Una ciotola di Poke 🥗

I sistemi di approvvigionamento del cibo del mondo globalizzato, oltre a connettere sempre di più il Nord e il Sud del Mondo, implicano enormi impatti da un punto di vista ambientale (riduzione della biodiversità, alterazione degli ecosistemi naturali), sociale (sfruttamento del lavoro, insicurezza alimentare) ed economico (aumento delle diseguaglianze).

Prima che il cibo raggiunga le nostre tavole, percorre un bel po’ di kilometri e passa per molte mani. Per assicurarci un futuro più sostenibile è fondamentale trovare nuovi modi per gestire e ridurre la nostra impronta in tutte le fasi del processo alimentare. Le criticità che caratterizzano buona parte delle filiere globalizzate e determinano per esempio la dieta delle persone in Europa possono anche coesistere in un unico piatto: per esempio una ciotola di Poke. 

Il Poke, nella sua interpretazione occidentale della ricetta originale hawaiana, è al momento uno dei piatti più di tendenza anche in Italia e rappresenta un ottimo esempio per evidenziare e rappresentare la portata di alcuni degli impatti delle filiere del cibo Nord-Sud. Il Poke è composto da diversi ingredienti: base, proteina, topping, parte croccante e salsa. Generalmente, il suo ingrediente principale è il pesce crudo affettato (poke è un verbo hawaiano che significa tagliare, affettare), servito in una ciotola di riso e condita con molti altri ingredienti: frutta secca (noci, anacardi), verdure (cipollotto, pomodorini, cavolo, alghe), frutta (avocado, ananas, mango, lime), salse e altro (zenzero, erbe, germogli).  

 

Perché è così di tendenza? 

Ci fa scoprire uno stile tropicale. È altamente personalizzabile perché ti permette di scegliere la composizione in base ai tuoi gusti. Sembra sano, è colorato e bello da guardare. Ma soprattutto, segue la tendenza dietetica del momento: pochi carboidrati e tante proteine.  

 

Ma…il Poke è sostenibile? 

Probabilmente la risposta migliore a questa domanda è: potrebbe esserlo, ma nella maggior parte dei casi non lo è.

Potrebbe esserlo perché dipende dalle caratteristiche delle filiere agro-alimentari di ogni ingrediente che compone il piatto e lo rende così ricco. Dato che non esistono al momento standard di sostenibilità internazionalmente riconosciuti per tutti i prodotti, molti degli ingredienti sopra citati hanno filiere lunghe e frammentate. Ciò significa che il processo di trasformazione dei prodotti può avvenire in diversi momenti e paesi o continenti, con tragitti di trasporto lunghi e ripetuti. In aggiunta, le differenze geo-economiche dei paesi coinvolti in queste relazioni commerciali, specialmente quelle Nord-Sud, lasciano spesso spazio alla violazione di alcuni diritti, come i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici o il diritto di accesso all’acqua.  

 

Cosa possiamo fare? 

Di fronte alla consapevolezza della complessità e spesso dell’insostenibilità di alcune delle filiere di approvvigionamento alimentare, ogni consumatore può contribuire con le sue scelte e fare la propria parte.

Come? Innanzitutto, informarsi sulla filiera che coinvolge il prodotto che si vuole acquistare per assicurarsi che sia sostenibile da un punto di vista sociale e ambientale. Cittadine e cittadini europei, specialmente le generazioni più giovani, chiedono filiere agro-alimentari sostenibili che garantiscano il la sicurezza alimentare e la salute, e sostengano la crescita, l’occupazione e i diritti di lavoratori e lavoratrici nelle filiere alimentari. È comprendendo la complessità dei sistemi di cibo che diventa possibile mettere in campo strategie per correggere distorsioni e criticità. Un’altra soluzione è scegliere ingredienti più sostenibili, cercando di comporre un Poke alternativo. Al posto dei classici ingredienti il vostro Poke potrebbe contenere una proteina vegetale, come i legumi, pesci più sostenibili e verdure meno impattanti, noci e cereali, sarebbe già un primo passo verso la sostenibilità! 

Consulta le infografiche che illustrano le filiere dei prodotti maggiormente contenuti nel Poke a questo link: https://www.foodwave.eu/wp-content/uploads/2022/04/Food-Wave-18-cities-report-FINAL-affiancate_POKE.pdf  

 

Fonte: Està per Food Wave 

 

Best Team of the Month: Aprile 2022!

Care e cari agenti,

Eccoci con il nostro appuntamento mensile per scoprire i nomi dei vincitori del mese di aprile!

Congratulazioni invece ai team che sono riusciti ad aggiudicarsi il primo posto nelle relative categorie. Scopriamoli insieme!

SCUOLA:

    1. Categoria 5-10 anni: Unicors  Team, di Manciano (GR)
    2. Categoria 11-13 anni: Thunderclass, di Melito di Porto Salvo (RC)
    3. Categoria 14-19 anni: Invincibili,  di Messina (ME)

Potete consultare la classifica definitiva sul portale, attraverso la pagina personale del vostro team. Ricordiamo che si aggiudica il titolo di “Best Team of the Month” il team con più punti che non ha ancora vinto il titolo. La classifica generale sarà tenuta in considerazione per decretare i “Best Team of the Year” alla fine della challenge.

Ancora congratulazioni ai team che hanno raggiunto la vetta per questo mese, e un grande in bocca al lupo a tutti gli altri che riusciranno a farlo nelle prossime settimane.

Il Progetto EducAction: la prospettiva dei giovani e delle giovani su metodologia, processi e risultati

Partecipare significa essere attivi, impegnati e dire la propria. Le maggiori difficoltà riguardano non avere fiducia nel proprio ruolo e abilità e il fatto che a volte nell’ambiente scolastico gli studenti e le studentesse non si sentono ascoltati e sentono di non avere spazio per partecipare.”
Così studenti e studentesse italiani che hanno preso parte al progetto EducAction descrivono la partecipazione e le difficoltà che incontrano a partecipare.

Il progetto EducAction, cofinanziato dall’UE e implementato in 4 diversi paesi europei, è stato ideato con la volontà di rafforzare il ruolo della scuola e della comunità nella promozione dell’educazione e della partecipazione civica tra i giovani. Le principali attività comprendono la realizzazione di un percorso educativo per corpo docente, studenti e famiglie volto ad acquisire competenze ed elaborare dal basso proposte di miglioramento di beni, spazi e servizi che rispondano ai loro bisogni. Infine, il progetto ha messo in atto azioni di disseminazione, networking, e advocacy a livello locale, nazionale e internazionale attraverso attività online e offline.

Il Progetto ha visto il coinvolgimento di quattro comunità scolastiche in altrettanti paesi europei: la scuola Oriani-Mazzini di Milano, in Italia, e altri istituti in Grecia, Belgio e Portogallo. Nonostante le difficoltà portate dalla pandemia, arrivata a due mesi dal kickoff del progetto, che ha influenzato profondamente le attività che si sono dovute svolgere per la gran parte online, è stato comunque possibile sviluppare il prototipo del percorso.

La struttura di EducAction ha visto l’interconnessione di 3 fasi che, partendo dall’analisi del contesto scolastico arrivando fino al coinvolgimento della comunità, avevano lo scopo di coinvolgere studenti e studentesse in un processo di consapevolezza e di individuazione di soluzione collettive ai problemi condivisi dalla  comunità di riferimento.

La prima fase ha visto lo sviluppo di un processo partecipativo volto a identificare bisogni e sfide degli studenti e delle studentesse e dell’ambiente scolastico e conseguentemente a sviluppare soluzioni collettive. Contestualmente a quello tenutosi a scuola, i e le giovani sono stati coinvolti in un processo simile rivolto però verso la comunità in cui la scuola è inserita, che ha visto la partecipazione di 19 realtà della società civile nello sforzo di identificare soluzioni condivise a problemi comuni. Infine le soluzioni identificate in ogni città sono state testate e validate a livello locale. Usando interviste, questionari e sondaggi online gli studenti e le studentesse hanno valutato se le soluzioni proposte rispondessero veramente ai bisogni e alle aspettative della comunità.

I e le giovani partecipanti sono stati infine coinvolti nella redazione di un Manifesto civico dei giovani e delle giovani, un documento contenente i fattori più importanti da considerare qualora si voglia rafforzare la partecipazione delle persone giovani nelle questioni che li riguardano, direttamente o indirettamente, a livello locale, scolastico e del vicinato. Tra i punti emersi, la necessità di vedere riconosciuto maggiore ascolto e coinvolgimento nella pianificazione delle politiche locali, una maggiore attenzione al riconoscimento delle diverse forme di partecipazione civica e alla cura del dialogo, ma anche maggiore dotazione di spazi di partecipazione e in generale una maggiore apertura e sostegno della politica alla voce dei e delle giovani.

Studenti e studentesse hanno confermato che il progetto ha colto un problema importante visto il basso livello di partecipazione sia dentro che fuori dalla scuola. La maggior parte delle persone giovani non sono a conoscenza di opportunità per partecipare o non si fidano del processi decisionali perché sentono che la loro opinione non conta per la decisione finale. In definitiva è stato un percorso che ha visto i propri risultati esprimersi soprattutto a livello individuale: la valutazione dimostra come studenti e studentesse che hanno preso parte a EducAction abbiamo rafforzare le proprie capacità, cognitive e non, e siano divenuti più consapevoli e attivi sulle opportunità e sull’importanza di esprimere la propria partecipazione.

 

BEST TEAM of the MONTH: marzo 2022!

Care e cari agenti,

Eccoci con il nostro appuntamento mensile per scoprire i nomi dei vincitori del mese di marzo! Questa volta un po’ in ritardo per problemi tecnici ma l’importante è finalmente premiare i team che si sono distinti maggiormente.

Congratulazioni invece ai team che sono riusciti ad aggiudicarsi il primo posto nelle relative categorie. Scopriamoli insieme!

SCUOLA:

  1. Categoria 5-10 anni: Kuart@, di Faloppio (CO)
  2. Categoria 11-13 anni: Rainbowclass2D, di Melito di Porto Salvo (RC)
  3. Categoria 14-19 anni: Fuoriclasse,  di Messina (ME)

 

Potete consultare la classifica definitiva sul portale, attraverso la pagina personale del vostro team. Ricordiamo che si aggiudica il titolo di “Best Team of the Month” il team con più punti che non ha ancora vinto il titolo. La classifica generale sarà tenuta in considerazione per decretare i “Best Team of the Year” alla fine della challenge.

Ancora congratulazioni ai team che hanno raggiunto la vetta per questo mese, e un grande in bocca al lupo a tutti gli altri che riusciranno a farlo nelle prossime settimane.

Riflessioni sulla sostenibilità ambientale

Il tema della sostenibilità ambientale è spesso presente nel dibattito e nei mezzi di comunicazione. È una questione molto complessa, in quanto mette in gioco la scienza, l’economia, la politica e perfino la morale.  

Inoltre, è trasversale a quasi ogni aspetto della vita sociale. Non a caso, nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile non solo vi sono obiettivi che si concentrano su tale ambito (in particolare il 12 sui modelli di produzione, il 13 sul cambiamento climatico, il 14 sui mari e il 15 sugli ecosistemi terrestri), ma la maggioranza degli altri tocca la questione della sostenibilità ambientale: il 2 in relazione alla produzione di cibo, il 6 sull’acqua, il 7 sull’energia, l’8 sulla crescita economica, il 9 sulle infrastrutture e l’industria e l’11 sugli insediamenti umani. 

Opportunamente gli obiettivi dell’Agenda 2030 uniscono l’accesso ad un bene o servizio alla sua sostenibilità ambientale: non è infatti accettabile che una parte della popolazione non abbia accesso a beni e servizi essenziali – oppure acceda a questi in misura significativamente inferiore rispetto ad altri gruppi; al tempo stesso, tale accesso ha un impatto ambientale e ciò va tenuto in conto. 

Infatti, la maggioranza della comunità scientifica è concorde nell’affermare che l’attuale modello di sviluppo determina un impatto ambientale non sostenibile per il nostro pianeta, con conseguenze che colpiscono e colpiranno in primis alcuni luoghi e alcune fasce della popolazione, ma, a lungo andare, tutti e tutte.  

I cambiamenti necessari ad affrontare questa crisi devono essere osservati attentamente, per comprendere: 

  1. Se la soluzione proposta determina un vero beneficio, a livello globale 
  1. Chi deve sopportare i costi dell’implementazione di tale soluzione  

Quanto al primo punto, vanno tenuti in conto molti aspetti. Per esempio, nella valutazione se è opportuno sostituire un bene più inquinante, con uno meno inquinante (ad es. un’automobile), si deve considerare tutto il ciclo di vita del prodotto, dall’estrazione delle materie prime, al trasporto dei componenti, sino allo smaltimento del bene stesso.  

Quanto al secondo, bisogna capire come, ad es. l’aumento del prezzo di un bene, come il carburante, influisce sulle diverse fasce di popolazione e di conseguenza prevedere forme che compensino determinati cambiamenti non esacerbando l’ingiustizia sociale. 

Lotto M’arzo

In occasione dello sciopero femminista globale dell’8 marzo migliaia di donne e persone LGBTQAI+ sono scese in piazza per ribadire con forza la necessità di sovvertire e smantellare i sistemi di oppressione che affondano le proprie radici nel patriarcato, nel razzismo e nel neoliberismo.

Come scrive anche il movimento Non Una Di Meno nell’appello per lo sciopero, quest’anno “lo sciopero femminista e transfemminista è la nostra risposta alla produzione e riproduzione di un sistema basato sulla violenza strutturale, di cui le guerre sono una delle espressioni più organizzate e intense. Per questo l’8 marzo di quest’anno lo sciopero femminista e transfemminista sarà anche uno sciopero contro la guerra e contro il riarmo! Dire no ai conflitti militari con una lettura femminista e transfemminista è riconoscere che sono il frutto di una violenza imperialista e di Stato ed espressione di rapporti di dominio, che impongono conseguenze pesantissime alle popolazioni coinvolte con differenze determinate dalle gerarchie sessiste, classiste e razziste”.  

È infatti evidente come l’attuale sistema economico, politico e sociale stia drasticamente rafforzando le diseguaglianze e sfruttando in maniera insostenibile il nostro pianeta: la crisi climatica, così come sessismo, razzismo, neocolonialismo ed etero-normatività sono i cardini di questo sistema che rafforza in particolare gli squilibri tra Nord e Sud del mondo.

È quindi indispensabile che movimenti, comunità e persone si uniscano per far sentire la loro voce e promuovere alternative radicali e femministe attraverso un’agenda che promuova una transizione giusta, verde e femminista per rispondere alla crisi multiple che si intersecano e sono ulteriormente esacerbate dalla pandemia in corso.

Una transizione giusta, verde e femminista significa riorganizzare l’economia, la società e la politica mettendo la cura al centro. Un’economia basata sulla cura si basa sulla redistribuzione delle risorse e sul diritti al lavoro dignitoso; sulla cura per l’ambiente e gli ecosistemi; sulla trasformazione profonda dei nostri sistemi di produzione e consumo; sulla riaffermazione del contratto sociale tra istituzioni internazionali, gli Stati e le persone seguita da un forte investimento nell’infrastruttura pubblica e nella cura; significa mettere al centro le persone, in particolare donne e giovani che stanno pagando il prezzo più alto di questa crisi, riconoscendo il loro potere nel guidare il cambiamento; significa favorire la pace e la sicurezza a livello globale. 

Le battaglie per una transizione giusta, verde e femminista si pongono l’obiettivo di sovvertire le dinamiche di potere ineguali e mettere in campo un approccio femminista intersezionale, decoloniale e antirazzista che metta al centro la capacità di agire (agency) attiva di donne e giovani che affronti le discriminazioni multiple basate su razza, genere, sesso, orientamento sessuale, disabilità, età, etnia, nazionalità, religione etc. 

 

Qui trovi il racconto di Radiosonar della giornata di sciopero in diverse città: https://radiosonar.net/lotto-marzo-2022-no-war/?fbclid=IwAR06mkXlkL_Fh2VkS8tm5lBMojVdo0vc7gmufTex6aVXV_x2BgUZlA4ipoI  

Qui trovi la raccolta foto delle manifestazioni che si sono svolte in tutta Italia in occasione dello sciopero femminista: https://www.facebook.com/media/set/?vanity=nonunadimeno&set=a.3417237575163110  (foto credit copertina: facebook NUDM)

Guerra in Ucraina: il costo ambientale per il nostro pianeta

Come già saprete, da alcuni giorni in Ucraina è in corso la guerra. Era nell’aria da settimane, con le forze russe schierate ai confini del paese limitrofo ufficialmente per svolgere alcune esercitazioni militari, che sono sfociate in guerra giovedì 24 febbraio con l’invasione del territorio ucraino.

Da allora, tutto il mondo sta seguendo con il fiato sospeso quello che si preannuncia come l’ennesimo scontro in cui a rimetterci, come sempre e più di tutti, saranno i civili inermi: famiglie, bambine e bambini, giovani e meno giovani che vivranno nel terrore dei bombardamenti oppure al fronte. Come per tutte le guerre, il bilancio finale si abbatterà sulla pelle delle persone, che perderanno persone care, la propria casa, la propria scuola, e in alcuni casi saranno costrette ad abbandonare il proprio paese e le proprie radici.

Ma la guerra, ovunque essa sia, porta con sé anche altre conseguenze catastrofiche, magari più silenziose ma altrettanto drammatiche. Numerosi osservatori, infatti, hanno avvertito che questo ultima escalation di violenza potrebbe causare devastazioni a lungo termine anche per l’ambiente, e più in generale per la vita sulla terra (SDG 13).

Naturalmente, alcune tra le preoccupazioni maggiori riguardano la vulnerabilità dei siti nucleari presenti sul territorio ucraino: dalla cosiddetta “zona di alienazione” di Chernobyl, ovvero l’area oggi interdetta intorno alla centrale nucleare oggetto del famoso incidente del 1986, alle quattro centrali nucleari tutt’ora in funzione che potrebbero essere colpite dall’artiglieria russa provocando una catastrofe le cui conseguenze potrebbero durare secoli.

Tuttavia  il pericolo non riguarda solo i siti sensibili dove si maneggia materiale radioattivo. Come puntualizzato da Richard Pearshouse, responsabile di Crisi e ambiente di Amnesty International, la zona orientale dell’Ucraina (dove si trova la regione del Donbas, uno degli epicentri della guerra) è piena di siti industriali come impianti metallurgici, fabbriche chimiche, centrali elettriche e miniere in disuso: tutti siti estremamente pericolosi in caso di attacco o distruzione, che se danneggiati potrebbero portare conseguenze estreme in termini di inquinamento e avvelenamento dei terreni e delle acque della regione.

Nonostante le leggi che regolano i conflitti militari proibiscano gli attacchi intenzionali alle infrastrutture civili, è evidente che la forza deterrente di queste previsioni lasci il tempo che trova, in tempo di guerra: peraltro, combattere all’interno di aree densamente popolate e urbanizzate comporta un rischio non indifferente che questo genere di attacchi avvengano anche accidentalmente.

Oltre al pericolo di un eventuale coinvolgimento delle infrastrutture industriali ed energetiche che la guerra inevitabilmente porta con sé, con tutte le conseguenze in termini di devastazione ambientale, vi è anche un altro aspetto, meno conosciuto ma altrettanto preoccupante.  L’Ucraina, infatti, è uno dei principali paesi coltivatori ed esportatori di cereali, che esporta in tutto il mondo e in particolare in Africa e Medio Oriente. Tra le conseguenze che la guerra minaccia di portare con sé, questa volta, c’è il timore che si possa assistere a fenomeni di mancanza di queste materie prime fondamentali con conseguente minaccia alla sicurezza alimentare di queste aree che, come riportato dal direttore esecutivo del World Food Programme David Beasley, sono già messe a dura prova dalle conseguenze di due anni di pandemia.

Le radici di questa potenziale catastrofe, come spesso accade, non sono recenti. L’area del Donbas, che è teatro di una guerra civile già da oltre 8 anni, è un territorio a rischio da diverso tempo. In generale, i territori orientali dell’Ucraina erano già tra i più inquinati del Paese per via della forte vocazione industriale dell’area. Se già prima della guerra – scoppiata nel 2014 – la vulnerabilità ambientale del Donbass era minacciata dalla presenza di numerosi siti industriali (con le relative emissioni, scorie e rifiuti tossici di vario genere), gli anni di sosta forzata o l’abbandono delle fabbriche e degli impianti hanno aumentato ulteriormente il rischio di disastri ambientali legati all’incuria e alla mancanza di manutenzione.

Il mancato mantenimento delle infrastrutture idriche ha fatto sì che liquami vari non trattati (e contenenti metalli pesanti come piombo, arsenico, mercurio) si siano riversati nel fiume Donetsk, mettendo in pericolo tutte le persone, le colture e le attività che dipendono da quelle acque. Persino le bombe inesplose, che rappresentano un grave rischio per i civili per anni anche dopo la fine degli scontri, rappresentano una minaccia per il suolo, poiché rilasciano sostanze tossiche di ogni tipo che avvelenano il terreno e le falde acquifere.

Infine, per non farci mancare proprio niente, l’area è profondamente vulnerabile anche dal punto di vista della tutela del patrimonio boschivo. I bombardamenti e la devastazione causata dalla guerra del 2014, insieme con gli effetti del cambiamento climatico, hanno reso l’Ucraina orientale “terreno fertile” per gli incendi. Secondo dati dell’ONU, il conflitto in Donbas ha distrutto un’area di circa 530mila ettari di terreno, compresi 18 parchi naturali. Si riporta che degli oltre 12mila incendi boschivi dell’area, buona parte siano dovuti ad effetti collaterali dei bombardamenti.

L’Ucraina è dunque già in una posizione estremamente delicata dal punto di vista ambientale, e questo conflitto potrebbe ulteriormente peggiorare le cose. Anche se l’Ucraina occupa solo il 6% della superficie in Europa possiede il 35% della biodiversità del continente. Ma lungi da noi pensare che eventualità del genere possano diventare un problema solo per chi abita quelle aree: le frontiere dei paesi, naturalmente, non sono una barriera per gli eventi naturali catastrofici e, qualora dovessero verificarsi gli eventi evidenziati finora, l’impatto si estenderà oltre i confini e colpirà gli ecosistemi di tutto il nord Europa e della Russia.

Per questo,  come dichiarato da una funzionaria dello UN Environment Programme, “c’è un urgente bisogno di monitoraggio ecologico per valutare e minimizzare i rischi ambientali derivanti dal conflitto armato.

Ma, prima di tutto, c’è un bisogno urgente che venga cessato il fuoco immediatamente e che venga messa fine a questa ennesima catastrofe umanitaria e ambientale.

BEST TEAM of the MONTH: febbraio 2022!

Care e cari agenti,

Eccoci con il nostro appuntamento mensile per scoprire i nomi dei vincitori del mese di febbraio!

Congratulazioni invece ai team che sono riusciti ad aggiudicarsi il primo posto nelle relative categorie. Scopriamoli insieme!

 

SCUOLA:

  1. Categoria 5-10 anni: Agenti Speciali Carema, di Carema (TO)
  2. Categoria 11-13 anni: Prima D, di Melito di Porto Salvo (RC)
  3. Categoria 14-19 anni: Terza Special, di Messina (ME)

 

Potete consultare la classifica definitiva sul portale, attraverso la pagina personale del vostro team. Ricordiamo che si aggiudica il titolo di “Best Team of the Month” il team con più punti che non ha ancora vinto il titolo. La classifica generale sarà tenuta in considerazione per decretare i “Best Team of the Year” alla fine della challenge.

Ancora congratulazioni ai team che hanno raggiunto la vetta per questo mese, e un grande in bocca al lupo a tutti gli altri che riusciranno a farlo nelle prossime settimane.

Solidarietà alla popolazione ucraina

Il nostro appello per un immediato cessate il fuoco

Riportiamo sul nostro sito l’articolo originariamente apparso su actionaid.it sulla guerra in Ucraina che infuria in questi giorni

 

Mentre la Russia continua il suo sconvolgente attacco militare all’Ucraina, ActionAid è inorridita dalla perdita di vite civili e dalla minaccia di violenze e sofferenze che stanno affrontando le famiglie in tutto il Paese.

ActionAid chiede l’immediata cessazione delle ostilità, e il rispetto della legislazione internazionale in tema di diritti umani e diritto umanitario.

Paras Mani Tamang, Deputy Humanitarian Director di ActionAid International afferma:

“Civili sono già rimasti uccisi in questa terribile invasione russa dell’Ucraina. Le vite delle persone verranno distrutte con conseguenze devastanti.

Donne e ragazze durante conflitti ed emergenze sono a maggior rischio di violenza di genere e lo sfruttamento aumenta, mentre l’accesso ai servizi sanitari essenziali è bloccato. Migliaia di famiglia stanno già fuggendo nei Paesi vicini e devono ricevere protezione.

Siamo solidali con il popolo ucraino e tutti coloro che sono colpiti dalle violenze”.

ActionAid International si unisce ad ActionAid Italia e ai membri del Tavolo Asilo, nel chiedere ai Governi Europei e all’Unione Europea di assicurare alle persone che scappano dalle violenze in Ucraina siano garantiti il passaggio e la protezione nei Paesi membri.

Il Tavolo Asilo chiede per questo la rimozione dell’Ucraina dall’elenco dei Paesi sicuri e la predisposizione con urgenza di un piano europeo d’accoglienza con una suddivisione equa tra i Paesi membri.

Di fronte al ritorno della guerra in Europa, un incubo che speravamo di esserci lasciati alle spalle, siamo convinti che l’unica strada da perseguire sia la democrazia.

L’appello per il ricongiungimento familiare

Nel nostro Paese vivono e lavorano oltre 230.000 persone di nazionalità ucraina e circa 20.000 hanno aderito alla regolarizzazione del 2020 desiderio di uscire quanto prima dalle maglie del lavoro nero e poter godere di tutte le garanzie e i diritti che spettano a lavoratrici e lavoratori nel nostro paese.

L’esame delle domande procede però con estremo ritardo, come dimostra il monitoraggio della campagna Ero straniero a cui aderiamo.Data la situazione attuale, è ancora più necessario intervenire per velocizzare l’iter di tutte le domande di emersione. Il nostro primo pensiero va a chi vuole arrivare in Italia per raggiungere i propri cari.

Il nostro appello è di agevolare il diritto al ricongiungimento familiare.

Stati Generali della Scuola: la scuola al centro del cambiamento

Nelle giornate del 18, 19 e 20 febbraio l’Unione degli Studenti (UdS),  in collaborazione con ActionAid Italia e altri attori della società civile, ha convocato a Roma gli “Stati Generali della Scuola”.

Un’occasione per centinaia di studenti e studentesse arrivate da tutta Italia, per condividere la propria esperienza della scuola in questi ultimi due anni, e ripensare insieme l’intero sistema scolastico, alla luce dei problemi vecchi e nuovi emersi durante la Pandemia.

A tal proposito, clima, disuguaglianze, accesso equo all’istruzione, spazi di socialità sicuri, sono solo alcuni dei temi oggetto dei sette tavoli di lavoro da cui sono scaturite una serie di proposte concrete come la necessità di una legge nazionale sul diritto allo studio, l’aumento di fondi strutturali in istruzione, didattica partecipata, connessione con il territorio, educazione sessuale e assistenza psicologica.

Non sono peraltro mancate le denunce al sistema dell’alternanza scuola-lavoro, salita agli onori della cronaca alla morte di Lorenzo Panelli e Giuseppe Lenoci, ai quali è stata intitolato simbolicamente lo Scalo Playground, il campetto che ha ospitato parte dei dibattiti.ù

Come riportato dall’Indagine “Gli studenti e la partecipazione”, condotta da Ipsos per ActionAid, la partecipazione dei giovani e delle giovani d’oggi  è sempre più bassa (solo 1 su 5 è coinvolto attivamente nelle assemblee di classe e di istituto online), ed è quindi ora più che mai necessario dare loro voce e impegnarsi perché le loro esigenze non vengano ulteriormente trascurate.

I e le giovani rivendicano una scuola realmente inclusiva e democratica, transfemminista e antifascista e hanno dimostrato avanzando soluzioni concrete che una “riforma giusta” è possibile.

Non ci resta dunque che aspettare le risposte del Ministero, consapevoli che siamo solo all’inizio di una serie di mobilitazioni che vedranno ActionAid e UdS lavorare ancora insieme finché le nostre istanze non diventeranno realtà.

Come Agente0011 abbiamo partecipato agli incontri e abbiamo raccolto alcune testimonianze dei e delle giovani coinvolte, raccontandovi lo sviluppo delle giornate sul nostro canale Instagram.

Ascolta l’intervista a Massimo

Ascolta l’intervista a Michele

Ascolta l’intervista a Manuel

Ascolta il contributo di Bianca, una delle organizzatrici degli Stati Generali per Unione degli Studenti – UdS, su partecipazione e l’attivismo a scuola