Basta Omolesbobitransfobia!

Il 17 maggio ricorre la giornata internazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia. Si tratta di una giornata molto importante per sensibilizzare le persone e porre l’attenzione sulle discriminazioni e violazioni dei diritti, così come sulle battaglie, della comunità LGBTIQA+. Un elemento che può contribuire a favorire la non discriminazione e la creazione di spazi sicuri è sicuramente il riconoscimento delle differenze di genere, a partire dal fatto di utilizzare la terminologia corretta per definirle. Proprio per questo, nell’articolo, proveremo a fornire una serie di spunti e informazioni da cui partire.

Dal 6 gennaio 2021 le persone registrate all’anagrafe islandese possono chiedere di essere associate a un genere neutro, o per la precisione all’espressione «Kynsegin/annao», che significa «non binario/altro». L’Islanda è diventata così uno dei pochi paesi del mondo in cui le istituzioni riconoscono che l’identità di genere di una persona possa non essere né femminile né maschile. È un’idea sempre più diffusa a livello sociale e culturale: deriva da decenni di studi di psicologia, sociologia e filosofia sulla sessualità e sulle sue caratteristiche e processi profondi, e dà la possibilità di definire la propria identità a chi non si riconosce nei ruoli di genere tradizionalmente legati al sesso femminile e a quello maschile. Per molte persone è però un concetto ancora poco comprensibile, anche per via della confusione tra i termini e significati che solitamente si utilizzano per descrivere la sessualità umana: il sesso, il genere e l’orientamento sessuale[1].

Quando una persona nasce le viene assegnato, e dichiarato all’anagrafe, un «sesso» sulla base degli organi genitali visibili: la scelta è tra due alternative, femmina se ha una vulva, maschio se ha pene e testicoli. A livello biologico, in realtà, le cose sono più complesse perché il sesso è legato, oltre che ai genitali esterni, a quelli interni, ai cromosomi sessuali nel Dna, alla produzione di ormoni e alle caratteristiche sessuali secondarie, come la barba e le mammelle. Per tutte queste caratteristiche esistono numerose variazioni rispetto alle categorie di femmina e maschio. In generale, in questi casi, si parla di persone intersessuali[2].

Il «genere» invece ha una dimensione sia psicologica, sia culturale. Ha a che fare con il sentimento di appartenenza e con l’identificazione con i modelli sociali di femminilità, mascolinità o androginia. Si usa l’espressione «identità di genere» per riferirsi alla percezione che ciascuno ha di sé in quanto donna, uomo o altro. Si parla invece di «ruolo di genere» quando si vuole fare riferimento alle convenzioni sociali legate ai diversi generi, come ad esempio gli abiti e l’uso dei cosmetici. «Genere anagrafico», come è facile intuire, indica invece i marcatori F e M (e X, per i paesi come l’Islanda) nei registri anagrafici e sui documenti ufficiali di una persona[3].

Molte persone nascono e crescono in una condizione di discontinuità tra sesso e identità di genere: per esempio ci sono – e ci sono sempre state – persone che hanno organi genitali femminili ma si sentono uomini, oppure né donne né uomini, oppure donne in alcuni periodi della loro vita e uomini in altri. Un termine che si può usare per descriverle genericamente è «trans», mentre «cisgender» indica chi questa discontinuità non la vive. Per venire incontro a quella parte di persone trans che non si identificano né come donne né come uomini, alcuni paesi hanno introdotto un «terzo genere» per identificare le persone a livello ufficiale, ma per il momento sono ancora molto poche le istituzioni del mondo che riconoscono che possano esserci più di due opzioni per sesso e genere. Una larga parte della società non ne riconosce ancora l’esistenza o, se la riconosce, fa fatica a parlarne perché non conosce le parole corrette per nominarle e descriverle[4].

I discorsi intorno a questi concetti sono indubbiamente complicati dal fatto che ancora si tende a fraintendere con il concetto di «orientamento sessuale», che descrive invece da chi ci si sente attratti sessualmente. Le più note categorie per descrivere l’orientamento sessuale sono l’eterosessualità e l’omosessualità, ma anche in questo caso l’esperienza di tantissime persone ha reso chiaro che non esistono solo due opzioni. Ci sono persone pansessuali, che sono attratte da persone di ogni genere, e persone asessuali, che non provano attrazione sessuale per altri individui pur essendo capaci di innamorarsi e avere delle relazioni.

Il sistema del binarismo e le combinazioni che ne conseguono sono una griglia interpretativa che descrive la realtà in maniera incompleta. All’interno della comunità LGBTQIA+ si dice spesso che «il genere è uno spettro», come lo spettro delle onde elettromagnetiche: significa che non esistono solo un genere femminile e un genere maschile, ma uno spettro continuo di generi tra questi due estremi. Da parte della comunità scientifica internazionale non c’è una posizione definita su questo tema[5], ma la visione dello spettro del genere, pur essendo meno familiare della semplificazione binaria femmina/maschio, è sicuramente utile per descrivere le esperienze di moltissime persone che non si riconoscono nell’identità di genere assegnata loro alla nascita sulla base del sesso anatomico[6].

Uno strumento che può essere utile per comprendere meglio il concetto di genere come spettro si chiama The Genderbread Person. Questo è infatti una modello che rappresenta il modo in cui la società concepisce il genere e le diverse componenti che ne fanno parte. Vuole essere una veloce introduzione a queste tematiche per coloro che sono alle prime armi. Fa una distinzione tra espressione, identità, attrazione e sesso.

  • Espressione: è il modo in cui si presenta il genere attraverso le azioni, l’abbigliamento e il comportamento, per citarne alcuni, e come queste presentazioni vengono viste in base alle aspettative sociali.
  • Identità: è il modo in cui ogni persona, nella propria testa, sperimenta e definisce il proprio genere, in base a quanto ci si allinea o meno con ciò che capite essere le opzioni di genere.
  • Attrazione: è il modo in cui ci si sente attratti (o non attratti) da altre persone, in ambito sessuale, romantico e/o in altri modi (spesso classificati in base al genere).
  • Sesso: è l’insieme dei tratti fisici che nascono o si sviluppano e che noi consideriamo “caratteristiche sessuali”, nonché il sesso che ci viene assegnato alla nascita.

Le riflessioni su sesso, genere e orientamento sessuale sono state e sono un’occasione per creare nuove parole necessarie. Alcune, come «transgender» e «cisgender», arrivano dall’inglese, dato che nel discorso pubblico anglosassone sono state introdotte prima; alcune stanno diventando molto comuni, altre si sentono ancora di rado. E come per tutte le parole nuove, non tutte hanno un significato perfettamente delineato e condiviso, anzi: alcune possono essere usate in modi leggermente diversi dalle persone che le scelgono per descriversi, e in parte si sovrappongono[7].

Di seguito proponiamo un breve glossario che può sicuramente tornare utile:

GLOSSARIO:

  • TRANSGENDER: Le persone transgender (o «transgenere», in italiano, meno utilizzato) sono quelle che non si riconoscono nel genere assegnato alla nascita, che desiderino o meno modificare il proprio corpo o il proprio aspetto.
  • TRANSESSUALE: Alcune persone trasngender sono anche transessuali, cioè si stanno sottoponendo, o lo hanno fatto, a un’operazione di transizione da un sesso all’altro; a volte preferiscono non definirsi transgender, ma semplicemente donne o uomini.
  • TRANS: Questa abbreviazione è usata molto spesso sia in inglese che in italiano, per descrivere l’esperienza di persone che vivono un genere diverso o alternativo rispetto a quello assegnato alla nascita, siano esse transessuali o transgender. Una donna trans è dunque una persona il cui sesso anagrafico attribuito alla nascita è maschile, ma che invece si sente e si riconosce come donna. Un uomo trans è una persona il cui sesso anagrafico attribuito alla nascita è femminile, ma che invece si sente e si riconosce come uomo.
  • CISGENDER: Sono le donne e gli uomini che si riconoscono nel sesso assegnato alla nascita in base ai loro organi genitali, e possono essere eterosessuali, omosessuali o avere altri orientamenti sessuali; per quello che sappiamo sono la maggioranza delle persone. A volte si usa l’abbreviazione “cis”.
  • DI GENERE NON BINARIO: Sono le persone trans che non si riconoscono né come donne né come uomini e rifiutano la concezione binaria del genere, quella per cui esisterebbero solo queste due alternative.
  • IDENTITA SESSUALE: È il complesso degli aspetti che descrivono la sessualità di una persona, dunque il sesso, il genere, l’orientamento sessuale e l’identità di genere; per identità sessuali “non conformi” si intendono tutte quelle che storicamente sono state considerate un’eccezione alla “normalità”, dunque tutte le identità sessuali diverse da quelle delle persone cisgender ed eterosessuali.
  • QUEER: È una parola inglese che in passato significava «strano» ed era usata come insulto per le persone con identità sessuali non conformi, soprattutto omosessuali; oggi, dopo un processo di riappropriazione da parte delle stesse persone che un tempo la subivano come insulto, è usata per comprendere tutte le identità sessuali non conformi, oltre che per descrivere le filosofie legate alla prospettiva delle persone queer (le «teorie queer») e le culture da loro sviluppate.
  • INTERSESSUALE: Termine che non ha a che vedere con l’identità di genere, né con l’orientamento sessuale: si usa per indicare le persone che hanno alcune caratteristiche biologiche (che possono riguardare i cromosomi sessuali, gli ormoni o gli organi genitali) riconducibili al sesso femminile, e altre riconducibili al sesso maschile. Il termine ombrello per includere tutte queste condizioni è «intersessualità», corrispondente all’inglese «intersex» – che molte persone intersessuali usano in forma di aggettivo per definirsi. L’espressione «ermafrodita» invece è considerata stigmatizzante.
  • BISESSUALE, PANSESSUALE E ASESSUALE: Descrivono orientamenti sessuali. «Bisessuale» è chi prova attrazione per persone di due o più generi. «Pansessuali» sono persone per cui il genere non è un fattore di attrazione e che possono essere attratte da chiunque, a prescindere dal suo genere. «Asessuale» è chi non prova desideri sessuali per nessuna persona. Le persone asessuali possono comunque provare sentimenti romantici e definirsi, ad esempio, «eteroromantiche» o «omoromantiche».
  • LGBTQIA+: È la sigla usata per descrivere la comunità formata da chi ha identità sessuali non conformi e nel tempo è stata resa più lunga per includere più persone: fu introdotta tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila e inizialmente comprendeva solo lesbiche, gay, bisessuali e trans (LGBT); più di recente sono state aggiunte la Q di queer, la l di intersessuali e la A di asessuali, con un segno + in fondo a indicare la maggiore inclusività possibile e tutte le altre definizioni non conformi di sé.
  • COMING OUT: E’ l’espressione con cui si descrive l’atto di rivelare il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere agli altri; in Italia è spesso confuso con «outing», che invece in inglese viene usato per descrivere il rendere pubblico l’orientamento sessuale o l’identità di genere di un’altra persona, di solito senza il suo consenso.
  • GENDERQUEER: Definisce le persone di genere non binario che si oppongono agli stereotipi sui generi e si riconoscono in un mix personale di caratteristiche che possono essere associate al genere femminile o a quello maschile. Alcune persone usano «di genere non binario» e «genderqueer» come sinonimi, per altre il secondo termine include anche donne e uomini trans, e per altre ancora contiene una sfumatura di contestazione politica alle norme di genere. Si usa anche l’espressione «genderfuck» per chi vuole ribadire la sua identità di genere in modo provocatorio.
  • GENDERFLUID: Descrive le persone di genere non binario che si riconoscono nel genere femminile o in quello maschile in certi periodi della vita e non in altri; ci sono anche le persone che si definiscono «gender questioning» perché si stanno ancora interrogando sulla propria identità di genere.
  • AGENDER: Sono le persone che preferiscono non definirsi con nessuna categoria di genere.
  • ANDROSESSUALE, GINOSESSUALE E SKOLIOSESSUALE: Sono alcune delle parole che si cominciano a usare per superare i limiti di «eterosessuale» e «omosessuale», che definiscono l’orientamento sessuale di una persona sulla base del suo genere; il primo termine indica chi prova attrazione sessuale per gli uomini, il secondo chi la prova per le donne, il terzo per le persone non binarie[8].

 

NOTE:

[1] Cavallo, A. et al. (2021) Questioni di un certo genere: Le Identità Sessuali, I diritti, Le Parole da usare: Una guida per Saperne di più e Parlarne meglio. Milano: Iperborea

[2] Cavallo, A. et al. (2021) Questioni di un certo genere: Le Identità Sessuali, I diritti, Le Parole da usare: Una guida per Saperne di più e Parlarne meglio. Milano: Iperborea

[3] Cavallo, A. et al. (2021) Questioni di un certo genere: Le Identità Sessuali, I diritti, Le Parole da usare: Una guida per Saperne di più e Parlarne meglio. Milano: Iperborea

[4] Cavallo, A. et al. (2021) Questioni di un certo genere: Le Identità Sessuali, I diritti, Le Parole da usare: Una guida per Saperne di più e Parlarne meglio. Milano: Iperborea

[5] Per molto tempo in ambito psichiatrico si è detto che le persone che si identificano in un genere diverso da quello corrispondente al sesso assegnato loro alla nascita soffrissero del «disturbo dell’identità di genere», sostanzialmente una patologia. Non esistono convenzioni universali sulle definizioni e i sintomi dei disturbi mentali, ma dagli anni Cinquanta del Novecento si usa come riferimento di questo ambito il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali dell’American psychiatric association, a cui in gergo ci si riferisce con la sigla Dsm. Nella sua edizione più aggiornata, la quinta, pubblicata nel 2013, il «disturbo dell’identità di genere» non è più considerato un disturbo mentale ed è stato di fatto rimosso dal manuale. Al suo posto è stata introdotta la «disforia di genere», espressione che descrive il disagio sperimentato da molte persone che non si riconoscono nel genere associato ai loro organi genitali e che normalmente si attenua quando le persone trans possono vivere coerentemente con il genere in cui si riconoscono, avendo la possibilità di modificare parti del proprio corpo come desiderano.
Un disagio, quindi, attribuibile anche al contesto sociale e culturale con cui la propria condizione deve fare i conti. La disforia di genere è stata inserita in una nuova sezione del Dsm, non rientra in quella dedicata alle disfunzioni sessuali. In occasione dell’uscita della quinta edizione del manuale, l’American psychiatric association ha inoltre chiarito che «il non identificarsi nel genere assegnato alla nascita non è di per sé un disturbo mentale» e che l’uso dell’espressione «disforia di genere» è pensato anche per garantire alle persone trans l’accesso a cure psichiatriche, ormonali e chirurgiche che potrebbero desiderare.

[6] Cavallo, A. et al. (2021) Questioni di un certo genere: Le Identità Sessuali, I diritti, Le Parole da usare: Una guida per Saperne di più e Parlarne meglio. Milano: Iperborea

[7] Cavallo, A. et al. (2021) Questioni di un certo genere: Le Identità Sessuali, I diritti, Le Parole da usare: Una guida per Saperne di più e Parlarne meglio. Milano: Iperborea

[8] Cavallo, A. et al. (2021) Questioni di un certo genere: Le Identità Sessuali, I diritti, Le Parole da usare: Una guida per Saperne di più e Parlarne meglio. Milano: Iperborea

Costruire Futuro, Insieme: le voci da Reggio Calabria

L’esperienza di “Costruire Futuro, Insieme” che vogliamo raccontare è di Giulia, studentessa del Fermi-Boccioni di Reggio Calabria, che ha partecipato a tutto il percorso del progetto:

“Ho conosciuto il progetto che è stato iniziato da altri ragazzi e, insieme alla mia compagna Anna, abbiamo deciso di rendere possibile un nostro sogno, o per meglio dire un nostro bisogno, cioè avere uno spazio dove ci possiamo dedicare a varie cose”.

Le chiediamo: “Quali sono le emozioni che hai provato durante il percorso?”

“È stato un percorso che mi ha aiutato a crescere e a imparare a dialogare con il mondo esterno. È stato impegnativo e inizialmente non pensavamo di farcela. Non era il solito progetto, eravamo noi a dare voce alle nostre idee e a costruire il progetto.

La cosa che ci ha messo a dura prova è stato parlare davanti a tutti durante i laboratori, eravamo noi a dover raccontare e spiegare quanto era stato creato fino a quel momento. All’inizio, in realtà, neanche noi ci credevamo, non avevamo molta speranza, perché pensavamo di non concludere niente. Ma man mano che passavano i giorni ci siamo resi conto che era fattibile realizzare tutto ciò e quindi eravamo sempre più motivati a costruire questo spazio. Durante i laboratori abbiamo avuto tante soddisfazioni, in quanto anche persone esterne ci hanno ascoltato e aiutato a svolgere il tutto.”

Piano piano abbiamo cercato di coinvolgere sempre più persone.

Insieme a noi che chiacchieriamo con Giulia, ci sono anche Anna e Marika, classe seconda, che sono state coinvolte durante i laboratori e che ci osservano, quindi chiediamo:

“Anna qual è stata la vostra prima impressione durante i laboratori ai quali avete preso parte?”

“Siamo state coinvolte nel primo laboratorio di ‘Costruire Futuro, Insieme’ e una volta entrate siamo rimaste un po` perplesse, dubbiose. Io sinceramente non sapevo cosa stavano realizzando. Nel laboratorio, oltre alle classi, erano presenti vari esperti di vari settori e anche persone che volevano contribuire ad aiutarci; infatti la mia amica Marika pensava si trattasse solo di un incontro di orientamento, senza pensare a quello che c’era dietro. A mano a mano che il tempo passava, iniziammo a capire l’idea che c’era in atto e il nostro pensiero principale fu: ‘tanto non riusciremo a realizzare nulla!’. Mi piaceva però molto il fatto che i miei pari gestissero tutto.

Arrivate al terzo laboratorio, abbiamo visto la realizzazione del progetto presentato dalle architette coinvolte nei laboratori … tutte le parole dette non erano a vuoto, ma effettivamente era qualcosa di concreto. Il mio pensiero ha iniziato a cambiare in quanto ho visto l’impegno che tutt* insieme ci stavano mettendo e quindi ho deciso di dare anche la mia idea”.

Io stessa, che oggi mi ritrovo qui a scrivere tutto questo insieme agli altri, ho la mia esperienza, perché ho iniziato a partecipare da pochissimo, ma mi sono trovata super favorevole con le idee di tutt* e quindi ho deciso di contribuire anche io dando tutta me stessa, cercando di coinvolgere sempre più persone esterne, perché so che questo spazio, una volta finito, non aiuterà solo noi che lo stiamo realizzando ma anche tutti quelli che vivono nella nostra città e chissà forse anche oltre.

 

Articolo di: Flavia Surace, studentessa dell’IIS Fermi-Boccioni di Reggio Calabria

 

Questa news è stata realizzata nell’ambito dei percorsi di educazione tra pari dalle studentesse e studenti del progetto Costruire Futuro, Insieme! 2, promosso da ActionAid Italia e Fondazione Cassa Depositi e Prestiti

La storia di Giorgio Marincola, partigiano

Giorgio Marincola nasce nel 1923 in Somalia, da padre calabrese e madre somala. Due anni dopo, nel 1925, nasce la sorella Isabella. Il padre, Giuseppe, era un maresciallo di fanteria calabrese stanziato in Somalia, all’epoca “protettorato” italiano.  Giorgio e Isabella nascono e crescono in un contesto fortemente fascista e coloniale ed entrambi, dato che vengono riconosciuti legalmente dal padre, per diritto di sangue sono cittadini italiani. Nel 1926 il padre decide di lasciare la Somalia e portare con sé in Italia Giorgio e Isabella, a partire dalla convinzione che Aschirò Hassan, madre dei bambini, in quanto africana non sia in grado di crescerli.

Al suo rientro in Italia, Giovanni sposa Elvira Floris, sorella di un suo commilitone, e decide di mandare Giorgio in Calabria dallo zio, che non poteva avere figli. Alla morte dello zio, nel 1933, Giorgio torna a vivere a Roma dal padre e dalla sorella Isabella. Nel 1938 Giorgio si iscrive al Liceo, dove conosce il professore Pilo Albertelli, noto antifascista. Un incontro che lo segnerà profondamente, stimolerà il suo pensiero critico nel confronti del regime e una forte passione per la giustizia e la libertà. Insieme al professore e alcuni compagni, porta avanti le prime azioni di resistenza.

Diplomato nel 1941, decide di iscriversi all’università per studiare medicina. Nel 1943 anche casa Marincola viene distrutta dai bombardamenti e la famiglia viene portata con altri sfollati a Montorio Romano. Giorgio invece entra a far parte del Partito d’azione dove incontrerà anche Pilo Albertelli, che però dopo poco viene arrestato e fucilato nella strage delle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944.

A giugno del 1944 gli Alleati entrano a Roma e Giorgio contribuisce attivamente alla liberazione della città. Successivamente decide di continuare con la propria attività di resistenza e si sposta tra Ivrea e Biella dove tra il 1944 e il 1945 si occupa di azioni di sabotaggio con il soprannome di Mercurio. A inizio 1945 viene arrestato durante un rastrellamento nazifascista e incarcerato. Da lì viene trasferito a Torino e poi internato nel campo di concentramento di Bolzano, liberato alla fine di aprile del 1945.

Giorgio decide di non fermarsi e tornare a combattere per la liberazione dell’Italia e si unisce alla resistenza trentina recandosi in val di Fiemme. Il 4 maggio 1945 Giorgio viene colpito a morte nell’ultima strage nazista compiuta su territorio italiano a Molina di Fiemme. Quello di Giorgio verrà identificato come il “cadavere inspiegabile”: forse un medico africano? Oppure un partigiano afro-americano? O perché no un internato nel Lager di Bolzano? Non si capiva a chi potesse appartenere quel corpo, ma una cosa era certa: non poteva essere italiano, visto il suo colore della pelle.

 

«Sento la patria come una cultura e un sentimento di libertà, non come un colore qualsiasi sulla carta geografica… La patria non è identificabile con dittature simili a quella fascista. Patria significa libertà e giustizia per i popoli del mondo. Per questo combatto gli oppressori…».

Giorgio Marincola

 

Per approfondire:

La storia « Razza Partigiana – Storia di Giorgio Marincola

Le pagine mancanti dei libri di testo: Giorgio Marincola – Jacobin Italia

Il caso della Banda Mario. Per una Resistenza internazionalista e multietnica – DINAMOpress

Giorgio Marincola | ANPI

Reading RAZZA PARTIGIANA Storia di Giorgio Marincola, partigiano nero e italiano (youtube.com)

UNA SCUOLA ORIENTATA AL BENESSERE DEGLI STUDENTI: partecipa anche tu alla formazione docenti online del progetto Costruire Futuro, Insieme!

Una scuola orientata al benessere degli studenti: orientamento integrato, pratiche e governance partecipate

Il corso di formazione “Una scuola orientata al benessere studenti: orientamento integrato, pratiche e governance partecipate”, sviluppato nell’ambito del progetto “Costruire Futuro, Insieme!” è realizzato da ActionAid Italia in collaborazione con La Tecnica della Scuola e approfondisce i temi dell’Orientamento e della Partecipazione, nella finalità di presentare pratiche e metodologie per un approccio integrato alla prevenzione delle diseguaglianze educative. A partire dal quadro normativo e fornendo elementi teorici e pratici per lavorare dentro e fuori la scuola su Orientamento e Partecipazione, il percorso ha l’obiettivo di accrescere consapevolezza e competenze della comunità educante, orientate alla collaborazione scuola/territorio e al benessere di studenti e studentesse.

Il corso si propone di fornire ai docenti e agli attori della comunità educante consapevolezza e strumenti per lavorare nella scuola e sul territorio valorizzando le alleanze educative e favorendo il benessere di studenti e studentesse, attraverso approcci e metodologie di Orientamento e Partecipazione che valorizzino la cittadinanza attiva e il rafforzamento di competenze trasversali e civiche.

Il corso si articola in quattro moduli, preceduti da un’introduzione e seguiti da una sezione “Lavorare con la classe”, in cui sono fornite proposte didattiche per sperimentare con studenti e studentesse le metodologie partecipative presentate sui temi dell’Orientamento e della Partecipazione.

I moduli 1 e 2 approfondiscono il rapporto tra orientamento e diseguaglianze educative, per poi analizzare le diverse tipologie di orientamento e i sistemi entro cui sono sviluppate le azioni ad esse relative, presentando modelli metodologici che possano fornire spunti ed esempi pratici.

I moduli 3 e 4 presentano il quadro normativo e teorico sulla partecipazione, per approfondire l’incidenza di pratiche partecipate nel contrasto alla dispersione scolastica e fornire competenze e strumenti per valorizzare la partecipazione di studenti e studentesse fuori e dentro la scuola.

Il percorso è arricchito da interventi video di docenti, studenti ed esperti sui temi dell’Orientamento e della Partecipazione.

Il corso è di 25 ore e si rivolge prioritariamente a docenti delle scuole secondarie di I e II grado di tutte le discipline, educatori ed educatrici, istituzioni e attori della comunità educante. Il corso è presente sulla piattaforma ministeriale Sofia (ID. 92525).

Per info e iscrizioni: Formazione docenti – UNA SCUOLA ORIENTATA AL BENESSERE DEGLI STUDENTI – Tecnica della Scuola – Formazione

 

COSTRUIRE FUTURO INSIEME! 2024
“Costruire Futuro, Insieme!” è un progetto che ActionAid promuove dal 2021 con il sostegno della Fondazione Cassa Depositi e Prestiti, per aumentare la partecipazione civica di ragazzi e ragazze e di tutta la comunità educante attraverso lo sviluppo e il rafforzamento di competenze cognitive, relazionali e sociali e così valorizzare il ruolo della scuola e della comunità educante nella lotta alle diseguaglianze educative, attraverso la sperimentazione di metodologie di cittadinanza attiva nella scuola e sul territorio, anche al fine di contrastare le diverse forme di dispersione scolastica. Nel 2024 il progetto è implementato sui territori di Milano, Roma, Reggio Calabria, Palermo e Siracusa, in cui sono stati avviati processi partecipativi multiattoriali, guidati da ragazze e ragazzi di scuole secondarie di II grado, con l’obiettivo di realizzare e co-progettare hub educativi aperti al territorio e co-gestiti a livello locale.

 

Locandina-corso CFI 2024

PARTECIPA ANCHE TU CON LA TUA SCUOLA AL PROGETTO YOUTH FOR LOVE! _ scadenza prorogata al 31/05

4 ragazz* su 5 pensano che una donna possa sottrarsi al rapporto sessuale se davvero non lo vuole. 1 su 5 pensa che l’abbigliamento e un comportamento provocante delle ragazze possa scatenare una violenza sessuale. 1 su 3 crede che molte persone si identifichino come non binarie/fluide/trans per una moda del momento.

È quello che emerge dall’indagine “I giovani e la violenza tra pari”, condotta da IPSOS per ActionAid all’interno del progetto Youth for Love Italia, attualmente alla sua seconda edizione, sostenuto con i fondi Otto per Mille dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, a conferma del fatto che è fondamentale occuparsi di violenza a scuola andando oltre le forme di bullismo e cyberbullismo.

Per approfondire: Violenza tra adolescenti: indagine ActionAid/Ipsos  | ActionAid

 

PARTECIPA ANCHE TU CON LA TUA SCUOLA AL PROGETTO YOUTH FOR LOVE!

Per l’anno scolastico 2024-2025 ActionAid è alla ricerca di nuove scuole in almeno 2 territori diversi (2 scuole per territorio) da inserire nel progetto “Youth for Love”, che coinvolge i diversi attori della comunità educante in un programma integrato di prevenzione, contrasto e riconoscimento della violenza di genere e tra pari in tutte le sue forme, attraverso percorsi laboratoriali che utilizzano metodologie attive e innovative.

Il progetto è in linea con le linee guida elaborate dal MIUR in base al comma 16 della legge 107/2015 di riforma “La Buona Scuola”: “Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità, promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni” così come con la direttiva “Educare alle Relazioni”, pubblicata dal Ministero dell’Istruzione a Novembre 2023.

Cosa prevede il progetto?

  1. Diagnosi scolastica
  2. Formazione docenti
  3. Percorso di empowerment con studentesse e studenti
  4. Educazione tra pari
  5. Evento finale locale
  6. Summer School nell’estate 2025 (solo per IS)

 

Nell’AVVISO DI SELEZIONE YFL potete approfondire:

  • le attività specifiche del progetto
  • modalità di candidatura e valutazione delle proposte
  • tempistiche del progetto

 

Per informazioni e domande puoi scrivere a: educazione.ita@actionaid.org

Vuoi partecipare anche tu al progetto? Candida la tua scuola entro il 31/05/2024 compilando questo form: https://forms.office.com/e/PVX7viaQmj

 

IL PROGRAMMA YOUTH FOR LOVE

“Youth for Love” è un programma attivo da oltre quattro anni a livello italiano ed europeo, realizzato in Italia da ActionAid. Tra le scuole italiane protagoniste delle ultime edizioni ci sono l’istituto cine-tv Roberto Rossellini di Roma, il Centro di Formazione Professionale Paullo e l’istituto Oriani Mazzini di Milano oltre a oltre 10 altre scuole tra Milano, Roma, Agrigento, Palermo, Siracusa e Reggio Calabria. L’attuale edizione è sostenuta con i fondi Otto per Mille dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai.

L’obiettivo è prevenire, individuare e affrontare la violenza tra pari e di genere nelle scuole secondarie di I e II grado. Del programma integrato di formazione, empowerment e peer-to-peer hanno fatto parte 3240 studenti, 800 tra docenti e personale scolastico, 100 genitori/tutori. Altri 150 giovani, 320 tra attori locali e istituzioni sono stati impegnati in percorsi di co-progettazione di pratiche comunitarie per prevenire e gestire la violenza e attività di advocacy a livello nazionale. Intorno a tre milioni di persone coinvolte attraverso campagne online e un webgame interattivo dedicato agli adolescenti.

 

 

INFORMATIVA PRIVACY_avviso di selezione youth for love

 

FIX THE FINANCE: una settimana di mobilitazione globale per la giustizia climatica

Le istituzioni finanziarie pubbliche e le banche sono tra i principali colpevoli della crisi climatica, con effetti devastanti soprattutto per i Paesi più poveri. Le promesse siglate con l’Accordo internazionale di Parigi, stipulato nel 2015 per combattere i cambiamenti climatici, sono ancora oggi disattese: gran parte delle banche continuano a finanziare industrie altamente inquinanti, investendo enormi somme in combustibili fossili e agricoltura industriale, causando danni irreparabili all’ambiente e alle comunità, specialmente in Paesi come Africa, Asia e America Latina

Il Report “How the Finance Flows” di ActionAid mostra lo squilibrio tra gli investimenti privati alle cause del cambiamento climatico e i finanziamenti pubblici per contrastarlo. Lo studio in particolare fotografa una preoccupante realtà: a sette anni dall’Accordo di Parigi, gli investimenti con cui i principali gruppi bancari hanno finanziato in 134 Paesi del Sud globale i settori che più contribuiscono alla crisi climatica – ossia l’industria dei combustibili fossili e l’agricoltura industriale – sono 20 volte superiori ai fondi pubblici che i governi hanno stanziato per il contrasto al climate change nei medesimi Paesi.

A partire da oggi e fino al 19 aprile ActionAid ha lanciato una settimana di mobilitazione globale in occasione delle assemblee degli azionisti di alcune delle principali banche a livello globale per chiedere ai consigli di amministrazione di alcune delle più grandi banche al mondo di:

  • Chiediamo alle banche italiane e internazionali di smettere immediatamente di finanziare le fonti fossili e lo sviluppo dell’agricoltura industriale e di adottare politiche per proteggere il clima e i diritti umani.
    In particolare, come Federazione internazionale ActionAid e insieme a un’alleanza di organizzazioni della società civile, ci rivolgiamo a tre grandi gruppi finanziari che abbiamo identificato come target della nostra campagna: Citi, HSBC e Barclays, che da soli rappresentano una quota rilevante dei finanziamenti a business nocivi.
  • Chiediamo ai Governi di regolamentare il settore bancario per fermare i finanziamenti dannosi e investire in soluzioni sostenibili come le energie rinnovabili e l’agroecologia.

 

Cosa potete fare voi?

Se non l’avete già fatto…FIRMATE LA PETIZIONE per chiedere alle banche di interrompere i finanziamenti ai settori più inquinanti, a partire dall’industria fossile, come anche previsto dagli Accordi di Parigi del 2015.

PARTECIPATE AL CICLO DI WEBINAR SU CLIMA E FINANZA. Abbiamo organizzato un ciclo di webinar insieme a ValoriLab, una piattaforma di formazione delle Fondazione Finanza Etica, per aiutarci a prendere scelte più consapevoli e fare la nostra parte per ottenere un cambiamento nelle politiche della finanza. Oltre a partecipare al ciclo di incontri sarà possibile, per chi vuole, approfondire i temi con altri video e materiali disponibili sulla piattaforma ValoriLab. Gli incontri si svolgono online alle 18 e hanno una durata di 60 minuti, potete iscrivervi qui: https://m.actionaid.it/webinar_finanza_etica 

Partecipate al webinar “Una transizione ecologica (in)giusta. Gli interessi fossili italiani in Mozambico”, che si terrà mercoledì 17 alle ore 18.15 online. Il Mozambico è al terzo posto in Africa per riserve di gas stimate, dietro solo a Nigeria e Algeria. Al largo delle coste mozambicane si trova il bacino di Rovuma, dove è attiva Eni con un impianto galleggiante per la produzione di gas naturale liquefatto, il progetto Coral South FLNG, che la multinazionale energetica italiana intende duplicare con la piattaforma Coral North FLNG. Nel 2017 UBI Banca, oggi parte del gruppo bancario Intesa Sanpaolo, e UniCredit hanno partecipato al finanziamento di Coral South con 270 milioni di dollari. Sfortunatamente è proprio dal 2017 che la crescente presenza di gruppi armati ha portato a un’escalation di violenza nei distretti dove si trova la maggior parte delle attività estrattive, con più di 4mila vittime e circa 900mila sfollati. Tale contesto è considerato molto rischioso per il finanziamento dei progetti per l’estrazione del gas. Ad assicurarli con denaro pubblico è quindi SACE, agenzia italiana di credito all’esportazione (ECA). Tra i progetti fossili garantiti da SACE ci sono proprio Coral South FLNG di Eni, con una garanzia di 700 milioni di euro, e, potenzialmente, Mozambique LNG con 950 milioni di euro. Potete registrarvi al webinar qui: Iscrizione al Webinar – Zoom

 

Il momento giusto per agire è ora. Unisciti alla campagna internazionale #FundOurFuture. È tempo di cambiare rotta e salvare il nostro Pianeta! 

 

Cosa significa abitare il territorio?

L’urbanistica femminista è una metodologia, una prospettiva con cui guardare alla città, ai suoi spazi e al loro sviluppo nel tempo. Non ha bisogno di un progetto per essere reale, ricerca una relazione tra le persone più equa, più orizzontale, più collaborativa, più inclusiva.

Il modello della città in cui viviamo è stato pensato e si è sviluppato secondo una visione capitalista e patriarcale, fondata sulla dicotomia tra spazio pubblico e privato, che separa la sfera produttiva da quella riproduttiva, e implicitamente la sfera maschile da quella femminile. Questo tipo di pianificazione ha contribuito a creare diseguaglianze, conflitti e barriere per una molteplicità di soggetti che vivono la città come le donne, persone anziane e bambini, persone con discapacità motorie e cognitive, persone LGBTQI+, minoranze etniche.

La geografa canadese Leslie Kern nel suo libro La città femminista scrive “Le donne vivono ancora la città con una serie di barriere fisiche, sociali, economiche e simboliche che modellano la loro vita quotidiana attraverso dinamiche che sono profondamente di genere. Molte di queste barriere sono invisibili agli uomini, perché raramente rientrano nelle loro esperienze”.

Le città hanno notevoli potenzialità per migliorare la vita delle donne, perché in esse è possibile trovare prossimità, opportunità e scelte, che spesso però non vengono sfruttate a vantaggio.

L’urbanismo femminista parte dalla consultazione delle donne, dell’esperienza che fanno della città e delle barriere che trovano, per arrivare ad una progettazione urbana e a una politica sensibile ai generi.

La pianificazione femminista si concentra sull’infrastrutturazione dello spazio pubblico (più panchine, più giochi per bambinə, più toilettes, migliore illuminazione, etc), con l’obiettivo a lungo termine di creare un sistema che agevoli un’equa suddivisione del lavoro di cura.

Allo stesso tempo anche la pianificazione del traffico, la progettazione di modelli abitativi flessibili, l’aumento delle competenze in materia di genere e la parità di genere all’interno delle istituzioni, sono alcuni degli strumenti dell’urbanistica femminista.

 

Riappropriazione dello spazio urbano, laboratorio condotto da Liber* Tutt*

Abitare è un’azione normalmente connessa alla casa, al privato, a una dimensione intima e familiare.
L’intento del laboratorio è quello di riuscire a decostruire questa associazione così inveterata e rendere attraversabile lo spazio urbano da tutte le soggettività, anche grazie all’occupazione creativa del territorio stesso.

Le città sono state modellate a misura del genere maschile dominante e diventa necessario ripensarle differentemente. Come segnale di disdegno, il nostro sarà un movimento collettivo visivamente rumoroso che avrà il fine di riappropriarsi dello spazio pubblico.

 

Questa news è stata realizzata nell’ambito dei percorsi di educazione tra pari dalle studentesse e studenti del progetto Costruire Futuro, Insieme! 2, promosso da ActionAid Italia e Fondazione Cassa Depositi e Prestiti.

Ramadan Kareem

Cos’è il Ramadan

Il Ramadan è il nono mese del calendario islamico, un periodo sacro per i musulmani in tutto il mondo. Durante il Ramadan, i fedeli digiunano dall’alba al tramonto per 29 o 30 giorni consecutivi, riflettendo sulla loro fede e dedicandosi alla preghiera e alla carità.

Ramadan, un mese di condivisione e solidarietà

Il digiuno durante il Ramadan è uno dei Cinque Pilastri dell’Islam, insieme alla professione di fede, alla preghiera, all’elemosina e al pellegrinaggio a La Mecca. È un modo per i musulmani di purificare il proprio corpo e la propria mente, e per sentirsi più vicini a Dio. Durante il digiuno, i fedeli evitano cibo e bevande durante le ore di luce del giorno, ma possono consumare un pasto prima dell’alba (Suhoor) e al tramonto (Iftar). Il digiuno durante il Ramadan non è obbligatorio per bambine e bambini, le persone anziane, le donne incinte o che allattano, le persone malate o coloro che sono in viaggio. Tuttavia, molti bambini e ragazzi scelgono volontariamente di digiunare, in solidarietà con le persone meno fortunate.

Oltre a digiunare, durante il Ramadan le persone musulmane si impegnano a essere più generose, fare del bene alle altre persone e vivere serenamente con la famiglia e la comunità. È un momento di pace, preghiera e riflessione, in cui i musulmani cercano di rinforzare il proprio legame con Dio e con la comunità. È un periodo sacro per i musulmani, in cui si praticano la preghiera, il digiuno e la carità. È un momento di auto-riflessione e di rinforzo della fede, in cui i fedeli cercano di avvicinarsi a Dio e alla comunità. È un periodo di pace e di solidarietà, in cui i musulmani si uniscono per ringraziare Dio per le sue benedizioni e per celebrare insieme la loro fede.

L’Eid al-Fitr, la fine del Ramadan

Il Ramadan si conclude con la festa di Eid al-Fitr, una celebrazione in cui le famiglie si riuniscono per festeggiare insieme. Durante l’Eid, le persone si scambiano regali, indossano abiti nuovi e partecipano a preghiere speciali nelle moschee. È un momento di gioia e gratitudine, in cui i musulmani ringraziano Dio per il loro periodo di digiuno e preghiera.

Ramadan in Italia

Anche in Italia moltissime persone festeggiano il Ramadan ogni anno. Durante questo mese di solidarietà e condivisione moschee, centri culturali organizzano iniziative ed eventi e famiglie e amici, anche non musulmani, si riuniscono. Anche molte istituzioni locali e scuole organizzano incontri e iniziative di sensibilizzazione che coinvolgono la comunità locale.

Ramadan nel 2024

Nel 2024, il Ramadan inizia l’11 marzo e termina il 10 aprile.

 

 

“Costruire Futuro, Insieme!”: voce ai ragazzi e alle ragazze di Roma

“Salta il turno!”  “imprevisto!” “Come stai? Ti va di parlare?” “Ti va di staccare un po’?”

Cosa sono queste frasi che si sentono nel corridoio? Non capisco. La scuola non era quel posto dove ci si annoia davanti ai libri? Cosa è successo in quell’aula scrausa? Mi avvicino e apro la porta e vedo un sacco di ragazzi che si divertono, immersi in un ambiente luminoso e familiare. Ora sono curioso. Vedo un ragazzo che si avvicina a me e mi chiede: “Vuoi unirti a noi?” Io rispondo, d’impulso, “perché no?” ed entro.

Che strano, non avrei mai pensato di rispondere così. Deve essere stato quel senso di amichevolezza che ho percepito fin da subito. Mi siedo e ci presentiamo: “Ciao sono Massimo, ti va di scoprire come è nato questo piccolo “paradiso”?” E così parte il suo racconto.  “Eravamo un gruppo di ragazzi e avevamo deciso di prendere parte ad un PCTO chiamato “Costruire Futuro insieme!”, il cui obiettivo era quello di creare uno spazio sicuro in cui passare del tempo in compagnia. “È stata dura?” chiedo io e lui: “È stato impegnativo, sai, prima di iniziare il progetto abbiamo dovuto analizzare la storia del quartiere di Tor Bella Monaca, i bisogni della comunità e poi dopo aver compreso che intorno ad esso girano molti stereotipi e che in realtà esiste una realtà diversa da quella che comunemente viene percepita abbiamo potuto iniziare il lavoro. Inizialmente ci eravamo focalizzati su cosa fare in questo spazio, per poi accorgerci che ciò di cui si necessitasse realmente non fosse altro che stare insieme FISICAMENTE tra ragazzi. Questa stanza non doveva essere nulla se non un semplice mezzo, una motivazione per stare insieme. Un luogo dove ci si diverte e nascono amicizie.” “Credi che abbia funzionato?” “All’inizio – visto tutto il nostro impegno – ci aspettavamo una grande affluenza di persone, ma così non è stato, almeno non da subito. Erano pochi i ragazzi che decidevano di raggiungere questo spazio, ma con il tempo abbiamo raggiunto il nostro obbiettivo di creare una piccola comunità. È stato importante crederci sempre, senza mai buttarsi giù, ricordando che anche le più grandi cose in fondo sono nate dai garage e che molti per raggiungere successo hanno dovuto affrontare prima una serie di delusioni. Adesso che mi avvicino alla conclusione di queste scuole superiori voglio lasciare a voi che state riempiendo questo spazio l’eredità di noi fondatori, voglio passarvi il testimone”

La chiacchierata è poi andata avanti a lungo, ma io mi sono fermato a quel passaggio di testimone. Ho capito quanto impegno è stato messo per la realizzazione di quel posto e mi sento motivato a portare avanti questo sogno che Massimo, attraverso il suo racconto, è riuscito a trasmettermi.

 

Flavio Di Vito – Valerio Di Vito – Emanuele Pellegrini, studenti del Liceo Amaldi di Roma.

 

Questa news è stata realizzata nell’ambito dei percorsi di educazione tra pari dalle studentesse e studenti del progetto Costruire Futuro, Insieme! 2, promosso da ActionAid Italia e Fondazione Cassa Depositi e Prestiti

Pasqua (in)sostenibile

In Italia, ogni persona consuma in media 4kg di cioccolata all’anno, ossia circa 11grammi al giorno, con picchi in alcuni momenti dell’anno come per esempio la Pasqua. Ogni territorio ha i propri piatti tipici che vengono cucinati per Pasqua ma c’è una cosa che non può mai mancare: l’uovo di Pasqua. Al latte o fondente, grande o piccolo con una sorpresa all’interno e di tantissimi colori diversi…gli scaffali di negozi e supermercati si sono già riempiti da tempo con uova al cioccolato per tutti i gusti.

Ma…vi siete mai chiesti da dove viene la cioccolata? L’ingrediente principale è il cacao, una pianta originaria dell’America Latina che in epoca coloniale è stata esportata anche in Africa e Asia. L’industria del cacao rappresenta un caso studio molto interessante per analizzare le pratiche di produzione e consumo da un punto di vista globale: ci mostra quanto gli attuali modelli di produzione e consumo siano insostenibili da un punto di vista economico, sociale e ambientale ma promuove al suo interno anche pratiche dal basso di agricoltura organica e agroecologia volte a una transizione verso modelli sostenibili.

L’ONG Mani Tese ha prodotto, all’interno del progetto Food Wave di cui anche ActionAid è partner, un dossier sull’industria del cacao in Costa d’Avorio, il più grande produttore mondiale, che ci permette di identificare alcuni elementi che caratterizzano l’intera industria a livello globale:

Perdita della biodiversità

Negli ultimi anni le piante di cacao sono state colpite da numerose malattie, anche a causa dei cambiamenti climatici che hanno totalmente stravolto gli ecosistemi locali. Per far fronte alla perdita di produzione, molti produttori hanno puntato sulla deforestazione per ricavare nuove terre coltivabili fertili e sull’utilizzo di pesticidi per debellare le malattie. A partire dalla consapevolezza che la distruzione degli ecosistemi locali non può essere la risposta alla crisi climatica, alcuni produttori si sono uniti in cooperative e hanno deciso di adottare tecniche di produzione organiche e agroecologiche, dimostrando che produzione agricola e protezione degli ecosistemi locali non si escludono a vicenda.

Squilibri tra Nord e Sud del Mondo

Il cacao, ossia la materia prima alla base della cioccolata, viene prodotto tendenzialmente nei paesi del Sud Globale, mentre la trasformazione avviene tendenzialmente nel Nord del Mondo. Gli agricoltori subiscono i prezzi imposti dai produttori nel Nord Globale che trasformano la materia prima in cioccolata. La continua corsa al ribasso dei prezzi sta rendendo insostenibile per gli agricoltori la produzione di cacao, spingendoli verso altre colture, mentre i profitti restano in mano ai produttori di cioccolata.

Lavoro dignitoso

Anche il tema del lavoro dignitoso emerge fortemente: quella del cacao è un’industria dove è ancora presente il lavoro minorile e viene violato il diritto all’istruzione di bambini e ragazzi. A ciò si aggiunge che i prezzi della materia prima sono schiacciati verso il basso, rendendo di fatto difficile la sopravvivenza delle famiglie.

 

Per approfondire potete fare riferimento al dossier di Mani Tese che analizza l’industria del cacao in Costa d’Avorio attraverso le storie di produttori e produttrici locali e trovate  qui: The-unsustainable-price-of-cocoa-IT.pdf (foodwave.eu)