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50 scienziate che hanno fatto la storia

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Il divario di genere nella ricerca scientifica è ancora oggi un tema di primo piano quando si parla di occupazione maschile e femminile, di percezione del ruolo della donna nella scienza e di azioni e politiche volte a rafforzare il peso delle scienziate in ambito accademico (e non solo).

Scoprite chi sono secondo la rivista Wired le 50 donne che la scienza non deve dimenticare.

Chi ha un amico ha un tesoro

Il documentario “Ti porto io” racconta il viaggio epico di due amici, Patrick Gray e Justin Skeesuck. Un lungo percorso di 800 chilometri fino alla tomba di San Giacomo percorso uno su una carrozzina e l’altro a piedi. Un’impresa che va oltre il pellegrinaggio perché rappresenta un omaggio e un tributo al valore vero e profondo dell’amicizia. Perché per camminare non servono solo le gambe. Ma molto di più.
Salute adolescenti

OMS: dare priorità alla salute degli adolescenti

La salute degli adolescenti è sempre più importante nelle iniziative promosse dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

IL RAPPORTO

Come riporta il nuovo Rapporto “Coming of age: adolescent health“, pubblicato lo scorso settembre ogni giorno circa 3.000 adolescenti muoiono.

Nel 2016, più di 1,1 milioni di adolescenti di età compresa tra 10 e 19 anni hanno perso la vita, principalmente per cause prevenibili come incidenti stradali, complicazioni della gravidanza o del parto, o a causa dell’HIV / AIDS.

Tuttavia, spesso manca un approccio globale alla salute degli adolescenti e la loro fascia di età critica rischia di essere lasciata indietro nell’agenda di sviluppo.

Come afferma Diah Saminarsih, consulente dell’Oms su genere e gioventù:

“I giovani sono partner e collaboratori centrali per la loro intrinseca forza nel creare il cambiamento. L’Oms è impegnata a coinvolgere significativamente i giovani nel nostro lavoro e ad attuare obiettivi per i giovani nella nostra pianificazione e nelle nostre azioni ”

ADOLESCENZA

L’adolescenza è un periodo critico nella vita dei ragazzi. Si tratta di un momento delicato. I giovani iniziano a diventare individui indipendenti, creano nuove relazioni, sviluppano abilità sociali e apprendono comportamenti che durano il resto della loro vita.

In questa transizione neurologica, fisica ed emotiva dall’infanzia all’età adulta, i giovani affrontano una serie di rischi per la salute.

Sono spesso esposti a prodotti nocivi come tabacco, alcol e droghe, devono affrontare maggiori rischi di violenza (compreso l’omicidio) e incidenti stradali e possono sperimentare devastanti problemi di salute mentale come depressione , ansia, autolesionismo, abuso di sostanze e dipendenza da videogiochi, disturbi alimentari e suicidio.

I giovani possono anche affrontare problemi di salute sessuale come le malattie sessualmente trasmissibili o la gravidanza adolescenziale.

Molte di queste questioni sono legate a determinanti sociali e norme sociali più ampie. 

Ad esempio, le pressioni per conformarsi agli ideali riguardanti l’immagine del corpo, la normalizzazione del bere ricreativo, l’esclusione sociale, le difficoltà nell’accedere ai servizi di supporto, insieme ai rapidi cambiamenti fisiologici e neurologici e l’impulso all’esplorazione e alla sperimentazione, possono rendere difficile affrontare le varie sfide che i giovani di oggi incontreranno.

A seconda di dove vivono nel mondo, i giovani possono affrontare una gamma ancora più ampia di minacce alla loro salute, tra cui discriminazione razziale o di genere o violenza, violazioni dei diritti umani, conflitti o interruzione sociale da disastri naturali, sovrappeso o obesi, genitali femminili mutilazione (MGF), matrimoni forzati di minori o sfruttamento e abuso sessuale.

AA-HA!

Nel 2017, l’Oms e altri partner delle Nazioni Unite hanno lanciato un’importante iniziativa denominata Azione accelerata per la salute degli adolescenti (AA-HA!) per cambiare il modo in cui i paesi affrontano la salute degli adolescenti.

L’AA-HA! richiede un’analisi sistematica delle aspettative e delle prospettive degli adolescenti nei processi di pianificazione della salute.

Il rapporto si riferisce ai giovani come a una “centrale elettrica del potenziale umano” e descrive opportunità strategiche per coinvolgerli in modo significativo nella trasformazione della salute e dello sviluppo sostenibile. I giovani possono essere agenti critici di cambiamento, dice, se possono essere parte della conversazione in modo fondamentale.

VIOLENZA

La violenza è una delle maggiori minacce che i giovani affrontano – e gran parte di questa violenza avviene tra pari.

Solo nell’ultimo anno, un miliardo di bambini in tutto il mondo – oltre la metà di tutti i giovani di età compresa tra 2 e 17 anni – ha subito violenze fisiche, psicologiche o sessuali.

Sia i ragazzi che le ragazze sperimentano alti livelli di violenza e le politiche sviluppate devono essere appropriate per i tipi di violenza affrontati. Il 40% dei 13-15enni è stato coinvolto in un combattimento fisico negli ultimi 12 mesi.

La violenza ha una forte componente di genere: una su cinque ragazze sotto i 20 anni riferisce di aver subito violenza sessuale, rispetto all’8% dei ragazzi. Le ragazze hanno maggiori probabilità di subire violenze sessuali o fisiche da parte dei partner o essere costrette a sposarsi con bambini, traffico di bambini, lavoro minorile o mutilazioni genitali.

I ragazzi hanno maggiori probabilità di essere entrambi vittime e autori di omicidi, coinvolgendo armi come armi da fuoco e coltelli: l’omicidio è tra le prime cinque cause di morte negli adolescenti, e i maschi rappresentano oltre l’80% delle vittime e dei perpetratori. I ragazzi hanno anche maggiori probabilità di essere coinvolti in incidenti stradali, che possono costare loro la vita.

DISUGUAGLIANZE SOCIALI

Le disuguaglianze sociali ed economiche hanno sempre un effetto negativo sulla salute, e in nessun luogo questo è più evidente che con i giovani.

Gli adolescenti appartenenti a minoranze etniche, rifugiati, giovani detenuti, persone che si identificano come LGBTQIA, possono affrontare maggiori problemi di salute, inclusi problemi di salute mentale, disabilità o disturbi dello spettro autistico, in parte a causa di stigma, esclusione sociale, discriminazione e rifiuto da parte della loro famiglia o Comunità.

“La metà dei disturbi mentali si verifica prima dei 14 anni”, spiega Tarun Dua, esperto di salute mentale presso l’Oms. “Se questi vengono lasciati non trattati, si estendono nella vita adulta, influenzando così il raggiungimento dell’istruzione, l’occupazione, le relazioni o anche i genitori”.
L’autolesionismo è la terza principale causa di morte tra i 15 ei 19 anni. L’80% della depressione inizia nell’adolescenza, ma molti casi non vengono rilevati e non vengono trattati.

Inoltre, molti comportamenti malsani e condizioni di salute sono interconnessi. Ad esempio, il bullismo può portare a autolesionismo, disordini alimentari o disturbi d’ansia che possono persistere nel corso della loro vita, oltre a rendere più probabile che un giovane abbia pensieri suicidi.

Il contrario può anche essere vero, tuttavia. Anche se questo periodo di vita può essere pieno di difficoltà, c’è anche un’enorme opportunità per proteggere la salute futura. Spesso, per la prima volta, i giovani prendono decisioni indipendenti su cosa mangiare e quanto, se praticare sport ed esercitarsi regolarmente, se intraprendere pratiche sessuali sicure o non sicure o se provare o meno sostanze che creano dipendenza come i farmaci o alcool.

 

Indice globale della fame – Speciale Haiti

Secondo lIndice Globale della Fame 2018  Haiti presenta il livello di fame più allarmante dellemisfero occidentale: con un punteggio GHI di 35,4 fa parte dei paesi di categoria allarmante.

Il tasso di denutrizione di Haiti, pari al 45,8% nel 2015-2017, è il quarto più alto di questo rapporto, superato solo da quelli di Repubblica Centrafricana, Zimbabwe e Somalia.

LE CAUSE

La situazione è in parte causata dalle gravi problematiche ambientali che hanno afflitto il paese negli ultimi anni, mettendo sotto pressione le forniture alimentari nazionali.

A questo elemento si aggiunge la lunga instabilità politica che ha interessato Haiti ostacolandone lo sviluppo (CFR 2018).

La povertà è ampiamente diffusa: su circa 9 milioni di abitanti, l’80% vive con meno di due dollari al giorno, ovvero sotto la soglia di povertà. La maggior parte delle famiglie vive in condizioni di degrado assoluto senza un lavoro che possa garantirne i bisogni di base. Ad aggravare questa situazione, sistematicamente il paese viene colpito da calamità naturali devastanti.

IL TERREMOTO

Il terremoto che ha colpito Haiti nel 2010, di magnitudo 7, ha ucciso 300.000 persone e provocato più di un milione di sfollati (DesRoches et al. 2011). In quell’occasione Cesvi si è subito attivato per garantire accesso all’acqua e proteggere l’infanzia abbandonata. Sono state allestite “tende di accoglienza” per offrire beni di prima necessità, come cibo e acqua, a tantissimi bambini sin dal primo giorno dopo il terremoto.

Nel 2016 un’altra catastrofe si è abbattuta sul paese: l’uragano Matthew ha causato ulteriori devastazioni abbattendosi  con raffiche di vento fino a 200 km orari lasciando migliaia di persone senza casa e, di fatto, esacerbando il livello di povertà già presente (World Bank 2017b).

Lo staff di Cesvi si è immediatamente mobilitato per far fronte allemergenza distribuendo ripari temporanei, cibo, medicinali e kit igienici. Questo tipo di intervento è fondamentale perché, dopo ogni evento catastrofico, la situazione igienico-sanitaria diventa critica e aumenta notevolmente il rischio di epidemie di colera e altre malattie.

Foto di Roger Lo Guardo

17 ottobre_Fulvio Zubiani

Fame e sfollamento

NellIndice Globale della Fame 2018, Laura Hammond  analizza come la Fame e lo sfollamento siano strettamente connessi a problemi di tipo politico e come tali è opportuno affrontarli dalla comunità internazionale.

FAME E CONFLITTI

Le nazioni con la più alta incidenza di fame nel 2018 , infatti, sono anche quelle vittime di conflitti, violenza politica e sfollamento.

Il diritto umanitario internazionale proibisce lutilizzo della privazione del cibo e della fame come armi di guerra.

Di conseguenza è vietato prendere intenzionalmente di mira le derrate alimentari e le zone agricole che le producono, i raccolti, il bestiame, le installazioni e riserve di acqua potabile e le opere di irrigazione, con la deliberata intenzione di privarne, in ragione del loro valore di sussistenza, la popolazione civile o la parte avversaria, quale che sia lo scopo perseguito, si tratti di far soffrire la fame alle persone civili, di provocarne lo spostamento o di qualsiasi altro scopo” Primo Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra, 1977: articolo 54.2

Questo divieto viene ribadito nella Risoluzione 2417 sulla fame in relazione ai conflitti del Consiglio di Sicurezza dellONU, approvata nel maggio 2018, che condanna luso della fame tra i civili e il rifiuto illegale di concedere laccesso agli aiuti umanitari come tattiche di guerra.

AFFAMARE PER INDEBOLIRE

Tuttavia secondo Laura Hammond affamare la popolazione è una tattica comunemente utilizzata, come per esempio in Somalia, causando la morte di più di 250.000 persone:

Uno dei fattori che ha contribuito alla carestia è stato lazione del movimento ribelle Al-Shabaab, che ha bloccato la popolazione che cercava di abbandonare le aree più colpite dalla siccità impedendole di raggiungere i campi per sfollati interni o per rifugiati.

Allo stesso tempo, il Governo federale di transizione somalo (TFG) ha bloccato l’accesso alle aree sotto il controllo di Al-Shabaab alle agenzie di aiuti.”

Insomma, laggravarsi della crisi dovuta alla carestia sarebbe da imputare ad azioni politiche sconsiderate che non solo hanno portato alla morte di moltissime persone ma hanno anche ostacolato gli aiuti umanitari.

Laura Hammond conclude che: È necessario sostenere politiche tese a evitare i conflitti e a costruire la pace a tutti i livelli, così come politiche che rafforzino laffidabilità e la trasparenza dei governi, rendendo molto più difficile sottrarsi al dovere di soddisfare le esigenze fondamentali in materia di sicurezza personale e alimentare dei cittadini.

Il testo completo del saggio di Laura Hammond Migrazione forzata e famesi trova nell’Indice Globale della Fame 2018.

Foto di Fulvio Zulbiani

stop auto

Stop auto a benzina entro il 2028

Un nuovo studio commissionato da Greenpeace al prestigioso istituto di ricerca tedesco DLR è emerso che solo terminando la vendita di auto a benzina, a gasolio e delle ibride convenzionali entro il 2028 sarà possibile, per l’Europa, rispettare gli impegni presi con gli accordi di Parigi.

Il phase out dei motori ‘fossili’, alimentati con i derivati del petrolio, avrà effetti positivi non solo per il clima, ma aiuterà significativamente a migliorare la qualità della nostra vita, riducendo la crisi sanitaria che viene dall’inquinamento atmosferico e che in Europa provoca circa 400 mila morti premature l’anno.

 

INDICE GLOBALE DELLA FAME 2018

L’Obiettivo di sviluppo sostenibile “Fame Zero” (SDG 2), ovvero “Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile” sembra sempre più difficile da raggiungere.

L’Indice Globale della Fame 2018 (Global Hunger Index – GHI) pare confermare questa tendenza. Secondo GHI 2018, infatti, circa 124 milioni di persone soffrono di fame acuta rispetto agli 80 milioni di 2 anni fa.

La mappa qui sopra mostra il posizionamento di ogni Paese considerato nel rapporto, dal più basso al livello di fame più alto.

Secondo GHI 2018 la Repubblica Centrafricana è l’unico paese tra quelli considerati a presentare un livello di fame di categoria “Estremamente allarmante” mentre 6 paesi soffrono di fame “allarmante”: Ciad, Haiti, Madagascar, Sierra Leone, Yemen e Zambia”.

Nonostante questi dati, la tabella mostra un quadro piuttosto incoraggiante: 27 paesi hanno un livello “moderato” di fame mentre 40 sono di livello “basso”.

Persino alcuni paesi dell’Asia meridionale e dell’Africa a sud del Sahara – le regioni con i più alti livelli di fame e denutrizione – sono riusciti a raggiungere un livello moderato, come per esempio Gabon, Ghana, Mauritius, Senegal, Sudafrica e Sri Lanka.  

In generale, l’Indice Globale della Fame 2018 sottolinea che Fame e Denutrizione sono diminuite rispetto al 2000. Inoltre, paesi che hanno vissuto guerre civili e sofferto un livello di fame  “allarmante” sembrano mostrare un netto miglioramento non appena la loro situazione si è stabilizzata.

Nonostante questi elementi positivi, in molte parti del mondo raggiungere l’SDG 2 rimane complesso e si richiederà una velocizzazione della diminuzione della fame ma anche un aumento degli sforzi da parte della comunità internazionale per implementare le politiche attualmente in vigore e per affrontare le cause profonde all’origine della fame.

La repubblica centroafricana

La mappa in Fig.1 mostra chiaramente la gravissima situazione della repubblica centroafricana, con un punteggio GHI di 53,7, il più alto tra i paesi presi in considerazione nell’Indice. Alla base di questo punteggio, vi è l’altissima percentuale di denutrizione (61,8%) e il tasso di mortalità infantile al 12,4%. Destano grande preoccupazione anche i dati che riguardano l’arresto della crescita e il deperimento infantile.

Questa situazione è causata dall’instabilità del paese e dalla guerra civile iniziata nel 2012.

Secondo GHI 2018: “A dicembre 2017, in un paese di appena 5 milioni di abitanti, c’erano più di un milione di sfollati interni o internazionali (IDMC 2018). L’impossibilità per gli sfollati di partecipare alle attività agricole ordinarie pregiudica ulteriormente l’approvvigionamento di cibo e contribuisce all’insicurezza alimentare (FAO 2018). La situazione nella Repubblica Centrafricana mostra chiaramente il ruolo svolto dai conflitti e dalla migrazione forzata nell’aggravare la fame e la denutrizione.”

Il testo dell’Indice Globale della Fame 2018 al sito www.indiceglobaledellafame.org

 

Cambiamenti climatici

Insicurezza alimentare e cambiamenti climatici

Cambiamenti climatici

 

 

Secondo l’ultimo rapporto FAO “Prospettive dei raccolti e situazione alimentare” (http://www.fao.org/3/CA1487EN/ca1487en.pdf) lo shock ambientale dovuto ai cambiamenti climatici è uno dei fattori principali che influenzano il livello di fame in Africa: “il protrarsi dei conflitti, eventi climatici estremi e sfollamenti continuano ad ostacolare l’accesso al cibo per milioni di persone vulnerabili” sottolinea la FAO.

Di seguito, alcuni dati:

  • Piogge scarse in Africa meridionale durante fasi chiave del raccolto hanno ridotto la produzione cerealicola di quest’anno, soprattutto in Malawi e Zimbabwe.
  • Nel 2018 in Malawi, con la produzione annuale stimata sotto la media, il numero di persone colpite da insicurezza alimentare potrebbe più che raddoppiare rispetto ai valori dell’anno precedente, e raggiungere i 3,3 milioni di persone.
  • In Zimbabwe si stima siano invece 2,4 milioni le persone soggette ad insicurezza alimentare nel 2018, a causa della ridotta produzione cerealicola e a difficoltà di accesso dovute a redditi bassi e a problemi di liquidità delle famiglie vulnerabili.
  • Anche la regione del Vicino Oriente ha ricevuto piogge insufficienti, le quali hanno causato un calo della produzione cerealicola specialmente in Afghanistan e Siria. In Siria si stima siano 6,5 milioni le persone colpite da insicurezza alimentare e altri 4 milioni sono a rischio, sottolinea il rapporto.
  • Le condizioni di siccità in America meridionale hanno ridotto l’output di cereali nel 2018 rispetto ai livelli record dell’anno scorso, soprattutto per quanto riguarda il mais. In America centrale e nei Caraibi piogge sfavorevoli hanno ridotto la produzione di mais, tranne che in Messico.

Pur indicando come positivo il trend di produzione cerealicola di alcuni paesi in Africa orientale, Bangladesh ed Estremo Oriente, nel rapporto si legge la previsione della FAO per la produzione cerealicola mondiale nel 2018 è fissata 2.587 milioni di tonnellate, la più bassa da tre anni e inferiore del 2,4 per cento rispetto ai livelli record dell’anno scorso. Inoltre, sono ben 39 i paesi che, a oggi, necessitano di un’assistenza alimentare esterna: Afghanistan, Burkina Faso, Burundi, Cabo Verde, Camerun, Repubblica centrafricana, Ciad, Congo, Repubblica popolare democratica di Corea, Repubblica democratica del Congo, Gibuti, Eritrea, Eswatini (ex Swaziland), Etiopia, Guinea, Haiti, Iraq, Kenya, Lesotho, Liberia, Libia, Madagascar, Malawi, Mali, Mauritania, Mozambico, Myanmar, Niger, Nigeria, Pakistan, Senegal, Sierra Leone, Somalia, Sud Sudan, Sudan, Siria, Uganda, Yemen e Zimbabwe.

Foto di Gianfranco Ferraro

Diritti

Diritti: nessuno deve essere lasciato indietro

Diritti

Per raggiungere lo scopo degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile di non lasciare indietro nessuno, sono necessari degli approcci alla questione della fame e della malnutrizione più sensibili alla loro distribuzione irregolare. In grado di rappresentare adeguatamente le disuguaglianze di potere che amplificano gli effetti della povertà e della marginalizzazione in ogni forma di malnutrizione.

Fame e disuguaglianze

Anche se la produzione alimentare globale è sufficiente a nutrire il mondo intero, la fame continua a esistere ed è in gran parte il prodotto di alcune gravi disuguaglianze.

Ma né la fame né le disuguaglianze sono inevitabili.

Affondano entrambe le radici in relazioni di potere disuguali, spesso perpetuate e aggravate da leggi, politiche, atteggiamenti e pratiche. 

Le raccomandazioni

Le seguenti raccomandazioni mirano a riequilibrare questa distribuzione di potere. L’intento è alleviare la fame tra i soggetti più vulnerabili.

Promuovere una Governance Democratica dei Sistemi Alimentari Nazionali

Per promuovere una governance autenticamente democratica del nostro sistema alimentare, i governi devono includere attivamente nei processi decisionali i gruppi sottorappresentati, come gli agricoltori di piccola scala che, pur essendo parte attiva del sistema di produzione alimentare, non vengono coinvolti nelle discussioni sulle politiche e sulle leggi che incidono sui loro mezzi di sussistenza.

Ampliare la Partecipazione ai Dibattiti Internazionali sulle Politiche Alimentari

Gli organismi internazionali che intendono rafforzare la sicurezza alimentare e nutrizionale devono garantire una partecipazione più significativa dei movimenti popolari e delle organizzazioni della società civile in ogni parte del mondo, così da generare un dibattito più fertile in merito ai paradigmi dei sistemi alimentari.

Garantire Diritti e Spazi per la Società Civile

I governi devono garantire alla società civile lo spazio per svolgere il proprio ruolo, ovvero esigere dai responsabili politici risposte sugli impegni assunti in tema di protezione e difesa del diritto al cibo.

Parte integrante di questo processo è la libertà di riunione e associazione, che include il diritto alla protesta pacifica e allinformazione.

Proteggere i Cittadini e Garantire Norme in Materia di Affari e Commercio

I governi dovrebbero creare e applicare dei quadri normativi per proteggere i cittadini, in particolare i più vulnerabili, dagli effetti negativi degli accordi in materia di commercio internazionale e agricoltura, nonché dalle azioni delle imprese private che mettono in pericolo la sovranità e la sicurezza alimentare e nutrizionale dei cittadini.

Le aziende private dovrebbero svolgere le loro attività commerciali nel rispetto delle norme internazionali in materia di diritti umani e di standard ambientali, come indicato nei principi guida dellONU su imprese e diritti umani.

Le politiche nazionali dovrebbero tener conto di come la fame e la malnutrizione sono distribuite tra la popolazione e di come le disuguaglianze di potere colpiscono i diversi gruppi sociali per esempio come le norme e le pratiche discriminatorie a livello di genere possono compromettere lo stato nutrizionale delle donne e delle bambine.

Per allineare gli sforzi nella lotta contro la fame mondiale, è necessario incentrare lanalisi sulle politiche commerciali, fondiarie, agricole, nonché su qualsiasi altro processo decisionale con effetti sia visibili che invisibili sulla sicurezza alimentare e nutrizionale.

Aumentare il Supporto ai Piccoli Produttori Alimentari

I governi dovrebbero rafforzare la presenza dei piccoli produttori, in particolare delle donne, garantendo loro laccesso a servizi pubblici quali infrastrutture, servizi finanziari, informativi ed educativi.

L’Uguaglianza attraverso Educazione e Sicurezza Sociale

Per ridurre le disuguaglianze e la fame, i governi nazionali devono garantire laccesso allistruzione e creare reti di sicurezza sociale per assicurare delle entrate a tutti i membri della società, inclusi i più vulnerabili ed emarginati, nonché laccesso a unassistenza sanitaria di base.

Mettere in Luce le Responsabilità dei Governi attraverso Dati Puntuali

Per monitorare i progressi verso lObiettivo Fame Zero e chiedere conto ai governi degli impegni assunti, è necessario sopperire alla mancanza di dati fondamentali sulla fame e sulla disuguaglianza.

I governi nazionali e le organizzazioni internazionali devono sostenere la raccolta di dati disaggregati, indipendenti, aperti, affidabili e tempestivi.

Investire sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e su Chi è Rimasto Indietro

I donatori dovrebbero finanziare adeguatamente gli sforzi per raggiungere gli SDGs. ùCiò è particolarmente importante per i paesi a basso reddito, dove lAiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) è specialmente necessario.

I donatori dovrebbero rispettare gli obiettivi stabiliti a livello internazionale, contribuendo con lo 0,7% del Reddito Nazionale Lordo (RNL) allAPS e con lo 0,15-0,2% del RNL ai paesi meno sviluppati.

Per approfondimenti consultate l’Indice Globale della Fame  

Foto di Nduye Zubl

zero hunger

Zero hunger: l’impegno di Cesvi

zero hunger821 milioni di persone, soprattutto bambini, non hanno cibo a sufficienza.

Nonostante i progressi degli ultimi 15 anni, la strada della lotta alla fame nel mondo è ancora lunga.

Zero Hunger: Fame Zero

Le cause della fame nel mondo sono molto più complesse di quanto normalmente si pensi.

Alla base della carenza di cibo ci sono elementi connessi:

  • allo sviluppo economico;
  • ai sistemi sanitari e allo sviluppo sociale;
  • alla mancanza di strade e infrastrutture;
  • al cambiamento climatico;
  • ai fenomeni meteorologici estremi e alle calamità naturali;
  • ai conflitti e alle discriminazioni di genere.

Il mancato accesso ad adeguate quantità di cibo nutriente – che è alla base della denutrizione di cui soffre l11% della popolazione – indebolisce le forze necessarie a lavorare e a svolgere una vita attiva e sana.

L’attività di Cesvi

Cesvi lotta da anni contro la fame nel mondo con progetti di sviluppo nel Sud basati su un approccio integrato al problema e campagne di sensibilizzazione nel Nord del mondo.

Le attività sul campo sono incentrate:

  • sulla promozione di una corretta nutrizione soprattutto tra i bambini,
  • sul diritto e laccesso alle risorse, in particolare allacqua,
  • sullo sviluppo agricolo e laumento della produttività mediante la diversificazione delle colture e lintroduzione di nuove tecnologie.

Per raggiungere questi obiettivi è fondamentale lavorare anche sul rafforzamento del ruolo della donna come punto di riferimento familiare e motore di cambiamento nei Paesi in via di sviluppo.

Si stima che, se le donne avessero un accesso alle risorse pari a quello degli uomini, il numero di persone affamate nel mondo diminuirebbe di almeno 150 milioni.

Garantire alle donne accesso alleducazione ed alla salute, insieme alla loro emancipazione economica e politica, è di centrale importanza nella lotta alla fame.

Donne: un ruolo centrale nella lotta alla fame

Affinché il ruolo della donna sia effettivamente legittimato è necessario:

  • Rafforzare la partecipazione delle donne e delle bambine al processo educativo, per esempio attraverso la riduzione del prezzo dei servizi scolastici e la facilitazione dellaccesso fisico ai servizi.
  • Assicurarsi che madri e figli ricevano il giusto apporto alimentare da un punto di vista dei macro- e dei micronutrienti.
  • Rafforzare la qualità dellassistenza sanitaria in modo da migliorare la prevenzione delle malattie.
  • Informare le madri dell’importanza dello scaglionamento delle nascite al fine di prevenire l’esaurimento nutrizionale materno.
  • Rimuovere le barriere che ostacolano l’accesso delle donne al mercato, aumentando il controllo femminile sulle risorse produttive attraverso, ad esempio, l’assegnazione di piccoli lotti a donne senza terra.
  • Rafforzare le istituzioni democratiche in modo tale che ripudino esplicitamente la discriminazione e rafforzino uno stato di diritto antidiscriminatorio.

Per approfondimenti vi suggeriamo di consultare Indice Globale della Fame

Foto di Laura Salvinelli