Tutte e tutti in piazza contro la violenza di genere

Violenza di genere

Le forme di espressione della violenza sono molteplici e profondamente trasversali. A noi, infatti, giungono quelle più estreme ed evidenti, il più delle volte senza via di ritorno. Eppure, la violenza di genere è infestante, pervade tutti gli ambiti della vita, e il più delle volte facciamo fatica a ricondurre a una matrice patriarcale profondamente radicata nella nostra cultura le sue origini più profonde.

I rapporti di potere si fondano su una salda asimmetria, che diventano strumento di assoggettamento e coercizione. Lo diventano attraverso i quotidiani abusi, le microaggressioni che vengono costantemente minimizzate, la disparità salariale sui luoghi di lavori, il peso del carico di cura riversato unicamente sulle donne, senza una reale possibilità di emancipazione. Lo diventa finanche il linguaggio, specchio di un privilegio maschile, che rifiuta la declinazione di alcune professioni, perché si sa, “non sono quelle le questioni importanti”. Eppure, attraverso il linguaggio nasciamo nel mondo e nello stesso ci definiamo a partire da sembianti rappresentazionali che di noi dicono. E delle nostre capacità, e soprattutto nella potenza di poterci inscrivere in un futuro che finalmente possa diventare anche per noi donne una possibilità concreta.

Alcuni dati

Prevenzione sottocosto. La miopia della politica italiana nella lotta alla violenza maschile contro le donne, il report sul monitoraggio delle politiche antiviolenza è stato di recente pubblicato da ActionAid. In linea con NUDM, viene denunciata la sottovalutazione dei meccanismi di prevenzione e il suo inadeguato finanziamento. Ciò si riflette anche nei dati emersi dalla ricerca: al significativo aumento di risorse (+156%) registrato nell’ultimo decennio, non corrisponde una diminuzione del numero di femminicidi in Italia. Un dato, quest’ultimo, che dimostra quanto siano inadeguate le politiche antiviolenza adottate fino ad oggi e la necessità di intervenire sulle cause culturali che producono e riproducono il fenomeno attraverso l’adozione di una norma che stanzi annualmente fondi certi per la prevenzione primaria, la cui finalità è proprio fare in modo che la violenza non venga proprio agita.

 

Manifestazione 25 novembre

La Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, non deve diventare la ricorrenza della retorica istituzionale sulla lotta alla violenza di genere. D’altronde è un tema ancora trascurato dalla politica, come dimostra l’inadeguatezza del sistema antiviolenza nel suo complesso, su cui le istituzioni ad ogni livello investono poco e su cui si espongono esclusivamente in occasione di ricorrenze simboliche.

È fondamentale sostenere le mobilitazioni del movimento femminista e delle piccole e medie realtà che supportano le donne e le ragazze che subiscono violenza attive 365 giorni l’anno. ActionAid ha aderito al corteo di Roma del 25 novembre 2023 e condivide le proposte del manifesto TransfemministƏ ingovernabili contro la violenza PATRIARCALE!  del collettivo femminista Non Una Di Meno (NUDM).

In particolare, ActionAid condivide la necessità di scardinare il sistema patriarcale dalle sue fondamenta in quanto responsabile delle disuguaglianze e discriminazioni di genere che producono e riproducono le varie forme di violenza maschile contro le donne e le persone LGBTQIA+, nonché politiche pubbliche che sempre più restringono alle donne l’accesso ai diritti fondamentali e agli spazi pubblici.

 

Se vuoi vedere foto o video della manifestazione nazionale a Roma e del corteo a Milano:

 

Per approfondire:

Agente0011 torna online anche per l’a.s. 2023/2024: in arrivo tante nuove missioni!

Benvenute e benvenuti, bentrovate e bentrovati sul portale Agente0011,

Finalmente ci siamo…la nuova challenge è online! Come ogni anno, potrete partecipare a tante missioni incentrate sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite per attivarvi in prima persona per un futuro più sostenibile e giusto, a partire dalle nostre comunità locali fino al mondo intero.

Anche per l’anno scolastico 2023-2024 ci concentreremo in particolare sul favorire e rafforzare strumenti e spazi di partecipazione per studentesse e studenti, a partire dalla consapevolezza che la partecipazione non è solo un tema, ma anche un metodo, uno strumento attraverso il quale rendere le nostre scuole più inclusive, sicure, sostenibili e che tengano in considerazione bisogni e desideri di chi le vive ogni giorno. Lo faremo a partire dalla campagna Possiamo Tutto, promossa da ActionAid e Unione degli Studenti per richiedere una riforma degli organi collegiali e introdurre maggiori spazi e strumenti di partecipazione rafforzando così il potere decisionale di studentesse e studenti.

Trasversalmente ai 17 SDGs, analizzeremo le ingiustizie e disuguaglianze a livello globale, nazionale e locale per elaborare soluzioni e alternative oltre che favorire la comprensione critica di altre e altri giovani rispetto alle tematiche trattate. È infatti a partire dai e dalle giovani, dalle loro voci e dai loro desideri che riusciremo ad affrontare le molteplici crisi che stiamo vivendo, tra cui la crisi climatica, quella economica, la guerra.

 

Siete pronte e pronti per cambiare l’Italia a partire dalla scuola?

Unitevi a noi e iscrivetevi alla challenge!

 

 

Il portale Agente0011 si rivolge alle scuole di ogni ordine e grado di tutta Italia coinvolgendole in un percorso di apprendimento e mobilitazione per rafforzare la cittadinanza attiva e il raggiungimento degli obiettivi educativi per i cittadini globali, in ottemperanza anche alle linee guida ministeriali sull’insegnamento dell’educazione civica, i e le giovani da tutta Italia sono chiamati e chiamate a partecipare con la propria classe o con un gruppo informale alla sfida sulla sostenibilità.

il ruolo delle popolazioni indigene nella protezione della biodiversità

Contesto Storico

Istituita dalle Nazioni Unite nel 2000 con Risoluzione 55/201 e proclamata per il 22 maggio, la Giornata Mondiale della Biodiversità ha lo scopo di aumentare la comprensione e la consapevolezza dei problemi della biodiversità e di commemorare l’adozione del testo della Convention on Biological Diversity (CBD) adottata a Nairobi, Kenya, il 22 maggio 1992 e firmata a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992.

La Convention on Biological Diversity (CBD) è lo strumento legale internazionale per “la conservazione della diversità biologica, l’uso sostenibile dei suoi componenti e la giusta ed equa condivisione dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche” che è stato ratificato da 196 nazioni. Il suo obiettivo generale è quello di incoraggiare le azioni che porteranno ad un futuro sostenibile.

Che cos’è la biodiversità e perché è fondamentale

La biodiversità si riferisce alla varietà di forme di vita che popolano il nostro pianeta. Questa diversità si estende a tutti i livelli di organizzazione biologica, dalle molecole ai sistemi ecologici. La biodiversità comprende la diversità genetica all’interno di una specie, la diversità delle specie all’interno di un ecosistema e la diversità degli ecosistemi all’interno di un territorio. La biodiversità è quindi una caratteristica fondamentale della vita sulla Terra e rappresenta una fonte di benefici per gli esseri umani, tra cui la produzione di alimenti, l’approvvigionamento di acqua e l’assorbimento di anidride carbonica. La biodiversità è inoltre un indicatore della salute degli ecosistemi e della loro capacità di rispondere ai cambiamenti ambientali. Tuttavia, la biodiversità è minacciata dalla distruzione degli habitat, dall’inquinamento, dal cambiamento climatico e altre attività umane.

Le popolazioni indigene proteggono l’80% della biodiversità rimanente del mondo

La perdita di foreste si dimezza nei territori abitati dagli indigeni. Inoltre circa il 65 per cento di queste aree si è salvata dallo sfruttamento – nelle altre zone si scende al 44 per cento. Sono moltissimi i casi in cui il controllo del territorio da parte delle popolazioni native si è rivelato efficace, duraturo e resiliente, evidenziando come una governance di questo tipo possa dar vita a “relazioni sostenibili fra uomo e paesaggio”, considerando che “i popoli indigeni conducono attività compatibili con la biodiversità locale e spesso la incentivano”. Del resto, sono le persone che conoscono meglio le proprie terre e sulle quali hanno sempre fatto affidamento, “posseggono conoscenze ancestrali sull’adattamento, la mitigazione e la riduzione dei rischi derivanti dai cambiamenti climatici e dai disastri naturali”, secondo la Banca Mondiale.

Il ruolo fondamentale delle donne indigene

“Le donne indigene trasmettono la conoscenza dei loro antenati e allo stesso tempo guidano le loro comunità verso un futuro resiliente. Quando le donne indigene si impegnano, le politiche e le azioni climatiche a tutti i livelli beneficiano della loro conoscenza e leadership olistica e incentrata sulla natura”, ha dichiarato il segretario esecutivo delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici, Patricia Espinosa.

Come ha spiegato in una recente intervista l’ex relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni, Victoria Tauli-Corpuz: “Le donne indigene aiutano a proteggere i fragili territori in cui vivono. Le donne indigene sono trasmettitrici cruciali di conoscenze relative alla gestione ambientale sostenibile per le generazioni future”.

Imparare da queste esperienze e migliorare la partecipazione delle donne indigene alla politica climatica è fondamentale per raggiungere gli impegni assunti nell’ambito dell’accordo di Parigi e per uno sviluppo sostenibile e inclusivo.

 

Per saperne di più:

https://www.lifegate.it/indigeni-proteggono-un-quarto-della-superficie-mondiale

Stop Omo-lesbo-bi-transfobia

Contesto storico

Il 17 maggio di ogni anno si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia. L’evento, noto con l’acronimo IDAHOBIT (International Day Against Homophobia, Biphobia and Transphobia), è stato pensato da Louis-Georges Tin, curatore del “Dictionnaire de l’homophobie“, per sensibilizzare l’attenzione di politici, opinion leader, movimenti sociali, pubblico e media sulle violenze e le discriminazioni subite dagli appartenenti alla comunità LGBTQIA+ in tutto il mondo. La Giornata, riconosciuta anche dalle Nazioni Unite, si celebra in oltre 130 Paesi in tutto il mondo.

La data del 17 maggio è stata scelta per commemorare la decisione adottata nel 1990 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità di rimuovere l’omosessualità dalla lista delle psicopatologie. Dall’anno della sua istituzione, l’evento ha ricevuto il riconoscimento ufficiale di diversi Stati e istituzioni internazionali. Tra queste l’Unione Europea, che dal 2007 appoggia l’evento sul territorio degli Stati membri. Di quell’anno è la famosa “Risoluzione del Parlamento europeo sull’omofobia in Europa” che, all’articolo 8, ribadisce espressamente l’invito “a tutti gli Stati membri a proporre leggi che superino le discriminazioni subite da coppie dello stesso sesso e chiede alla Commissione di presentare proposte per garantire che il principio del riconoscimento reciproco sia applicato anche in questo settore al fine di garantire la libertà di circolazione per tutte le persone nell’Unione europea senza discriminazioni”.

Situazione in Europa

Nel mondo, più di 2 miliardi di persone vivono in paesi in cui l’omosessualità è illegale. In 11 giurisdizioni le relazioni consensuali fra persone dello stesso sesso sono ancora passibili di pena capitale. Se negli ultimi 10 anni abbiamo riscontrato segni di progresso a livello globale, continuano a esistere tuttavia discriminazione ed esclusione a causa dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere, e stiamo assistendo a un preoccupante arretramento per quanto riguarda i diritti delle persone LGBTQIA+. I livelli di violenza contro queste persone sono anch’essi allarmanti, anche se ampiamente sottosegnalati. A causa del loro orientamento sessuale e della loro identità di genere i giovani, in particolare, devono affrontare il rifiuto delle loro famiglie, l’abbandono della propria casa, e molestie on-line e off-line. Dobbiamo adoperarci per costruire società pacifiche e inclusive, dove ciascuno possa crescere e vivere appagato e sentirsi sicuro. L’uguaglianza, il rispetto della dignità e il rispetto della diversità sono valori centrali dell’Unione europea. Ciascuno dovrebbe liberamente poter essere sé stesso e amare chi ha scelto senza paura.

La carriera alias è una questione di diritto allo studio

“Le persone trans hanno il più alto tasso di abbandono scolastico. I pochi tentativi per aiutarle sono ostacolati dai gruppi “no gender”, che da tempo tengono sotto controllo il mondo della scuola”.

Carriera alias è un regolamento d’istituto che permette a studenti trans di usare in ambito scolastico (o universitario) il proprio nome di elezione. “È un accordo che garantisce la possibilità di essere visti e conosciuti dagli altri con il proprio nome di elezione, senza dover fare un coming out obbligatorio o continuo davanti a compagni o insegnanti”, spiega Fiorenzo Gimelli, presidente di Agedo, associazione di genitori, parenti e amici di persone lgbtq+. “Resta fermo che il nome anagrafico è usato in tutti i documenti che hanno valore legale verso l’esterno. Sono due percorsi distinti. L’unica finalità della carriera alias è tutelare il benessere delle persone”.

Il regolamento è nato anche grazie alla riflessione di associazioni e genitori. Il senso è quello di rendere effettivo il diritto allo studio delle persone trans. “L’Italia è un paese fortemente arretrato rispetto a questa realtà, troppo spesso negata e invisibilizzata. E l’invisibilità porta a violenza. Sono persone che, se non supportate e incoraggiate a potersi esprimere per ciò che sono, sono costrette a una vita che non è la loro, ma quella che la società e la famiglia si aspetta”, dice Elisabetta Ferrari, presidente di GenderLens.

Secondo i dati dell’agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (Fra), in ambito scolastico il 56 per cento delle persone lgbtq+ dichiara di nascondere sempre la propria identità. La percentuale sale al 77 per cento per adolescenti trans o non conformi al genere assegnato alla nascita. Studi e ricerche citati da GenderLens, individuano la scuola come luogo dove ci sono più spesso episodi di violenza e bullismo contro le persone lgbtq+, con conseguenze sulla salute mentale e sul rendimento scolastico. In questo contesto, le persone trans hanno il più alto tasso di abbandono, con il 43 per cento degli adolescenti tra i 12 e i 18 anni che lascia la scuola prima di aver terminato gli studi. “Non si può ignorare questa situazione”, dice Ferrari.

Da alcuni anni la carriera alias è entrata in diversi atenei e circa 160 istituti scolastici, basandosi sulla normativa sull’autonomia e sulle linee guida su bullismo e discriminazioni, e grazie ad accordi con studenti, famiglie e associazioni. Al momento non esistono previsioni ministeriali, il che significa da un lato che l’adozione del regolamento è a discrezione della direzione scolastica, e dall’altro che i modelli di applicazione possono essere diversi.

 

 

il ciclo non è un lusso!

La Period Poverty, o povertà mestruale, è una realtà che tocca da vicino tante donne e ragazze, in quelle zone del mondo dove avere il ciclo significa affrontare tantissime problematiche. Dall’impossibilità di garantire la propria igiene personale alla mancanza di soldi per acquistare assorbenti, dalle difficoltà a frequentare la scuola alla stigmatizzazione e i tabù che ancora si muovono intorno a questa tematica.

Cos’è la Period Poverty

1 ragazza su 10 in tutto il mondo perde giorni di scuola perché non ha accesso agli assorbenti o per la mancanza di bagni; nell’Africa Sub-sahariana si tocca il picco del 20% dell’intero anno scolastico. In Kenya, il 50% delle ragazze in età scolastica non ha accesso agli assorbenti. In India ci sono 355 milioni di donne in età mestruale e il 12% di loro non ha i soldi o la possibilità di acquistare prodotti per gestirlo. Succede spesso quindi che le donne siano costrette a tenere lo stesso assorbente o tampone per troppo tempo, il che può causare infezioni anche gravi. Peggio ancora se ciò avviene in Paesi in cui alle ragazze vengono praticate le MGF, mutilazioni genitali femminili.

Ci sono inoltre realtà in cui lo stigma intorno alla tematica obbliga le giovani a crescere con un costante senso di paura e vergogna riguardo al proprio ciclo, affrontando anche castighi sociali.

Tramite opere di formazione e sostegno economico l’azione di ActionAid in questi Paesi è focalizzata a risolvere il problema un passo alla volta. Attraverso la formazione, le ragazze imparano a comprendere meglio il funzionamento del proprio corpo, a prendersi cura della propria salute e a battersi per i propri diritti. Nelle scuole si organizzano aree esclusive per le loro, dove sia più facile gestire il ciclo serenamente e senza vergogna. Nelle comunità il lavoro è anche mirato a colmare la mancanza dei prodotti, per questo parte degli interventi prevede lezioni su come creare assorbenti esterni riutilizzabili, che sono economici e sostenibili.

Durante le crisi umanitarie, come quella del Covid-19, ActionAid ha distribuito alle comunità in difficoltà kit igienici con assorbenti, sapone e mutandine pulite, che permettessero alle donne di vivere le proprie mestruazioni al sicuro e con dignità.

Povertà mestruale: basta Chhaupadi in Nepal

In Nepal, ActionAid e le realtà locali stanno lavorando con le comunità per interrompere la tradizione dello Chhaupadi. Una pratica illegale dal 2005 e ancora attuata in alcune zone rurali, che obbliga le donne ad allontanarsi dal proprio villaggio durante il periodo mestruale per non causare sfortuna alla propria famiglia. Le donne e le ragazze sono costrette a trascorrere il periodo del ciclo in anguste capanne di fango, spesso senza alcuna scorta di cibo, senza assorbenti o acqua corrente per lavarsi. Oltre alle ripercussioni psicologiche, ci sono anche serie problematiche legate alla salute e pericoli per la loro incolumità.

Questa è stata anche l’esperienza di Maya, una ragazza di 15 anni che vive in un villaggio nell’Ovest del Nepal, prima dell’arrivo di ActionAid. Durante lo Chhaupadi le donne della sua comunità venivano bandite, costrette in capanne grandi non più di un armadio. Questo causava la morte di almeno due donne all’anno, per il freddo o le inalazioni da fumo o per morsi di animali.

ActionAid ha avviato una campagna di sensibilizzazione nel villaggio di Maya, sia raccogliendo gruppi di donne che bussando porta a porta, spiegando tutti i rischi dello Chhaupadi e in che modo va invece gestito il periodo mestruale. È arrivata anche dalla mamma di Maya, le ha spiegato che il ciclo è un semplice processo biologico del corpo e non c’è nulla di cui vergognarsi e nessun motivo per nascondersi. Da allora, né lei né Maya sono state più costrette ad allontanarsi da casa per questo.

Youth for Love 2 e il congedo mestruale

È all’interno del programma europeo Youth for Love 2, che in Italia noi di ActionAid abbiamo portato avanti con Afol Metropolitana, che nasce un Manifesto con richieste puntuali alla politica e alle scuole. Proposte di iniziative ideate da ragazze e ragazzi che hanno partecipato attivamente ad attività e laboratori. Tra le esperienze locali che possono diventare buone pratiche da replicare, vi è quella dell’ISS Oriani-Mazzini di Milano. Scuola con utenza principalmente femminile, molte studentesse hanno un ciclo invalidante. Grazie anche alla diffusione di richieste per una scuola transfemmista di Unione degli Studenti, le ragazze che hanno partecipato al progetto Youth for Love hanno voluto richiedere il congedo mestruale.

In occasione di questa giornata vi proponiamo un’interessante iniziativa:

Il Festival del Ciclo Mestruale dal 25 al 28 maggio 2023 a Milano

La seconda edizione affronta temi come l’impatto ambientale del ciclo mestruale, il congedo mestruale, i diritti riproduttivi e patologie come l’ovaio policistico.

Il Festival del ciclo mestruale vuole cambiare la narrazione sul ciclo mestruale, e riconoscerlo come tema fondamentale per la salute e la parità di genere. Vuole contrastare le forme di emarginazione che ancora colpiscono le persone che mestruano, e creare uno spazio di ascolto e di riflessione promuovendo una rete di supporto. Vuole aiutare a comprendere e a gestire i sintomi fisici ed emotivi legati alle mestruazioni, e informare sui dispositivi sanitari per fare scelte d’acquisto consapevoli e sostenibili.

 

Ecco la programmazione dell’evento:

https://ilfestivaldelciclomestruale.com/programma/

Inclusione, pari opportunità e una democrazia reale per un Paese senza discriminazioni, senza muri, senza barriere

Il 21 maggio si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale della diversità culturale per il dialogo e lo sviluppo, proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la Risoluzione 57/249.

La Giornata mondiale sulla diversità culturale rappresenta un’opportunità per approfondire il richiamo al valore che risiede nelle differenze delle realtà culturali del pianeta, per capire come ‘vivere insieme’ in maniera costruttiva.

La campagna organizzata in occasione della Giornata mondiale della diversità culturale 2012, che riprende la campagna “Do One Thing for Diversity and Inclusion“, lanciata nel 2011 dall’UNESCO e dell’Alleanza delle civiltà delle Nazioni Unite, incoraggiando le persone e le organizzazioni di tutto il mondo ad adottare misure concrete per sostenere la diversità, mira a:

  • sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza del dialogo interculturale, della diversità e dell’inclusione;
  • costruire una comunità globale di individui impegnati a sostenere la diversità;
  • combattere gli stereotipi per potenziare la cooperazione tra persone di culture diverse.

Con la Giornata del 21 maggio, le Nazioni Unite recepiscono i principi espressi nella Dichiarazione universale sulla diversità culturale, adottata dalla Conferenza generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (UNESCO) nel 2001. In questi documenti appare forte il richiamo all’art.27 della Dichiarazione universale dei diritti umani e agli artt. 13 e 15 dei Patti internazionali sui diritti economici, sociali e culturali secondo cui i diritti culturali sono “universali, indivisibili e interdipendenti” rispetto ai diritti umani e tutte le persone hanno il diritto ad esprimersi liberamente e al rispetto della propria identità culturale e linguistica.

ActionAid crede in una società solidale e accogliente che mette al centro i diritti umani delle persone, contrastando l’esclusione sociale e favorendo l’integrazione. La politica della paura e la cultura della discriminazione viene sistematicamente perseguita per alimentare l’odio e creare cittadini e cittadine di serie A e di serie B.

Inclusione, pari opportunità e una democrazia reale per un Paese senza discriminazioni, senza muri, senza barriere. Perché crediamo che la buona politica debba essere fondata sull’affermazione dei diritti umani, sociali e civili.

Perché le differenze – legate al genere, all’etnia, alla condizione sociale, alla religione, all’orientamento sessuale, alla nazione di provenienza e persino alla salute, non debbano mai diventare un’occasione per creare nuove persone da segregare, nemici da perseguire e ghettizzare o individui da emarginare.

Noi siamo per i diritti e per l’inclusione.
Noi siamo antirazzisti, antifascisti e convinti che la diversità sia un valore e una ricchezza culturale.

In Italia e in Europa, ci servono politiche sociali nuove ed efficaci, per il lavoro, per la casa, per i diritti delle donne, per la scuola e a tutela delle persone con disabilità.
ActionAid per il riscatto dei più deboli e per scelte radicalmente diverse da quelle compiute sino a oggi in materia di immigrazione, politiche di inclusione, lotta alle diseguaglianze e alla povertà.

1° maggio, Festa del Lavoro

 

Il 1º maggio è la Festa dei Lavoratori. Quali sono le origini della festa

La celebrazione del Primo Maggio affonda le sue origini alle rivendicazioni per la giornata lavorativa di otto ore a partire da metà Ottocento. A sviluppare un grande movimento di lotta sulla questione delle otto ore sono state soprattutto le organizzazioni dei lavoratori statunitensi. Nell’ottobre del 1884 la Federation of Organized Trades and Labour Unions indicò nel 1° maggio 1886 la data limite a partire dalla quale gli operai americani si sarebbero rifiutati di lavorare più di otto ore al giorno. Cadeva di sabato, allora giornata lavorativa, e in dodicimila fabbriche degli Stati Uniti 400mila lavoratori incrociarono le braccia. Seguirono disordini per diversi giorni fino a quella che, il 4 maggio 1886, fu chiamata la strage di Haymarket Square. Lo scoppio di una bomba a Chicago durante una grande manifestazione operaia causò la morte di sette poliziotti e almeno quattro civili. Così, la data del 1° maggio ha cominciato a caricarsi di un forte significato simbolico.

La ricorrenza come la conosciamo noi oggi, nata per ricordare i diritti dei lavoratori di tutto il mondo, venne ideata il 20 luglio 1889 a Parigi. Il congresso costitutivo della Seconda Internazionale decise “una grande manifestazione organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente i tutti i paesi e in tutte le città, i lavoratori avrebbero chiesto alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore”. La data proposta fu il 1° maggio, la Festa del Lavoro.

In Italia

La riuscita del 1° maggio 1890 anche in Italia costituisce una sorpresa per molti socialisti e un salto di qualità del movimento dei lavoratori, che per la prima volta dà vita ad una mobilitazione su scala nazionale, per di più collegata a un’iniziativa di respiro internazionale. Invece, il 1° maggio 1898 coincide con la fase più acuta dei “moti per il pane “, che investono tutta Italia e hanno un tragico epilogo a Milano. Nei primi anni del Novecento il 1° maggio si caratterizza anche per la rivendicazione del suffragio universale, poi per la protesta contro l’impresa libica e contro la partecipazione dell’Italia alla guerra mondiale.

Il regime fascista decise la soppressione del 1° maggio, che durante il ventennio fu inglobato alla celebrazione del 21 aprile, il cosiddetto Natale di Roma. Così la Festa del Lavoro assume una connotazione frondista e diviene occasione per esprimere in forme diverse (dal garofano rosso all’occhiello alle scritte sui muri, dalla diffusione di volantini alle riunioni in osteria) l’avversione al regime.

Il 1° maggio diviene ufficialmente festa nazionale nel 1947, altra data tragica per i lavoratori, legata all’eccidio di Portella della Ginestra in Sicilia. Il primo maggio 1947 nei pressi della Piana degli Albanesi, vicino Palermo, durante la Festa del Lavoro, la banda Giuliano sparò sulla folla di contadini che festeggiava la fine della dittatura e il ripristino delle libertà, uccidendo dodici persone e ferendone più di trenta. La matrice politica dell’attentato sembrò evidente, nonostante che l’allora ministro dell’Interno Mario Scelba negasse ovviamente qualunque connessione.

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Orientamento

In occasione del 1° maggio ci sembrava significativo trattare la tematica dell’orientamento scolastico e lavorativo. Rappresenta una tappa importante nel percorso di studenti e studentesse sia nei momenti di transizione tra diversi livelli di istruzione che nel momento di ingresso nel mondo del lavoro. Tuttavia, nel sistema italiano, diverse problematiche legate all’orientamento esistono sia durante le scuole medie, per la scelta del percorso di scuola superiore, che alla fine delle scuole superiori, per la scelta della formazione terziaria o dell’ingresso nel mondo del lavoro. Ciò costituisce un problema perché le giovani e i giovani guidati da un percorso di orientamento di qualità può trovare con più facilità il percorso formativo e lavorativo che più si adatta alle proprie capacità e attitudini, a differenza di chi invece si ritrova senza una bussola.

ActionAid è impegnata nella prevenzione e contrasto delle disuguaglianze educative attraverso la co-progettazione di spazi e percorsi per fornire orientamento a ragazzi e ragazzi adolescenti nel passaggio scuola-scuola / scuola-lavoro.

Nello specifico, Il progetto Mind the Gap ha l’obiettivo di costruire una rete di risposte integrate alle sfide poste dalle disuguaglianze educative, lavorando direttamente sul coinvolgimento attivo di giovani ragazzi e ragazze, e di tutta la comunità educante, nella definizione di un servizio di prossimità per l’orientamento scuola-scuola / scuola-lavoro. Attraverso diversi interventi dentro e fuori le scuole medie e superiori studenti e studentesse hanno la possibilità di sviluppare nuove competenze tecniche e trasversali, attraverso una didattica orientativa, innovativa e inclusiva, coinvolgendoli direttamente nella co-progettazione di un servizio di orientamento, che parta proprio dai loro bisogni, e che valorizzi le risorse presenti sul territorio.

Op-Ed. Orientamento e Partecipazione per l’educazione, è un altro progetto di ActionAid intende rafforzare il percorso di orientamento e i meccanismi di partecipazione per gli studenti e le studentesse delle scuole secondarie di primo e secondo grado delle città di Palermo, Siracusa e Reggio Calabria, nel quadro di un maggiore coinvolgimento della comunità educante. Lo farà attraverso percorsi integrati ad hoc per studenti e studentesse, docenti e genitori in costante dialogo con gli enti istituzionali territoriali.

 

 

25 aprile: le donne nella resistenza

La Festa della Liberazione si festeggia ogni anno il 25 aprile, quando si ricorda la liberazione d’Italia dal governo fascista e dall’occupazione nazista del paese. La Festa del 25 Aprile, durante la quale ovviamente non si lavora, è conosciuta anche come anniversario della Resistenza, una festività dedicata anche al valore dei partigiani di ogni fronte che, a partire dal 1943, contribuirono alla liberazione del paese. In Italia le formazioni partigiane si costituirono infatti nel corso della Seconda Guerra Mondiale, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, per iniziativa di antifascisti e di militari del dissolto regio esercito. Inizialmente composta da poche migliaia di uomini, la Resistenza assunse consistenza grazie alla vasta partecipazione di donne, operai, contadini e dei giovani renitenti alla leva della Repubblica di Salò che portarono nell’esercito partigiano circa 300.000 persone. Le bande partigiane diedero vita alla resistenza armata contro l’occupazione nazista e contro il collaborazionismo fascista ed è per questo che fu nel contempo una guerra di liberazione contro lo straniero e una guerra civile.

In onore del 25 aprile e della giornata del Libro (23 aprile), vi proponiamo un libro incluso tra i dodici candidati al Premio Strega 2023, dedicato alla vita di una donna partigiana straordinaria. Si intitola “La Sibilla”, di Silvia Ballestra.

La straordinaria storia di Joyce Lusso, partigiana, scrittrice, attivista, femminista

Joyce Lussu nasce come Gioconda Salvadori a Firenze, l’8 maggio 1912, da genitori marchigiani con ascendenze inglesi. Il nome Joyce risultava troppo esotico per l’impiegato dell’anagrafe. Lussu lo divenne per matrimonio.

Sua madre era Giacinta Galletti de Cadilhac figlia e nipote di garibaldini, il padre, Guglielmo Salvadori, docente universitario e primo traduttore del filosofo Herbert Spencer, malmenato e più volte minacciato dalle camicie nere, dopo aver pubblicato articoli contro Mussolini, fu costretto all’esilio con la famiglia in Svizzera, nel 1924.

Joyce passa l’adolescenza all’estero, in collegi e ambienti cosmopoliti, maturando un’educazione non formale, ispirata agli interessi della famiglia per la cultura, l’impegno politico e la propensione alla curiosità, al dialogo, ai rapporti sociali. A Ginevra, per la prima volta incontra Emilio Lussu, eroe della Prima Guerra Mondiale, famoso per l’audace fuga dal confino a Lipari insieme a Carlo Rosselli, padre della poetessa Amelia Rosselli. Si innamorano immediatamente ma lui non ha intenzione di impegnarsi vista la vita che conduce.

Tra il 1933 e il 1938 è in più zone dell’Africa; l’interesse per la natura e per lo sfruttamento colonialistico di genti e paesi, resteranno, da allora, motivazioni fortemente legate alla sua scrittura e alla sua vita. Al ritorno dall’Africa, torna attiva nel movimento Giustizia e Libertà insieme al fratello Max. Incontra nuovamente Emilio Lussu, o mister Mill, instancabile organizzatore della resistenza degli esiliati. Stavolta non si lasciano più. Vivono e agiscono in Francia dove si concentra lo sforzo antifascista italiano e si sposano con una cerimonia civile che definiscono “socialista” di fronte a pochi amici.

Torna in Italia subito dopo la caduta di Mussolini e entra nella lotta partigiana. Nome di battaglia: Simonetta. Per la sua militanza raggiunge il grado di Capitana, verrà decorata con la medaglia d’argento al valor militare. A liberazione avvenuta, Joyce Lussu vive da protagonista i primi passi della Repubblica Italiana e il percorso del Partito D’Azione, fino al suo scioglimento. Milita per qualche tempo nel PSI e, nel 1948, fa parte della direzione nazionale del partito.

Dal 1958 al 1960, continuando a battersi nel segno del rinnovamento dei valori libertari dell’antifascismo, sposterà il suo orizzonte di riferimento nella direzione delle lotte contro l’imperialismo. Sono gli anni dei viaggi con organizzazioni internazionali della pace, con movimenti di liberazione anticolonialistici. Dalla metà degli anni 60 la causa del popolo curdo diviene la sua causa, che la conduce nel mondo e, soprattutto, nelle scuole. Nel ’68, sostiene le proteste studentesche, si avvicina all’ecologismo e prende parte alla lotta femminista degli Anni 70 pur senza risparmiare le critiche.

Partigiana, capitana delle brigate Giustizia e Libertà e medaglia d’argento al valor militare, femminista, poetessa, scrittrice, traduttrice, ecologista, attivista. Tanti e nemmeno tutti gli aggettivi per descrivere la straordinaria Joyce Lussu.

Youth for Love: studentesse e studenti dicono no alla violenza!

Il 3 aprile 2023, presso Afol Metropolitana, si è tenuto l’evento finale del progetto. Consisteva in una giornata di workshop con student3, docenti e stakeholders. Dopo un breve benvenuto, in mattinata i e le giovani sono stati suddivisi in cinque gruppi e a turni hanno partecipato a diversi workshop e laboratori (Dalla mostra fotografica allestita da studenti e studentessse dell’IIS Rossellini di Roma, al laboratorio per costruire tampon box e creare targhe per bagni gender free).

Nel mentre docenti e stakeholders hanno seguito un workshop sulle procedure e raccomandazioni. Dopo la pausa pranzo, è stato tenuto un laboratorio sulla Scuola Transfemminista a cura di Stati Genderali. Infine, le studentesse del CFP di Paullo hanno organizzato una sfilata femminista, dove hanno impersonificato diverse figure femminili che hanno fatto la storia.

 

Il 4 aprile, presso la Stecca 3.0, si è tenuta la conferenza (in modalità ibrida) finale del progetto dove il corpo docenti, studenti, i diversi partner e le istituzioni, attraverso diversi tavoli di lavoro, si sono confrontati sui risultati, gli apprendimenti e le best practice che si sono sviluppate durante il progetto. All’evento è stata nuovamente allestita la mostra fotografica realizzata da studenti e studentesse dell’IIS Rossellini di Roma.

 

Cos’è il progetto YFL2?

La violenza tra pari e di genere anche nel target adolescenziale assume caratteristiche particolarmente complesse e sfaccettate. Comprende diverse manifestazioni di violenza fisica, sessuale e/o psicologica, come abusi verbali, bullismo, abusi e molestie sessuali, coercizione e aggressione, stupro. Negli ultimi anni, e in particolare a conseguenza delle chiusure causate dalla pandemia, è in parte ancora più “invisibile”, avvenendo on-line, con caratteristiche che rendono ancor più complesso il processo di riconoscimento, gestione e prevenzione. Le diverse forme di violenza spesso si sovrappongono e si rafforzano a vicenda e il genere rappresenta un fattore chiave alla base di molte forme di violenza e discriminazione.

YFL2 è parte di un programma quadriennale italiano e europeo, implementato in Italia da ActionAid e Afol Metropolitana. A livello europeo è stato sviluppato e implementato da ActionAid Hellas (Grecia), UC Limburg (Belgio), e Fundatia Centrul Partenariat Pentru Egalitate (Romania). È co-finanziato da the Rights, Equality and Citizenship (REC) Programme dell’Unione Europea.

L’obiettivo generale del progetto è quello di prevenire, individuare e affrontare la violenza tra pari tra gli adolescenti e la violenza di genere (14-18 anni) in 5 comunità di 4 paesi europei (Italia, Belgio, Grecia e Romania). Youth 4 Love 2 ha promosso l’adozione di un approccio globale e multilaterale che coinvolga attori che in genere non cooperano tra loro come i e le giovani, i genitori, i professionisti del settore dell’istruzione (scuola e comunità), associazioni, rappresentati dei servizi privati (settore privato e terziario), servizi pubblici e autorità (settore pubblico) a livello locale e nazionale.

In Italia il progetto ha coinvolto tre scuole e le relative comunità di riferimento: l’istituto cine-tv Roberto Rossellini di Roma, il Centro di Formazione Professionale Paullo e l’istituto Oriani Mazzini di Milano.

 

Per maggiori informazioni:

https://www.youthforlove.eu/progetto/

la crisi climatica è anche una questione di genere

L’Earth day, la Giornata della Terra, è il giorno in cui si celebrano l’ambiente, le sue risorse naturali e la salvaguardia del pianeta Terra. L’idea della Giornata è nata negli anni del presidente Kennedy, dei Beatles in vetta alle classifiche e di Jimi Hendrix, ma anche in quelli delle proteste contro la guerra in Vietnam. Era il 22 aprile 1970. L’idea venne al senatore democratico del Wisconsin, Gaylord Nelson: dopo aver osservato migliaia di studenti scendere in piazza per manifestare contro la guerra in Vietnam capì che quella era la strada da seguire per rivoluzionare il movimento ambientalista: una grande manifestazione ambientale a livello nazionale.

La crisi climatica è anche una questione di genere

Ora più che mai si scende in piazza per chiedere ai governi e alle multinazionali azioni concrete per contrastare il cambiamento climatico e le conseguenze che ha sulle persone e i loro diritti. La crisi climatica infatti non è neutrale, le sue conseguenze amplificano le disuguaglianze sociali preesistenti. Tra queste anche il problema di genere. Se è vero che il cambiamento climatico non fa distinzioni di per sé, è altrettanto vero che gli effetti sui gruppi sociali colpiti non sono tutti uguali. La disparità di genere rende le donne più vulnerabili degli uomini.

Ma partiamo dai  dati….Secondo le Nazioni Unite, le donne dipendono maggiormente dalle risorse naturali minacciate dal cambiamento climatico. In tutto il mondo, le donne rappresentano circa il 43% della forza lavoro in agricoltura. In Asia e Africa, questa percentuale è più alta, spesso superiore al 50%. Un insieme di 130 studi condotti dalla Global Gender and Climate Alliance afferma che in contesti climatici estremi le donne hanno maggiori probabilità di soffrire di insicurezza alimentare rispetto agli uomini.

La mancanza di risorse, poi, è una delle cause delle migrazioni climatiche. Anche in questo caso, i dati delle Nazioni Unite ci dicono che circa l’80% dei migranti climatici sono donne. Sebbene questa stima sia incerta, considerata la difficile definizione di migrante climatico, resta il fatto che le conseguenze negative dei cambiamenti climatici colpiscono di più il sesso femminile.

E la violenza? Che la violenza sessuale aumenti in concomitanza di disastri naturali e altri casi di emergenza umanitaria è chiaro e lo dimostrano studi recenti. Si basti pensare alla pandemia da Covid-19 e i suoi impatti disuguali. La dottoressa Clare Wenham, assistente di politica sanitaria globale alla LSE di Londra, ha detto che durante i periodi di crisi “le norme di genere si acutizzano”, e questo non vale solo per i paesi in via di sviluppo per l’appunto.

Insomma, la crisi climatica è anche un problema di giustizia, e se vogliamo trovare delle soluzioni non possiamo ignorare la questione di genere.