Parità di genere e obiettivi di Sviluppo Sostenibile, verso l’8 marzo

Tra pochi giorni sarà la festa internazionale dei diritti delle donne, istituita dalle Nazioni unite nel 1975 con l’obiettivo di celebrare i progressi in ambito economico, politico e culturale raggiunti dalle donne in tutto il mondo.

Nell’Agenda 2030 il tema della parità dei diritti tra uomini e donne è riportato nel Goal 5 che punta a raggiungere la parità di genere e l’empowerment (maggiore forza, autostima e consapevolezza) di tutte le donne e le ragazze nel mondo.  Nel 2019 le Nazioni unite hanno presentato “The gender snapshot 2019”, una ricerca che analizza la situazione della parità di genere rispetto agli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Dalla ricerca vediamo che, per ogni obiettivo, le donne risultano sempre svantaggiate rispetto agli uomini e che la disuguaglianza è dovuta a diversi fattori come lo status sociale, la collocazione geografica, la ricchezza e l’etnia.

Facciamo alcuni esempi: le donne, svolgendo attività di cura e lavori domestici non retribuiti, hanno meno tempo disponibile per studiare e formarsi (Goal 4) e quindi anche meno opportunità di ottenere un lavoro dignitoso (Goal 8), oltre al fatto che, stando ai dati del 2018, le donne dai 25 ai 54 anni hanno più del doppio delle probabilità di essere disoccupate perché il matrimonio e la gravidanza spesso ne rendono più difficoltosa l’assunzione. Rispetto al Goal 3 (Salute e benessere) nel 2017, quasi 300mila donne sono morte per complicazioni legate alla gravidanza e al parto, un fenomeno particolarmente grave nelle aree rurali come ad esempio in Colombia, dove oltre un terzo (33,4%) delle donne indigene che vivono in famiglie rurali povere partorisce senza assistenza sanitaria.

Ma non finisce qui! In molti Paesi poveri, le disuguaglianze di genere riguardano anche l’accesso ai beni di primissima necessità come l’acqua pulita (Goal 6). Infatti dove l’acqua corrente non è disponibile a casa, le donne sono le principali fornitrici di acqua per uso domestico e per ottenerla esse spesso percorrono lunghe distanze. Allo stesso modo, la deforestazione aumenta il tempo che le donne impiegano a raccogliere legna da ardere. In Zambia, le donne trascorrono in media 800 ore all’anno per quel compito!

Infine le donne sono vittime di numerose forme di violenza, spesso con atti impuniti, come lo stupro, il femminicidio, la tratta, lo sfruttamento sessuale, le forme mediatiche di violenza fino alle mutilazioni genitali femminili.

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Video pubblicato in occasione della 20esima giornata mondiale contro la violenza sulle donne (11/2019)

Responsabilità editoriale e i contenuti dell’articolo sono a cura dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS)

Barriere coralline in pericolo

Qualche giorno fa si è tenuto a San Diego, in California, un convegno internazionale sul tema delle scienze oceaniche, che purtroppo ha mostrato dati e notizie che è importante considerare. Secondo quando detto dagli esperti, i cambiamenti climatici che stanno interessando i fondali marini potrebbero causare la totale scomparsa delle barriere coralline nel giro di meno di un secolo. Le principali cause sono l’aumento delle temperature e l’acidificazione delle acque. Quest’ultimo fenomeno, in particolare, è dovuto all’aumento dell’anidride carbonica nelle acque oceaniche, che la assorbono da quella in eccesso dall’atmosfera trasformandola in acido carbonico.

Il dato più preoccupante è però quello legato alle dinamiche temporali. Non bisognerà infatti attendere fino al 2100 per vedere i primi effetti di questo disastro ambientale, perché si ritiene che avanti di questo passo il 70-90% di questi ecosistemi non sopravviverà già nei prossimi 25 anni

Un’altro fenomeno che è stato messo in luce durante il convegno è stato quello che viene definito “sbiancamento”, o bleaching in inglese. Forse saprete che molti coralli sono colorati, e questo fenomeno è dovuto alla presenza di alcune alghe, che vivono simbioticamente all’interno dei coralli stessi e che danno loro il colore. Purtroppo, a causa dell’acidificazione delle acque e soprattutto all’aumento della temperatura, i coralli sono posti sotto stress e reagiscono liberandosi delle alghe: è così che si ottengono coralli bianchi e opachi, caratteristiche che presagiscono la sofferenza dell’organismo e maggiore predisposizione alla morte.

Per cercare di far fronte a questo disastro si sta provando a trapiantare coralli vivi, creati in laboratorio, all’interno delle barriere coralline danneggiate per provare e riattivare la proliferazione. Purtroppo questa tecnica sta dando, per il momento, risultati non troppo incoraggianti, in particolare per la minore resistenza di questi coralli nell’ambiente oceanico.

Secondo gli esperti, nel 2100 i pochi luoghi dove ancora potranno proliferare i coralli saranno alcune parti della California del Sud e il Mar rosso, rimanendo comunque habitat a rischio.

Best Team of the Month – Febbraio 2020

Ciao a tutti Agenti0011! Ecco a voi i vincitori del primo premio BEST TEAM OF THE MONTH dell’edizione 2020 di Agente0011!

SCUOLE:

  • Fascia 5-10: TEAM Superinclusive – Scuola Primaria Vernole I.C. E Castri – Vernole (Puglia)
  • Fascia 11-13: TEAM Obiettivi Futuri – Secondaria Di I Grado Filippo Brignone – Pinerolo (Piemonte)
  • Fascia 14-19: TEAM Fuoriclasse – IIs Minutoli – Messina (Sicilia)

ENTI INFORMALI:

  • Fascia 5-10: TEAM Nuotatori2 – Power Team – Messina (Sicilia)
  • Fascia 11-13: TEAM Un Futuro Per Chi Sa Sorridere – Associazione Liberi Di Sorridere – Novara (Piemonte)
  • Fascia 14-19: TEAM Uniti Verso La MET – Pinerolo (Piemonte)

Complimenti a tutte le ragazze, i ragazzi, i docenti e i responsabili che vincono i premi messi in palio da ActionAid!

Dal 1 marzo cominciano le missioni valide per l’assegnazione del premio Best Team of the Month di Marzo 2020. Vi aspettiamo!

Popolazioni indigene e lavoro, i nuovi dati

Abbiamo parlato qualche settimana fa delle popolazioni indigene e del ruolo, troppo spesso sottovalutato, che le loro conoscenze potrebbero avere nel progettare soluzioni sostenibili per l’ambiente. Recentemente è stato pubblicato un rapporto dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro (OIL) che mette in chiaro come le popolazioni indigene siano escluse da un futuro sostenibile e florido anche sul piano del lavoro. Il rapporto, in particolare, sottolinea che queste popolazioni sono quelle che più spesso si trovano in condizioni di povertà, con picchi per quanto riguarda le donne che hanno, rispetto agli uomini, probabilità molto più basse di concludere gli studi di base.

Lo studio evidenzia che queste popolazioni hanno tre volte la probabilità di trovarsi in condizioni di estrema povertà rispetto agli altri: quando si parla di povertà estrema, pensate, si intende vivere con meno di 1,90 dollari al giorno

Troppo spesso ci si dimentica di queste persone, e troppo spesso immaginiamo che i problemi affliggano un piccolissima parte della popolazione. Ma non è così. Pensate che si calcola che nel mondo le comunità indigene siano circa 5mila, equivalenti a oltre 476 milioni di persone..il 6% delle popolazione di tutto il mondo!

Uno degli aspetti fondamentali rispetto al rischio di esclusione di queste popolazioni è dato dalla condizione delle donne all’interno delle comunità. Se la situazione è già complessa in partenza per tutti, non si può non tenere in conto che le donne hanno possibilità ancora più basse degli uomini di poter completare l’istruzione di base, e hanno ancora maggiori probabilità di trovarsi in condizioni di indigenza estrema. Per fare un esempio, pensate che solo un quarto delle donne indigene ha un lavoro retribuito, contro quasi la metà alle donne non indigene. 

Questi sono alcuni dati, estrapolati dallo studio, con i quali si vuole mettere in luce le profonde disuguaglianze che le popolazioni indigene della terra si trovano ad affrontare ogni giorno. Conoscere queste situazioni è molto importante, ma lo è anche agire e attivarsi concretamente per tutelare e cambiare le vite di queste persone. 

Ad oggi, tuttavia, esiste un solo trattato internazionale che si propone di salvaguardare i diritti delle popolazioni indigene e tribali (Convenzione n. 169 del 1989) ma è stato ratificato solo da 23 dei 189 paesi che fanno parte dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro. Ciò significa che solo il 15% di quel quasi mezzo miliardo di persone vive in paesi che riconoscono il trattato e ne mettono in pratica le linee guida. Ancora troppo, troppo poco per poter sconfiggere davvero le disuguaglianze globali.