La sostenibilità e le pratiche di tutela del territorio sono state e sono ancora oggi strettamente connesse ai progressi delle scoperte scientifiche.Nel suo libro “La scoperta dell’ambiente”,Stefano Nespor, avvocato specializzato in diritto dell’ambiente, racconta come, accanto alle scienze climatiche e ambientali,nella storia recentesi siano sviluppati molti movimenti politici e sociali che hanno cercato di mettere al centro il tema dell’ambiente, molto spesso ignorato dai governi di tutto il mondo. E lo fa raccontando personaggi interessanti ma sconosciuti e storie curiose.
Eunice Newton Foote e l’effetto serra
Grazie a questo libro ho scoperto la storia di Eunice Newton Foote, la scienziata che per prima, nell’Ottocento, ha scoperto il funzionamento dell’effetto serra, ovvero l’aumento della temperatura media terrestre a causa della presenza dei gas serra, come l’anidride carbonica (Co2), che l’uomo rilascia nell’atmosfera tramite le attività industriali.Nel 1856, Eunice Foote presentò infatti all’Accademia Americana per l’Avanzamento delle Scienze una ricerca, risultato dei suoi esperimenti. Inserendo diversi gas in cilindri di vetro ed esponendoli al sole nel suo laboratorio casalingo, la scienziata scoprì che l’anidride carbonica (Co2) raggiungeva temperature molto più alte di quelle degli altri gas testati. Pensando quindi al nostro Pianeta come ad uno di quei cilindri, Eunice concluse che la presenza di alti livelli di Co2 nella nostra atmosferacontribuisce ad alzare la temperatura del Pianeta e causa il cambiamento climatico.
La scoperta è rivoluzionaria, tanto che Eunice Foote è oggi considerata una delle pioniere delle scienze climatiche. Ma la scienza, nell’Ottocento, era cosa per uomini, tanto che alla scienziata non fu neanche permesso di presentare personalmente la sua scoperta all’Accademia: al suo posto lo ha fatto un uomo.Il merito di queste scoperteandrà inizialmente ad un altro scienziato dell’epoca, Joseph Tyndall, che qualche anno dopo era arrivato alle stesse conclusioni di Eunice, ma senza sapere che un’altra persona prima di lui ci fosse arrivata.
La figura e la scoperta di Eunice Foote è rimasta sconosciuta fino a una decina di anni fa, quando le sue pubblicazioni vennero casualmente ritrovate e la comunità scientifica fece di tutto per far conoscere la sua storia curiosa e le sue importanti scoperte.
“Cosa sarebbe riuscita a fare Eunice Newton Foote se fosse nata oggi?”
Se è vero che tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti (Art. 1 della Dichiarazione universale dei diritti umani), è altrettanto vero che, nel susseguirsi degli anni fino ai giorni nostri, differenti sono state e sono le violazioni di tali diritti in Italia e nel mondo.
Dal dopoguerra in poi, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e altri organismi internazionali hanno stilato una serie di convenzioni internazionali dedicate ai diritti umani fondamentali, alcune, in particolar modo, dedite alla protezione dei diritti dell’infanzia.
Cenni storici
La Convenzione ONU sui Diritti dell’infanzia fu approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 con l’idea di dover rivolgere particolare attenzione e protezione ai/alle bambini/e, come dichiarato anche nella convenzione di Ginevra (1924), nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948) e nella Dichiarazione dei diritti del fanciullo (1959).
Essa esprime un consenso su quali siano gli obblighi degli Stati e della comunità internazionale nei confronti dell’infanzia. Tutti i paesi del mondo (ad oggi aderiscono alla Convenzione 194 Stati), ad eccezione degli Stati Uniti, hanno ratificato questa Convenzione. La Convenzione è stata ratificata dall’Italia il 27 maggio 1991 con la legge n. 176.
Gli articoli
La Convenzione è composta da 54 articoli che possono essere raggruppati in quattro categorie in base ai principi guida che informano tutta la Convenzione:
Principio di non discriminazione, il quale impegna gli Stati ad assicurare i diritti sanciti a tutti i minori, senza distinzione di razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione del/della bambino/a e dei genitori;
Superiore interesse del/della bambino/a, il quale prevede che in ogni decisione, azione legislativa, provvedimento giuridico, iniziativa pubblica o privata di assistenza sociale, l’interesse superiore del bambino/della bambina deve essere una considerazione preminente;
Diritto alla vita, sopravvivenza e sviluppo, il quale sancisce il riconoscimento da parte degli Stati membri del diritto alla vita del bambino/della bambina e l’impegno ad assicurarne, con tutte le misure possibili, la sopravvivenza e lo sviluppo;
Ascolto delle opinioni del/della bambino/a, il quale include il diritto dei bambini e delle bambine ad essere ascoltati in tutti i procedimenti che li/le riguardano, soprattutto in ambito legale. L’attuazione del principio comporta il dovere, per gli adulti, di ascoltare il/la bambino/a capace di discernimento e di tenerne in adeguata considerazione le opinioni. In questo modo, la Convenzione pone in relazione l’ascolto delle opinioni del bambino/della bambina al livello di maturità e alla capacità di comprensione raggiunta in base all’età.
Vuoi conoscere tutti gli articoli della Convenzione nel dettaglio?
La Strategia del Consiglio d’Europa sui diritti dei bambini/delle bambine per gli anni 2016 – 2021 ha messo al centro dell’attenzione 7 EMERGENZE che minacciano i diritti dei/delle più piccoli/piccole:
La minaccia della povertà e deprivazione, da cui conseguono disuguaglianza ed esclusione sociale (un circolo vizioso che intrappola 1 bambino/bambina su 5 cinque in Europa);
La violenza, in particolare quella sessuale, oltre che il crescere della violenza virtuale;
L’amministrazione della giustizia fatta a misura di adulti;
La dimensione familiare;
Il razzismo, i discorsi d’odio e la radicalizzazione che irretiscono i/le giovani in situazioni di particolare fragilità o marginalità;
Il contesto digitale, con tutte le questioni che pone dalle violazioni della privacy allo sfruttamento sessuale, passando per il cyber bullismo;
Le problematiche legate alle migrazioni soprattutto negli aspetti che riguardano direttamente i/le minori in migrazione.
Segui il link per conoscere la condizione dell’infanzia nel mondo!
Amnesty Internationale altre importanti ONG chiedono l’assoluzione per i/le diciannove difensori/e dei diritti umani (diciotto studenti/studentesse e un membro del personale accademico dell’Università tecnica del Medio Oriente di Ankara), accusati di aver partecipato a una parata del Pride in Turchia nel 2019.
Il verdetto doveva arrivare il 10 dicembre 2020 ma è slittato. Gli e le imputate rischiano fino a tre anni di reclusione semplicemente per aver organizzato e preso parte alla marcia del Pride nel campus, che la direzione dell’ateneo aveva illegittimamente vietato.
Le 19 persone sono accusate di “partecipazione a una riunione illegittima” e “di mancata dispersione nonostante gli avvertimenti”. Tutto ciò malgrado la Corte amministrativa di appello di Ankara avesse eliminato, nel febbraio del 2019, il divieto generalizzato introdotto durante lo stato di emergenza che proibiva tutte le attività LGBTIQ+ ad A8nkara e sul quale si fondava la motivazione giuridica della direzione dell’università per vietare il Pride annuale nel campus.
Nonostante avessero ricevuto diversi appelli per assicurare che il Pride potesse svolgersi, il giorno della marcia le autorità universitarie hanno chiamato la polizia per disperdere gli studenti. Mentre erano seduti tranquillamente sul prato, gli studenti sono stati affrontati con spray al peperoncino, proiettili di plastica e gas lacrimogeni. Molti sono rimasti feriti e tanti sono stati arrestati arbitrariamente.
Un anno dopo, nel giugno del 2020, un altro tribunale amministrativo di Ankara ha ribaltato il divieto illegale dell’università, confermando l’assenza di basi giuridiche.
Un nuovo progetto promosso dalle Nazioni Unite, GloLitter, aiuterà i Paesi in via di sviluppo a prevenire e ridurre i rifiuti marini. Di fatto, proprio durante il mese di aprile, Manuel Barange (direttore della pesca e dell’acquacoltura della FAO) ha lanciato GloLitter, definendolo come un passo fondamentale al fine di proteggere l’ecosistema oceanico e i mezzi di sussistenza di coloro che dipendono da esso.
Il progetto, nato per ripulire gli oceani dai rifiuti, è promosso dall’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) e tende la mano ai Paesi in via di sviluppo.
Ma quali sono gli obiettivi fondamentali di questo progetto?
Combattere il marine litter (rifiuti marini)
Incentivare l’utilizzo di buone pratiche di prevenzione e riduzione di rifiuti
Valutare la disponibilità e l’adeguatezza delle strutture portuali di raccolta
Rafforzare la consapevolezza nei settori della navigazione e della pesca
Le nazioni che prendono parte al progetto GloLitter arrivano da Asia, Africa, Caraibi, America Latina e Pacifico.
Dieci paesi sono stati confermati come partner leader:
Brasile, Costa Rica, Costa d’Avorio, India, Indonesia, Giamaica, Kenya, Madagascar, Nigeria e Vanuatu
e a loro si aggiungono:
Argentina, Capo Verde, Colombia, Ecuador, Gambia, Mozambico, Nicaragua, Panama, Perù, Filippine, Senegal, Sri Lanka, Isole Salomone, Sudan, Repubblica Unita di Tanzania, Thailandia, Timor Est, Togo , Tonga e Vietnam come partner.
I primi assumeranno un ruolo guida nelle rispettive regioni per sostenere le azioni nazionali a supporto del progetto, lavorando con i secondi tramite accordi di gemellaggio.
“I rifiuti marini sono un flagello per gli oceani e per il pianeta”, ha affermato Jose Matheickal, Capo del Dipartimento per i partenariati e i progetti dell’IMO. “Sono lieto che 30 paesi si siano impegnati in questa iniziativa […] per affrontare questo problema”.
Film d’animazione Disney del 1995, Pocahontas è ispirato ad una vicenda realmente accaduta all’inizio del 1600.
L’opera racconta, attraverso canzoni e disegni, il rapporto tra le popolazioni indigene dell’odierna Virginia e la natura, quindi dell’arrivo dei coloni inglesi intenzionati a conquistare i territori e sfruttarne le risorse.
A capo della spedizione c’è il malvagio Ratcliffe, accompagnato da altri personaggi, tra cui il domestico Wiggins e convinto che i “barbari” nascondano dell’oro.
“ Ratcliffe: Wiggins, perché secondo te quei barbari insolenti ci hanno attaccato?
Wiggins: Perché gli abbiamo invaso la patria, tagliato gli alberi, scavato il terreno?
Ratcliffe: È per l’oro! Ce l’hanno e non vogliono che noi riusciamo ad impossessarcene! Bene! Sarò costretto a prendermelo con la forza allora! Dico male?”
Attraverso questa concezione del popolo di Pocahontas come “barbaro”, il film ci spinge a riflettere sull’etnocentrismo.
Che cos’è l’etnocentrismo?
E’ la tendenza a giudicare la storia e la cultura di popoli diversi dal proprio in base alle norme di quest’ultimo, utilizzato come punto di riferimento e termine di paragone “corretto” rispetto al resto del mondo. Anche John Smith, esploratore, membro della spedizione che si innamora di Pocahontas, cade in questo tipo di ragionamento. Tuttavia è combattuto poiché conoscere la protagonista lo spinge ad amarla, ma le sue credenze rispetto al resto della popolazione indigena fanno di lei solo una sorta di “eccezione”.
“John: Possiamo insegnarvi tantissime cose. Abbiamo migliorato la vita di selvaggi in tutto il mondo!
Pocahontas: Selvaggi?!
J: Ah… non che tu sia una selvaggia…
P: Solo il mio popolo.
J: Aspetta! Non fare così! “Selvaggio” è solo una parola… ascolta… un termine che indica… la gente non civilizzata!
P: Come me!
J: Be’, quando dico “non civilizzata”… quello che intendo è…
P: Quello che intendi è “Non come te.”
Questo finto interesse per l’aiutare i popoli definiti come “primitivi”, “selvaggi”, insomma incapaci di badare a se stessi (e alle proprie risorse), storicamente, è stato il pretesto per assoggettare popoli, privandoli dei loro territori e delle loro ricchezze.
Prendere consapevolezza di questi meccanismi della mente e della società è fondamentale per riflettere in modo critico sulle nostre azioni, i nostri giudizi ed i fatti di cronaca cui assistiamo, in modo da contribuire ad obiettivi dell’Agenda 2030 quali la sconfitta della povertà, la crescita economica dei Paesi, la giustizia sociale e la tutela del pianeta.
Guarderete Pocahontas? Fatecelo sapere taggandoci su instagram @agente0011!
Proprio oggi, 22 aprile, si celebra la giornata mondiale dedicata alla salvaguardia dell’ambiente e del nostro caro pianeta Terra. Conosciuta con il nome inglese di Earth Day (Giornata della Terra), è la più grande manifestazione ambientale del pianeta: è celebrata da 192 paesial mondo e coinvolge ogni anno circa un miliardo di persone. L’Earth Day, che si celebra un mese e due giorni dopo l’equinozio di primavera, nasce nel lontano 1970, quando 20 milioni di cittadini statunitensi manifestarono contro il degrado dell’ambiente.
In questa giornata dedicata al nostro pianeta, ci sembra giusto parlare di una divinità presente in diverse culture: la Madre Terra. Personificazione della natura, la Madre Terra è donatrice di vita e nutrimento. Questa divinità è stata venerata nel tempo e nello spazio da numerosi popoli che le hanno attribuito nomi diversi: per fare alcuni esmpi, gli antichi greci chiamavano la Madre Terra Gea, gli aborigeni austrulianiKunapipi, i popoli andini Pachamama.
Proprio su quest’ultimo vogliamo soffermarci oggi.
Pachamama è la dea venerata dai dai popoli indigeni delle Ande. É la dea della fertilità, della fecondiltà e dell’abbondanza. Incarna una figura materna, che dona vita e protegge. La divinità rappresenta la Terra, ma non si identifica solo con il suolo o con la natura: è l’insieme di tutto.
Nella mitologia aimara, Pachamama forma insieme alle dee Mallku (spirito della montagna) e Amaru (divinità rappresentata come un serpente alato, con testa di lama e coda di pesce) la triologia del rapporto tra società e natura del popolo aimara.
Il culto della dea Pachamama è praticato tra le comunità aimara, quechua e altri gruppi etnici nell’area Andina tra Bolivia, Ecuador, Perù, nord del Cile e nord dell’Argentina. Per molto tempo, i rituali a lei dedicati sono stati condannati perché venivano confusi con atti di stregoneria. I rituali servono a riconoscere e ringraziare la Madre Terra per tutto ciò che di dà quotidianamente. In questi rituali si risoecchia dunque l’amore per la Terra e per le persone che la abitano, che sono visti come fratelli.
In realtà, Pachamama non è celebrata durante il giorno dell’Earth Day, ma il primo di agosto. Questa data è simbolica: segna l’inizio del raccolto. I rituali e le offerte servono sia a chiedere il permesso per la raccolta dei frutti della terra, sia per ringraziarla per ciò che dona. A lei si offrono foglie di coca, conchiglie marine e soprattutto il feto di lama, per fertilizzare la terra affinchè non manchi mai il raccolto.
Il culto della Pachamama ci fa comprendere quanto l’uomo sia parte integrante della natura e dei suoi cicli. Rispettare la natura significa anche rispettare noi stessi.
Il cambiamento climatico sta mettendo in pericolo il futuro del nostro Pianeta e quello delle giovani generazioni. I ghiacciai si ritirano, la temperatura dei mari si alza, causando la distruzione delle barriere coralline. Le foreste, polmoni verdi del Pianeta, lasciano spazio ai deserti e numerosi ecosistemi scompaiono.
Di fronte a questo grande pericolo, le azioni dei giovani cittadini e cittadine possono fare la differenza?
Sì, ogni piccola azione quotidiana che possa contribuire a tutelare l’ambiente che abitiamo è importante. Ma per poter prendere parte alla lotta contro il cambiamento climatico, è necessario che ogni giovane cittadino e cittadina possa conoscere e capire questo fenomeno. È da questa volontà che nasce la campagna Climate Changemakers, un movimento globale che vuole rendere accessibile a ogni bambino e bambina l’educazione ambientale, inserendola nei curriculum scolastici in tutto il mondo. Promossa grazie al sostegno di Unicef e Unesco, la campagna vuole rendere la scuola un luogo in cui gli alunni e le alunne possano capire le cause e le conseguenze della crisi ambientale in atto e apprendere strumenti utili per tutelare i propri territori.
Il cuore e il volto della Climate Changemakers Campaign sono i giovani attivisti e attiviste pronti a far sentire la propria voce in difesa del Pianeta.
Come Mitzi Jonelle Tan, attivista di Manila, nelle Filippine. Mitzi ha potuto recentemente farsi portavoce del movimento, insieme a Greta Thunberg, al primo di una serie di incontri preparatori ai Summit delle Nazioni Unite e alla COP 26, appuntamenti internazionali previsti per fine anno nei quali i governi decideranno i prossimi passi da fare tutti e tutte insieme nella lotta al cambiamento climatico. O come Sofia, attivista messicana che si sta battendo per proteggere il giaguaro dall’estinzione e per la tutela di un’area forestale protetta nel paese. Attivarsi insieme agli attivisti e alle attiviste è possibile caricando sul sito della campagna un messaggio personale da circa cento parole in cui si racconti perché l’educazione climatica è importante.
L’educazione climatica è un diritto di tutti e tutte ed è necessaria alle future generazioni per prendere parte al cambiamento!
La Cina è il più grande consumatore di energia e il più grande produttore di gas serra al mondo. Ciò è dovuto all’enorme crescita economica che ha coinvolto il Paese negli ultimi decenni. Dall’aumento dei consumi è derivato uno sfruttamento di quantità enormi di risorse naturali.
Nonostante ciò la Cina è attualmente all’avanguardia nelle innovazioni finalizzate alla sostenibilità. Di fatto il governo cinese non è totalmente sordo alle problematiche ambientali, e nel 2015 ha sottoscritto l’accordo di Parigi per la tutela del clima assieme a molti altri Stati.
I leader politici infatti, oltre alla crescita economica danno rilievo anche al tema della sostenibilità che permette di sostenere e proteggere il loro ambiente e territorio e quindi le loro produzioni.
Ma…
La rapida industrializzazione, l’urbanizzazione e la conversione a un’agricoltura di tipo intensivo esercitano una pressione sempre più forte sull’ambiente.
E la Cina è uno dei Paesi più ricchi di biodiversità al mondo (possiede il 10% di tutte le specie vegetali conosciute e il 14% delle specie animali presenti sul pianeta)
Obiettivo:
La conservazione della biodiversità e la tutela degli habitat, sia per gli uomini che per gli animali.
Più nello specifico, gli obiettivi sono quelli di
1) rendere il Fiume Azzurro più pulito e ricco di vita per i delfini
2) di costruire habitat protetti per i panda giganti, le tigri e i leopardi delle nevi.
Qui entra in gioco il WWF che si adopera per aiutare la Cina a raggiungere questi traguardi, offrendo consulenza alle istituzioni competenti e cercando di sensibilizzare il governo su tematiche importanti come la sostenibilità e riduzione dei gas serra; Il lavoro di sensibilizzazione svolto dal WWF prosegue anche su Internet, sui social media, usati moltissimo in Cina e anche all’interno delle scuole, dove l’educazione ambientale è entrata a far parte del programma didattico.
I bambini possono così imparare molto presto ad aver cura dell’ambiente.
Il Panda
Purtroppo la deforestazione e la frenetica costruzione di strade, dighe ed edifici stanno incidendo sulla diminuzione del Panda in Cina; nel corso degli anni ha già dovuto traslocare e restringere il suo territorio a una sola zona di questo vasto Paese, ovvero le foreste di bambù e di conifere della Cina Sud-Occidentale.
I Panda vanno ghiottissimi di bambù e in un giorno possono mangiarne anche più di 30Kg, quasi come se noi mangiassimo all’incirca 20 polli.
Si, mangiano parecchio ed hanno estremo bisogno quindi del loro habitat per potersi nutrire; per loro trovare germogli di bambù diventa sempre più difficile e il rischio di estinzione del Panda è piuttosto alto.
Il compito del WWF è quello di provare a responsabilizzare il governo cinese riguardo le pratiche del disboscamento frenetico che portano i Panda a spostarsi di continuo alla ricerca di luoghi in cui nutrirsi e riprodursi. Ma questo li espone al pericolo del bracconaggio, ovvero la caccia illegale. Ecco perché nasce la Wildlife Crime Initiative, la quale si impegna per contrastare il fenomeno del bracconaggio. L’obiettivo? Dimezzare entro il 2024 la caccia di frodo, il commercio illegale e il consumo di determinate specie animali.
Ecco anche le buone notizie!
Il WWF è già riuscito a creare un alto numero di riserve protette per il Panda.
In Cina il panda gigante è protetto sin dal 1938. Attualmente nelle foreste cinesi vivono 1864 panda, il 17 per cento in più rispetto a 10 anni fa – un grande successo!!
Ognuno di noi può contribuire alla salvaguardia dell’ambiente con piccoli gesti quotidiani.
Anche qui il WWF ci viene incontro: sul sito vi è uno strumento che consente di calcolare la propria impronta ecologica personale. Il link qui. Successivamente potete ricevere consigli pratici per uno stile di vita più sostenibile.
Speriamo che i governi di tutti i Paesi si accorgano dell’importanza della salvaguardia dell’ambiente; nel frattempo siamo noi Agenti, che abbiamo in mano il potere di interessarci ai temi della sostenibilità, di tutelare e proteggere il nostro Pianeta, avendone rispetto.
Kate Raworth è un economista inglese. Laureata a Oxford con il massimo dei voti nel corso “Politica, Filosofia ed Economia”, ha successivamente svolto un master in “Economia dello Sviluppo”,sempre presso la rinomata università inglese. KateRaworthnon si ritiene però una semplice economista,piuttosto una“renegadeeconomist” (economista rinnegata).
Per Kate le sfide del 21esimo secolo possono essere affrontate solo superando la logica della continua ricerca della crescita economica, quella che oggi misura la potenza e il progresso di un paese con l’unico strumento del Pil nazionale. La suavisione sistemica della realtà l’ha portata ad una riflessione critica sull’attuale paradigma, pratico e teorico, e alla conclusione che il modello attualmente in vigore sia profondamente errato.
Con la “teoria della ciambella” KateRaworth è diventata un personaggio noto e influente all’interno del contesto globale, inserendosi nel dibattito pubblico come una delle pioniere di una nuova Economia Sostenibile. La sua riflessione, presentata per la prima volta nel 2012 in un rapporto Oxfam, trova pieno compimento nella pubblicazione del libro, tradotto poi in oltre 20 lingue, “DoughnutEconomics: seven ways to thinklike a 21st centuryeconomist” (L’economia della ciambella: sette modi per pensare come un’economista del 21esimo secolo).
Oggi KateRaworth è membro di molte importanti commissioni, come il Club di Roma e il Consiglio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per l’Economia della Salute per Tutti.È inoltre co-fondatrice di DoughnutEconomics Action Lab eprofessoressa sia presso l’EnvironmentalChangeInstitute dell’Università di Oxford sia presso l’Università di Scienze Applicate di Amsterdam.
La semplicità visiva della DoughnutEconomics,fondata su solide basi scientifiche, hareso la teoria della Raworth uno spazio di riflessione, reimmaginazioneeristrutturazione del futuro che oggi coinvolge comunità, governi,città e nazioni di tutto il mondo.
La “teoria della ciambella” è la bussola per la prosperità umana nel 21° secolo.La Doughnutè unospazio sicuro per l’umanità, uno spazio dove l’Umanità può prosperare perseguendo un reale benessere, equo e sostenibile. I due anelli concentrici che formanola comunissima ciambellarappresentano iconfini dello Sviluppo umano, individuati nella basesociale e nel tetto ambientale. All’interno della ciambella troviamo lo spazio critico di depravazione umana (shortfall), all’esterno della ciambella si trova lo spazio critico di degradazione planetaria (overshoot).
Il cerchio che delinea l’interno della ciambella consiste nellabase sociale, la quale garantisce universalmente giustizia, equità, uguaglianza e sostenibilità,affinché nessuno venga lasciato indietro nel diritto ad una vita dignitosa. Le dodici tematiche sulle quali si misura la prosperità sociale derivano dagli SDGsdell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.
I dodici confini della base sociale sono: salute, educazione, pace e giustizia, parità di genere, cibo, acqua, casa,ricchezza e lavoro, energia, networks, equità sociale, voce politica.
L’estremità esterna della ciambella è formata dal tetto ecologico, identificato neinove confini planetari del sistema Terra definiti dalla comunità scientifica internazionale. Secondo il paradigma, “trasgredire uno o più confini planetari può essere deleterio o addirittura catastrofico a causa del rischio di oltrepassare soglie che innescheranno un cambiamento ambientale brusco e non lineare all’interno di sistemi da scala continentale a scala planetaria”.
I nove confini del tetto ambientale sono: acidificazione degli oceani, cambiamento climatico, fascia d’ozono nella stratosfera, uso globale dell’acqua, cambiamento nell’utilizzo del sistema terrestre, processi di aereosolatmosferici, integrità della biosfera, flussi biogeochimici, inquinamento chimico e rilascio di nuove entità.
L’attuale paradigma economico ci sta portando a sforare i limiti della ciambella, sia quelli della base sociali e sia quelli del tetto ambientale, con fenomeni di shortfall(carenza di base sociale)e overshoot(sforare il tetto ambientale).
“Today we have economies that need to grow, whether or not they make us thrive. What we need are economies that make us thrive, whether or not they grow.“
“Oggi abbiamo economie che hanno bisogno di crescere, che ci facciano prosperare o meno. Ciò di cui abbiamo bisogno sono economie che ci facciano prosperare, indipendentemente dal fatto che crescano o meno.”
La “teoria della ciambella” individua sette diverse ricette pertrasformare la nostra economia, in una nuova economia. Bisogna superare la visione economica del 20esimo secolo, poiché davanti alle sfide del presente e del futuro si sta rivelandoinefficiente e ineguale. Le sfide del nuovo secolo vanno affrontate conuna nuovamentalità adatta alla complessità e all’indivisibilità del nostro sistema, riconoscendo le sinergie e i trade-offdel nostro sistema.
La transizione verso l’”Economia della Ciambella”è declinata in sette passi:
Come trasformare l’idea radicale della ciambella in azione, e quindi come attuare la teoria della Raworth nel concreto è delineato da sette principi pratici.
Domenica 18 aprile in programma una staffetta virtuale in diretta Facebook. Per l’Europa, per la ripresa delle attività di sport sociale e di base
Vivicittà per gli obiettivi di sostegno sostenibile, per l’Europa, per una rapida ripresa delle attività di sport sociale e di base. Sono questi i messaggi che l’Uisp affida a questa 38a edizione della “corsa più grande del mondo”, una staffetta virtuale tra esperienze di sport sociale che verranno presentate con collegamenti tra le venti regioni italiane.
L’appuntamento è per domenica 18 aprile, dalle 10 alle 12, in diretta Facebook sulla pagina Uisp nazionale, che verrà ripresa e rilanciata dalle pagine Facebook dei Comitati regionali, territoriali Uisp e delle attività Uisp. Ci saranno anche molti ospiti, a cominciare dai partner storici di Vivicittà, Radio 1 Rai e Corriere dello sport, insieme a Fidal-Federazione Italiana di Atletica Leggera e Marsh, broker assicurativo. E’ previsto anche un collegamento con Parigi, grazie all’associazione francese Fsgt, poiché proprio il 18 aprile si festeggerà il 70 anniversario dei Trattati di Parigi: nel 1951 i sei stati fondatori dell’Unione Europea firmano i trattati che istituirono la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, primo atto fondativo dell’unità europea.
Il filo rosso che legherà insieme tutti i collegamenti della diretta facebook sarà quello dei 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030Onu. Ogni esperienza di sport sociale di ognuna regione, verrà collegata ad un diverso Global Goal per rendere concreto il percorso di ripresa e resilienza attraverso lo sport, che l’Uisp chiede al governo e alle istituzioni europee di sostenere.
Vivicittà è la manifestazione di sport sociale e per tutti antesignana della stagione delle grandi stracittadine podistiche: dal 1984 non ha smesso di innovarsi e di abbracciare, attraverso lo sport, le grandi questioni sociali del nostro tempo. Vivicittà nasce come la corsa più grande del mondo e, negli anni, si è reinventata come corsa per la pace a Sarajevo e corsa per la legalità al fianco di Libera, corsa per i diritti con Amnesty International e corsa per l’ambiente con le associazioni ambientaliste.
Quest’anno il protrarsi dell’emergenza Covid mette l’Uisp e le centinaia di società sportive che la organizzano sul territorio nelle condizioni di doverla rimodulare, pur tenendo alta la bandiera dello sport per tutti. Per poter dire, ancora una volta: Italia, pronti…via! E far scattare simultaneamente decine di città, con un traguardo unico per tutti: uscire presto dalla pandemia e poter riprendere in sicurezza le attività sportive, per la salute e il benessere delle persone di tutte le età.