Una questione di salute pubblica

La rivoluzione delle donne argentine

Il 30 dicembre 2020, dopo 12 ore di dibattito, il Senatoargentino approva il disegno di legge che legalizza l’interruzione volontaria di gravidanzaÈ una giornata storica per il paese, adesso uno dei pochi in Sud America garantire il diritto all’aborto  

 Negli anni la Campaña Nacional por el Derecho al Aborto Legal, Seguro y Gratuito, movimento nato 15 anni fa per lottare insieme ai collettivi femministi per le depenalizzazione e legalizzazione dell’aborto, aveva presentato al Congresso argentino otto proposte di legge, tutte respinte. 

Nel 2018 la legge era passata alla Camera, incontrando poi il no del Senato.  

Questa volta il disegno di legge è stato approvato definitivamente con 38 voti favorevoli e 29 contrari. L’aborto viene inserito nel programma medico obbligatorio (PMO) e considerato una prestazione essenziale e gratuita, garantita fino alla 14esima settimana, salvo complicazioni. Il tempo che intercorre dalla richiesta all’accesso del servizio è di 10 giorni e viene punito chiunque ostacoli l’adempimento del diritto.  

Tutto questo è stato possibile anche grazie ad alcune modifiche introdotte nel testo originario, come l’inserimento della possibilità di obiezione di coscienza (non previsto nella proposta dei movimenti femministi). Sarà comunque garantito l’obbligo di farsi carico di procedure e costi associati al trasferimento della paziente in strutture non obiettrici. Inoltre, è previsto l’accompagnamento e la tutela della privacy per le bambine e le adolescenti tra i 13 e i 16 anni che vogliano abortire a seguito di una violenza. Un’altra modifica applicata al testo originario riguarda il tempo che può passare dalla richiesta all’accesso al servizio: 5 giorni nel disegno di legge della Campaña e 10 in quella ora approvata.  

 In Argentina, prima dell’approvazione della nuova legge, era possibile interrompere volontariamente una gravidanza solo nel caso in cui fosse dovuta a uno stupro o mettesse in pericolo la vita della donna. Si stima che più di 450 mila donne abbiano abortito quest’anno clandestinamente, andando incontro a complicanze anche molto gravi.  

Le donne argentine portano avanti la lotta fin dagli anni ’80, riempiendo le piazze e le strade delle città come è successo in questi giorni a Buenos Aires, dove in migliaia sventolavano il pañuelo verde (fazzoletto verde), simbolo della campagna. Il colore verde è infatti associato alla vita, alla salute e alla speranza, temi chiave nella lotta per il diritto all’autodeterminazione. Il fazzoletto, invece, richiama quello delle madri e delle nonne di Plaza de Mayo, movimento che dal 1977 lotta per i desaparecidos della dittatura argentina.  

Si tratta di una svolta storica, dunque, per le donne di tutto il mondo. Come anche ribadito dall’attuale Presidente argentino Fernández, infatti, il diritto all’aborto legale, sicuro e gratuito è una questione di salute pubblica, non un tema morale o religioso. 

“Se il Parlamento approva la legge, l’Argentina potrà lasciarsi alle spalle la strada della minaccia penale e della diseguaglianza e percorrere quella della giustizia sociale e dell’esercizio dei diritti”, si leggeva nel testo di quella che, a oggi, è legge. 

 

 Fonti e approfondimenti: 

 https://www.ilpost.it/2020/12/30/argentina-aborto-legale/ 

https://www.ilpost.it/2020/12/11/argentina-legalizzazione-aborto/ 

https://ilmanifesto.it/aborto-legale-sicuro-gratuito-dopo-99-anni-e-12-ore-di-dibattito-largentina-dice-si/ 

https://www.open.online/2020/03/03/verde-come-il-diritto-allaborto-storia-del-panuelo-e-della-rivoluzione-delle-donne-argentine/ 

https://it.euronews.com/2020/12/30/mappa-aborto-in-america-latina-dov-e-legale-e-dove-le-donne-rischiano-il-carcere 

Da Greta Thumberg a Papa Francesco, passando per tutto l’establishment politico

Come il Covid ha reso sempre più centrale la questione ambientale 

Il 2020 sarà tragicamente ricordato come l’anno della pandemia che si spera verrá definitivamente sventata dal buon esito della campagna vaccinale. È chiaro che tra le tante problematiche sollevate da questa crisi sanitaria quella ambientale sia tra le più prorompenti, in quanto è stato abbastanza evidente il fatto che l’inquinamento di determinate zone sia stato un “boost per il virus”. L’ipocondria è dietro l’angolo, ma è pur sempre un dato di fatto che problemi come lo scioglimento dei ghiacciai e i cambiamenti climatici potrebbero favorire l’insorgere di nuove malattie o ancora peggio “risvegliare antichi virus congelati nel permafrost”. 

All’unisono 

E’ stato evidente come i mesi di lockdown abbiano diminuito i tassi d’inquinamento e ciò ha reso più chiaro quanto, oggi più che mai, sia necessario un cambio di rotta, che riguardi gli stili di vita del singolo individuo, i sistemi delle catene di produzione e lo sfruttamento delle risorse.  

Adesso Greta non è più sola e a sostengo della questione ambientale si sollevano all’unisono più voci. Papa Francesco quando afferma che “il mondo è scosso dalla crisi causata dalla pandemia Covid19 che mette in evidenza un’altra sfida globale: la crisi socio-ambientale, pone l’attenzione sul filo che lega lo sfruttamento delle risorse ambientali con quello delle persone che lavorano  nelle miniere di cobalto in Congo.

Il Ministro della Salute Speranza che ha spesso posto l’accento sulla necessità di contemperare il diritto alla salute con la tutela dell’ambiente, ha sostenuto che “i due aspetti si tengono insieme, l’uno non è possibile senza l’altro” e lo ha affermato questa estate in audizione in commissione Ecomafie, preoccupandosi di porre un accento sulla necessità di adeguate politiche del ciclo di smaltimento dei dispositivi di protezione individuale. Gli fanno eco gli 11 Ministri per l’ambiente Ue e il Ministro per l’ambiente italiano Costa, il quale afferma che “La sfida delle sfide è la sostenibilità ambientale. Una strada da percorrere come singoli Paesi e a livello planetario“. 

Ognuno di noi, nel nostro piccolo… 

È ormai sempre più evidente come il mondo (soprattutto quello occidentale e industrializzato), a partire dalla prima metà del 900′, abbia vissuto al di sopra delle proprie possibilità. “Antropocene” è il nome con cui è stata definita dagli scienziati la nuova era geologica caratterizzata dal predominio dell’uomo sul pianeta. Un predominio che porterà notevoli cambiamenti e che rischia di determinare danni irreversibili, perché la natura pur non senziente, se danneggiata trova sempre un modo per “vendicarsi”, tentando di riprendersi ciò che le è stato negato dall’uomo.

Problemi come il riscaldamento climatico e lo scioglimento dei ghiacciai sono solo la punta dell’iceberg (per restare in tema) di ciò che ci aspetta, e se non matureremo un atteggiamento responsabile sarà sempre più difficile tornare indietro. È stato dimostrato che numerosi ceppi virali preistorici risiedono nei ghiacci che fra qualche anno si potrebbero sciogliere, così come è risaputo che l’eccessivo consumo di carne, con la conseguente diffusione di allevamenti intensivi e il commercio non controllato, favoriscono la diffusione zoonotica dei virus (come è accaduto appunto con il nuovo coronavirus ).

Infine gli sconvolgimenti climatici potrebbero portare a disastri naturali come uragani, incendi nelle foreste e inondazioni di intere città, allo stesso modo in cui le plastiche che ormai riempiono le nostre campagne, le spiagge e gli oceani – sono state trovate persino nella placenta di alcune madri gestanti.

Tutti questi avvertimenti, che pure avremmo potuto evitare, dovrebbero farci capire quanto sia necessario un mutamento sostanziale, il quale non dovrà avvenire soltanto da parte dei politici che sanciscono accordi internazionali ma anche da parte di ogni cittadino, perché soltanto tutti uniti potremo riuscire a cambiare le cose. Basteranno piccoli accorgimenti come non gettare la spazzatura per strada, preferire la bici all’auto, consumare meno carne, differenziare la spazzatura e usare i piatti di carta, anziché quelli di plastica o ancora meglio quelli di ceramica che abbiamo a casa. Ma soprattutto sarà necessario sensibilizzare i nostri giovani insegnando loro, sin da piccoli, che è dai loro atteggiamenti che dipende il futuro del bellissimo pianeta che abbiamo la fortuna di abitare. 

Fonti:   

https://www.ansa.it/ansa2030/notizie/asvis/2020/04/07/crisi-climatica-e-pandemia-linquinamento-e-stato-un-boost-per-il-virus_e92a8c75-0386-4475-bc7c-9173c9cea8f3.html 

https://www.repubblica.it/scienze/2015/09/14/news/quel_virus_preistorico_potrebbe_risvegliarsi_per_colpa_del_riscaldamento_globale-122597610/ 

 http://www.vatican.va/content/francesco/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2020/10/10/videomessaggio-ted-clima.html 

  https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2020/05/26/camera-audizione-speranza-su-rifiuti-e-covid-19_11dc2c50-0751-4e5f-a337-17e1d844631d.html 

  https://www.primapaginanews.it/articoli/giornata-dell-ambiente-min.-costa-la-sfida-delle-sfide-la-sostenibilit-ambientale-474728 

L’anno della diseguaglianza

Come la pandemia ha messo in luce tutto ciò che non va nella nostra società

numeri parlano chiaro: si stima che nel 2020 71 milioni di persone siano cadute in povertà estrema – la categoria di coloro che vivono con meno di 1.90 $ al giorno. Questo record è direttamente correlato al picco di coloro che hanno perso il lavoro: la media del tasso di disoccupazione nei paesi del Nord Globale si alza al nove percento, mentre segnava il 5.4 percento solo nel 2019. C’entra anche il PIL, che si riduce in media del cinque percento in ogni paese. Di questo passo, l’obiettivo 1 degli SDGs di porre fine alla povertà entro il 2030 sembra sempre più irrealizzabile. Gli esperti, infatti, stimano che la crisi sanitaria potrebbe aver spazzato via i progressi economici fatti fino ad ora, facendoci regredire ai livelli di 30 anni fa in termini di ricchezza e occupazione.  

Le parole delle Nazioni Unite

La pandemia di Covid – 19 ha rivelato le fragilità strutturali nelle nostre società, nel nostro sistema economico globale e nelle strutture che governano il sistema internazionale. Le conseguenze sono chiare: le diseguaglianze stanno crescendo al ritmo più elevato di sempre”, così il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Gutierres ha iniziato il proprio appello alla riunione del G20 di quest’anno. Per l’organizzazione internazionale è imperativo che nella complicata equazione tra salvare vite e posti di lavoro, i leader mondiali tengano in considerazione anche le vite ed occupazioni delle categorie più vulnerabili.  

Parliamo di disuguaglianza sociale…

Il virus ha portato la diseguaglianza al centro del dibattito internazionale, ma non è di certo la causa all’origine di questo problema sociale. Già all’inizio di quest’anno, il World Social Report segnalava come la disparità tra ricchi e poveri stesse aumentando in due terzi del globo. La vera responsabilità ricade su politiche che, negli anni, hanno tagliato i fondi ai programmi di educazione, salute e supporto per i meno privilegiati. Senza un sistema statale progettato per fornire a tutti le stesse opportunità, la forbice tra i più e meno abbienti continua ad allargarsi, lasciando questi ultimi vulnerabili in situazioni di emergenza come quella che stiamo sperimentando.  

Dati alla mano

Salute e ricchezza sono due fattori strettamente correlatiGli studi mostrano che persone in situazioni di difficoltà socioeconomica hanno il doppio di probabilità di contrarre il Covid-19 rispetto alla media. Ciò crea un circolo vizioso per cui diventa difficile uscire dalla precarietà. Più a rischio sono anche le donne, che costituiscono a livello globale il 70 percento del personale sanitario. Ma anche i migranti, che utilizzati come capro espiatorio e accusati di essere portatori del virus, faticano a trovare stabilità nel paese di destinazione. Questa situazione, però, ha conseguenze sulla società intera. Diversi studi sulle ineguaglianze sociali dimostrano che maggiori differenze di reddito hanno un impatto negativo sulla salute, capitale umano (mobilità sociale, benessere infantile e numero di ragazzi che abbandonano la scuola) e relazioni sociali (fiducia negli altri, tasso di incarceramento e omicidi) dei cittadiniEradicare il virus dell’ineguaglianza, dunque, sembra tanto importante quanto fermare la pandemia.  

Giada Santana

Una nuova edizione ai blocchi di partenza!

Il prossimo 19 gennaio 2021 ripartirà finalmente la challenge di Agente0011, che terminerà il 31 maggio 2021.

Per la nuova edizione, che vede rinnovata la consolidata collaborazione tra i partner ActionAid Italia, LaFabbrica e UISP, oltre alla nuova partecipazione di Mandragola Editrice attraverso il proprio progetto Zainet, Agente0011 ha voluto rifarsi il look. Come avrete avuto modo di vedere, il portale si è presentato poco prima di Natale con una veste grafica totalmente rinnovata, sviluppata per garantire la migliore esperienza di navigazione sia su web che su mobile.

Cambia la forma e in parte anche i contenuti, pur rimando fedeli alla missione che da ormai cinque anni ci accompagna: coinvolgere e sensibilizzare le scuole italiane di ogni ordine e grado, le associazioni giovanili, quelle sportive e i CAG, rispetto ai temi dell’Agenda2030 stimolandone l’attivazione territorialePer rendere la sfida ancora più formativa, avvincente e – perchè no? – anche più divertente, quasi tutte le tipologie di missioni sono state rinnnovate. A partire dal prossimo 19 gennaio potrete scoprire le nuove attività didattiche e i nuovi giochi, che punteranno maggiormente sull’interazione e la collaborazione tra i team.

Ma le novità non terminano qui: anche docenti e responsabili vedranno rinnovate le aree destinate loro, con un blog e un area riservata da cui si potrà accedere a materiali didattici messi gratuitamente a disposizione dai partner. Infine un nuovo sistema di comunicazioni terrà i team e i loro responsabili aggiornati sulle principali novità, le classifiche e le opportunità!

Il progetto sarà presentato ufficialmente martedì 19 gennaio, dalle ore 17:00 alle 18.30, durante un webinar gratuito in live streaming, rivolto a docenti di ogni ordine e grado, educatori ed educatrici, di presentazione del progetto di didattica ed educazione civica digitale.

Insieme ai protagonisti e alle protagoniste dell’iniziativa, esperti di metodologie didattiche, content creators, partner di progetto, scopriremo tutte le novità relative all’edizione di quest’anno, chiarendo i dubbi dei e delle docenti, illustrando le nuove funzionalità del sito e le nuove missioni.

PROGRAMMA DELL’INCONTRO: 

  • Presentazione del progetto: obiettivi, approcci e metodologie 
  • La nuova piattaforma online: nuove funzionalità e nuove modalità di interazione fra team 
  • Chi si nasconde dietro il portale?Il progetto della task force: il lavoro e l’esperienza di un gruppo di giovani nella creazione dei contenuti didattici, di informazione e intrattenimento 
  • Supporto alla didattica: le testimonianze di chi ha partecipatonelle edizioni passate 
  • Domande dal pubblico

 COME PARTECIPARE?

Per partecipare all’evento gratuito, occorre registrarsi cliccando quiper ricevere il promemoria e le modalità di accesso alla live che si svolgerà su ZOOM.  

 

Due paroline magiche: innovazione e infrastrutture!

Il cammino verso il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile impegna tutti noi, ormai lo sappiamo, e ci impone di fare uno sforzo immaginando un modo nuovo o per meglio dire “innovativo” di fare le cose. E’ quanto ci invita a fare il Goal 9 dell’Agenda 2030: costruire una infrastruttura resiliente e promuovere l’innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile.

Questo invito è rivolto a tutti gli attori e a tutti i settori, ma in special modo a quelli che più di altri impattano attualmente sul nostro pianeta con alte emissioni di CO2 (anidride carbonica), come ad esempio il settore edilizio. Secondo uno studio dell’organizzazione Global alliance for buildings and construction (GlobalAbc), il settore delle costruzioni sarebbe infatti responsabile del 36% del consumo finale di energia e del 39% delle emissioni totali di biossido di carbonio a livello mondiale. Ma numerosi sprechi si verificano anche quando gli edifici vengono abitati (pensiamo alle nostre case) perché non efficienti da un punto di vista energetico. La principale causa di dispersione energetica deriva dagli impianti di aria condizionata che usano perlopiù energia generata da combustibili fossili e sostanze chimiche che rilasciano emissioni di gas serra. L’uso dei condizionatori è triplicato dal 2010, principalmente perché – indovinate un po’! – in tante regioni delle Terra fa sempre più caldo. Un triste circolo vizioso insomma!

Un altro settore fortemente responsabile delle emissioni rilasciate in atmosfera è quello del turismo. Esso infatti è uno dei settori in crescita degli ultimi decenni e l’Organizzazione mondiale del turismo delle Nazioni unite stima che saranno 37,4 miliardi i viaggi turistici previsti entro il 2030, con una crescita delle emissioni legate ai trasporti del 103% rispetto al 2005.  Questa prospettiva impone al settore turistico di affrontare una sfida importante: ridurre la propria impronta ambientale. Ma solo se punterà all’innovazione potrà riuscirci.

Per scoprirne di più leggi gli articoli completi qui e qui.

Responsabilità editoriale e i contenuti dell’articolo sono a cura dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS)

Media, Donne, Sport: Uisp e Giulia-giornaliste per una rivoluzione culturale

Le due realtà hanno realizzato un manifesto per una corretta informazione sullo sport femminile

“Fisico da urlo”, “icona di stile”, ma uno su tutte, “belle e brave”. Sono solo alcuni dei clichè più ricorrenti quando si scrive di atlete e donne di sport. Molti i giudizi sull’apparenza anzichè sulle prestazioni sportive. Per questa ragione, l’Uisp e Giulia Giornaliste hanno presentato il manifesto “Media, Donne e Sport: idee guida per una diversa informazione. Cinque i punti base per promuovere un buon giornalismo scevro da stereotipi e pregiudizi, “informare sulle discipline sportive con competenza di merito; evitare di soffermarsi sull’aspetto o i look non più di quanto si scriva dell’aspetto tecnico e delle prestazioni; evitare di focalizzarsi sulle parti del corpo ammiccanti”, e ancora, “dare alle discipline femminili pari visibilità, declinare i ruoli, le funzioni e le cariche al femminile ed evidenziare le discriminazioni e le discrepanze in termini di benefit, premi e tutele”.

L’ Uisp  vuole “mettere in campo delle buone pratiche” come ha detto Vincenzo Manco, presidente nazionale Uisp. “Da tempo la nostra associazione è impegnata in un percorso di maturità sul fronte delle pari opportunità nello sport. In questo senso una tappa fondamentale di questo processo è stata la scelta nel 2013 di non avere all’interno della nostra governance il Coordinamento donne. Piuttosto che restringere la discussione solamente all’interno di questo organo abbiamo preferito allargare le problematiche di genere a tutto l’apparato associativo”. Manco ha aggiunto che “nel percorso di emancipazione delle donne non c’è solo un problema di linguaggio ma anche di spazio. Spesso e volentieri, infatti, i social, le testate, la televisione non danno abbastanza importanza allo sport al femminile”. Secondo Manuela Claysset, responsabile delle politiche di genere Uisp, “i punti sanciti dal manifesto, nato dal matrimonio tra Uisp e Giulia Giornaliste, rappresentano il blocco di partenza per costruire un mondo plurale e amichevole tra i sessi e i generi, ma anche per sollecitare il resto della società nell’impegno sui diritti delle donne. Con una rete sempre più estesa da associazioni e federazioni si può migliorare”.

Nella deformazione della rappresentazione delle donne nello sport – atlete, giornaliste, allenatrici, politiche e donne nelle istituzioni – l’informazione svolge un ruolo fondamentale e talvolta contribuisce a promuovere stereotipi e narrazioni discriminatorie. L’incidenza delle atlete è in graduale aumento ma le donne rimangono sottorappresentate negli organi decisionali delle istituzioni sportive.
Il manifesto è stato presentato il 28 maggio 2019 a Roma nella sede della Federazione Stampa Nazionale, da allora diverse iniziative in varie città italiane, lo stanno promuovendo all’interno dell’ambiente giornalistico e istituzionale. Ad esempio, nell’ambito del corso di formazione organizzato martedì 14 gennaio in collaborazione con DireDonne, nella sede nazionale dell’Agenzia di stampa Dire a Roma, e riconosciuto dall’Ordine dei Giornalisti, è intervenuta anche Manuela Claysset, responsabile politiche di genere e diritti Uisp.

GUARDA IL VIDEO con l’intervento di Manuela Claysset

Il 16 luglio scorso si è svolto il convegno “Sport, donne e media – Carta delle regole”, organizzato dal Comune di Milano insieme all’Uisp e Giulia Giornaliste, con l’obiettivo di presentare le linee guida per raccontare sui media lo sport al femminile nel pieno rispetto delle pari opportunità.

Contenuto editoriale a cura di UISP APS

Le mutilazioni genitali femminili sono (finalmente) reato in Sudan

Dopo decenni di battaglie da parte di attivisti e organizzazioni umanitarie, le Mutilazioni Genitali Femminili sono state finalmente dichiarate fuorilegge in Sudan. E’ un traguardo storico per un Paese in cui, secondo l’ONU, 9 donne su 10 (87%) in età compresa tra i 15 e i 49 anni hanno subito questa pratica.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, o WHO in inglese) descrive questa pratica ancestrale come “la rimozione parziale o totale, o altri tipi di lesione, degli organi genitali femminili esterni senza che vi siano ragioni mediche. Una pratica che non apporta alcun beneficio in termini di salute per le ragazze e le donne, ma che invece è causa di gravissime conseguenze come emorragie, problemi a urinare, cisti, infezioni e persino complicazioni durante il parto, con un aumento del rischio di partorire neonati già morti”.

Si tratta quindi non solo di una violazione dei più basilari diritti umani delle donne e delle bambine e di una delle forme più estreme di discriminazione di genere, ma anche una di una pratica molto pericolosa che comporta gravissime conseguenze sia sul piano fisico che psicologico, come riporta Abdullah Fadil, rappresentante dell’Unicef in Sudan.

Queste le ragioni principali che hanno spinto la lotta per la messa al bando di questa violazione costante dei diritti di centinaia di milioni di donne. Si stima infatti che siano oltre 200milioni le donne in tutto il mondo ad aver subito a questa tortura rituale, concentrate in quei paesi come il Sudan (ma il fenomeno è diffuso in oltre 30 paesi tra Africa, Medio Oriente e Asia) dove la pratica è maggiormente diffusa. Riuscire a debellare, almeno formalmente, questo fenomeno rappresenta anche un grande passo avanti nel raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, che comprendono anche l’eliminazione delle FGM entro il 2030.

Nonostante il prezioso traguardo, almeno formale, secondo gli osservatori non possiamo immaginare di aver sconfitto questa orribile violazione dei diritti umani con la semplice approvazione di una legge. Per far sì che la disposizione venga effettivamente osservata c’è bisogno di fare un lavoro molto approfondito con le comunità. E’ fondamentale infatti riuscire a diffondere consapevolezza del nuovo provvedimento tra diversi gruppi sociali, come le ostetriche e i sanitari, ma anche le famiglie e i giovani, e promuovere l’accettazione delle nuove regole.

Festival dello Sviluppo Sostenibile: l’appuntamento nazionale con la sostenibilità

È arrivato il momento di presentarvi il Festival dello Sviluppo Sostenibile, la più grande iniziativa italiana per sensibilizzare e mobilitare cittadini, imprese, associazioni e istituzioni sui temi della sostenibilità economica, sociale e ambientale, e realizzare un cambiamento culturale e politico che consenta all’Italia di attuare l’Agenda 2030 dell’Onu.

Il Festival, organizzato dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) insieme ai suoi aderenti e partner, si articola su un arco di 17 giorni, tanti quanti gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. A conferma della crescente sensibilità di cittadini e istituzioni su questi temi, pensate che dalle 220 iniziative della prima edizione, nel 2019 gli eventi realizzati sono stati ben 1.060! Un risultato straordinario e incoraggiante.

E anche se quest’anno la manifestazione, inizialmente in programma tra maggio e giugno, è stata rimandata a causa della pandemia, l’impegno dell’ASviS non si è fermato. Nei prossimi giorni infatti ci saràASviS Live: tre passi verso il Festival: tre eventi in diretta streaming per riflettere sulla crisi e stimolare una trasformazione sostenibile per il futuro, in un percorso di avvicinamento alla nuova edizione del Festival dello Sviluppo Sostenibile, riprogrammata dal 22 settembre all’8 ottobre.

Tutti possono partecipare. Come? Facile: prendendo parte agli eventi realizzati su tutto il territorio nazionale, organizzando un evento o semplicemente diffondendo il messaggio della sostenibilità! Il Festival nasce infatti per coinvolgere e sensibilizzare fasce sempre più ampie della popolazione e per promuovere un cambiamento culturale di comportamenti individuali e collettivi virtuosi. Parlatene con i vostri genitori, spiegatelo ai vostri amici, diffondetelo sui vostri canali social: solo così potremo puntare a un futuro sostenibile per il nostro Pianeta e la nostra società globale. Insomma: siate portatori di sostenibilità e di un cambiamento positivo e per farlo non perdete l’appuntamento con ASviS Live, il cui primo evento si il 21 maggio, e con il Festival.  Stay tuned, vi aspettiamo!

Per saperne di più vai su festivaldellosvilupposostenibile.it e leggi l’articolo completo qui e scopri il programma dell’evento del 21 maggio.

Responsabilità editoriale e i contenuti dell’articolo sono a cura dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS)

Povertà estrema: eliminarla è una sfida globale

Generalmente pensiamo alla povertà come all’essere privi di mezzi materiali, no? In realtà la povertà ha molteplici forme che riguardano anche l’accesso alla salute, all’educazione e più in generale gli standard di vita.

In entrambi i casi i dati disponibili ci raccontano una realtà durissima: sono 736 milioni le persone che nel mondo vivono con meno di 1,90 dollari al giorno, i cosiddetti “poveri estremi”, e ben 1,3 miliardi quelli che vivono la povertà nelle sue svariate dimensioni sopra descritte.

Mentre sta scendendo in tutto il mondo, la povertà estrema aumenta nei Paesi colpiti da conflitti e violenza. Non è un caso quindi se, secondo uno studio recente della Banca mondiale, entro il 2030 fino a due terzi dei poveri estremi potrebbe vivere in Paesi fragili e in stato di conflitto. Ad oggi, infatti, tutti i 43 Paesi del mondo con il più alto tasso di povertà sono in queste condizioni e fortemente concentrati nell’Africa subsahariana.

In Europa certamente la situazione non è così drammatica ma Caritas Europa, nel suo nuovo rapporto sulla povertà e le disuguaglianze, ci racconta che il Vecchio continente deve fare ancora molto per tutelare le fasce più vulnerabili. Tante infatti sono le barriere e gli ostacoli burocratici che queste incontrano nell’accesso a alloggi, istruzione e cura della prima infanzia, occupazione e altri servizi di base. Tra le difficoltà maggiori compaiono la mancanza di informazioni comprensibili, la burocrazia, regole rigorose e requisiti formali, l’assenza di un approccio personalizzato.

In Italia, l’ASviS e il Forum Disuguaglianze e Diversità (Forum DD) hanno presentato una proposta al governo a favore delle categorie più deboli della popolazione per facilitarne l’accesso alle risorse durante questo periodo di crisi dovuta alla pandemia. Nel documento si suggeriscono diverse forme di sostegno al reddito delle famiglie, secondo il principio dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite che recita “Nessuno resti indietro”.

A tal proposito l’imperativo che ci arriva dal Goal 1 dell’Agenda2030 è quello di porre fine a ogni forma di povertà nel mondo. Non dimentichiamocelo.

Per scoprirne di più leggi l’articolo completo qui e qui

 

Responsabilità editoriale e i contenuti dell’articolo sono a cura dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS)

 

 

 

L’impegno Uisp nella cooperazione internazionale: il Libano

Da molti anni l’Uisp porta avanti progetti di cooperazione e solidarietà, in particolare nei campi profughi che ospitano comunità palestinesi e siriane

In un periodo di forte crisi e di minori risorse, l’Uisp ha deciso di selezionare le aree di intervento all’estero ma di rendere al contempo il proprio intervento più forte e strutturato. I luoghi scelti sono quelli dell’area mediterranea a ridosso dei grandi conflitti, come il Libano. Allo stesso tempo l’Uisp ha scelto di collaborare con Ong già presenti e consolidate su questi territori attraverso le proprie specifiche competenze nell’ambito dello sportpertutti, coinvolgendo direttamente operatori di Comitati territoriali Uisp, già sperimentati in progetti educativi. Infatti, attraverso il gioco e il movimento libero l’Uisp promuove anche in Libano lo sportpertutti e il diritto di ognuno alla libera espressione di sé.
Anche le manifestazioni nazionali dell’Uisp sono uno strumento di questo lavoro sul campo, che da anni vede impegnata l’associazione dello sportpertutti a fianco delle popolazioni palestinesi e, più recentemente, dei siriani in fuga dalla guerra. Infatti, molti interventi si svolgono proprio a nord del Paese, l’area più vicina alla Siria e di conseguenza ai teatri di guerra, dove più forte è la presenza di campi profughi.
Ad esempio Giocagin 2020 è stata aperta proprio dall’edizione libanese: sabato 22 febbraio a Sidone, il campo profughi di Ein El Helwe, ha ospitato per la prima volta la tappa di Giocagin che, ormai da diversi anni, rivolge la sua solidarietà ai bambini rifugiati palestinesi e libanesi. Questa edizione ha portato avanti il progetto iniziato nella scorsa annualità a sostegno della Fondazione culturale Kanafani. Il campo profughi di Ein El Helwe ha anche aperto i collegamenti in diretta Facebook dalle città di Giocagin, permettendoci di seguire le attività proposte e organizzate dagli operatori della Ghassan Kanafani Cultural Foundation. Circa cinquanta bambini, dai 7 ai 15 anni, sono stati coinvolti nell’edizione libanese di Giocagin, di cui una dozzina con disabilità. La manifestazione si è svolta nella libreria della Fondazione, i ragazzi sono stati divisi in tre gruppi che hanno eseguito diverse esibizioni: balli sulla danza popolare “Dabkeh”; coreografia con la musica e giochi. GUARDA IL VIDEO

Se per Giocagin quella di quest’anno è stata la prima esperienza, nella terra dei cedri Vivicittà è invece ormai una tradizione. Guarda il video realizzato lo scorso anno per celebrare i 12 anni di Vivicittà in Libano

Anche l’ultima edizione, quella del 2019, si è svolta nella mattinata del 6 dicembre scorso nel campo profughi di Ein El Helwe: una giornata di festa e sport che è servita ad alleviare il peso di una situazione difficile per i bambini del campo. L’Uisp ha organizzato una manifestazione sportiva con 120 bambini libanesi, palestinesi e siriani che hanno trascorso una mattinata di gioco nel campo palestinese più grande e problematico del Libano, che ospita circa 70.000 persone.
Si è trattato di una edizione speciale di Vivicittà, iniziativa Uisp da sempre messaggera di pace e convivenza nel mondo, che ha coinvolto bambini e bambine con e senza disabilità, grazie al lavoro della Ghassan Kanafani Cultural Foundation (GKCF), con cui l’Uisp lavora da anni. I bambini si sono cimentati contemporaneamente anche nell’attività di plogging, il cosiddetto “jogging ecologista”: ovvero hanno ripulito il campo, abbinando la corsa (o la camminata) a dei piegamenti che permettono di raccogliere i rifiuti e separarli in appositi sacchetti che i partecipanti portano con sè.

Contenuto editoriale a cura di UISP APS