Una moda sempre più veloce

Cos’è?

Il fast fashion è la moda ultraveloce che negli ultimi decenni ha rivoluzionato il modo in cui ci vestiamo, consente di acquistare capi a basso costo e di conseguenza di comprarne molti di più di quanto ne avremmo realmente bisogno. Il fast fashion è caratterizzato da un ciclo incessante di produzione e consumo che spinge le aziende di moda a produrre abiti a ritmi vertiginosi e i consumatori a credere di dover acquistare sempre di più per rimanere al passo con le tendenze.

Come è nato?

Originariamente le industrie di moda producevano 2 collezioni: autunno/inverno e primavera/estate, con l’avvento del fast fashion, invece, la produzione è diventata continua.

Negli anni Novanta, i cicli di tendenza si sono accelerati, marchi come Forever21 e Zara, che hanno iniziato a produrre capi d’abbigliamento fino a 52 “micro-stagioniall’anno.

Oggi, mentre i social media amplificano le tendenze a ritmi più rapidi, nuovi marchi esclusivamente online come Shein e Temu producono a ritmi ancora più veloci, utilizzando algoritmi sofisticati per immettere sul mercato nuovi stili nel giro di pochi giorni; si parla di moda ultraveloce.

Cosa c’è dietro?

È evidente come questa tipologia di moda non sia sostenibile

Infatti, non solo acquistiamo molto di più che in passato, e di conseguenza sono necessari molti più materiali per produrre i nostri indumenti, ma buttiamo i nostri vestiti in tempi altrettanto brevi, il che crea enormi quantità di rifiuti.

  • Ogni anno soltanto nell’Unione Europea vengono gettate via 5 milioni di tonnellate di vestiti e calzature (circa 12 chili per persona) e l’80% di questi finisce in inceneritori, discariche o nel sud del mondo. Per rendere l’idea, ogni secondo nel mondo un camion di indumenti viene bruciato o mandato in discarica.
  • Il 25% dei capi di abbigliamento prodotti in tutto il mondo rimane invenduto e meno dell’1% dei vecchi abiti viene usato per produrre nuovi vestiti.

Inoltre, i lavoratori di tutto il mondo (l’80% dei quali sono donne) sono pagati con un sistema a cottimo che comporta salari estremamente bassi. I lavoratori guadagnano una cifra molto bassa per ogni articolo prodotto, per un totale di 200 dollari a settimana per un lavoro a tempo pieno. In Bangladesh, il secondo esportatore di indumenti al mondo, i lavoratori, addirittura, ricevono un salario minimo mensile di 113 dollari al mese.

La retribuzione non è l’unico problema, infatti spesso queste persone sono costrette a lavorare in totale insicurezza.

Cosa possiamo fare e quali sono delle possibili soluzioni al fast fashion?

A livello legislativo negli ultimi anni, ma soprattutto dal 2020, sono stati introdotti alcuni importanti atti legislativi con l’obiettivo di rendere illegale il lavoro a cottimo e l’obbligo per i marchi di tracciare la propria catena di approvvigionamento.

È importante ricordare che anche noi come consumatori possiamo cambiare le cose, per prima cosa è fondamentale informarsi ed essere consapevole durante i nostri acquisti, per approfondire il tema vi lasciamo sotto alcuni link utili, tra cui un video realizzato da ActionAid in collaborazione con Giuseppe Bedan (progetto happiness).

È poi fondamentale cercare di uscire dalla logica che ci è stata imposta dal fast fashion e cercare di orientarci, invece, verso uno slow fashion, ovvero scegliere di acquistare meno capi e di maggiore qualità in modo da poterne godere nel tempo.

Un’altra alternativa, economica e sostenibile è quella di acquistare capi second hand.

Per approfondire (tema diritti dei lavoratori):

MADE IN BANGLADESH – la storia dei bambini operai nel Fast Fashion🇧🇩 (youtube.com)

Fast fashion: i lati oscuri della moda usa e getta – Greenpeace Italia

What Is Fast Fashion | Vogue

 

L’edizione 2024-2025 del portale è supportata dal progetto “AGIRE”, finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Comitato interministeriale per la programmazione economica – CUP C29I23001120001

Educazione alla sessualità e all’affettività per tutt*

Nel 2024, in occasione dell’anniversario della ratifica della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Italia, il Gruppo CRC (Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza) ha pubblicato un documento dal titolo: “Educazione all’affettività e alla sessualità: perché è importante introdurre la Comprehensive Sexuality Education nelle scuole italiane” .

All’interno di questo documento, viene sottolineata l’importanza di introdurre nelle scuole l’educazione all’affettività e alla sessualità e la necessità di affrontare questi temi, fin dall’infanzia.
L’UNESCO a partire dal 2009 ha promosso un processo di Comprehensive Sexuality Education (CSE), che ha come obiettivo affrontare il tema dell’educazione sessuale non solo per quando riguarda la conoscenza dell’apparato riproduttivo ma che comprenda anche l’educazione alle emozioni, alle relazioni e al consenso.

Lo scopo è: fornire ai giovani conoscenze abilità che permettano loro di sviluppare relazioni sociali e sessuali rispettose e comprendere e garantire la protezione dei loro diritti.

Situazione italiana:

In Italia tutt’oggi non si è ancora riusciti a regolamentare l’introduzione dell’educazione all’affettività, di conseguenza le attività risultano disomogenee e lasciate all’iniziativa dei presidi e insegnanti che decidono di proporre incontri e formazioni sulla parità di genere e sull’affettività.

Negli ultimi anni sono stati fatti alcuni passi avanti come, per esempio, la direttiva n 83 del 24 novembre 2023 che disciplina un programma per le scuole in tema educazione alle relazioni”. Questo progetto è destinato alle scuole secondarie di secondo grado in ambito extra-curriculare. È da considerarsi un piccolo passo avanti in quanto viene posta attenzione sulla formazione dei docenti (sviluppata dall’istituto di ricerca Indire) e sul coinvolgimento attivo degli studenti.  L’obiettivo di tale progetto è sviluppare una cultura di rispetto reciproco e contrastare ogni forma di violenza.

Nonostante questo, siamo ancora lontani da un programma di Comprehensive Sexuality Education curriculare. Infatti, nel progetto precedentemente descritto non vi è un rimando alle Linee guida dell’Unesco 2018 e non è in linea con le indicazioni CSE in quanto si svolge solo nelle scuole superiori.

Il nostro contributo:

Come ActionAid abbiamo contribuito alla redazione del documento e sosteniamo da tempo l’introduzione dell’educazione sessuale e affettiva nelle scuole di tutti i livelli, come parte del programma Youth for love.

Chiediamo per tanto che il Ministero dell’Istruzione e del Merito trasformi le proposte di realizzare una formazione obbligatoria e progettata per docenti e studenti di tutte le età, con esperti autonomi e laici, tutor per la prevenzione e gestione dei casi, codici anti-molestia, bagni neutri e Carriere Alias in realtà.

Educare all’affettività e alla sessualità significa decostruire pregiudizi, stereotipi e ruoli, fortemente radicati nella società e nel pensiero comune, e promuovere una cultura trasversale per affrontare i principi che costituiscono la base dell’affetto e dell’affettività.

 

Per approfondire:

Educazione_affettivita_sessualita_Gruppo_CRCpdf.pdf (imgix.net)

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Gennaio mese del veganuary

Cos’è il veganuary e come nasce?

Veganuary è un insieme di due parole inglesi: vegan + January, è un’iniziativa che nasce da un’associazione inglese nel 2014 per promuovere l’alimentazione vegana.

Il veganuary è un impegno a mangiare vegetale per 31 giorni, dall’1 al 31 gennaio, in Italia questa iniziativa viene promossa da https://www.essereanimali.org/.

È stato scelto il mese di gennaio perché è comunemente il mese dei buoni propositi!

Lo scopo di tale iniziativa è mostrare come sia molto più semplice e meno costoso di quanto si pensi mangiare vegetale.

Come partecipare?

Per partecipare è necessario iscriversi al sito di https://veganuary.com/it/partner/essere-animali/ selezionare la data in cui si vuole iniziare e si riceveranno via mail per 31 giorni ricette per provare un’alimentazione completamente vegetale, sana e gustosa e consigli nutrizionali di esperti. Si può partecipare alla challenge anche senza iscriversi al sito, ma farlo potrebbe essere un’ottima occasione per comprendere meglio questo mondo e avere gratuitamente importanti consigli.

Perché partecipare e iniziare un percorso di alimentazione vegetale?

È risaputo che un’alimentazione onnivora non è sostenibile dal punto di vista ambientale:

  • Il settore agricolo è responsabile di circa un quarto delle emissioni globali di gas serra, delle quali oltre il 60% provengono dalla produzione, ormai sempre più intensiva, di carne e derivati animali.
  • la produzione di mangimi ha un impatto distruttivo sulle foreste e sul cambio di uso del suolo.

Sappiamo, inoltre, che non è sostenibile nemmeno dal punto vista dei diritti degli animali.

Infatti, per soddisfare il nostro bisogno di carne sono nati gli allevamenti intensivi che sembrano delle vere e proprie fabbriche dove gli animali:

  • non vedranno mai la luce del sole
  • non potranno mai correre o accudire i propri piccoli e che spesso non riescono neanche a muoversi o girarsi
  • vengono mutilati, imprigionati in gabbie.

Infine, diversi studi dimostrano come una dieta onnivora sia meno sostenibile rispetto ad una vegana anche per quanto riguarda la salute. Uno studio condotto dall’università del Piemonte orientale dimostra come diete vegane diminuiscono il rischio di malattie cardiovascolari, principalmente a causa di un maggior consumo quotidiano di frutta, verdura, legumi, cereali integrali, frutta secca e semi.

 

Per approfondimenti sulle condizioni degli animali:

https://www.essereanimali.org/il-problema-degli-allevamenti-intensivi/

 

Per approfondimenti sulla questione climatica:

https://www.greenpeace.org/italy/storia/5570/perche-mangiare-meno-carne/

https://www.essereanimali.org/2019/03/spreco-acqua-con-prodotti-origine-animale/

 

per approfondire i benefici sulla salute:

https://www.agingproject.uniupo.it/per-i-professionisti/pillole-di-scienza/dieta-vegana-e-dieta-onnivora-a-confronto-gli-effetti-cardiometabolici/

 

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Agente0011 è di nuovo online!

Benvenut* o bentornt* Agenti!

da qualche giorno siamo di nuovo online con il portale Agente0011! Come negli anni scorsi potrete partecipare a tante challenge stimolanti incentrate sugli Obiettivi Sostenibili delle Nazioni Unite per darvi la possibilità di attivarvi per un futuro più equo e sostenibile per tutt*.

Come chi di voi ha già partecipato negli scorsi anni già sa, uno degli obiettivi di questa piattaforma e di ActionAid Italia è mettere al centro la partecipazione di studenti e studentesse rafforzando e favorendo gli spazi di partecipazione, in modo da rendere gli studenti stessi i protagonisti.

I temi maggiormente affrontati nel corso dell’anno saranno: il cambiamento climatico e tutto ciò che si trova attorno a questo tema e le disuguaglianze sia a livello locale che globale, il nostro obiettivo non sarà solo quello di presentarvi queste tematiche ma anche, e soprattutto, cercare di trovare insieme a voi delle soluzioni e delle alternative efficaci a grandi e piccoli problemi della nostra società.

 

Siete pronte e pronti per cambiare l’Italia a partire dalla scuola?

Unitevi a noi e iscrivetevi alla challenge!

Il portale Agente0011 si rivolge alle scuole di ogni ordine e grado di tutta Italia coinvolgendole in un percorso di apprendimento e mobilitazione per rafforzare la cittadinanza attiva e il raggiungimento degli obiettivi educativi per i cittadini globali, in ottemperanza anche alle linee guida ministeriali sull’insegnamento dell’educazione civica, i e le giovani da tutta Italia sono chiamati e chiamate a partecipare con la propria classe o con un gruppo informale alla sfida sulla sostenibilità.

L’edizione 2024/2025 del portale è supportata dal progetto “AGIRE”, finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Comitato interministeriale per la programmazione economica, CUP C29I23001120001.

 

Offline o Online? Onlife!

Hai un problema nella tua scuola e non sai cosa fare per risolverlo? Vuoi portare un cambiamento ma non sai come muoverti? Non preoccuparti, sono in arrivo delle nuove missioni per voi agenti, grazie alle quali ognuna e ognuno di voi potrà mettersi alla prova con le idee più irriverenti e tattiche per raggiungere l’obiettivo di cambiamento che vi sarà affidato!

“Nessuno ci prende in considerazione, nessuno ci ascolta e nessuno si interessa ai nostri bisogni”: quante volte abbiamo detto questa frase in preda alla rassegnazione più totale dopo essere stat* completamente ignorat*? Questo gioco si configura come un pacchetto di missioni che saranno pubblicate a cadenza mensile, in cui dovrete capire come risolvere una serie di problemi all’interno della scuola attraverso gli strumenti di rappresentanza e partecipazione a vostra disposizione. A partire da questi problemi analizzerete le tutele legislative e giuridiche, vi interrogherete su come organizzarvi all’interno della scuola per portare avanti la missione ed elaborerete diverse strategie di campaigning e mobilitazione collettiva.

Vogliamo accompagnarvi in un processo che metterà alla prova la vostra creatività e astuzia, per far diventare il “non cambierà mai niente” un “insieme possiamo tutto”. Infatti, per vincere dovrete collaborare come gruppo, arrivando a soluzioni condivise e realmente efficaci. Non vogliamo sentire scuse di nessun tipo, ma solo soluzioni che faranno drizzare i capelli a tutto il consiglio d’istituto di Agente0011.

Avrete a vostra disposizione ben tre step per raggiungere i vostri obiettivi:

  • tutele giuridiche
  • organizziamoci e attiviamoci
  • solidarietà tra pari

Basta Omolesbobitransfobia!

Il 17 maggio ricorre la giornata internazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia. Si tratta di una giornata molto importante per sensibilizzare le persone e porre l’attenzione sulle discriminazioni e violazioni dei diritti, così come sulle battaglie, della comunità LGBTIQA+. Un elemento che può contribuire a favorire la non discriminazione e la creazione di spazi sicuri è sicuramente il riconoscimento delle differenze di genere, a partire dal fatto di utilizzare la terminologia corretta per definirle. Proprio per questo, nell’articolo, proveremo a fornire una serie di spunti e informazioni da cui partire.

Dal 6 gennaio 2021 le persone registrate all’anagrafe islandese possono chiedere di essere associate a un genere neutro, o per la precisione all’espressione «Kynsegin/annao», che significa «non binario/altro». L’Islanda è diventata così uno dei pochi paesi del mondo in cui le istituzioni riconoscono che l’identità di genere di una persona possa non essere né femminile né maschile. È un’idea sempre più diffusa a livello sociale e culturale: deriva da decenni di studi di psicologia, sociologia e filosofia sulla sessualità e sulle sue caratteristiche e processi profondi, e dà la possibilità di definire la propria identità a chi non si riconosce nei ruoli di genere tradizionalmente legati al sesso femminile e a quello maschile. Per molte persone è però un concetto ancora poco comprensibile, anche per via della confusione tra i termini e significati che solitamente si utilizzano per descrivere la sessualità umana: il sesso, il genere e l’orientamento sessuale[1].

Quando una persona nasce le viene assegnato, e dichiarato all’anagrafe, un «sesso» sulla base degli organi genitali visibili: la scelta è tra due alternative, femmina se ha una vulva, maschio se ha pene e testicoli. A livello biologico, in realtà, le cose sono più complesse perché il sesso è legato, oltre che ai genitali esterni, a quelli interni, ai cromosomi sessuali nel Dna, alla produzione di ormoni e alle caratteristiche sessuali secondarie, come la barba e le mammelle. Per tutte queste caratteristiche esistono numerose variazioni rispetto alle categorie di femmina e maschio. In generale, in questi casi, si parla di persone intersessuali[2].

Il «genere» invece ha una dimensione sia psicologica, sia culturale. Ha a che fare con il sentimento di appartenenza e con l’identificazione con i modelli sociali di femminilità, mascolinità o androginia. Si usa l’espressione «identità di genere» per riferirsi alla percezione che ciascuno ha di sé in quanto donna, uomo o altro. Si parla invece di «ruolo di genere» quando si vuole fare riferimento alle convenzioni sociali legate ai diversi generi, come ad esempio gli abiti e l’uso dei cosmetici. «Genere anagrafico», come è facile intuire, indica invece i marcatori F e M (e X, per i paesi come l’Islanda) nei registri anagrafici e sui documenti ufficiali di una persona[3].

Molte persone nascono e crescono in una condizione di discontinuità tra sesso e identità di genere: per esempio ci sono – e ci sono sempre state – persone che hanno organi genitali femminili ma si sentono uomini, oppure né donne né uomini, oppure donne in alcuni periodi della loro vita e uomini in altri. Un termine che si può usare per descriverle genericamente è «trans», mentre «cisgender» indica chi questa discontinuità non la vive. Per venire incontro a quella parte di persone trans che non si identificano né come donne né come uomini, alcuni paesi hanno introdotto un «terzo genere» per identificare le persone a livello ufficiale, ma per il momento sono ancora molto poche le istituzioni del mondo che riconoscono che possano esserci più di due opzioni per sesso e genere. Una larga parte della società non ne riconosce ancora l’esistenza o, se la riconosce, fa fatica a parlarne perché non conosce le parole corrette per nominarle e descriverle[4].

I discorsi intorno a questi concetti sono indubbiamente complicati dal fatto che ancora si tende a fraintendere con il concetto di «orientamento sessuale», che descrive invece da chi ci si sente attratti sessualmente. Le più note categorie per descrivere l’orientamento sessuale sono l’eterosessualità e l’omosessualità, ma anche in questo caso l’esperienza di tantissime persone ha reso chiaro che non esistono solo due opzioni. Ci sono persone pansessuali, che sono attratte da persone di ogni genere, e persone asessuali, che non provano attrazione sessuale per altri individui pur essendo capaci di innamorarsi e avere delle relazioni.

Il sistema del binarismo e le combinazioni che ne conseguono sono una griglia interpretativa che descrive la realtà in maniera incompleta. All’interno della comunità LGBTQIA+ si dice spesso che «il genere è uno spettro», come lo spettro delle onde elettromagnetiche: significa che non esistono solo un genere femminile e un genere maschile, ma uno spettro continuo di generi tra questi due estremi. Da parte della comunità scientifica internazionale non c’è una posizione definita su questo tema[5], ma la visione dello spettro del genere, pur essendo meno familiare della semplificazione binaria femmina/maschio, è sicuramente utile per descrivere le esperienze di moltissime persone che non si riconoscono nell’identità di genere assegnata loro alla nascita sulla base del sesso anatomico[6].

Uno strumento che può essere utile per comprendere meglio il concetto di genere come spettro si chiama The Genderbread Person. Questo è infatti una modello che rappresenta il modo in cui la società concepisce il genere e le diverse componenti che ne fanno parte. Vuole essere una veloce introduzione a queste tematiche per coloro che sono alle prime armi. Fa una distinzione tra espressione, identità, attrazione e sesso.

  • Espressione: è il modo in cui si presenta il genere attraverso le azioni, l’abbigliamento e il comportamento, per citarne alcuni, e come queste presentazioni vengono viste in base alle aspettative sociali.
  • Identità: è il modo in cui ogni persona, nella propria testa, sperimenta e definisce il proprio genere, in base a quanto ci si allinea o meno con ciò che capite essere le opzioni di genere.
  • Attrazione: è il modo in cui ci si sente attratti (o non attratti) da altre persone, in ambito sessuale, romantico e/o in altri modi (spesso classificati in base al genere).
  • Sesso: è l’insieme dei tratti fisici che nascono o si sviluppano e che noi consideriamo “caratteristiche sessuali”, nonché il sesso che ci viene assegnato alla nascita.

Le riflessioni su sesso, genere e orientamento sessuale sono state e sono un’occasione per creare nuove parole necessarie. Alcune, come «transgender» e «cisgender», arrivano dall’inglese, dato che nel discorso pubblico anglosassone sono state introdotte prima; alcune stanno diventando molto comuni, altre si sentono ancora di rado. E come per tutte le parole nuove, non tutte hanno un significato perfettamente delineato e condiviso, anzi: alcune possono essere usate in modi leggermente diversi dalle persone che le scelgono per descriversi, e in parte si sovrappongono[7].

Di seguito proponiamo un breve glossario che può sicuramente tornare utile:

GLOSSARIO:

  • TRANSGENDER: Le persone transgender (o «transgenere», in italiano, meno utilizzato) sono quelle che non si riconoscono nel genere assegnato alla nascita, che desiderino o meno modificare il proprio corpo o il proprio aspetto.
  • TRANSESSUALE: Alcune persone trasngender sono anche transessuali, cioè si stanno sottoponendo, o lo hanno fatto, a un’operazione di transizione da un sesso all’altro; a volte preferiscono non definirsi transgender, ma semplicemente donne o uomini.
  • TRANS: Questa abbreviazione è usata molto spesso sia in inglese che in italiano, per descrivere l’esperienza di persone che vivono un genere diverso o alternativo rispetto a quello assegnato alla nascita, siano esse transessuali o transgender. Una donna trans è dunque una persona il cui sesso anagrafico attribuito alla nascita è maschile, ma che invece si sente e si riconosce come donna. Un uomo trans è una persona il cui sesso anagrafico attribuito alla nascita è femminile, ma che invece si sente e si riconosce come uomo.
  • CISGENDER: Sono le donne e gli uomini che si riconoscono nel sesso assegnato alla nascita in base ai loro organi genitali, e possono essere eterosessuali, omosessuali o avere altri orientamenti sessuali; per quello che sappiamo sono la maggioranza delle persone. A volte si usa l’abbreviazione “cis”.
  • DI GENERE NON BINARIO: Sono le persone trans che non si riconoscono né come donne né come uomini e rifiutano la concezione binaria del genere, quella per cui esisterebbero solo queste due alternative.
  • IDENTITA SESSUALE: È il complesso degli aspetti che descrivono la sessualità di una persona, dunque il sesso, il genere, l’orientamento sessuale e l’identità di genere; per identità sessuali “non conformi” si intendono tutte quelle che storicamente sono state considerate un’eccezione alla “normalità”, dunque tutte le identità sessuali diverse da quelle delle persone cisgender ed eterosessuali.
  • QUEER: È una parola inglese che in passato significava «strano» ed era usata come insulto per le persone con identità sessuali non conformi, soprattutto omosessuali; oggi, dopo un processo di riappropriazione da parte delle stesse persone che un tempo la subivano come insulto, è usata per comprendere tutte le identità sessuali non conformi, oltre che per descrivere le filosofie legate alla prospettiva delle persone queer (le «teorie queer») e le culture da loro sviluppate.
  • INTERSESSUALE: Termine che non ha a che vedere con l’identità di genere, né con l’orientamento sessuale: si usa per indicare le persone che hanno alcune caratteristiche biologiche (che possono riguardare i cromosomi sessuali, gli ormoni o gli organi genitali) riconducibili al sesso femminile, e altre riconducibili al sesso maschile. Il termine ombrello per includere tutte queste condizioni è «intersessualità», corrispondente all’inglese «intersex» – che molte persone intersessuali usano in forma di aggettivo per definirsi. L’espressione «ermafrodita» invece è considerata stigmatizzante.
  • BISESSUALE, PANSESSUALE E ASESSUALE: Descrivono orientamenti sessuali. «Bisessuale» è chi prova attrazione per persone di due o più generi. «Pansessuali» sono persone per cui il genere non è un fattore di attrazione e che possono essere attratte da chiunque, a prescindere dal suo genere. «Asessuale» è chi non prova desideri sessuali per nessuna persona. Le persone asessuali possono comunque provare sentimenti romantici e definirsi, ad esempio, «eteroromantiche» o «omoromantiche».
  • LGBTQIA+: È la sigla usata per descrivere la comunità formata da chi ha identità sessuali non conformi e nel tempo è stata resa più lunga per includere più persone: fu introdotta tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila e inizialmente comprendeva solo lesbiche, gay, bisessuali e trans (LGBT); più di recente sono state aggiunte la Q di queer, la l di intersessuali e la A di asessuali, con un segno + in fondo a indicare la maggiore inclusività possibile e tutte le altre definizioni non conformi di sé.
  • COMING OUT: E’ l’espressione con cui si descrive l’atto di rivelare il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere agli altri; in Italia è spesso confuso con «outing», che invece in inglese viene usato per descrivere il rendere pubblico l’orientamento sessuale o l’identità di genere di un’altra persona, di solito senza il suo consenso.
  • GENDERQUEER: Definisce le persone di genere non binario che si oppongono agli stereotipi sui generi e si riconoscono in un mix personale di caratteristiche che possono essere associate al genere femminile o a quello maschile. Alcune persone usano «di genere non binario» e «genderqueer» come sinonimi, per altre il secondo termine include anche donne e uomini trans, e per altre ancora contiene una sfumatura di contestazione politica alle norme di genere. Si usa anche l’espressione «genderfuck» per chi vuole ribadire la sua identità di genere in modo provocatorio.
  • GENDERFLUID: Descrive le persone di genere non binario che si riconoscono nel genere femminile o in quello maschile in certi periodi della vita e non in altri; ci sono anche le persone che si definiscono «gender questioning» perché si stanno ancora interrogando sulla propria identità di genere.
  • AGENDER: Sono le persone che preferiscono non definirsi con nessuna categoria di genere.
  • ANDROSESSUALE, GINOSESSUALE E SKOLIOSESSUALE: Sono alcune delle parole che si cominciano a usare per superare i limiti di «eterosessuale» e «omosessuale», che definiscono l’orientamento sessuale di una persona sulla base del suo genere; il primo termine indica chi prova attrazione sessuale per gli uomini, il secondo chi la prova per le donne, il terzo per le persone non binarie[8].

 

NOTE:

[1] Cavallo, A. et al. (2021) Questioni di un certo genere: Le Identità Sessuali, I diritti, Le Parole da usare: Una guida per Saperne di più e Parlarne meglio. Milano: Iperborea

[2] Cavallo, A. et al. (2021) Questioni di un certo genere: Le Identità Sessuali, I diritti, Le Parole da usare: Una guida per Saperne di più e Parlarne meglio. Milano: Iperborea

[3] Cavallo, A. et al. (2021) Questioni di un certo genere: Le Identità Sessuali, I diritti, Le Parole da usare: Una guida per Saperne di più e Parlarne meglio. Milano: Iperborea

[4] Cavallo, A. et al. (2021) Questioni di un certo genere: Le Identità Sessuali, I diritti, Le Parole da usare: Una guida per Saperne di più e Parlarne meglio. Milano: Iperborea

[5] Per molto tempo in ambito psichiatrico si è detto che le persone che si identificano in un genere diverso da quello corrispondente al sesso assegnato loro alla nascita soffrissero del «disturbo dell’identità di genere», sostanzialmente una patologia. Non esistono convenzioni universali sulle definizioni e i sintomi dei disturbi mentali, ma dagli anni Cinquanta del Novecento si usa come riferimento di questo ambito il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali dell’American psychiatric association, a cui in gergo ci si riferisce con la sigla Dsm. Nella sua edizione più aggiornata, la quinta, pubblicata nel 2013, il «disturbo dell’identità di genere» non è più considerato un disturbo mentale ed è stato di fatto rimosso dal manuale. Al suo posto è stata introdotta la «disforia di genere», espressione che descrive il disagio sperimentato da molte persone che non si riconoscono nel genere associato ai loro organi genitali e che normalmente si attenua quando le persone trans possono vivere coerentemente con il genere in cui si riconoscono, avendo la possibilità di modificare parti del proprio corpo come desiderano.
Un disagio, quindi, attribuibile anche al contesto sociale e culturale con cui la propria condizione deve fare i conti. La disforia di genere è stata inserita in una nuova sezione del Dsm, non rientra in quella dedicata alle disfunzioni sessuali. In occasione dell’uscita della quinta edizione del manuale, l’American psychiatric association ha inoltre chiarito che «il non identificarsi nel genere assegnato alla nascita non è di per sé un disturbo mentale» e che l’uso dell’espressione «disforia di genere» è pensato anche per garantire alle persone trans l’accesso a cure psichiatriche, ormonali e chirurgiche che potrebbero desiderare.

[6] Cavallo, A. et al. (2021) Questioni di un certo genere: Le Identità Sessuali, I diritti, Le Parole da usare: Una guida per Saperne di più e Parlarne meglio. Milano: Iperborea

[7] Cavallo, A. et al. (2021) Questioni di un certo genere: Le Identità Sessuali, I diritti, Le Parole da usare: Una guida per Saperne di più e Parlarne meglio. Milano: Iperborea

[8] Cavallo, A. et al. (2021) Questioni di un certo genere: Le Identità Sessuali, I diritti, Le Parole da usare: Una guida per Saperne di più e Parlarne meglio. Milano: Iperborea

Costruire Futuro, Insieme: le voci da Reggio Calabria

L’esperienza di “Costruire Futuro, Insieme” che vogliamo raccontare è di Giulia, studentessa del Fermi-Boccioni di Reggio Calabria, che ha partecipato a tutto il percorso del progetto:

“Ho conosciuto il progetto che è stato iniziato da altri ragazzi e, insieme alla mia compagna Anna, abbiamo deciso di rendere possibile un nostro sogno, o per meglio dire un nostro bisogno, cioè avere uno spazio dove ci possiamo dedicare a varie cose”.

Le chiediamo: “Quali sono le emozioni che hai provato durante il percorso?”

“È stato un percorso che mi ha aiutato a crescere e a imparare a dialogare con il mondo esterno. È stato impegnativo e inizialmente non pensavamo di farcela. Non era il solito progetto, eravamo noi a dare voce alle nostre idee e a costruire il progetto.

La cosa che ci ha messo a dura prova è stato parlare davanti a tutti durante i laboratori, eravamo noi a dover raccontare e spiegare quanto era stato creato fino a quel momento. All’inizio, in realtà, neanche noi ci credevamo, non avevamo molta speranza, perché pensavamo di non concludere niente. Ma man mano che passavano i giorni ci siamo resi conto che era fattibile realizzare tutto ciò e quindi eravamo sempre più motivati a costruire questo spazio. Durante i laboratori abbiamo avuto tante soddisfazioni, in quanto anche persone esterne ci hanno ascoltato e aiutato a svolgere il tutto.”

Piano piano abbiamo cercato di coinvolgere sempre più persone.

Insieme a noi che chiacchieriamo con Giulia, ci sono anche Anna e Marika, classe seconda, che sono state coinvolte durante i laboratori e che ci osservano, quindi chiediamo:

“Anna qual è stata la vostra prima impressione durante i laboratori ai quali avete preso parte?”

“Siamo state coinvolte nel primo laboratorio di ‘Costruire Futuro, Insieme’ e una volta entrate siamo rimaste un po` perplesse, dubbiose. Io sinceramente non sapevo cosa stavano realizzando. Nel laboratorio, oltre alle classi, erano presenti vari esperti di vari settori e anche persone che volevano contribuire ad aiutarci; infatti la mia amica Marika pensava si trattasse solo di un incontro di orientamento, senza pensare a quello che c’era dietro. A mano a mano che il tempo passava, iniziammo a capire l’idea che c’era in atto e il nostro pensiero principale fu: ‘tanto non riusciremo a realizzare nulla!’. Mi piaceva però molto il fatto che i miei pari gestissero tutto.

Arrivate al terzo laboratorio, abbiamo visto la realizzazione del progetto presentato dalle architette coinvolte nei laboratori … tutte le parole dette non erano a vuoto, ma effettivamente era qualcosa di concreto. Il mio pensiero ha iniziato a cambiare in quanto ho visto l’impegno che tutt* insieme ci stavano mettendo e quindi ho deciso di dare anche la mia idea”.

Io stessa, che oggi mi ritrovo qui a scrivere tutto questo insieme agli altri, ho la mia esperienza, perché ho iniziato a partecipare da pochissimo, ma mi sono trovata super favorevole con le idee di tutt* e quindi ho deciso di contribuire anche io dando tutta me stessa, cercando di coinvolgere sempre più persone esterne, perché so che questo spazio, una volta finito, non aiuterà solo noi che lo stiamo realizzando ma anche tutti quelli che vivono nella nostra città e chissà forse anche oltre.

 

Articolo di: Flavia Surace, studentessa dell’IIS Fermi-Boccioni di Reggio Calabria

 

Questa news è stata realizzata nell’ambito dei percorsi di educazione tra pari dalle studentesse e studenti del progetto Costruire Futuro, Insieme! 2, promosso da ActionAid Italia e Fondazione Cassa Depositi e Prestiti

La storia di Giorgio Marincola, partigiano

Giorgio Marincola nasce nel 1923 in Somalia, da padre calabrese e madre somala. Due anni dopo, nel 1925, nasce la sorella Isabella. Il padre, Giuseppe, era un maresciallo di fanteria calabrese stanziato in Somalia, all’epoca “protettorato” italiano.  Giorgio e Isabella nascono e crescono in un contesto fortemente fascista e coloniale ed entrambi, dato che vengono riconosciuti legalmente dal padre, per diritto di sangue sono cittadini italiani. Nel 1926 il padre decide di lasciare la Somalia e portare con sé in Italia Giorgio e Isabella, a partire dalla convinzione che Aschirò Hassan, madre dei bambini, in quanto africana non sia in grado di crescerli.

Al suo rientro in Italia, Giovanni sposa Elvira Floris, sorella di un suo commilitone, e decide di mandare Giorgio in Calabria dallo zio, che non poteva avere figli. Alla morte dello zio, nel 1933, Giorgio torna a vivere a Roma dal padre e dalla sorella Isabella. Nel 1938 Giorgio si iscrive al Liceo, dove conosce il professore Pilo Albertelli, noto antifascista. Un incontro che lo segnerà profondamente, stimolerà il suo pensiero critico nel confronti del regime e una forte passione per la giustizia e la libertà. Insieme al professore e alcuni compagni, porta avanti le prime azioni di resistenza.

Diplomato nel 1941, decide di iscriversi all’università per studiare medicina. Nel 1943 anche casa Marincola viene distrutta dai bombardamenti e la famiglia viene portata con altri sfollati a Montorio Romano. Giorgio invece entra a far parte del Partito d’azione dove incontrerà anche Pilo Albertelli, che però dopo poco viene arrestato e fucilato nella strage delle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944.

A giugno del 1944 gli Alleati entrano a Roma e Giorgio contribuisce attivamente alla liberazione della città. Successivamente decide di continuare con la propria attività di resistenza e si sposta tra Ivrea e Biella dove tra il 1944 e il 1945 si occupa di azioni di sabotaggio con il soprannome di Mercurio. A inizio 1945 viene arrestato durante un rastrellamento nazifascista e incarcerato. Da lì viene trasferito a Torino e poi internato nel campo di concentramento di Bolzano, liberato alla fine di aprile del 1945.

Giorgio decide di non fermarsi e tornare a combattere per la liberazione dell’Italia e si unisce alla resistenza trentina recandosi in val di Fiemme. Il 4 maggio 1945 Giorgio viene colpito a morte nell’ultima strage nazista compiuta su territorio italiano a Molina di Fiemme. Quello di Giorgio verrà identificato come il “cadavere inspiegabile”: forse un medico africano? Oppure un partigiano afro-americano? O perché no un internato nel Lager di Bolzano? Non si capiva a chi potesse appartenere quel corpo, ma una cosa era certa: non poteva essere italiano, visto il suo colore della pelle.

 

«Sento la patria come una cultura e un sentimento di libertà, non come un colore qualsiasi sulla carta geografica… La patria non è identificabile con dittature simili a quella fascista. Patria significa libertà e giustizia per i popoli del mondo. Per questo combatto gli oppressori…».

Giorgio Marincola

 

Per approfondire:

La storia « Razza Partigiana – Storia di Giorgio Marincola

Le pagine mancanti dei libri di testo: Giorgio Marincola – Jacobin Italia

Il caso della Banda Mario. Per una Resistenza internazionalista e multietnica – DINAMOpress

Giorgio Marincola | ANPI

Reading RAZZA PARTIGIANA Storia di Giorgio Marincola, partigiano nero e italiano (youtube.com)

UNA SCUOLA ORIENTATA AL BENESSERE DEGLI STUDENTI: partecipa anche tu alla formazione docenti online del progetto Costruire Futuro, Insieme!

Una scuola orientata al benessere degli studenti: orientamento integrato, pratiche e governance partecipate

Il corso di formazione “Una scuola orientata al benessere studenti: orientamento integrato, pratiche e governance partecipate”, sviluppato nell’ambito del progetto “Costruire Futuro, Insieme!” è realizzato da ActionAid Italia in collaborazione con La Tecnica della Scuola e approfondisce i temi dell’Orientamento e della Partecipazione, nella finalità di presentare pratiche e metodologie per un approccio integrato alla prevenzione delle diseguaglianze educative. A partire dal quadro normativo e fornendo elementi teorici e pratici per lavorare dentro e fuori la scuola su Orientamento e Partecipazione, il percorso ha l’obiettivo di accrescere consapevolezza e competenze della comunità educante, orientate alla collaborazione scuola/territorio e al benessere di studenti e studentesse.

Il corso si propone di fornire ai docenti e agli attori della comunità educante consapevolezza e strumenti per lavorare nella scuola e sul territorio valorizzando le alleanze educative e favorendo il benessere di studenti e studentesse, attraverso approcci e metodologie di Orientamento e Partecipazione che valorizzino la cittadinanza attiva e il rafforzamento di competenze trasversali e civiche.

Il corso si articola in quattro moduli, preceduti da un’introduzione e seguiti da una sezione “Lavorare con la classe”, in cui sono fornite proposte didattiche per sperimentare con studenti e studentesse le metodologie partecipative presentate sui temi dell’Orientamento e della Partecipazione.

I moduli 1 e 2 approfondiscono il rapporto tra orientamento e diseguaglianze educative, per poi analizzare le diverse tipologie di orientamento e i sistemi entro cui sono sviluppate le azioni ad esse relative, presentando modelli metodologici che possano fornire spunti ed esempi pratici.

I moduli 3 e 4 presentano il quadro normativo e teorico sulla partecipazione, per approfondire l’incidenza di pratiche partecipate nel contrasto alla dispersione scolastica e fornire competenze e strumenti per valorizzare la partecipazione di studenti e studentesse fuori e dentro la scuola.

Il percorso è arricchito da interventi video di docenti, studenti ed esperti sui temi dell’Orientamento e della Partecipazione.

Il corso è di 25 ore e si rivolge prioritariamente a docenti delle scuole secondarie di I e II grado di tutte le discipline, educatori ed educatrici, istituzioni e attori della comunità educante. Il corso è presente sulla piattaforma ministeriale Sofia (ID. 92525).

Per info e iscrizioni: Formazione docenti – UNA SCUOLA ORIENTATA AL BENESSERE DEGLI STUDENTI – Tecnica della Scuola – Formazione

 

COSTRUIRE FUTURO INSIEME! 2024
“Costruire Futuro, Insieme!” è un progetto che ActionAid promuove dal 2021 con il sostegno della Fondazione Cassa Depositi e Prestiti, per aumentare la partecipazione civica di ragazzi e ragazze e di tutta la comunità educante attraverso lo sviluppo e il rafforzamento di competenze cognitive, relazionali e sociali e così valorizzare il ruolo della scuola e della comunità educante nella lotta alle diseguaglianze educative, attraverso la sperimentazione di metodologie di cittadinanza attiva nella scuola e sul territorio, anche al fine di contrastare le diverse forme di dispersione scolastica. Nel 2024 il progetto è implementato sui territori di Milano, Roma, Reggio Calabria, Palermo e Siracusa, in cui sono stati avviati processi partecipativi multiattoriali, guidati da ragazze e ragazzi di scuole secondarie di II grado, con l’obiettivo di realizzare e co-progettare hub educativi aperti al territorio e co-gestiti a livello locale.

 

Locandina-corso CFI 2024