Violenza di genere in Italia: numeri reali e il ruolo della scuola

15 Aprile 2025
Sara Campanella e Ilaria Sula sono state uccise perché hanno detto no. Questi non sono casi isolati, non sono dei raptus: sono femminicidi. Una forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne, che si ripete e che affonda le radici in una cultura che insegna il possesso. Parlare di questi casi e riconoscerne le vere cause è una responsabilità collettiva. Finché non verranno messi in discussione atteggiamenti che comunemente sono considerati “normali”, ma che in realtà nascondono una violenza strutturale e non si investirà seriamente in prevenzione, non riusciremo a estirpare il problema dalla radice. È per questo che il lavoro culturale ed educativo è centrale. Serve intervenire prima che la violenza si manifesti, a partire da dove si formano le persone: le scuole. 

Secondo l’Osservatorio Nazionale di Non Una Di Meno, al 2 aprile 2025 in Italia sono già stati registrati 24 casi di femminicidio, lesbicidio e trans*cidio. Questi dati mostrano che non basta indignarsi dopo l’ennesimo caso. Serve un’azione strutturale e continua, che coinvolga le istituzioni, i media e soprattutto i luoghi della formazione. 

La Convenzione di Istanbul, ratificata dall'Italia nel 2013, è il primo trattato internazionale che vincola gli Stati a prevenire e combattere la violenza maschile contro le donne. Impone misure specifiche per garantire tutele e soprattutto mette al centro le azioni educative per combattere la cultura della violenza. Tuttavia, nonostante l'Italia abbia firmato l'impegno, i progressi concreti sono stati lenti e insufficienti. Le leggi ci sono, ma spesso non vengono applicate adeguatamente, e le politiche di prevenzione, in particolare quelle educative, sono ancora troppo poche o assenti. 

L’educazione alla sessualità e all’affettività nelle scuole è quindi uno strumento essenziale. Si può così parlare di relazioni, emozioni, rispetto dei confini e del consenso. Il Gruppo CRC, che si occupa della tutela dei diritti di bambini, bambine e adolescenti, sottolinea la necessità di introdurre nel sistema educativo italiano la Comprehensive Sexuality Education: un percorso formativo che aiuti ragazze e ragazzi a sviluppare consapevolezza emotiva, a riconoscere la violenza nelle relazioni e a costruire legami basati sull’uguaglianza. Parlare di affettività e sessualità a scuola significa prevenire la violenza. Significa dare a tutti e tutte gli strumenti per comprendere se stessi e gli altri. 

Per saperne di più: 



 

L’edizione 2024-2025 del portale è supportata dal progetto “AGIRE”, finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Comitato interministeriale per la programmazione economica – CUP C29I23001120001
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