra perdite alimentari e spreco alimentare: 

  • si definiscono food losses “le perdite alimentari che si riscontrano durante le fasi di produzione agricola, post-raccolto e trasformazione degli alimenti”; 
  • si parla invece di food waste quando si intendono “gli sprechi di cibo che si verificano nell’ultima parte della catena alimentare (distribuzione, vendita e consumo finale)”. 

 

Alcuni dati: 

In occasione dell’International Day of Zero Waste l’Unep (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) ha pubblicato un report in cui mostra, tra le altre cose i dati relativi allo spreco alimentare nel 2022. Viene mostrato come nel 2022 sono stati generati 1,05 miliardi di tonnellate di rifiuti alimentari (comprese le parti non commestibili). Questo è pari a 132 chilogrammi pro capite, e a quasi un quinto di tutto il cibo a disposizione dei consumatori. 

Il 60% del totale degli alimenti sprecati nel 2022 è avvenuto a livello domestico, mentre i servizi di ristorazione sono responsabili del 28% e la vendita al dettaglio del 12%. 

La perdita e lo spreco di cibo generano l’8-10% delle emissioni globali annue di gas serra 

Ridurre le perdite e gli sprechi alimentari è fondamentale, in quanto migliorerebbe i sistemi agroalimentari e contribuirebbe a raggiungere la sicurezza alimentare e la qualità degli alimenti. 

Come si può ridurre lo spreco alimentare? 

Livello micro: 

È importante sottolineare come innanzitutto esistono molti piccoli accorgimenti che ognuno di noi può utilizzare per sprecare meno cibo. Banalmente acquistando al supermercato solo quanto necessario evitando così di dover buttare del cibo perché andato a male. 

Inoltre, è importante imparare a leggere nel modo corretto le scadenze dei cibi e comprendere quali alimenti possono essere consumati anche se scaduti da breve tempo. Per esempio, c’è un’importante differenza tra una data di scadenza in cui troviamo giorno/mese/anno ed una in cui troviamo scritto consumare preferibilmente entro. 

Allo stesso modo è molto diverso consumare un uovo scaduto piuttosto che della pasta o del riso. 

Livello macro: 

è, inoltre, estremamente importante che il tema dello spreco alimentare e più in generale dell’educazione alimentare venga introdotto all’interno delle scuole in modo da educare tutte e tutti fin da piccoli ad un utilizzo corretto del cibo. 

Il mondo spreca oltre 1 miliardo di pasti al giorno – ONU Italia (unric.org) 

Lo spreco alimentare è una questione etica, sociale, economica e ambientale – ASviS – Ansa.it 

 

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Origini della Giornata Mondiale della Terra

La Giornata Mondiale della Terra è celebrata ogni anno il 22 aprile. È stata istituita nel 1970 per sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi ambientali e promuovere la protezione del nostro pianeta. L’idea nacque negli Stati Uniti grazie a Gaylord Nelson, un senatore che voleva portare l’attenzione pubblica sui danni ambientali provocati dall’inquinamento e dalla degradazione ambientale. 

Nel 1970, milioni di persone parteciparono a manifestazioni ed eventi in tutto il mondo per chiedere un cambiamento nelle politiche ambientali. Questo movimento portò alla creazione dell’Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti (EPA) e contribuì a leggi importanti come il Clean Air Act e il Clean Water Act. 

Il Cambiamento Climatico: Situazione Attuale 

Cosa è il cambiamento climatico? si riferisce a modifiche a lungo termine nei modelli climatici globali, principalmente a causa delle attività umane come la combustione di combustibili fossili, che aumentano la concentrazione di gas serra nell’atmosfera. Questi gas intrappolano il calore e provocano un riscaldamento globale. 

Disagi Attuali e Futuri: 

Nel Mondo: 

  • Eventi meteorologici estremi: Aumento di frequenza e intensità di eventi come uragani, incendi forestali, e ondate di calore. Ad esempio, incendi devastanti in Australia e ondate di calore estreme in Europa. 
  • Aumento del livello del mare: Melting dei ghiacciai e delle calotte polari contribuisce all’innalzamento del livello del mare, mettendo a rischio le città costiere e le isole. 
  • Cambiamenti nei modelli di precipitazione: Alcune regioni diventano più aride, mentre altre affrontano precipitazioni e inondazioni più intense. 

In Italia: 

  • Aumento delle temperature: Le estati in Italia sono sempre più calde e lunghe, con un impatto sulla salute pubblica e sull’agricoltura. 
  • Siccità e stress idrico: La scarsità d’acqua sta diventando un problema crescente, influenzando le risorse idriche disponibili per l’uso agricolo e domestico. 
  • Eventi meteorologici estremi: Inondazioni e frane sono diventati più frequenti, con impatti su infrastrutture e comunità. 

 Cosa Possiamo Fare 

A livello individuale: 

  • Ridurre le emissioni di carbonio: Utilizzare mezzi di trasporto più sostenibili, ridurre il consumo di energia e adottare abitudini ecologiche come il riciclo. 
  • Supportare energie rinnovabili: Optare per fonti di energia come il solare e l’eolico che hanno un impatto minore sull’ambiente. 

 

 

A livello collettivo e legislativo: 

  • Politiche climatiche: I governi possono adottare regolamenti che limitano le emissioni di gas serra e promuovono la sostenibilità. 
  • Accordi internazionali: Il Protocollo di Kyoto e l’Accordo di Parigi sono esempi di come i paesi possono collaborare per affrontare il cambiamento climatico a livello globale. 

Fonti e Risorse Utili 

Giornata della Terra: cos’è, storia e perché è importante celebrare l’Earth Day – greenMe 

Climate Change 2023: AR6 Rapporto di sintesi – IPCC – Focal Point Italia (cmcc.it) 

 

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L’Acqua: Una Risorsa Preziosa

 L’Acqua come Risorsa Esauribile 

L’acqua è una risorsa fondamentale per la vita e per lo sviluppo delle società. Purtroppo, però, la quantità di acqua dolce (e quindi potabile) presente sul nostro pianeta è limitata: solo circa il 2,5% dell’acqua sulla Terra è dolce, e di questa, una parte significativa è immagazzinata nei ghiacciai e nelle calotte polari, mentre solo una piccola frazione è accessibile per uso quotidiano. 

L’acqua è un bene esauribile perché le risorse di acqua dolce sono influenzate da diversi fattori come l’inquinamento, il cambiamento climatico e la crescita della popolazione. L’inquinamento delle acque, ad esempio, riduce la quantità di acqua potabile disponibile. Inoltre, il cambiamento climatico sta alterando i modelli di precipitazione e riducendo la disponibilità di acqua. 

 Consumo di Acqua in Italia e nel Mondo 

Italia: In Italia, il consumo di acqua è elevato rispetto ad altri paesi. Secondo dati dell’ISTAT, l’uso medio pro-capite è di circa 220 litri al giorno. Gran parte di quest’acqua viene utilizzata per scopi domestici, agricoli e industriali. Questo elevato consumo di acqua è causato anche da problematiche legate ai sistemi di trasporto e fruizione dell’acqua. Infatti, in molti casi, gli impianti idrici sono molto vecchi e di conseguenza una parte dell’acqua viene persa o l’acqua calda fatica ad arrivare causando inevitabilmente un maggiore consumo d’acqua. 

Mondo: A livello globale, la situazione è variabile. Nei paesi occidentali il consumo pro-capite può superare i 300 litri al giorno, mentre nei paesi del Sud Globale può essere molto più basso. Tuttavia, in molte regioni del mondo, l’accesso all’acqua potabile è limitato. Secondo l’ONU, circa 2 miliardi di persone vivono in aree con scarso accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici. (fonte:Rapporto UNICEF-OMS su acqua e igiene, nonostante i progressi 1 bambino su 3 senza acqua sicura | UNICEF Italia) 

 Azioni per Limitare il Consumo di Acqua 

Ognuno può e deve contribuire a ridurre il consumo e gli sprechi di acqua potabile. Il livello individuale non è però sufficiente e risulta necessario mettere in campo anche azioni strutturali, per esempio in termini di gestione delle risorse idriche. 

A livello individuale: 

  1. Risparmio domestico: Utilizzare rubinetti e docce a basso consumo, riparare le perdite e ridurre il tempo sotto la doccia. 
  1. Uso consapevole dell’acqua: Non lasciare il rubinetto aperto inutilmente e usare lavatrici e lavastoviglie solo a pieno carico. 

A livello legislativo e collettivo: 

  1. Regolamentazioni: I governi possono implementare leggi che promuovano tecnologie di risparmio idrico, come rubinetti e toilette a basso consumo. 
  1. Politiche di gestione: È importante gestire le risorse idriche in modo sostenibile attraverso la pianificazione e la conservazione, proteggendo le fonti d’acqua e prevenendo l’inquinamento. 
  1. Educazione e sensibilizzazione: Promuovere campagne educative per aumentare la consapevolezza sull’importanza della conservazione dell’acqua. 

Per approfondire: 

 

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Contrastare il razzismo e costruire società inclusive

Una definizione giuridica internazionale di razzismo non esiste ma gli standard in materia di diritti umani internazionalmente riconosciuti vietano la discriminazione in base alla ‘razza’ o all’etnia. 

Il razzismo è un affronto alla nozione stessa di diritti umani universali. È la negazione di uno dei principi fondanti della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ossia che tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti. Il razzismo nega sistematicamente ad alcune persone il pieno godimento dei loro diritti umani, con il pretesto del colore della pelle, dell’appartenenza razziale o etnica, dell’origine sociale (compresa la casta) o nazionale. Questo rappresenta una minaccia a tutti i diritti umani: civili e politici ma anche economici, sociali o culturali. 

Cos’è il razzismo e come nasce? 

Per prima cosa è importante sottolineare che a differenza di ciò che per molto tempo è stato sostenuto non esiste nessuna base scientifica per affermare che un’etnia sia “migliore” di un’altra. 

Possiamo affermare, dunque, che il razzismo sia un costrutto sociopolitico che va a creare comunità fittizie di discendenza e di origine, alle quali vengono attribuite caratteristiche che sono interpretate come difficili da cambiare. Le categorie razziali sono arbitrarie e spesso utilizzate per scopi politici. Il significato stesso di razza e le espressioni ideologiche del razzismo cambiano in epoche e Paesi diversi. 

Il razzismo come ideologia si perpetua ancora oggi, ad esempio quando si attribuiscono determinate caratteristiche o comportamenti a certi gruppi di persone. Anche se questi pregiudizi non sempre si esprimono in atti razzisti concreti, ne portano i semi e si possono trasformare in vere e proprie discriminazioni. 

Questo fenomeno è spesso basato sulla paura, una paura che deriva dall’ignoranza, dalla mancata conoscenza di qualcosa che esuli dalla nostra cultura e dalle nostre abitudini. 

Razzismo sistemico e strutturale 

Quando parliamo di razzismo strutturale si parla di strutture che sistematicamente avvantaggiano i gruppi percepiti come bianchi piuttosto che i gruppi percepiti come non bianchi. 

Vengono istaurate leggi per fare in modo che solo le persone bianche abbiano accesso a determinate risorse. 

Quando si parla di Razzismo sistemico si fa riferimento al fatto che il razzismo sia intrinseco nelle nostre società e a tutti quegli aspetti che avvantaggiano le persone bianche rispetto a quelle non bianche. Per esempio, l’affitto di case, spesso capita che le persone non bianche abbiano più difficoltà nell’affittare un appartamento a causa di pregiudizi interiorizzati durante la nostra socializzazione (es. che vengono da quel determinato paese sono dei ladri, quelle altre puzzano…).  

In generale si fa riferimento a tutti i privilegi che le persone bianche o percepite come tali hanno solo ed esclusivamente grazie a questa loro caratteristica. Privilegi a cui spesso non si fa nemmeno caso, come una maggiore facilità ad accedere a posizioni di potere, e di conseguenza avere una posizione socio economica più elevata e quindi più potere. 

 

 

Per approfondire: 

Razzismo: Discriminazione sulla base dell’origine, della ‘razza’ o dell’etnia — amnesty.ch 

https://www.audible.it/pd/B09J1LBFLR?source_code=ASSOR150021921000V 

 

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Disuguaglianze, povertà e salute

Povertà: 

L’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) definisce la povertà come una condizione che “va oltre la mancanza di reddito e di risorse per garantire mezzi di sussistenza sufficienti. Include fame e malnutrizione, accesso limitato all’istruzione e ad altri servizi di base, discriminazione, esclusione sociale e mancanza di partecipazione ai processi decisionali”. 

La povertà è un fenomeno multidimensionale: guardarla soltanto in termini di soglia di reddito sotto alla quale una persona non è più in grado di soddisfare i propri bisogni fondamentali ci porterebbe a credere che basti redistribuire il denaro per poterla contrastare. Come vedremo più avanti, ci sono molti più fattori che entrano in gioco. 

Come si misura? 

Può essere misurata in due modi: 

  • Quello monetario, definendo una soglia di reddito al di sotto della quale un individuo o una famiglia vengono considerati poveri in senso assoluto. Questa linea corrisponde alla quantità minima di denaro necessaria per acquistare un paniere minimo di beni che permette di vivere una vita minimamente dignitosa. È importante sottolineare che ciò che si trova nel paniere cambia da paese a paese, per comodità, soprattutto nei paesi del Sud del mondo, si utilizza una soglia in dollari pro capite al giorno. Sono poveri in senso assoluto coloro che non raggiungono tale soglia. 
  • Quello non monetario: una misura abbastanza recente e innovativa, presentata dall’UNDP (il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo) nel suo Rapporto del 2010. È l’Indice di povertà multidimensionale (MPI) il quale tiene in considerazione le molteplici privazioni che una persona povera può affrontare in termini di scolarizzazione, salute e condizioni di vita. 

Il fatto che generalmente si utilizzino delle variabili economiche non risiede nel fatto che gli altri aspetti non siano ritenuti importanti, ma perché sono più difficili da misurare. 

Conseguenze della povertà: 

Molto spesso quando si parla di povertà o di disuguaglianze non si tiene conto delle conseguenze che queste ultime hanno sulla salute delle persone. 

La salute, infatti, è distribuita in modo profondamente diseguale sia a livello globale sia all’interno di ciascun paese. 

Tutto ciò non è dato semplicemente dal fatto che le persone più povere riescono ad accedere più difficilmente alle cure mediche (che è un problema molto grave) ma il problema principale è che queste ultime si ammalano maggiormente delle persone più ricche. Non è un trend che vale solo nel caso in cui si mettano a confronto persone molto povere con persone molto ricche, ma vale anche se vengono messe a confronto persone di classi sociali simili, quelle più abbienti avranno meno probabilità di ammalarsi rispetto alle persone meno abbienti. 

Le cause delle malattie sono molteplici: il contesto sociale in cui si vive, le proprie abitudini (stile di vita) e la propria predisposizione genetica. Notiamo, però, che il contesto sociale e le abitudini hanno una grande rilevanza, facciamo un esempio: 

una persona povera negli Stati Uniti che vive in un quartiere non particolarmente centrale, se non ha la macchina e vicino alla propria abitazione ha solo supermercati in cui il cibo “spazzatura” costa molto meno rispetto al cibo “sano”, sarà portata ad acquistare cibo che a lungo andare può danneggiare la salute e causare problematiche come obesità o malattie cardiovascolari. 

Ancora oggi c’è una grande tendenza a colpevolizzare le persone per la propria condizione economica e le proprie condizioni di salute (per patologie come l’obesità o l’alcolismo…), ma possiamo realmente affermare che siano delle colpe? Molto spesso i comportamenti delle persone sono dettati, almeno in parte, da fattori contestuali e in generale da fattori che sfuggono al loro controllo. 

È, dunque, fondamentale comprendere quali sono le cause di determinati comportamenti o usanze per poter risolvere il problema della povertà. 

Per approfondire: 

Com’è distribuita la povertà nel mondo e come si misura? I dati più aggiornati e le cause (geopop.it) 

 

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Giornata Internazionale Della Donna

L’8 marzo: una giornata di lotta e di consapevolezza 

L’8 marzo nasce come giornata internazionale delle donne nel 1909 negli Stati Uniti, in seguito alle lotte delle operaie per migliori condizioni di lavoro. Nel 1917, le proteste delle donne russe contro la guerra segnarono un momento chiave, portando questa data a un riconoscimento globale. Figure come Clara Zetkin, che propose la Giornata internazionale delle donne nel 1910, e Rosa Luxemburg, che lottò per i diritti delle lavoratrici, hanno segnato profondamente le battaglie per rivendicare un mondo più giusto. La giornata è poi diventata un momento di mobilitazione per i diritti delle donne, la parità e la denuncia delle discriminazioni e della violenza di genere. 

Perché si sciopera oggi? 

Ancora oggi in tutto il mondo ci si mobilita perché le forme di violenza di genere rimangono o si sono evolute.  La violenza di genere, infatti, continua a essere un fenomeno strutturale: il numero di femminicidi, le molestie sul lavoro e nelle scuole, la violenza economica e psicologica ci dimostrano quanto il problema sia intenso e radicato. A tutto ciò si aggiunge la disparità salariale, la precarietà lavorativa e la differente divisione del lavoro di cura. In un sistema che spesso non dà pari opportunità, l’8 marzo diventa una giornata di lotta collettiva per ribaltare l’esistente e immaginare una società più equa e giusta, un momento per rivendicare tutte e tutti insieme un mondo senza violenza e discriminazioni. 

Dati sulla violenza di genere 

Secondo il rapporto Istat “Le molestie: vittime e contesto” sono 2,322 milioni il numero delle persone di 15-70 anni che hanno subito almeno una molestia sul lavoro nel corso della vita, di cui l’81% sono donne. Inoltre, il gender pay gap in Italia si attesta intorno al 5,5% nel settore pubblico e al 17% nel privato, dimostrando una persistente disuguaglianza economica.
Secondo l’indagine “Oltre le parole. Narrazione politica e percezione pubblica sulla violenza maschile contro le donne”, condotta da ActionAid in collaborazione con Osservatorio di Pavia e B2Research emerge che l’interesse della classe politica sul tema risulta limitato: solo l’1,5% dei post sui social media dei rappresentanti politici affronta questa tematica, evidenziando una disconnessione tra l’opinione pubblica e le priorità politiche.
La scuola ha un ruolo cruciale nella sensibilizzazione, ma spesso manca di strumenti adeguati per affrontare questi temi in modo efficace. 

Il ruolo della scuola: didattica di genere e invisibilizzazione 

Nonostante l’importanza della formazione sui temi di genere, in Italia la scuola presenta ancora molte lacune. L’assenza di un’educazione alle differenze nei programmi e la scarsa rappresentazione delle figure femminili nei libri di testo contribuiscono a rafforzare stereotipi e disuguaglianze. Si devono promuovere pratiche didattiche di genere e un approccio che dia spazio a una visione critica della realtà per costruire una società più consapevole. 

L’8 marzo non è una celebrazione, ma una giornata di lotta. Cosa possiamo fare concretamente per portare avanti questo impegno nelle scuole? Correte a guardare la missione collegata! 

 

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Giornata Mondiale contro il Bullismo e il Cyberbullismo 

Giornata Mondiale contro il Bullismo e il Cyberbullismo 

La giornata mondiale contro il bullismo e il cyberbullismo viene celebrata ogni anno il 7 febbraio ed è stata istituita per sensibilizzare l’opinione pubblica e diffondere la consapevolezza circa un tema così delicato oltre a promuovere azioni concrete per prevenire e contrastare il bullismo in tutte le sue forme. Per questo motivo vogliamo chiudere il mese proponendovi un approfondimento su questo tema. 

Cos’è il Bullismo? 

Il bullismo rappresenta solo una delle molteplici forme di violenza tra pari che ragazze e ragazzi possono subire dentro e fuori dalla scuola. Possiamo definirlo come un comportamento aggressivo ripetuto nel tempo che ha l’obiettivo di ferire, intimidire o umiliare una persona da parte di un singolo o di un gruppo. Esistono diverse forme di bullismo: 

  • Bullismo fisico: include atti come spintoni, pugni, calci o danni agli oggetti personali. 
  • Bullismo verbale: insulti, minacce, prese in giro offensive, che mirano a colpire la dignità della vittima. 
  • Bullismo relazionale: esclusione sociale, diffusione di pettegolezzi o bugie per danneggiare le relazioni interpersonali della vittima. 
  • Cyberbullismo: una forma di bullismo che avviene attraverso l’uso di social media, chat, e-mail o forum online. Il cyberbullismo può essere particolarmente insidioso perché la vittima non ha un rifugio sicuro; può essere perseguitata ovunque e in qualsiasi momento. 

Perché è Importante Parlare di violenza tra pari? 

Bullismo e cyberbullismo sono solo una delle forme di violenza tra pari che quotidianamente avvengono dentro o fuori dalla scuola. La violenza tra pari, che poggia le proprie radici in dinamiche di potere ineguali e discriminazioni può avere effetti gravi sulla salute mentale e fisica delle persone che la subiscono e incidere per esempio sul rendimento scolastico, causare ansia, depressione e perdita di autostima. È dunque fondamentale che tutti gli attori della comunità educante siano consapevoli e informati sulla violenza tra pari in tutte le sue forme, anche quelle più sottoli e nascoste, e abbia gli strumenti per prevenirla, contrastarla e gestirla.  

Alcuni dati: 

Dall’indagine “I giovani e la violenza tra pari” condotta da Ipsos per ActionAid su un campione rappresentativo di circa 800 ragazze e ragazzi tra i 14 e i 19 anni, con un focus anche sulla violenza di genere, emerge una situazione preoccupante. Per 4 giovani su 5 una donna può sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole. Ancora 1 su 5 crede che le ragazze possano contribuire a provocare la violenza sessuale se mostrano un abbigliamento o un comportamento eccessivamente provocante. Quasi 1 su 3 sostiene che molte persone che si identificano come non binarie/ fluide/trans stanno solo seguendo una moda del momento.
Sono le ragazze, più dei ragazzi, a vivere con maggior frequenza atti di violenza tra pari, in qualsiasi forma essa si manifesti: molto più spesso dei coetanei assistono a gossip, prese in giro, insulti, scherzi, esclusione di persone dai gruppi, a situazioni in cui le parti intime di una persona vengono toccate senza il suo consenso, alla diffusione non consensuale di foto e video di situazioni intime. Inoltre, le ragazze rischiano più spesso di ricevere molestie verbali mentre camminano per strada, di essere toccate nelle parti intime, di essere vittime di scherzi o commenti a sfondo sessuale e della diffusione di foto/video che le ritraggono in situazioni intime.   

I ragazzi invece rischiano principalmente di essere picchiati e le persone transgender/fluide/non binarie di venire insultate.     

A che punto siamo? 

Negli ultimi anni, diversi Paesi hanno introdotto nuove leggi per contrastare il bullismo e il cyberbullismo. In Italia, la Legge n. 71 del 2017 è stata un passo importante nella lotta contro il cyberbullismo. Innanzi tutto, per la prima volta, viene definito in modo chiaro cosa si intende per cyberbullismo, inoltre questa legge prevede misure specifiche per tutelare i minori, come l’obbligo per le scuole di adottare politiche di prevenzione e intervento. 

La legge attribuisce un ruolo entrale alle scuole: ogni istituto deve nominare una figura responsabile di coordinare le iniziative di prevenzione e di supporto nel caso in cui siano presenti vittime di cyberbullismo. Le scuole sono anche tenute a promuovere attività di sensibilizzazione sul tema. Questo punto è particolarmente importante proprio perché molto spesso fenomeni di questo tipo si sviluppano tra i banchi di scuola e perché l’istituzione scolastica deve essere il luogo che più di tutti insegna a relazionarsi con gli altri e il rispetto reciproco. 

Infine, la legge incoraggia la collaborazione tra scuola, famiglie e istituzioni per creare un ambiente sicuro e rispettoso per tutti. È importante che i giovani siano informati sui loro diritti e sappiano come chiedere aiuto in caso di bisogno. 

Seppur questa legge rappresenti un importante passo in avanti, non è sufficiente focalizzarsi solo su bullismo e cyberbullismo. All’interno del programma Youth for Love, che si pone l’obiettivo di implementare un programma integrato di prevenzione e contrasto della violenza tra pari e di genere, abbiamo elaborato insieme a studenti, docenti, comunità educanti e attori locali e nazionali una serie di richieste politiche specifiche che contribuiscono a rendere le nostre scuole e comunità libere dalla violenza. Per approfondire le richieste: Dieci azioni contro la violenza di genere a scuola. Il decalogo dei ragazzi. (actionaid.it)  

 

Per Approfondire: 

  • Generazioni Connesse: un progetto del Ministero dell’Istruzione che fornisce informazioni e strumenti per affrontare il cyberbullismo. 
  • Telefono Azzurro: offre supporto e consulenza ai ragazzi che subiscono bullismo o cyberbullismo. 

 

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Come ci fanno stare i social media?

Oggi vogliamo analizzare un tema molto attuale e importante: il rapporto tra social media e salute mentale.

Una delle problematiche più importanti legate ai social è la rappresentazione a cui siamo costantemente sottoposti di corpi e vite perfette; uno studio condotto dalla Royal Society for Public Health nel 2017, infatti, mostra come questa costante esposizione possa portare a sviluppare ansia e depressione.

Immagine corporea:

9 adolescenti su 10 dichiarano di non essere soddisfatte del proprio corpo (fenomeno che colpisce sia maschi che femmine, ma le ragazze in misura maggiore)

È stato dimostrato come l’esposizione ai social, soprattutto quando avviene per tempi prolungati, porta le ragazze a provare un maggiore desiderio di modificare il proprio aspetto: il viso, i capelli e/o la pelle per cercare di raggiungere i canoni di perfezione che si vedono sui social, che sono, però, irraggiungibili. Dobbiamo, infatti, ricordare che molto spesso le immagini che vediamo sono ritoccate oppure utilizzano dei filtri.

Vedere foto di corpi perfetti e luoghi da sogno può acuire i sentimenti di inadeguatezza tipici del periodo dell’adolescenza. Da questo punto di vista Instagram mostra di essere il social “peggiore”: il confronto, per un adolescente, non regge mai.

Basti pensare che circa il 70% dei giovani tra i 18 e i 24 anni prenderebbe in considerazione l’idea di sottoporsi a un intervento di chirurgia estetica per assomigliare maggiormente ai corpi visti sui social.

Fomo (fear of missing out):

è un fenomeno caratterizzato dall’uso eccessivo dei social network ed è il bisogno percepito di rimanere costantemente connessi con la propria rete sociale. La FOMO è stata definita nella letteratura scientifica come coinvolgente due componenti primarie specifiche:

  • a) l’apprensione che gli altri stiano vivendo esperienze gratificanti dalle quali si è assenti,
  • b) il desiderio persistente di rimanere connessi con le persone della propria rete sociale.

Il principale problema legato a questo fenomeno è che le persone postano quasi esclusivamente i lati felici della propria vita, in questo modo vista da fuori può sembrare perfetta e far sentire inadeguati (soprattutto gli adolescenti), si pensa, appunto, di starsi perdendo qualcosa.

Proprio per tutte queste ragioni risulta fondamentale un’educazione all’utilizzo consapevole e sicuro della rete e dei social media, per fare ciò è necessario che questa formazione inizi fin dalle scuole elementari. Proprio perché questo tema che è sempre più attuale e coinvolge tutti noi e per quanto internet e i social network abbiano portato innumerevoli benefici e vantaggi è importante non dimenticarsi anche del lato più buio e problematico di queste tecnologie.

 

Per approfondire:

 

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Giornata Mondiale della Giustizia Sociale

La Giornata Mondiale della Giustizia Sociale si celebra il 20 febbraio, è stata istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2007, con l’obiettivo di promuovere azioni concrete per affrontare le disuguaglianze economiche, sociali e politiche che esistono in tutto il mondo.  

Cos’è la Giustizia Sociale? 

La giustizia sociale fa riferimento alla creazione di una società che rispetti i diritti di ogni individuo e garantisca che tutte le persone, indipendentemente dalla loro origine, dal loro orientamento sessuale e dal loro genere abbiano accesso alle risorse necessarie per vivere dignitosamente. In altre parole, quando si parla di giustizia sociale si fa riferimento alla riduzione delle disuguaglianze e a garantire che le persone non siano discriminate a causa di fattori ascritti (sesso, etnia, status socioeconomico della famiglia…) o anche acquisiti come il proprio status socio-economico. 

Perché è Importante? 

Promuovere la giustizia sociale è fondamentale per costruire una società inclusiva e sostenibile dove possa essere piacevole e dignitoso per tutte e tutti viverci. Le disuguaglianze, infatti, possono portare a conflitti, instabilità e ingiustizie che minano la coesione sociale e il benessere delle comunità (quindi sono uno svantaggio anche per coloro che risultano privilegiati). Inoltre, la giustizia sociale è essenziale per lo sviluppo economico e sociale: una società che garantisce pari opportunità permette a tutte le persone di contribuire pienamente al progresso comune. 

La Giustizia Sociale nel Mondo e in Italia 

Nel mondo, nonostante i progressi compiuti, permangono grandi disuguaglianze. Milioni di persone vivono in condizioni di povertà estrema, senza accesso a servizi essenziali come l’acqua potabile, la sanità e l’istruzione. In molti paesi, le disuguaglianze di genere sono ancora un grosso problema, con le donne che spesso non hanno le stesse opportunità lavorative o educative degli uomini. 

In Italia, la situazione è simile a quella di molti altri paesi sviluppati. Anche se l’accesso ai servizi essenziali è garantito a gran parte della popolazione, esistono ancora disuguaglianze significative. Le differenze regionali sono molto marcate: il Sud Italia continua a essere meno sviluppato del Nord, con tassi di disoccupazione più alti e un accesso limitato a opportunità educative di qualità. Inoltre, la pandemia di COVID-19 ha accentuato le disuguaglianze esistenti, colpendo maggiormente le fasce più vulnerabili della popolazione. 

Un Focus sull’Istruzione 

L’istruzione è uno degli strumenti più potenti per promuovere la giustizia sociale. Garantire un’istruzione di qualità a tutti significa dare a ogni individuo la possibilità di migliorare la propria vita e di contribuire al progresso della società. Tuttavia, nel mondo ci sono ancora milioni di bambine, bambini, ragazze e ragazzi che non possono andare a scuola a causa della povertà, dei conflitti o della mancanza di infrastrutture adeguate. 

In Italia, nonostante l’istruzione sia garantita a tutte e tutti, esistono ancora delle sfide. Ad esempio, le scuole nelle regioni meno sviluppate spesso non dispongono delle risorse necessarie per offrire un’istruzione di qualità, e gli studenti e le studentesse provenienti da famiglie svantaggiate possono avere difficoltà a completare il loro percorso scolastico. È quindi fondamentale continuare a investire nell’istruzione, per avere la possibilità di un paese migliore in futuro. 

 Per Approfondire: 

Nazioni Unite: Giornata Mondiale della Giustizia Sociale 

Istruzione | UNICEF Italia 

 

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