Report: quanto (e cosa) ci costerà la crisi globale?

É uscito da qualche giorno un nuovo report firmato WWF che, attraverso un innovativo modello di analisi, ha provato a calcolare l’impatto del declino dell’ambiente sulle economie, i commerci e l’industria di tutto il mondo. L’idea di base è mostrare gli effetti catastrofici non solo sulla natura, ma anche sull’economia, cui andremo incontro se non cambiamo il nostro stile di vita. Secondo la ricerca, continuando così, ci troveremo a dover sostenere un costo inimmaginabile, che si ripercuoterà sulle vite di milioni di persone.

Le evidenze ci dicono che il mondo sta cambiando molto più velocemente di quanto non abbia mai fatto prima. Il modo in cui ci nutriamo, produciamo e consumiamo energia e finanziamo le nostre attività sta distruggendo l’ecosistema su cui basiamo la nostra stessa vita. Prendendo in considerazione alcuni “servizi” naturali che l’ecosistema ci mette a disposizione (come l’acqua per l’agricoltura, la legna, la fauna marina, l’impollinazione dei fiori da parte degli insetti, la protezione dalle calamità naturali e altre) la ricerca vuole mettere in evidenza che se continuiamo a distruggere il nostro pianeta non solo dovremo affrontare una crisi ambientale senza precedenti, ma rischiamo di andare incontro a una crisi economica i cui contorni sono esplicitati nel report.

Tra i dati principali sicuramente vale la pena sottolineare quello del costo totale in termini di Prodotto Interno Lordo globale (ovvero l’insieme del valore di tutti i beni e servizi prodotti nel mondo): secondo la ricerca, il nostro stile di vita insostenibile ci costerà entro il 2050 ben 9.87 trilioni di dollari. Non riesci nemmeno a immaginarli? Hai ragione, prova a pensarli come 10mila (!!) miliardi di dollari

Possono sembrare solo numeri astratti, ma bisogna immaginare l’impatto che avrebbe un costo del genere sulle vite di tutti noi. Ma non ci sono solo danni economici, o meglio, i danni economici sono la quantificazione in termini monetari di disastri ben più gravi. 

Ad esempio, una delle conseguenze più drammatiche sarà la perdita degli ecosistemi costieri (mangrovie, barriere coralline, paludi costiere, alghe ecc.) che ci esporrà in maniera preoccupante a inondazioni e altri fenomeni atmosferici distruttivi. Consideriamo infatti che circa il 40% della popolazione mondiale vive sulle coste, dove quindi ci sono città (anche megalopoli) con tutte le infrastrutture.

Insomma, questa ricerca aggiunge un peso significativo ai costanti avvertimenti riguardo alle conseguenze che affronteremo se continuiamo a produrre e consumare come stiamo facendo porterà nel breve termine, illustrando anche le severe conseguenze economiche che ci troveremo a dover fronteggiare. Speriamo che queste prove non vengano lasciato inascoltate e riescano a convincere i leader mondiali che non si può più rimandare.

Restiamo a casa..ma impariamo, divertendoci!

Caro lettore e cara lettrice,

per supportare anche coloro che non sono iscritti sul portale o non essendo docenti o educatori di gruppi giovanili, abbiamo pensato di condividere con voi alcune missioni e attività da svolgere in questi giorni da passare rigorosamente in casa, riadattate in modo da poter essere affrontate in modalità piccolo gruppo (adulti e bambino o bambina) o in modalità on-line per condivisione.

Per mantenere un contatto, ti invitiamo a condividere con noi la foto, la presentazione o il video utilizzando l’hashtag #agente0011 e seguirci sul profilo instagram di Agente0011!

Se vuoi inviarci la tua missione o l’output dell’attività, scrivici a educazione.ita@actionaid.org e una volta terminato il periodo di quarantena, ti invieremo un simpatico gadget per te!

Qui trovi le missioni di Agente0011 da scaricare, mentre qui una serie di attività di approfondimento su stereotipi e violenza di genere.

Tutto qui? Niente affatto!

Ti proponiamo un quiz realizzato su Kahoot, con domande prese direttamente dalle missioni che proponiamo ai nostri agenti del cambiamento! Come si gioca? E’ molto semplice: collegati al sito https://kahoot.it/ e inserisci il codice PIN 0790124. A quel punto il quiz parte in automatico!

Vuoi approfondire tematiche come stereotipi e prevenzione della violenza di genere in un modo alternativo? Prova a giovare al webgame di Youth4Love! Giocare è semplice, puoi farlo da PC o Smartphone (ti consigliamo quest’ultimo per un’esperienza di gioco davvero coinvolgente), senza necessità di fare account..e ovviamente è gratuito!

Il webgame è uno strumento che simula la realtà, quello di youth for love è un serious game e cioè si pone, oltre all’aspetto ludico-ricreativo di svolgere un ruolo educativo. è stato costruito sulla base di ciò che realmente accade nella quotidianità dei/delle giovani.
Si tratta di un gioco di ruolo “a bivi” in cui ci sono 7 personaggi principali, ciascuno con diverse caratteristiche, vivono i luoghi della loro quotidianità. A ciascun luogo corrisponde una storia, uno spaccato di vita del/della protagonista, che si interfaccia con altre/i ragazze e ragazzi. Le storie sono state scritte e sviluppate sulla base di ciò che realmente accade nella quotidianità dei/delle giovani, tenendo conto delle tematiche, e problematiche, che si trovano a dover vivere e affrontare ogni giorno. 

Non ne hai ancora abbastanza? Meglio, perché abbiamo tante altre proposte per te. Ti lasciamo un po’ di link a diversi portali di didattica digitale, condotta con mezzi alternativi come giochi o altre attività. Scoprile tutte!

Scuole Primarie:

https://www.lezionisulsofa.it/

http://bartolomeo.education/giochi-didattici

https://www.nasa.gov/kidsclub/index.html

https://kids.nationalgeographic.com/

https://www.focusjunior.it/

https://www.ilportaledeibambini.net/

Scuole medie/superiori

https://storymap.knightlab.com/

http://lostcities.org/#/

https://artsandculture.google.com/partner?hl=it

Università:

https://www.coursera.org/

Per oggi è tutto, ci vediamo tra qualche giorno con tante nuove proposte!

Diritto all’istruzione: nuovi dati da un sondaggio in UK

È stato appena pubblicato nel Regno Unito il risultato di un questionario sul diritto all’istruzione che restituisce un quadro piuttosto inaspettato (e allarmante!), per quanto riguarda la percezione dei giovani tra i 14 e i 30 anni su questo diritto umano fondamentale. Un diritto umano, certo, a meno che non si parli di ragazze e rifugiati, stando alle risposte. Scopriamolo insieme!

Secondo la ricerca, l’89% dei rispondenti riconosce il carattere fondamentale del diritto allo studio. Allo stesso tempo, solo il 44% crede che questo diritto spetti anche ai rifugiati. Non solo, il 62% dei giovani maschi tra i 16 e i 18 anni sostiene con forza che questo diritto spetti in maniera uguale a maschi e femmine. In altre parole, il 38% (quasi 2 persone su 5) è convinto che le ragazze non abbiano lo stesso diritto dei maschi all’istruzione.

Molto interessante anche la percezione restituita dalle ragazze che hanno partecipato al sondaggio. In questo caso il 90% delle rispondenti è convinta che il diritto all’istruzione debba essere riconosciuto egualmente per le donne come per gli uomini, e il 62% lo pensa anche per i rifugiati.

Il risultato di questa ricerca, secondo la ONG che ha effettuato il sondaggio, fa emergere preoccupazione rispetto alla possibilità di riuscire a raggiungere l’obiettivo della parità di genere (SDG 5) entro i prossimi 10 anni. In particolare, secondo la direttrice dell’organizzazione, è “scioccante vedere questi livelli di discriminazione, in particolare tra i giovani e con una differenza così marcata tra i generi”. 

Dobbiamo lavorare perché queste discriminazioni vengano abbattute, per far sì che il diritto all’istruzione (SDG 4) non solo sia garantito a tutti e tutte, ma sia anche percepito come un diritto fondamentale che non può vedere alcun tipo di differenza!

Il questionario online per affrontare insieme la didattica in modo alternativo!

Siamo tutti impegnati insieme a voi su differenti fronti nel contrasto della povertà educativa, nella lotta agli stereotipi e alla violenza di genere, nella promozione di percorsi di cittadinanza attiva, nel quadro dell’Agenda 2030. Oggi, come ci chiede l’interesse comune e nazionale, è priorità assicurare lo stare in casa e cercare insieme delle vie e strumenti alternativi alla presenza, per mantenere vivi gli obiettivi formativi e di socialità, sempre nell’ottica dell’interesse prioritario della tutela dei minori e delle loro famiglie.

Noi siamo in prima linea in questi giorni per capire come poter supportare le persone che quotidianamente collaborano con noi, perciò vi chiediamo 15 minuti del vostro prezioso tempo per rispondere al seguente questionario, per aiutarci ad ascoltare i vostri bisogni e quelli del contesto scolastico e prevedere eventuali azioni, anche in collaborazione con i partner che ci affiancano nel lavoro quotidiano.

Come vedrete, le domande riguarderanno aspetti per agire nel breve periodo, con misure di adattamento di alcune attività on-line (Ad esempio le missioni di agente0011), ma anche nel medio periodo, perché siamo consapevoli che in particolare in alcuni contesti più marginali, potrebbero emergere priorità altre rispetto alle azioni progettuali preventivate.

Un caloroso abbraccio da parte di tutto lo staff di agente0011! Noi ci siamo, anche se a distanza!

Per partecipare al questionario basta cliccare su questo link, e rispondere alle domande! Il questionario è aperto a tutti coloro che operano nelle scuole e nei contesti educativi, ma se sei il rappresentante di un team iscritto al portale puoi compilarlo come missione e ottenere 30 punti!! Basta indicarlo con la spunta apposita…cosa aspetti?

Una Licenza di Sviluppo Sostenibile per le compagnie minerarie

I minerali e i metalli, e in generale tutto il materiale estrattivo, giocano un ruolo centrale nella moderna economia globalizzata, poiché continuano e continueranno ad essere una delle principali fonte di materia prima per i processi industriali e la vita di tutti i giorni (ricordate la missione sui componenti minerari utilizzati per costruire gli smartphone?).

Proprio la centralità del materiale prodotto da questa settore, nonostante i grandi sforzi per rendere le filiere produttive sempre meno dipendenti da questo tipo di risorse, negli ultimi anni ha visto un incremento molto significativo, e ancora più netto negli ultimi dieci anni, e il trend si prospetta in crescita anche nel futuro. E vista la crescita costante della popolazione (si stima che saremo 8.5 miliardi entro il 2030..e quasi 10 miliardi nel 2050!), si stima che la crescita di questo mercato continuerà per venire incontro alle crescenti necessità delle persone.

Non solo, paradossalmente gli sforzi globali per l’adozione di tecnologie energetiche rinnovabili e pulite (comprese le auto elettriche) hanno addirittura accelerato il trend, dato che la produzione di energia pulita richiede un maggior utilizzo di minerali e metalli – per esempio, per la costruzione di batterie o accumulatori – rispetto alla produzione da fonti fossili. 

Qual è quindi il problema? Il problema è l’impatto che questo settore industriale ha sull’ambiente, sugli ecosistemi e sulle comunità. Tuttavia non è detto che debba essere per forza così: l’industria mineraria ha infatti potenzialmente tutti gli strumenti per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Un recente report dell’International Resource Panel, un gruppo di scienziati esperti sui temi della gestione di risorse avviato nel 2007 proprio per costruire e condividere la conoscenza di questi argomenti, ha infatti lanciato una serie di suggerimenti su come migliorare le performance del settore estrattivo assicurando allo stesso tempo i più alti standard a livello sociale e ambientale. In altre parole, come continuare a fare il proprio lavoro contribuendo al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030.

Uno dei contributi più significativi riguarda la proposta di introdurre di una “licenza di sviluppo sostenibile”. Di cosa si tratta? Le compagnie come quelle minerarie, il cui impatto sull’ambiente e sulle persone che lo abitano è sempre significativo, operano generalmente sotto quella che viene definita “licenza sociale” (Social License to operate). In pratica, oltre alle classiche autorizzazioni per poter svolgere questo tipo di attività ad alto impatto socio-ambientale, è richiesto che le grandi compagnie ottengano anche una specie di “consenso sociale”. Non si tratta di un accordo formale, ma della reputazione della società nell’ambito della propria responsabilità sociale, ovvero sulle politiche di gestione dell’azienda, dei rapporti di lavoro, dell’impatto -anche sociale- che essa ha sul territorio. In altre parole, una specie di “patentino di buona condotta” che è necessario poter dimostrare di possedere se si vuole condurre le operazioni.

La proposta dell’International Panel è quindi di superare questo modello con uno più avanzato, detto Licenza di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development License). In poche parole la proposta prevede un approccio molto più ampio, che tenga in considerazione e si mobiliti per contenere tutti le possibili ricadute negative sull’ambiente, la società, l’economia, individuando tutte le possibili occasioni per contribuire allo sviluppo sostenibile.

Insomma, se abbiamo così tanto bisogno dei minerali e dei metalli estratti dalle grandi compagnie estrattive, abbiamo altrettanto bisogno che il loro l’impatto negativo sia minimizzato e anche che esse si attivino concretamente per contribuire a raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030.

Goal 4: la sfida per un’istruzione di qualità coinvolge tutti, grandi e bambini

Le Nazioni unite hanno dichiarato il 24 gennaio la giornata internazionale dell’educazione per ribadire l’importante ruolo che essa riveste per la pace e lo sviluppo.

Le celebrazioni di quest’anno hanno messo in risalto le numerose forme in cui l’educazione rafforza le persone, protegge il pianeta, costruisce prosperità diffusa e alimenta la pace.

Ma se per molti avere il diritto, ma anche il dovere, di andare a scuola sembrerà scontato e a volte anche noioso, forse non tutti sanno che quello dell’istruzione è un diritto fondamentale ancora oggi negato a milioni di bambini e adolescenti in tutto il mondo. Immaginate quanti? Ben 258! È questa la cifra impressionante, calcolata dall’Onu, di bambini e ragazzi nel mondo che non frequentano la scuola: il 60% di questi, inoltre, non raggiunge competenze minime di lettura, comprensione del testo e calcolo: un fenomeno chiamato “crisi di apprendimento”.

I rifugiati, i migranti e le persone con disabilità devono affrontare le sfide maggiori nell’accesso all’istruzione. E anche se negli ultimi 20 anni i Paesi più poveri hanno compiuto enormi progressi nel portare i bambini in classe, i fondi dedicati all’istruzione sono ancora scarsi.

Tra i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, il Goal 4 ci ricorda l’importanza di assicurare un’istruzione di qualità, equa ed inclusiva, e promuovere opportunità di apprendimento permanente per tutti.

L’ASviS (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) contribuisce al raggiungimento di questo target realizzando, insieme al Ministero dell’istruzione, la quarta edizione del concorso nazionale “Facciamo 17 goal. Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile”. Obiettivo del progetto è promuovere, attraverso la diffusione dell’Agenda 2030, l’educazione allo sviluppo sostenibile e agli stili di vita rispettosi dell’ambiente, dei diritti umani, dell’uguaglianza tra i popoli e le persone, ma anche una cultura di pace e di non violenza, la cittadinanza globale come strumento di lotta al cambiamento climatico, l’innovazione sostenibile e la lotta alla povertà.

Anche l’Unesco, l’organizzazione delle Nazioni unite che si occupa di tutelare la cultura e il patrimonio, porta avanti un progetto nelle scuole chiamato “Edu.” È un programma nazionale di educazione focalizzato sulle tematiche dell’educazione, della comunicazione e informazione, delle scienze naturali, delle scienze umane e sociali e della cultura e che nell’edizione 2020 si è focalizzato sull’Agenda 2030.

Per scoprirne di più leggi gli articoli completi qui.

Responsabilità editoriale e i contenuti dell’articolo sono a cura dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS)

Acqua pulita a energia solare – Speciale Bangladesh

Lo abbiamo letto già diverse volte negli articoli passati, il Bangladesh è una delle frontiere più delicate quando si parla di lotta al cambiamento climatico. Sia per la conformazione del paese che per la sua posizione, infatti, sono moltissime le sfide che il Bangladesh si troverà ad affrontare. Una di queste è conseguenza diretta dell’innalzamento delle acque del mare, che comporta salinizzazione del terreno, ma anche contaminazione delle falde acquifere e altre fonti di acqua dolce. Il risultato? Migliaia se non milioni di persone senza accesso all’acqua dolce, per bere, lavarsi o coltivare i campi.

Nel quadro di questa situazione forse qualche soluzione c’è e arriva direttamente dal..sole! Sarà infatti la nostra stella a fornire l’energia necessaria ad alimentare oltre mille nuove unità di desalinizzazione che verranno installate in oltre 16 distretti costieri. Il progetto, finanziato dal Governo del Bangladesh con oltre 5 milioni di dollari e realizzato da un’azienda australiana, dovrebbe riuscire a garantire accesso all’acqua dolce e pulita (uno degli obiettivi principali dell’Agenda 2030) per circa 30mila persone.

Sebbene non sia un punto di svolta per l’emergenza clima in Bangladesh, non bisogna dimenticare che decine di migliaia di persone beneficeranno, con un costo relativamente basso (meno di 170$ per persona), di acqua pulita e a impatto zero, considerando che il motore è alimentato dall’energia solare.

Scopri come funziona la desalinizzazione a energia solare guardando il video sotto

Dal Fridays for Futures al..Feminist Friday Initiative!

Avrete sicuramente sentito parlare – o magari avete anche partecipato – a qualche sciopero del venerdì per il clima. Quello che forse non sapete è che la tradizione di compiere un’azione durante l’ultimo giorno della settimana lavorativa non riguarda solo il cambiamento climatico..scopriamone di più!

Changurufaru Chibesa, o Changu come la chiamano tutti e tutte, è un’avvocatessa di Lusaka, Zambia. Il suo legame con la lotta femminista è iniziato quando, durante una lezione all’Università, un insegnante sostenne che nel matrimonio “non esiste lo stupro”. Sentire queste parole la colpì davvero molto, considerando anche che erano state pronunciate da un insegnante. Mossa dalla volontà di approfondire ulteriormente il tema, e di come questo venisse affrontato dalla società e dalla legge zambiana, Changu ha finito per dedicare la propria tesi di laurea proprio al tema dello stupro nel matrimonio in Zambia.

Ma approfondire il tema in una tesi non le poteva bastare, e nello stesso periodo Changu entra in contatto con la Global Platform di ActionAid Zambia. In cerca di supporto per la propria causa, Changu prende parte a un training sulla leadeship femminista. La formazione le ha dato la possibilità di incontrare uomini e donne con storie alle spalle diverse dalla sua, che l’hanno aiutata fornendole nuove prospettive da cui analizzare e affrontare il problema che le è così a cuore. Tutto questo le ha fatto rinascere una grande passione e voglia di mobilitarsi per la causa del femminismo, soprattutto per essere resa conto che la sua battaglia era in realtà una battaglia condivisa da molti!

Proprio dopo questa esperienza è nata in Changu la voglia di fare qualcosa di più. Da quel momento ha lanciato l’iniziativa Feminist Fridays, venerdì femministi. Il primo è stato nel marzo del 2017, ospitato dalla Global Platform di Lusaka, e tutt’ora continuano. L’importanza di questa iniziativa sta nell’essere la prima del suo genere in Zambia, totalmente dedicata al femminismo, uno spazio in cui donne e uomini possono confrontarsi sul tema ed elaborare strategie per inserire la prospettiva di genere e femminista in diverse sfere della società.

Certo, non è stato facile. Soprattutto all’inizio la partecipazione ha visto alti e bassi, anche perchè molti non ne hanno capito lo scopo. Ma piano piano, con costanza e creatività, gli incontri hanno cominciato a vedere una partecipazione sempre maggiore, soprattutto di uomini, che era uno degli obiettivi di partenza. La lotta, o anche solo la riflessione, femminista riguarda tutti!

Da allora i Feminist Fridays si tengono ogni ultimo venerdì del mese, con l’ambizioso obiettivo di riuscire a inserire un giorno i temi del femminismo e della parità di genere anche nell’agenda politica zambiana.

Agente0011: la nostra missione non si ferma!

Stiamo tutti affrontando un momento non semplice: la diffusione del Coronavirus ha reso necessaria la chiusura in via precauzionale di tutte le scuole, e anche molti membri del team che si occupa dello sviluppo e del mantenimento del portale stanno lavorando da casa.

E purtroppo, in considerazione delle recenti disposizioni del Governo Italiano e del Ministero dell’Istruzione sull’emergenza da COVID-19, la scadenza del concorso di Agente00011 “La nostra comunità domani” è prorogata a data da destinarsi. Comunicheremo le nuove date appena sarà possibile.

Ma la nostra missione è troppo importante per potersi fermare e per questo abbiamo pensato di lanciare un messaggio di solidarietà a tutti gli agenti d’Italia! Anche se da casa, è necessario impegnarsi per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile quindi vogliamo rassicurarvi che LE MISSIONI E LE NEWS CONTINUERANNO AD ESSERE PUBBLICATE e vi invitiamo ad affrontarle comunque!

Ovviamente è essenziale tenere un comportamento responsabile e rispettare le linee guida espresse dal Governo e da chi è esperto in materia, quindi vi invitiamo a osservarle anche nel completamento delle missioni. Grazie alla didattica digitale avete numerosi strumenti online per collaborare da casa, utilizzando il computer o lo smartphone. Certo, collaborare dal vivo è molto più divertente! Ma siamo sicuri che presto potremo tornare tutti alla normalità, nel frattempo…AGENTE NON SI FERMA!

Vi auguriamo una buona permanenza a casa

Quel filo invisibile tra moda e cambiamento climatico…

Credi che la moda non abbia niente a che vedere con i cambiamenti climatici? Forse dovresti riconsiderare la tua posizione..ti spiego perchè! 

Il settore della moda è, già di per sé, molto poco sostenibile. Pensate, per esempio, che per produrre una singola t-shirt sono necessari 2700 litri di acqua, il che equivale a circa 15mila litri per ogni chilogrammo di cotone lavorato. Questo significa che ogni anno vengono utilizzati milioni e milioni di litri d’acqua per produrre i vestiti che compriamo tutti giorni nelle grandi catene di vestiario. Certo, bisognerà pur vestirsi si potrà obiettare. Anche questo è vero, ma proviamo a immaginare quanti abiti compriamo ogni anno senza averne in realtà bisogno, solo perché spesso siamo ingolositi dai prezzi bassi o dalla voglia di avere un nuovo capo. 

Sì, perché le t-shirt sono solo un esempio. Prendiamo un altro capo estremamente diffuso: i jeans. Per produrre un paio di jeans si emette una quantità di gas serra pari a quella emessa da una macchina in oltre 100 km di guida! Non è difficile immaginare quindi la quantità di CO2 emessa ogni anno dall’intera filiera mondiale, e in effetti uno studio del 2018 ha calcolato che l’industria dell’abbigliamento è responsabile di quasi il 10% delle emissioni.

Tuttavia parlando di questo tema non si può ignorare un altro aspetto: che fine fanno i vestiti una volta che abbiamo smesso di utilizzarli? Oltre al fatto che la maggior parte dei tessuti non è biodegradabile, con la conseguenza che i nostri vestiti contribuiscono ad aumentare la massa di rifiuti che giocano un ruolo non indifferente nella produzione di gas serra e di inquinamento dei suoli, c’è un altro aspetto da considerare. Mentre riempiamo la terra di rifiuti, infatti, dovremmo anche pensare agli effetti sugli Oceani. Il largo utilizzo di poliestere nella produzione di abiti fa sì che lo stesso rilasci microplastiche che si disperdono nelle acque insieme alle fibre non biodegradabili.

E quindi, cosa si dovrebbe fare per far fronte a tutto questo? 

Alcune ricerche suggeriscono che uno delle principali cause dell’aumento nel consumo di abiti (oggi ne possediamo il 40% in più rispetto a qualche anno fa) sia proprio nell’attitudine delle grande aziende di fast-fashion di proporre un numero di collezioni troppo elevato. Una recente ricerca ci dice che da una media di due collezioni per anno dei primi anni 2000, oggi vediamo una media di 24 collezioni proposte ogni anno dai diversi brand. 

Si potrebbe partire proprio da questo dato, incoraggiando le aziende e i brand a invertire il trend di consumo dei propri clienti, rallentando il ciclo di consumo degli abiti, e iniziando a produrre in modo più sostenibile e con più rispetto dell’ambiente.