Ma qualcuno, coi giovani, ci ha mai parlato?

I giovani passano troppo tempo attaccati al telefono, escono e bevono troppo.
Si avvicinano al sesso sempre prima, non hanno più un legame con le istituzioni, non si interessano di politica. I giovani parlano e scrivono in modo imbarazzante.

Se questa sequela di luoghi comuni vi suona familiare, è perché lo è. O meglio, potrebbe. In realtà queste parole, qui tradotte e riassunte, sono state pubblicate il 21 novembre 1958 sul New Yorker. “Pecoroni”, “bamboccioni”, “choosy”, “sdraiati”. La lettura che gli adulti danno delle generazioni più giovani è sempre passata per appellativi poco lusinghieri e la narrativa secondo cui “i giovani di oggi sono dei buoni a nulla” è, dagli anni ‘50 in poi, più o meno sempre la stessa.

La lettura che gli adulti danno dei comportamenti dei giovani a quanto pare è sempre stata un po’ svalutante. Ma qualcuno, coi giovani, ci ha mai parlato? Noi in questo podcast abbiamo provato a farlo. Abbiamo deciso di sfatare i luoghi comuni e metterci all’ascolto delle nuove generazioni. Il risultato è la seconda stagione del podcast “La Mia Parte” prodotto con Chora Media con l’obiettivo di dare ai giovani la possibilità di raccontare le loro rivendicazioni.

Nel corso di quattro episodi, il giornalista e autore Alessandro Sahebi raccoglie le testimonianze di giovani attiviste e attivisti che si stanno facendo strada nel mondo della cittadinanza attiva in Italia e oltre i confini nazionali.

Attiviste e attivisti di ActionAid e delle realtà che collaborano con noi raccontano il movimento giovanile e studentesco insieme all’Unione degli Studenti, le azioni contro il cambiamento climatico in Tanzania, la lotta per i diritti delle comunità LGBTQIA+ grazie a progetti come Youth for Love Italia e l’impegno quotidiano contro la violenza di genere a Roma con il collettivo Marielle e Lucha y Siesta.

Diamo voce ai giovani

“La nostra generazione, secondo dati OCSE, non solo è una delle prime generazioni a essere più povera e più svantaggiata rispetto a quella precedente. Abbiamo molte meno prospettive di futuro rispetto ai nostri genitori a cui era stato promesso un certo mondo”, afferma nel primo episodio Bianca Chiesa, 21 anni e coordinatrice nazionale dell’Unione degli Studenti. “[…] Quando veniamo definiti in maniera un po’ paternalista, come giovani svogliati, mammoni o bamboccioni, il tema è un po’ che non abbiamo proprio i mezzi per elaborare proposta politica e soprattutto poi per avere una voce, un’attenzione e delle risposte da parte della politica attuale”.

Ogni episodio offre uno sguardo autentico e approfondito sulle sfide e le vittorie dei giovani di oggi, grazie alle preziose testimonianze di chi crede fermamente nel proprio impegno, inclusa quella di Pietro Turano, noto non solo per il suo ruolo nella serie Skam Italia ma anche come attivista LGBT e vicepresidente di ArciGay Roma.

ASCOLTA IL PODCAST QUI: La mia parte | Podcast on Spotify

Yatapita: un documentario sulla giustizia climatica in Tanzania

Cos’è l’ingiustizia climatica?

Gli impatti del cambiamento climatico non colpiscono allo stesso modo gli individui e le comunità nelle diverse aree geografiche della Terra. Inoltre, non tutti i paesi sono ugualmente responsabili di questi cambiamenti.

Il concetto di giustizia climatica si basa su questi due principi, ed è considerato un aspetto sempre più importante nei dibattiti sull’adattamento e la mitigazione.

Per approfondire: Giustizia climatica – IPCC – Focal Point Italia (cmcc.it)

Testimonianze dalla Tanzania

ActionAid e Will Media hanno prodotto un documentario con il supporto del progetto Food Wave, disponibile sul canale YouTube di Will Media. Si intitola Yatapita, ovvero “Tutto passerà”, che dà il nome a una canzone molto nota in Tanzania.

Silvia Lazzaris – giornalista e autrice, ci guida in un viaggio alla scoperta degli impatti della crisi climatica in Tanzania, che causa ben il 70% degli eventi meteorologici estremi in un territorio dove i periodi di siccità di alternano a imprevedibili inondazioni.

Una “multa da pagare per un reato non commesso”, come evidenzia Lazzaris in apertura al documentario, per un paese che contribuisce solo allo 0,03% delle emissioni globali di gas serra e dove le conseguenze della crisi climatica causano gravi danni all’economia nazionale, basata principalmente sull’agricoltura.

Yatapita mette a fuoco e mostra questa ingiustizia, che viene denunciata in modo chiaro all’interno del documentario anche dai giovani attivisti della rete Global Platform, che evidenziano il ritardo dei paesi più ricchi nel rispettare le promesse fatte a paesi come la Tanzania, su cui già gravano pesanti eredità coloniali e squilibri economici.

Una situazione fotografata anche dal recente rapporto di ActionAid “How the finance flows”, che mostra come, a sette anni dall’Accordo di Parigi, i finanziamenti delle principali banche private verso i settori che più contribuiscono alla crisi climatica – fossili e agricoltura industriale – in 134 Paesi del Sud globale sono 20 volte superiori ai fondi pubblici che i governi hanno stanziato per il contrasto al climate change nei medesimi Paesi.

Per questo, con la campagna #FundOurFuture, ActionAid sollecita i governi a intervenire per una maggiore regolamentazione dei settori bancario e finanziario e chiede agli investitori privati di smettere di finanziare l’espansione dei combustibili fossili, per investire le risorse in soluzioni sostenibili, che possano favorire una transizione giusta.

Ecco il link per vedere il documentario:

Cos’è l’INGIUSTIZIA CLIMATICA? Siamo stati in Tanzania per farcelo raccontare da chi la sta vivendo – YouTube

 

Insieme Possiamo Tutto: arriva il game della partecipazione studentesca!

Hai un problema nella tua scuola e non sai cosa fare per risolverlo? Vuoi portare un cambiamento ma non sai come muoverti? Non preoccuparti, sono in arrivo delle nuove missioni per voi agenti, grazie alle quali ognuna e ognuno di voi potrà mettersi alla prova con le idee più irriverenti e tattiche per raggiungere l’obiettivo di cambiamento che vi sarà affidato!

“Nessuno ci prende in considerazione, nessuno ci ascolta e nessuno si interessa ai nostri bisogni”: quante volte abbiamo detto questa frase in preda alla rassegnazione più totale dopo essere stat* completamente ignorat*? Questo gioco si configura come un pacchetto di missioni attive tutto l’anno, in cui dovrete capire come risolvere una serie di problemi all’interno della scuola attraverso gli strumenti di rappresentanza e partecipazione a vostra disposizione. A partire da questi problemi analizzerete le tutele legislative e giuridiche, vi interrogherete su come organizzarvi all’interno della scuola per portare avanti la missione ed elaborerete diverse strategie di campaigning e mobilitazione collettiva.

Nell’ambito del progetto Orientamento e Partecipazione per l’Educazione finanziato dall’Unione Buddhista Italiana abbiamo svolto numerosi percorsi per stimolare e accrescere la partecipazione studentesca nelle scuole e crediamo che tutto questo sia fondamentale per accrescere il potere che l* giovani possono avere nel trasformare la scuola e la società in cui vivono, portando cambiamenti positivi per tutta la comunità.

Vogliamo accompagnarvi in un processo che metterà alla prova la vostra creatività e astuzia, per far diventare il “non cambierà mai niente” in un “insieme possiamo tutto”. Infatti, per vincere dovrete collaborare come gruppo, arrivando a soluzioni condivise e realmente efficaci. Non vogliamo sentire scuse di nessun tipo, ma solo soluzioni che faranno drizzare i capelli a tutto il consiglio d’istituto di Agente0011.

 

ISTRUZIONI PER LA PARTECIPAZIONE

Per raggiungere i vostri obiettivi di cambiamento potete partecipare alle missioni “Possiamo Tutto – il gioco”. Le missioni sono strettamente collegate tra loro e consequenziali, partite dalla prima (1. tutele giuridiche) per poi passare a quelle successive (2. organizziamoci e attiviamoci e 3. solidarietà tra pari).

Nei download trovate una serie di materiali e documenti utili per svolgere queste missioni.

 

Spazi sicuri per tutt*

Cosa pensano gli adolescenti sulla violenza? Abbiamo indagato questo fenomeno con IPSOS nell’ambito del progetto Youth for Love Italia, finanziato con i fondi otto per mille Soka Gakkai. È emerso che per ragazze e ragazzi dai 14 ai 19 anni i motivi principali per cui si diventa oggetto di violenza sono le caratteristiche fisiche, l’orientamento sessuale e l’appartenenza di genere. In più per 4 giovani su 5 una donna può sottrarsi a un rapporto sessuale, per 1 su 5 non è violenza toccare le parti intime senza consenso e le ragazze possono provocare la violenza sessuale se mostrano un abbigliamento o un comportamento eccessivamente provocante.

Sono tutti dati che vivono nei fatti all’interno delle scuole, luoghi che purtroppo possono diventare di produzione e riproduzione della violenza di genere e tra pari. Da anni costruiamo percorsi di consapevolezza e di empowerment con le comunità educanti, dotandoci di strumenti che possano contrastare le violenze agite e costruire un nuovo modo di stare insieme in classe e nell’istituto, basati sul consenso e l’inclusione. Da Roma le studentesse e gli studenti del progetto Youth for Love Italia invitano tutta la comunità di Agente0011 a riflettere su questo tema, chiedendovi di replicare l’attività che hanno ideato per la loro scuola, tramite la missione annessa che trovate nel portale. 

Non possiamo restare immobili di fronte al problema sistemico della violenza, di matrice patriarcale e xenofoba. Le scuole devono diventare luoghi sicuri per tutte le soggettività che le abitano, luoghi in cui poter esprimere le proprie fragilità e i propri talenti. Per farlo dobbiamo partire dall’identificazione di regole condivise di cui dotarci, che tengano dentro bisogni e necessità di chi vive gli spazi collettivi. Gli spazi sicuri possono rappresentare così un orizzonte verso il quale tendere, dove potersi sentire accolti e parte di un gruppo che fa della cura reciproca la base da cui partire.

Qui l’indagine da approfondire https://www.actionaid.it/informati/notizie/violenza-tra-adolescenti-indagine-actionaid-ipsos

Tutte e tutti in piazza contro la violenza di genere

Violenza di genere

Le forme di espressione della violenza sono molteplici e profondamente trasversali. A noi, infatti, giungono quelle più estreme ed evidenti, il più delle volte senza via di ritorno. Eppure, la violenza di genere è infestante, pervade tutti gli ambiti della vita, e il più delle volte facciamo fatica a ricondurre a una matrice patriarcale profondamente radicata nella nostra cultura le sue origini più profonde.

I rapporti di potere si fondano su una salda asimmetria, che diventano strumento di assoggettamento e coercizione. Lo diventano attraverso i quotidiani abusi, le microaggressioni che vengono costantemente minimizzate, la disparità salariale sui luoghi di lavori, il peso del carico di cura riversato unicamente sulle donne, senza una reale possibilità di emancipazione. Lo diventa finanche il linguaggio, specchio di un privilegio maschile, che rifiuta la declinazione di alcune professioni, perché si sa, “non sono quelle le questioni importanti”. Eppure, attraverso il linguaggio nasciamo nel mondo e nello stesso ci definiamo a partire da sembianti rappresentazionali che di noi dicono. E delle nostre capacità, e soprattutto nella potenza di poterci inscrivere in un futuro che finalmente possa diventare anche per noi donne una possibilità concreta.

Alcuni dati

Prevenzione sottocosto. La miopia della politica italiana nella lotta alla violenza maschile contro le donne, il report sul monitoraggio delle politiche antiviolenza è stato di recente pubblicato da ActionAid. In linea con NUDM, viene denunciata la sottovalutazione dei meccanismi di prevenzione e il suo inadeguato finanziamento. Ciò si riflette anche nei dati emersi dalla ricerca: al significativo aumento di risorse (+156%) registrato nell’ultimo decennio, non corrisponde una diminuzione del numero di femminicidi in Italia. Un dato, quest’ultimo, che dimostra quanto siano inadeguate le politiche antiviolenza adottate fino ad oggi e la necessità di intervenire sulle cause culturali che producono e riproducono il fenomeno attraverso l’adozione di una norma che stanzi annualmente fondi certi per la prevenzione primaria, la cui finalità è proprio fare in modo che la violenza non venga proprio agita.

 

Manifestazione 25 novembre

La Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, non deve diventare la ricorrenza della retorica istituzionale sulla lotta alla violenza di genere. D’altronde è un tema ancora trascurato dalla politica, come dimostra l’inadeguatezza del sistema antiviolenza nel suo complesso, su cui le istituzioni ad ogni livello investono poco e su cui si espongono esclusivamente in occasione di ricorrenze simboliche.

È fondamentale sostenere le mobilitazioni del movimento femminista e delle piccole e medie realtà che supportano le donne e le ragazze che subiscono violenza attive 365 giorni l’anno. ActionAid ha aderito al corteo di Roma del 25 novembre 2023 e condivide le proposte del manifesto TransfemministƏ ingovernabili contro la violenza PATRIARCALE!  del collettivo femminista Non Una Di Meno (NUDM).

In particolare, ActionAid condivide la necessità di scardinare il sistema patriarcale dalle sue fondamenta in quanto responsabile delle disuguaglianze e discriminazioni di genere che producono e riproducono le varie forme di violenza maschile contro le donne e le persone LGBTQIA+, nonché politiche pubbliche che sempre più restringono alle donne l’accesso ai diritti fondamentali e agli spazi pubblici.

 

Se vuoi vedere foto o video della manifestazione nazionale a Roma e del corteo a Milano:

 

Per approfondire:

Agente0011 torna online anche per l’a.s. 2023/2024: in arrivo tante nuove missioni!

Benvenute e benvenuti, bentrovate e bentrovati sul portale Agente0011,

Finalmente ci siamo…la nuova challenge è online! Come ogni anno, potrete partecipare a tante missioni incentrate sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite per attivarvi in prima persona per un futuro più sostenibile e giusto, a partire dalle nostre comunità locali fino al mondo intero.

Anche per l’anno scolastico 2023-2024 ci concentreremo in particolare sul favorire e rafforzare strumenti e spazi di partecipazione per studentesse e studenti, a partire dalla consapevolezza che la partecipazione non è solo un tema, ma anche un metodo, uno strumento attraverso il quale rendere le nostre scuole più inclusive, sicure, sostenibili e che tengano in considerazione bisogni e desideri di chi le vive ogni giorno. Lo faremo a partire dalla campagna Possiamo Tutto, promossa da ActionAid e Unione degli Studenti per richiedere una riforma degli organi collegiali e introdurre maggiori spazi e strumenti di partecipazione rafforzando così il potere decisionale di studentesse e studenti.

Trasversalmente ai 17 SDGs, analizzeremo le ingiustizie e disuguaglianze a livello globale, nazionale e locale per elaborare soluzioni e alternative oltre che favorire la comprensione critica di altre e altri giovani rispetto alle tematiche trattate. È infatti a partire dai e dalle giovani, dalle loro voci e dai loro desideri che riusciremo ad affrontare le molteplici crisi che stiamo vivendo, tra cui la crisi climatica, quella economica, la guerra.

 

Siete pronte e pronti per cambiare l’Italia a partire dalla scuola?

Unitevi a noi e iscrivetevi alla challenge!

 

 

Il portale Agente0011 si rivolge alle scuole di ogni ordine e grado di tutta Italia coinvolgendole in un percorso di apprendimento e mobilitazione per rafforzare la cittadinanza attiva e il raggiungimento degli obiettivi educativi per i cittadini globali, in ottemperanza anche alle linee guida ministeriali sull’insegnamento dell’educazione civica, i e le giovani da tutta Italia sono chiamati e chiamate a partecipare con la propria classe o con un gruppo informale alla sfida sulla sostenibilità.

il ruolo delle popolazioni indigene nella protezione della biodiversità

Contesto Storico

Istituita dalle Nazioni Unite nel 2000 con Risoluzione 55/201 e proclamata per il 22 maggio, la Giornata Mondiale della Biodiversità ha lo scopo di aumentare la comprensione e la consapevolezza dei problemi della biodiversità e di commemorare l’adozione del testo della Convention on Biological Diversity (CBD) adottata a Nairobi, Kenya, il 22 maggio 1992 e firmata a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992.

La Convention on Biological Diversity (CBD) è lo strumento legale internazionale per “la conservazione della diversità biologica, l’uso sostenibile dei suoi componenti e la giusta ed equa condivisione dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche” che è stato ratificato da 196 nazioni. Il suo obiettivo generale è quello di incoraggiare le azioni che porteranno ad un futuro sostenibile.

Che cos’è la biodiversità e perché è fondamentale

La biodiversità si riferisce alla varietà di forme di vita che popolano il nostro pianeta. Questa diversità si estende a tutti i livelli di organizzazione biologica, dalle molecole ai sistemi ecologici. La biodiversità comprende la diversità genetica all’interno di una specie, la diversità delle specie all’interno di un ecosistema e la diversità degli ecosistemi all’interno di un territorio. La biodiversità è quindi una caratteristica fondamentale della vita sulla Terra e rappresenta una fonte di benefici per gli esseri umani, tra cui la produzione di alimenti, l’approvvigionamento di acqua e l’assorbimento di anidride carbonica. La biodiversità è inoltre un indicatore della salute degli ecosistemi e della loro capacità di rispondere ai cambiamenti ambientali. Tuttavia, la biodiversità è minacciata dalla distruzione degli habitat, dall’inquinamento, dal cambiamento climatico e altre attività umane.

Le popolazioni indigene proteggono l’80% della biodiversità rimanente del mondo

La perdita di foreste si dimezza nei territori abitati dagli indigeni. Inoltre circa il 65 per cento di queste aree si è salvata dallo sfruttamento – nelle altre zone si scende al 44 per cento. Sono moltissimi i casi in cui il controllo del territorio da parte delle popolazioni native si è rivelato efficace, duraturo e resiliente, evidenziando come una governance di questo tipo possa dar vita a “relazioni sostenibili fra uomo e paesaggio”, considerando che “i popoli indigeni conducono attività compatibili con la biodiversità locale e spesso la incentivano”. Del resto, sono le persone che conoscono meglio le proprie terre e sulle quali hanno sempre fatto affidamento, “posseggono conoscenze ancestrali sull’adattamento, la mitigazione e la riduzione dei rischi derivanti dai cambiamenti climatici e dai disastri naturali”, secondo la Banca Mondiale.

Il ruolo fondamentale delle donne indigene

“Le donne indigene trasmettono la conoscenza dei loro antenati e allo stesso tempo guidano le loro comunità verso un futuro resiliente. Quando le donne indigene si impegnano, le politiche e le azioni climatiche a tutti i livelli beneficiano della loro conoscenza e leadership olistica e incentrata sulla natura”, ha dichiarato il segretario esecutivo delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici, Patricia Espinosa.

Come ha spiegato in una recente intervista l’ex relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni, Victoria Tauli-Corpuz: “Le donne indigene aiutano a proteggere i fragili territori in cui vivono. Le donne indigene sono trasmettitrici cruciali di conoscenze relative alla gestione ambientale sostenibile per le generazioni future”.

Imparare da queste esperienze e migliorare la partecipazione delle donne indigene alla politica climatica è fondamentale per raggiungere gli impegni assunti nell’ambito dell’accordo di Parigi e per uno sviluppo sostenibile e inclusivo.

 

Per saperne di più:

https://www.lifegate.it/indigeni-proteggono-un-quarto-della-superficie-mondiale

Stop Omo-lesbo-bi-transfobia

Contesto storico

Il 17 maggio di ogni anno si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia. L’evento, noto con l’acronimo IDAHOBIT (International Day Against Homophobia, Biphobia and Transphobia), è stato pensato da Louis-Georges Tin, curatore del “Dictionnaire de l’homophobie“, per sensibilizzare l’attenzione di politici, opinion leader, movimenti sociali, pubblico e media sulle violenze e le discriminazioni subite dagli appartenenti alla comunità LGBTQIA+ in tutto il mondo. La Giornata, riconosciuta anche dalle Nazioni Unite, si celebra in oltre 130 Paesi in tutto il mondo.

La data del 17 maggio è stata scelta per commemorare la decisione adottata nel 1990 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità di rimuovere l’omosessualità dalla lista delle psicopatologie. Dall’anno della sua istituzione, l’evento ha ricevuto il riconoscimento ufficiale di diversi Stati e istituzioni internazionali. Tra queste l’Unione Europea, che dal 2007 appoggia l’evento sul territorio degli Stati membri. Di quell’anno è la famosa “Risoluzione del Parlamento europeo sull’omofobia in Europa” che, all’articolo 8, ribadisce espressamente l’invito “a tutti gli Stati membri a proporre leggi che superino le discriminazioni subite da coppie dello stesso sesso e chiede alla Commissione di presentare proposte per garantire che il principio del riconoscimento reciproco sia applicato anche in questo settore al fine di garantire la libertà di circolazione per tutte le persone nell’Unione europea senza discriminazioni”.

Situazione in Europa

Nel mondo, più di 2 miliardi di persone vivono in paesi in cui l’omosessualità è illegale. In 11 giurisdizioni le relazioni consensuali fra persone dello stesso sesso sono ancora passibili di pena capitale. Se negli ultimi 10 anni abbiamo riscontrato segni di progresso a livello globale, continuano a esistere tuttavia discriminazione ed esclusione a causa dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere, e stiamo assistendo a un preoccupante arretramento per quanto riguarda i diritti delle persone LGBTQIA+. I livelli di violenza contro queste persone sono anch’essi allarmanti, anche se ampiamente sottosegnalati. A causa del loro orientamento sessuale e della loro identità di genere i giovani, in particolare, devono affrontare il rifiuto delle loro famiglie, l’abbandono della propria casa, e molestie on-line e off-line. Dobbiamo adoperarci per costruire società pacifiche e inclusive, dove ciascuno possa crescere e vivere appagato e sentirsi sicuro. L’uguaglianza, il rispetto della dignità e il rispetto della diversità sono valori centrali dell’Unione europea. Ciascuno dovrebbe liberamente poter essere sé stesso e amare chi ha scelto senza paura.

La carriera alias è una questione di diritto allo studio

“Le persone trans hanno il più alto tasso di abbandono scolastico. I pochi tentativi per aiutarle sono ostacolati dai gruppi “no gender”, che da tempo tengono sotto controllo il mondo della scuola”.

Carriera alias è un regolamento d’istituto che permette a studenti trans di usare in ambito scolastico (o universitario) il proprio nome di elezione. “È un accordo che garantisce la possibilità di essere visti e conosciuti dagli altri con il proprio nome di elezione, senza dover fare un coming out obbligatorio o continuo davanti a compagni o insegnanti”, spiega Fiorenzo Gimelli, presidente di Agedo, associazione di genitori, parenti e amici di persone lgbtq+. “Resta fermo che il nome anagrafico è usato in tutti i documenti che hanno valore legale verso l’esterno. Sono due percorsi distinti. L’unica finalità della carriera alias è tutelare il benessere delle persone”.

Il regolamento è nato anche grazie alla riflessione di associazioni e genitori. Il senso è quello di rendere effettivo il diritto allo studio delle persone trans. “L’Italia è un paese fortemente arretrato rispetto a questa realtà, troppo spesso negata e invisibilizzata. E l’invisibilit porta a violenza. Sono persone che, se non supportate e incoraggiate a potersi esprimere per ciò che sono, sono costrette a una vita che non è la loro, ma quella che la società e la famiglia si aspetta”, dice Elisabetta Ferrari, presidente di GenderLens.

Secondo i dati dell’agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (Fra), in ambito scolastico il 56 per cento delle persone lgbtq+ dichiara di nascondere sempre la propria identità. La percentuale sale al 77 per cento per adolescenti trans o non conformi al genere assegnato alla nascita. Studi e ricerche citati da GenderLens, individuano la scuola come luogo dove ci sono più spesso episodi di violenza e bullismo contro le persone lgbtq+, con conseguenze sulla salute mentale e sul rendimento scolastico. In questo contesto, le persone trans hanno il più alto tasso di abbandono, con il 43 per cento degli adolescenti tra i 12 e i 18 anni che lascia la scuola prima di aver terminato gli studi. “Non si può ignorare questa situazione”, dice Ferrari.

Da alcuni anni la carriera alias è entrata in diversi atenei e circa 160 istituti scolastici, basandosi sulla normativa sull’autonomia e sulle linee guida su bullismo e discriminazioni, e grazie ad accordi con studenti, famiglie e associazioni. Al momento non esistono previsioni ministeriali, il che significa da un lato che l’adozione del regolamento è a discrezione della direzione scolastica, e dall’altro che i modelli di applicazione possono essere diversi.

 

 

il ciclo non è un lusso!

La Period Poverty, o povertà mestruale, è una realtà che tocca da vicino tante donne e ragazze, in quelle zone del mondo dove avere il ciclo significa affrontare tantissime problematiche. Dall’impossibilità di garantire la propria igiene personale alla mancanza di soldi per acquistare assorbenti, dalle difficoltà a frequentare la scuola alla stigmatizzazione e i tabù che ancora si muovono intorno a questa tematica.

Cos’è la Period Poverty

1 ragazza su 10 in tutto il mondo perde giorni di scuola perché non ha accesso agli assorbenti o per la mancanza di bagni; nell’Africa Sub-sahariana si tocca il picco del 20% dell’intero anno scolastico. In Kenya, il 50% delle ragazze in età scolastica non ha accesso agli assorbenti. In India ci sono 355 milioni di donne in età mestruale e il 12% di loro non ha i soldi o la possibilità di acquistare prodotti per gestirlo. Succede spesso quindi che le donne siano costrette a tenere lo stesso assorbente o tampone per troppo tempo, il che può causare infezioni anche gravi. Peggio ancora se ciò avviene in Paesi in cui alle ragazze vengono praticate le MGF, mutilazioni genitali femminili.

Ci sono inoltre realtà in cui lo stigma intorno alla tematica obbliga le giovani a crescere con un costante senso di paura e vergogna riguardo al proprio ciclo, affrontando anche castighi sociali.

Tramite opere di formazione e sostegno economico l’azione di ActionAid in questi Paesi è focalizzata a risolvere il problema un passo alla volta. Attraverso la formazione, le ragazze imparano a comprendere meglio il funzionamento del proprio corpo, a prendersi cura della propria salute e a battersi per i propri diritti. Nelle scuole si organizzano aree esclusive per le loro, dove sia più facile gestire il ciclo serenamente e senza vergogna. Nelle comunità il lavoro è anche mirato a colmare la mancanza dei prodotti, per questo parte degli interventi prevede lezioni su come creare assorbenti esterni riutilizzabili, che sono economici e sostenibili.

Durante le crisi umanitarie, come quella del Covid-19, ActionAid ha distribuito alle comunità in difficoltà kit igienici con assorbenti, sapone e mutandine pulite, che permettessero alle donne di vivere le proprie mestruazioni al sicuro e con dignità.

Povertà mestruale: basta Chhaupadi in Nepal

In Nepal, ActionAid e le realtà locali stanno lavorando con le comunità per interrompere la tradizione dello Chhaupadi. Una pratica illegale dal 2005 e ancora attuata in alcune zone rurali, che obbliga le donne ad allontanarsi dal proprio villaggio durante il periodo mestruale per non causare sfortuna alla propria famiglia. Le donne e le ragazze sono costrette a trascorrere il periodo del ciclo in anguste capanne di fango, spesso senza alcuna scorta di cibo, senza assorbenti o acqua corrente per lavarsi. Oltre alle ripercussioni psicologiche, ci sono anche serie problematiche legate alla salute e pericoli per la loro incolumità.

Questa è stata anche l’esperienza di Maya, una ragazza di 15 anni che vive in un villaggio nell’Ovest del Nepal, prima dell’arrivo di ActionAid. Durante lo Chhaupadi le donne della sua comunità venivano bandite, costrette in capanne grandi non più di un armadio. Questo causava la morte di almeno due donne all’anno, per il freddo o le inalazioni da fumo o per morsi di animali.

ActionAid ha avviato una campagna di sensibilizzazione nel villaggio di Maya, sia raccogliendo gruppi di donne che bussando porta a porta, spiegando tutti i rischi dello Chhaupadi e in che modo va invece gestito il periodo mestruale. È arrivata anche dalla mamma di Maya, le ha spiegato che il ciclo è un semplice processo biologico del corpo e non c’è nulla di cui vergognarsi e nessun motivo per nascondersi. Da allora, né lei n Maya sono state più costrette ad allontanarsi da casa per questo.

Youth for Love 2 e il congedo mestruale

È all’interno del programma europeo Youth for Love 2, che in Italia noi di ActionAid abbiamo portato avanti con Afol Metropolitana, che nasce un Manifesto con richieste puntuali alla politica e alle scuole. Proposte di iniziative ideate da ragazze e ragazzi che hanno partecipato attivamente ad attività e laboratori. Tra le esperienze locali che possono diventare buone pratiche da replicare, vi è quella dell’ISS Oriani-Mazzini di Milano. Scuola con utenza principalmente femminile, molte studentesse hanno un ciclo invalidante. Grazie anche alla diffusione di richieste per una scuola transfemmista di Unione degli Studenti, le ragazze che hanno partecipato al progetto Youth for Love hanno voluto richiedere il congedo mestruale.

In occasione di questa giornata vi proponiamo un’interessante iniziativa:

Il Festival del Ciclo Mestruale dal 25 al 28 maggio 2023 a Milano

La seconda edizione affronta temi come l’impatto ambientale del ciclo mestruale, il congedo mestruale, i diritti riproduttivi e patologie come l’ovaio policistico.

Il Festival del ciclo mestruale vuole cambiare la narrazione sul ciclo mestruale, e riconoscerlo come tema fondamentale per la salute e la parità di genere. Vuole contrastare le forme di emarginazione che ancora colpiscono le persone che mestruano, e creare uno spazio di ascolto e di riflessione promuovendo una rete di supporto. Vuole aiutare a comprendere e a gestire i sintomi fisici ed emotivi legati alle mestruazioni, e informare sui dispositivi sanitari per fare scelte d’acquisto consapevoli e sostenibili.

 

Ecco la programmazione dell’evento:

https://ilfestivaldelciclomestruale.com/programma/

Inclusione, pari opportunità e una democrazia reale per un Paese senza discriminazioni, senza muri, senza barriere

Il 21 maggio si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale della diversità culturale per il dialogo e lo sviluppo, proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la Risoluzione 57/249.

La Giornata mondiale sulla diversità culturale rappresenta un’opportunità per approfondire il richiamo al valore che risiede nelle differenze delle realtà culturali del pianeta, per capire come ‘vivere insieme’ in maniera costruttiva.

La campagna organizzata in occasione della Giornata mondiale della diversità culturale 2012, che riprende la campagna “Do One Thing for Diversity and Inclusion“, lanciata nel 2011 dall’UNESCO e dell’Alleanza delle civiltà delle Nazioni Unite, incoraggiando le persone e le organizzazioni di tutto il mondo ad adottare misure concrete per sostenere la diversità, mira a:

  • sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza del dialogo interculturale, della diversità e dell’inclusione;
  • costruire una comunità globale di individui impegnati a sostenere la diversità;
  • combattere gli stereotipi per potenziare la cooperazione tra persone di culture diverse.

Con la Giornata del 21 maggio, le Nazioni Unite recepiscono i principi espressi nella Dichiarazione universale sulla diversità culturale, adottata dalla Conferenza generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (UNESCO) nel 2001. In questi documenti appare forte il richiamo all’art.27 della Dichiarazione universale dei diritti umani e agli artt. 13 e 15 dei Patti internazionali sui diritti economici, sociali e culturali secondo cui i diritti culturali sono “universali, indivisibili e interdipendenti” rispetto ai diritti umani e tutte le persone hanno il diritto ad esprimersi liberamente e al rispetto della propria identità culturale e linguistica.

ActionAid crede in una società solidale e accogliente che mette al centro i diritti umani delle persone, contrastando l’esclusione sociale e favorendo l’integrazione. La politica della paura e la cultura della discriminazione viene sistematicamente perseguita per alimentare l’odio e creare cittadini e cittadine di serie A e di serie B.

Inclusione, pari opportunità e una democrazia reale per un Paese senza discriminazioni, senza muri, senza barriere. Perché crediamo che la buona politica debba essere fondata sull’affermazione dei diritti umani, sociali e civili.

Perché le differenze – legate al genere, all’etnia, alla condizione sociale, alla religione, all’orientamento sessuale, alla nazione di provenienza e persino alla salute, non debbano mai diventare un’occasione per creare nuove persone da segregare, nemici da perseguire e ghettizzare o individui da emarginare.

Noi siamo per i diritti e per l’inclusione.
Noi siamo antirazzisti, antifascisti e convinti che la diversità sia un valore e una ricchezza culturale.

In Italia e in Europa, ci servono politiche sociali nuove ed efficaci, per il lavoro, per la casa, per i diritti delle donne, per la scuola e a tutela delle persone con disabilità.
ActionAid per il riscatto dei più deboli e per scelte radicalmente diverse da quelle compiute sino a oggi in materia di immigrazione, politiche di inclusione, lotta alle diseguaglianze e alla povertà.