Fino al 14 dicembre in Polonia, l’incontro per affrontare il global warming e proseguire sulla strada degli accordi di Parigi. Parla S. Cannavò
Al vertice polacco, che è partito il 3 dicembre e si concluderà venerdì 14, si dovrebbe definire l’accordo per ridurre le emissioni, mentre, in pratica, tutti i Paesi partecipanti lotteranno strenuamente per difendere il diritto di inquinare ancora un po’. Infatti, non solo Trump, ma in particolare la Cina e i paesi emergenti, hanno bisogno di sporcare per crescere.
“In questa Cop si metteranno in discussione gli accordi di Parigi – commenta Santino Cannavò, responsabile politiche ambientali Uisp – quindi il risultato minimo che dobbiamo augurarci è il mantenimento delle posizioni raggiunte nel 2015 a Parigi. Se proseguiamo su questa strada tra qualche anno alcune regioni del mondo non saranno più abitabili e chi potrà permetterselo costruirà dei climi artificiali per poter rendere vivibili territori inospitali. Ma è chiaro che potrà farlo solo chi ha tanti soldi, privati o nazioni: mentre le popolazioni povere saranno sempre più povere e sempre più a rischio. Purtroppo sembra non esserci consapevolezza di questo: il negazionismo di Trump sta avendo seguaci. Lo sport sociale Uisp ribadisce con forza il suo impegno per una sostenibilità che sia concreta, anche in coerenza con l’Agenda 2030 dell’Onu, e per una condivisione della battaglia a livello nazionale e globale. Perché il pianeta è di tutti e solo con l’impegno di tutti si può tentare di invertire la tendenza in atto”.
I potenti della terra si riuniscono per proseguire il negoziato sul clima, nell’impresa di fermare il riscaldamento globale entro i 2°C, con l’ambizione di raggiungere 1,5°C. Arrivato alla ventiquattresima edizione, in una location non certo beneaugurante (Katowice, in Slesia, l’ultima regione delle miniere carbonifere europee) questo in Polonia è un incontro particolarmente importante, visto che i dati confermano quanto oramai si sa da anni: la situazione clima è grave e noi non ce ne stiamo curando. Il 2018 è stato uno degli anni più caldi da sempre e la concentrazione media di CO2 ha superato le 410 parti per milione, il valore più alto degli ultimi 800.000 anni.
“Le ragioni economiche e politiche sono prioritarie in questa fase – continua Cannavò – L’aumento del prezzo dei carburanti in Francia doveva essere una politica di riconversione green, ma viene vissuta come contrapposizione tra le esigenze di un futuro lontano e incerto e quelle delle famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese. Senza comprendere che in un ambiente invivibile il futuro sarà possibile solo per i ricchi, che potranno salvarsi anche davanti agli effetti più devastanti del cambiamento climatico. Si stanno contrapponendo interessi di carattere economico legati all’oggi e le prospettive future del pianeta, e gli scienziati non sanno più a che dati appellarsi per stimolare i governanti ad una responsabilità condivisa”.
A Katowice gli stati membri dovranno lavorare per definire le regole di attuazione dell’Accordo di Parigi, firmato nel 2015 per affrontare il cambiamento climatico a livello globale, che entrerà in pieno vigore nel 2020, quando ogni Stato dovrà mettere in azione tutti i meccanismi stabiliti. In particolare serve definire un “Rule Book”, un libro guida per attuare tutti i principi dell’Accordo e allocare le risorse finanziarie per sostenere i paesi meno sviluppati per mitigare le proprie emissioni ed adattarsi al clima già mutato.
“E le organizzazioni sociali e del terzo settore cosa fanno? Che modelli vengono avanzati? Non si fanno più sforzi in questa direzione, c’è stata una inversione di tendenza impressionante – conclude Santino Cannavò – L’argomento è sparito dall’agenda pubblica: il processo per arrivare a rendere le nostre azioni sostenibili, che doveva diventare culturale, è stato rimosso. Non c’è attenzione, programmazione, analisi politica: c’è solo una sostenibilità di facciata che porta ad un’inflazione del termine. Mentre i dossier sulla situazione reale delle nostre città e del paese ci dicono che tutto peggiora, nessun indicatore mostra un’evoluzione in senso positivo, dalla qualità dell’aria allo sfruttamento del suolo, ai rifiuti. E a questo tema è legata anche la questione delle migrazioni: le persone sono in fuga dalle sopraggiunte condizioni inospitali dei propri paesi e dalla povertà”.