Rubrica CooperiAmo – Episodio 2

Care e cari agenti, come avete letto qualche giorno fa, è nata la nuova rubrica di Agente 0011: CooperiAmo, di cui avete visto la prima intervista sui nostri social. 

Bentornati, dunque, con il secondo episodio! 

 

Chi è l’ospite di oggi?

E’ Hassan Alì, 32enne e soccorritore che nell’intervista ci racconta delle sue esperienze con varie organizzazioni operanti nel Mediterraneo e delle persone che ha aiutato. Non facciamo spoiler sulle storie vissute e raccontate da Hassan! Vi invitiamo a sentirle direttamente da lui e vi lasciamo con una nostra riflessione. 

 

Che cosa ci insegnano le parole di Hassan?

L’importanza di mantenere la nostra umanità di fronte a fenomeni – come la povertà, le guerre e le migrazioni – molto più grandi di noi, ma che coinvolgono esseri umani come noi e che hanno bisogno del nostro aiuto. 

 Sui canali social di Agente 0011 trovate l’intervista ad Hassan. Fateci sapere cosa ne pensate! 

Veronica Lacorte 

Ad alta voce: imparare a farsi sentire

Creare spazi di partecipazione attiva di preadolescenti ed adolescenti.

Questo è l’obiettivo di “Ad alta voce”, un progetto nazionale, che coinvolge le scuole presenti in 4 differenti città italiane: Bari, Milano, Palermo e Reggio Calabria.
I giovani e le giovani che partecipano al progetto, sono stimolate e stimolati ad accrescere le proprie capacità nel prendere parola ed avere una voce.

“Ad Alta Voce” è un’azione sviluppata nell’ambito di OpenSpace, un progetto selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.
Il progetto si lega alla cittadinanza attiva e stimola la partecipazione dei e delle giovani alla vita della loro comunità e del loro territorio di appartenenza.

Le attività previste si articolano in 5 differenti fasi:

  1. costruzione iniziale di una mappa emozionale del proprio quartiere o città, individuandone i punti di forza e criticità. Le domande che hanno indirizzato questa prima fase sono state, per esempio, “qual è la cosa che ti piace di più della tua città?” oppure “la cosa che ti fa sorridere sempre quando la vedi?” “e quello invece che ti fa arrabbiare?” e “cosa vorresti cambiare? “cosa vorresti che ci fosse ed invece non c’è?”;
  2. creazione di un manifesto con le proprie proposte di cambiamento;
  3. sviluppo di una campagna di comunicazione rivolta a tutta la cittadinanza, attraverso l’arte dello storytelling e l’utilizzo dei social network;
  4. coinvolgimento di coetanee e coetanei e della comunità di riferimento;
  5. incontro con le istituzioni locali per presentare le proposte e chiedere degli impegni concreti.

L’intervista a protagonisti e protagoniste del progetto

La Task Force di Agente0011, ha realizzato un’intervista disponibile sul profilo Instagram @Agente0011, a Carlo, Antonino, Vincenzo, Francesca e Andrea che stanno partecipando con i loro gruppi di lavoro alle attività proposte da Ad Alta Voce, per comprendere meglio la realtà di questo progetto, le fasi di lavoro e l’impatto del progetto stesso sui giovani e sulle giovani partecipanti.

Innanzitutto, come ci spiega Vincenzo del “SSIG Borgese – XXVII maggio” di Palermo, l’obiettivo ultimo di Ad Alta Voce è quello di cambiare il proprio quartiere, un obiettivo importante ed ampio, che necessita della partecipazione di tutta la giovane comunità per poter essere raggiunto!
Ma quali sono gli step per poter raggiungere questo obiettivo?

Carlo, dell'”ICS Madre Teresa di Calcutta” di Milano, ci racconta che nella loro scuola si è iniziato a discutere, con i diversi rappresentanti di classe, delle caratteristiche del proprio quartiere e dei punti sui quali c’è bisogno di lavorare. Proprio da questa discussione, articolata anche attraverso l’utilizzo di foto e hashtag proposti da ragazze e ragazzi, è nata una proposta di azione per apportare dei cambiamenti nel quartiere dove i e le giovani risiedono.

Dall’intervista emerge anche che l’attuazione di questo progetto, sta aiutando i ragazzi e le ragazze a vedere e percepire il proprio territorio con uno sguardo differente, che lasci spazio ad un immagine del quartiere che si desidera, magari, come ci dice Antonino dal quartiere Zen di Palermo: “Senza spazzatura, senza spaccio, senza aspetti che ne rovinano la bellezza”.

Francesca ed Andrea dell’Istituto di Istruzione e Formazione Professionale “Euroform” di Palermo, ci illustrano le loro proposte da mettere in atto per cambiare il proprio quartiere: innanzitutto, si cerca di attuare attività di pulizia del proprio quartiere con i amici, amiche, studenti e studentesse della scuola, in modo da coinvolgere quante più persone possibile nel processo di cambiamento; l’idea principale è di poter poi “premiare” chi partecipa a tale processo, con servizi migliorati all’interno del proprio quartiere, per esempio: buoni libro, biglietti per teatro o cinema, e qualsiasi tipo di contributo possa essere dato ad accrescere la cultura di giovani cittadini e cittadine.

Le proposte dei gruppi di lavoro sono ovviamente legate a qualcosa che manca nel loro quartiere, a diritti che dovrebbero essere garantiti e tutelati. Carlo rivendica nel suo quartiere la mancanza di un luogo di ritrovo per i giovani e le giovani del territorio, e per questo loro a Milano hanno pensato di poter creare un centro polifunzionale che sia un luogo sicuro per ragazze e ragazzi, in cui potranno svagarsi, studiare, leggere e condividere esperienze.
Ad Alta Voce evidenzia una necessità di giovani italiani e italiane, di essere ascoltati e di vedere i loro diritti riconosciuti, e lo fa proprio attraverso la raccolta di queste voci e di queste esigenze.

Le avventure dei giovani e delle giovani partecipanti al progetto Ad Alta Voce, possono essere seguite da tutti e tutte sul profilo Instagram creato appositamente @adaltavoce.openspace, su cui vengono riportate le iniziative di tutti i territori coinvolti.
Dalla riqualificazione del proprio ambiente e territorio alla tutela e garanzia dei propri diritti, il progetto Ad Alta Voce si inserisce perfettamente nel contesto degli SDGs dell’Agenda2030, promuovendo l’importanza di garantire il benessere nelle sue diverse forme a tutti e tutte, in qualsiasi luogo essi siano.

 

 

Si ringraziano le educatrici Sofia Sabatino e Maria Clara Triolo e docenti e le dirigenti scolastiche delle scuole secondarie di I grado “ICS Madre Teresa di Calcutta” di Milano e “SSIG Borgese – XXVII maggio” di Palermo e “dell’Istituto di Istruzione e Formazione Professionale “Euroform” di Palermo.

Cineforum – Il ragazzo che catturò il vento 

Care e cari Agenti, le rubriche BookClub e Cineforum continuano anche a maggio con alcuni suggerimenti per scoprire il mondo della cooperazione internazionale e conoscere storie di paesi e popoli lontani. 

Oggi vi parliamo della storia vera di William Kamkwamba, tanto straordinaria che lui stesso l’ha raccontata in un libro, nel 2010, dal quale è stato tratto un film, nel 2019, che ripercorre la sua infanzia e adolescenza. William nasce nel 1987 nel villaggio di Kasunguglawi, in Malawi, un piccolo stato dell’Africa centrale, da una famiglia di agricoltori. A differenza della sua famiglia, il ragazzo ha la possibilità di frequentare le scuole medie e sviluppa una grande passione per la costruzione e la riparazione di radio e altri piccoli apparecchi elettronici, recuperando i pezzi di ricambio nella discarica del suo villaggio.  

Quando il villaggio di William, come tutto il Malawi, viene colpito dalla siccità, che causa la perdita di molti raccolti e la carestia nel paese, la popolazione reagisce. Uomini e donne si riversano per le strade per protestare contro il governo, le riserve di grano vengono saccheggiate e anche la famiglia di William viene derubata delle poche provviste che aveva accumulato. 

È in questo momento che William mette in pratica le conoscenze che ha acquisito per provare a salvare il suo villaggio e i raccolti dalla siccità: con pezzi di recupero costruisce un grande mulino a vento con cui riesce ad alimentare una pompa d’acqua e poter di nuovo irrigare i raccolti. La sua invenzione ha successo e, grazie all’intuito di William, il villaggio si salva dalla fame. 

William Kamkwamba è ora famoso in tutto il mondo e sta proseguendo la sua carriera da inventore e scrittore. 

Silvia D’Ambrosio 

 

Lo sport ai tempi del Covid-19

Lo scatenarsi dell’emergenza Coronavirus nel Febbraio 2020 e le disposizioni contenute nei Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, (in particolare il Decreto #IoRestoaCasa del 9 marzo 2020 che sanciva il lock down), vietando ogni spostamento e forma di assembramento anche all’aperto, decretando la sospensione delle attività sportive e di quelle socializzanti e ludico ricreative, hanno impattato in maniera significativa sulla possibilità di muoversi e praticare attività sportiva da parte dell’intera popolazione.

L’impossibilità di praticare sport e movimento ha riguardato tutte le fasce di età e tutti i gruppi di popolazione, ma a soffrire maggiormente delle misure di contenimento della pandemia, improntate all’isolamento, sono state le categorie più fragili, in particolare gli anziani, impossibilitati a fare anche delle semplici passeggiate, con conseguente rischio di aggravamento delle condizioni di salute, e i bambini che, costretti a casa, sono stati privati delle occasioni di socialità, di gioco, formazione e movimento offerte dalla scuola e dai servizi dal territorio. Forti ripercussioni le hanno avute anche gli adulti sportivi, per i quali uno stop negli allenamenti avrebbe potuto significare la compromissione dei risultati per i quali si erano allenati a costo di grandi sacrifici, oltre che un generico danno alla salute e alla forma fisica.

Ma i rischi di uno stop all’attività motoria non riguardano solo la salute fisica, bensì anche quella mentale, per tutte le fasce d’età. Lo sport e il movimento rappresentano, infatti, una valida valvola di sfogo, in grado di funzionare come strumento di prevenzione dalla violenza domestica, o anche più semplicemente come anti-stress. Le misure di isolamento, la convivenza prolungata, la paura generata dal diffondersi del virus hanno aggravato le situazioni di disagio e generato maggiore stress, aumentando l’esposizione di donne e bambini ad atti di violenza domestica e assistita.

Offrire l’opportunità di NON FERMARSI, quindi, è stato imperativo nel corso del 2020 per una associazione come la Uisp, la cui mission è quella di garantire a tutti il diritto al movimento, alla salute e al benessere. Uisp, come sempre mossa dall’idea che lo sport, anche fatto in casa, sia un diritto e non un lusso, ha reagito proponendo, nelle diverse fasi del 2020 caratterizzate da un totale o parziale lock-down, una serie di iniziative che consentissero a tutti di continuare a praticare movimento, anche se in casa, e avere cura del proprio corpo e della propria mente.

FASE 1: Lock down – Attività fisica ON-LINE – marzo 2020

Durante la FASE 1 di lockdown totale (DPCM 09/03/2020), Uisp ha promosso la campagna “La palestra è la nostra casa”, che si è sostanziata in una serie di lezioni in videoconferenza, tutorial sui social network, trasmissioni televisive, video tutorial per accompagnare i cittadini che trascorrevano questo periodo nelle loro abitazioni a mantenere un minimo livello di movimento necessario per stare in forma. Anche le manifestazioni nazionali tradizionali Vivicittà, Bicincittà e Move Week sono state realizzate in modalità on-line per renderle compatibili con le disposizioni anti-contagio.

 

FASE 2: Ripresa parziale delle attività – maggio 2020

A seguito della parziale riapertura e ripresa delle attività, anche sportive, (DPCM 26/04/2020) Uisp, dopo essersi dotata di un protocollo applicativo anti-Covid, ha messo in campo una serie di attività motorie realizzate nelle modalità consentite dai decreti anti-contagio, definite di “Sport in sicurezza”. Le attività sono quindi state svolte all’aperto per un numero limitato di persone, dotate dei dispositivi di protezione (mascherine, guanti monouso) e tappetini individuali.

 

FASE 3: Attività sportive all’aria aperta – luglio 2020

Nel periodo estivo, quando i contagi erano diminuiti e le attività sportive nuovamente consentite (DPCM 11/06/2020) Uisp ha inoltre realizzato i “Centri estivi Multisport” per bambini, riattivato la campagna “La palestra è la nostra casa”.

Da allora, nell’alternarsi delle diverse fasi di apertura e chiusura a seconda dell’andamento dei contagi, la Uisp ha continuato, attraverso le iniziative dei suoi Comitati Territoriali, il proprio impegno per il benessere e la salute dei cittadini, proponendo modalità innovative di e per fare sport, arrivando direttamente nelle abitazioni con lezioni o momenti di incontro on-line, o proponendo sport all’aria aperta, in sicurezza.

 

Contenuto editoriale a cura di Uisp Nazionale

L’impronta ecologica

L’impronta ecologica è un indicatore complesso utilizzato per valutare il consumo umano di risorse naturali rispetto alla capacità della Terra di rigenerarle. 

Questo concetto è stato introdotto da Mathis Wackernagel e William Rees nel loro libro Our Ecological Footprint: Reducing Human Impact on the Earth (La nostra impronta ecologica: ridurre l’impatto umano sulla Terra), pubblicato nel 1996. 

Ma cosa misura effettivamente l’impronta ecologica? E come? 

L’impronta ecologica misura l’area biologicamente produttiva di mare e di terra necessaria a rigenerare le risorse consumate da una popolazione umana e ad assorbire i rifiuti prodotti. Utilizzando l’impronta ecologica è possibile stimare quanti “pianeta Terra” servirebbero per sostenere l’umanità, qualora tutti vivessero secondo un determinato stile di vita. 

Confrontando l’impronta di un individuo (o regione, o stato) con la quantità di terra disponibile pro-capite (cioè il rapporto tra superficie totale e popolazione mondiale) si può capire se il livello di consumi del campione è sostenibile o meno. 

Se in passato ci si domandava quante persone potevano essere sostenibilmente insediate su un dato territorio, l’Impronta Ecologica si distingue perché si domanda quanto territorio è necessario per sostenere quella data popolazione (secondo il suo determinato stile di vita e di consumo). 

Da alcuni studi effettuati su una scala mondiale e su alcuni paesi emerge che l’impronta mondiale è maggiore della capacità bioproduttiva mondiale. 

Secondo Mathis Wackernagel, nel 1961 l’umanità usava il 70% della capacità globale della biosfera, ma nel 1999 era arrivata al 120%. 

Ciò significa che stiamo consumando le risorse più velocemente di quanto potremmo, cioè che stiamo intaccando il capitale naturale e che nel futuro potremo disporre di meno materie prime per i nostri consumi. 

Oggigiorno l’umanità utilizza l’equivalente di un pianeta e mezzo, ovvero il nostro pianeta ha bisogno di un anno e sei mesi per rigenerare tutto ciò che noi usiamo in un anno. Global Footprint Network e il WWFsuggeriscono che nel 2030 avremo bisogno di due pianeti per far fronte alla nostra richiesta di beni.  

Dal momento che abbiamo a disposizione solo un pianeta bisogna intervenire sul proprio stile di vita, ma anche a livello amministrativo. In entrambi i casi è necessario riconoscere il ruolo centrale della natura per la salute e il benessere dell’umanità ed evitare il collasso. Per il WWF c’è bisogno di una rapida inversione di tendenza e diventa fondamentale includere i servizi degli ecosistemi nei nuovi indicatori di sviluppo. 

Vuoi saperne di più? 

https://www.fasda.it/impronta-ecologica/ 

https://www.istituto-oikos.org/notizie/overshoot-day-2020 

https://www.focus.it/ambiente/ecologia/overshoot-day-2020-per-l-italia-e-il-14-maggio#:~:text=L’impronta%20ecologica%20individuale%20per,%2C4%20gha)%20%3D%20135. 

Scopri qui la tua impronta ecologica! 

https://www.wwf.ch/it/vivere-sostenibile/calcolatore-dell-impronta-ecologica 

La Sostenibilità è Storia: passata, presente, futura

“…ero letteralmente affascinato da questo quadro, il “Giardino delle Delizie Terrestri” di Hieronymus Boschse osservati attentamente questi panelli hanno una storia da raccontare; 

sul primo (il Passato) sono raffigurati Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden, in lontananza si distinguono uccelli in volo, elefanti, giraffe ed elementi di iconografia religiosa;  

il secondo panello (il Presente) è ancora più eloquente, l’artista vuole rappresentare le tentazioni della vita mondana, l’intricato mescolarsi di figure simboliche, la dissolutezza e gli eccessi;  

e poi l’ultimo panello (il Futuro) quello decisamente più inquietante,…Bosch ritrae un paesaggio decadente, spoglio, spettrale, un paradiso che è stato inaridito, e distrutto… 

 

LEONARDO DI CAPRIO in “BEFORE THE FLOOD – Punto di non ritorno” 

 

Passato: le tappe della consapevolezza

 La Storia della Sostenibilità nasce già a partire dagli anni ’60 e ‘70 del ventesimo secolo, con i primi movimenti ambientalisti che, cavalcando l’onda rivoluzionaria del famigerato ’68, iniziarono a far sentire la propria voce, diffondendo così una prima coscienza comune della crisi dello sviluppo come crescita. Gli anni ’60 furono infatti gli anni in cui l’etica ambientalista iniziò a farsi largo nella coscienza civile, ma solo negli anni ’70 arrivarono le prime azioni istituzionali importanti.  

Proprio nel 1970 venne istituita la Giornata Mondiale della Terra, il 22 aprile; nel 1972 il Club di Roma, fondato nel 1968, pubblicò il Rapporto sui limiti dello sviluppo, meglio noto come Rapporto Meadows. Nello stesso anno si tenne la Conferenza di Stoccolma, precorritrice delle moderne Cop (Conferenza delle Parti), che vide la partecipazione di oltre 100 diversi governi e centinaia di ONG.  

Negli anni seguenti anche l’ONU iniziò ad intervenire direttamente sul temaNel 1973 infatti venne istituito l’UNEP, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, che opera contro i cambiamenti climatici e a favore della tutela dell’ambiente e dell’utilizzo sostenibile delle risorse naturali.  

La crisi petrolifera internazionale del 1973 attirò ulteriormente l’attenzione dell’opinione pubblica, mostrando la reale pragmaticità della crisi ambientale e la sua forte interdipendenza con le crisi socio-economiche. In Italia, ad esempio, nel 1974 venne istituito il ruolo di Ministro dell’ambiente, al quale seguì solo nel 1986 il rispettivo ministero. 

Il 1987 è una data chiave. Con la pubblicazione del rapporto Brundtland “Our common future” da parte della Commissione mondiale su Ambiente e Sviluppo venne delineata la moderna definizione di sviluppo sostenibile che riconosce un’autentica correlazione tra il reale benessere umano intergenerazionale e il benessere ambientale 

Arrivando agli anni ’90 troviamo due importanti risoluzioni internazionali: nel 1992 la Conferenza di Rio su ambiente e sviluppo con cui si misero le basi per la creazione, tre anni dopo, del progetto Cop, e nel 1997 proprio con la terza Conferenza delle Parti si pubblicò il famoso Protocollo di Kyoto, entrato in vigore nel 2005 dopo la ratifica della Russia. 

Il nuovo millennio si apre con una grande speranza che porta le Nazioni Unite a delineare nel Summit del millennio gli 8 obiettivi di sviluppo del millennio (MDG)che successivamente si evolveranno nei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile nell’anno chiave per la tanto attesa quanto necessaria rivoluzione della sostenibilità: il 2015. 

 

Presente: 2015, l’anno della responsabilità

Il 2015 è un anno chiave caratterizzato da 3 momenti fondamentalil’Accordo di Parigi, l’enciclica Laudato Si’ di Papa Francesco e la stesura dell’Agenda 2030 con i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile. 

 La filosofia della Sostenibilità si fonda sull’evidenza che “vi è un chiaro legame tra la protezione della Natura e l’edificazione di un ordine sociale giusto ed equo. Non vi può essere un rinnovamento del nostro rapporto con la Natura senza un rinnovamento dell’umanità stessa” come affermato da Papa Francesco nella famosa enciclica Laudato Si’. 

Oggi è necessario ripensare l’umanità stessa per risolvere i problemi del presente e del futuro, attraverso una profonda riflessione che vada ad accompagnare allo sviluppo tecnico-scientifico uno sviluppo etico e morale dell’uomo, poiché “i progressi scientifici più straordinari, le prodezze tecniche più strabilianti, la crescita economica più prodigiosa, se non sono congiunte ad un autentico progresso sociale e morale, si rivolgono, in definitiva, contro l’uomo” come sottolineato già nel 1971 da Papa Paolo VI. L’Homo faber che oggi siamo, che ha costruito questa società tecnocratica, che segue i valori del consumismo, dell’individualismo e che ha il culto ostinato per la velocità, deve necessariamente rallentare per farsi accompagnare dall’Homo sapiens nella direzione del futuro, un futuro di sviluppo sostenibile. Solo in questo modo l’umanità potrà sfruttare le sue molteplici abilità creative in maniera equagiusta e inclusiva. 

Sul piano pragmatico la teoria dello sviluppo sostenibile segue le ricette indicate dall’Agenda 2030 e dalla Cop 21 di Parigi. I 17 obiettivi di sviluppo sostenibile definiti e approvati da oltre 190 paesi nell’assemblea generale delle Nazioni Unite si pongono come linee guida al livello nazionale e internazionale per il perseguimento di un nuovo modello di società basato sull’idea delle “Cinque P”: Persone, Pianeta, Prosperità, Pace, Partnership. 

La forza del progetto 2030 consiste nella visione sistemica della realtà caratterizzata da una forte interconnessione fra il sociale, l’economico e l’ambientale. Con lAgenda 2030 l’uomo ha fatto molti passi avanti: ha ufficialmente generalizzato e universalizzato le responsabilità della crisi.  

Oggi infatti tutti i Paesi sono chiamati a contribuire allo sforzo di portare il mondo su un sentiero sostenibileL’Agenda ha inoltre messo nero su bianco l’insostenibilità dell’attuale modello di crescita, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale, riuscendo in questo modo a superare definitivamente l’idea che la sostenibilità sia unicamente una tema ambientalista. Altro elemento propositivo dell’Agenda è che l’interdipendenza sia stata affermata anche tra tutti i protagonisti che sono chiamati ad agire per attuarla, cioè tutti noi. La realizzazione dell’Agenda infatti richiede un forte coinvolgimento di tutti una collaborazione costruttiva tra tutte le componenti della società, dalle imprese al settore pubblico, dalla società civile alla politica, fino ai singoli cittadini. 

Focalizzata principalmente sul grande tema ambientale è invece la risoluzione a cui è giunta la Cop di Parigi del 2015, con la quale si definisce un quadro globale per limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C e, proseguendo con gli sforzi, per limitarlo a 1,5°C per evitare pericolosi e irreversibili cambiamenti climatici e tutti i fenomeni che ne potrebbero scaturire. 

La fotografia dei grandi passi avanti fatti negli ultimi decenni è evidente se confrontiamo l’accordo di Parigi con il Protocollo di Kyoto. Infatti per l’effettiva entrata in vigore delle risoluzioni internazionali è stata necessaria la ratifica dei trattati al livello nazionale. Nel caso della Cop parigina la ratifica ha dovuto aspettare meno di un anno per superare la soglia dei 55 stati, mentre per gli accordi di Kyoto si è dovuto aspettare per ben 8 anni. 

 

Futuro: una promessa dell’umanità all’umanità

 “La nuova Agenda è una promessa da parte dei leader a tutte le persone in tutto il mondo” come dichiarato dall’ex Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon al momento dell’approvazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Nonostante i grandi passi in avanti però la strada da percorrere è ancora lunga, mentre il tempo è sempre meno. Affinché lo sviluppo sostenibile divenga un concetto reale bisogna compiere ancora passi importanti. Le mancanze, spesso ipocrite, sono ancora troppo evidenti e rischiano di trasformare il tutto in una formula vuota.  

 L’Agenda è una promessa all’umanità “da parte dei leader” e non da parte di tutti noi per tutti noi. La conoscenza dei valori e dell’etica della sostenibilità sono oggi un lusso di pochi. Così di fronte alla realtà quotidiana della vita delle persone tutta la retorica dello sviluppo sostenibile svanisce. Questo processo di democratizzazione della sostenibilità per renderla giusta, inclusiva ed equa, è la prossima sfida di tutti noi. Il cambiamento di cui abbiamo bisogno necessita di una vera e propria rivoluzione. Questa può avvenire solamente in due modi, come ci insegna la Storia: o attraverso la via della culturadell’istruzione e dell’educazione e quindi dello sviluppo, oppure con la via della paura e della rabbia. Questa volta però l’umanità  non ha grande margine di scelta. Nella Risk society (Società del rischio) di Ulrich Beck se contiamo a restare indifferenti quando alla fine saremo pronti a cambiare sarà ormai troppo tardi. L’unica soluzione per avere uno sguardo rivolto al futuro è quindi attraverso una rinascita dell’etica e dei valori umani di: Consapevolezza, Rispetto, Responsabilità, Solidarietà, Giustizia, Inclusività e Partecipazionein fondo è questo che vuol dire Sostenibilità. 

 

«Come mai prima d’ora nella storia, il destino comune ci obbliga a cercare un nuovo inizio. Possa la nostra epoca essere ricordata per il risveglio di una nuova riverenza per la vita, per la risolutezza nel raggiungere la sostenibilità, per l’accelerazione della lotta per la giustizia e la pace, e per la gioiosa celebrazione della vita» 

 CARTA DELLA TERRA 

 

 Simone Gennari 

Rubrica CooperiAmo – Episodio 1 

Care e cari Agenti, è arrivato il momento di presentarvi CooperiAmo, una nuova rubrica di Agente0011 nella quale vi racconteremo le storie di alcuni cooperantiuomini e donne, ragazzi e ragazze che dedicano il loro tempo ad aiutare popolazioni colpite dalle guerre, dalla povertà e dalle catastrofi naturali in tutto il mondo. 

 

Chi sono e cosa fanno i cooperanti e le cooperanti? 

Sono persone che dedicano la propria vita lavorativa per la realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo SostenibileHanno competenze e capacità molto diverse tra loro e svolgono attività di ogni tipo ma ciò che accomuna tutti e tutte loro è la voglia di contribuire a ridurre la povertà, le disuguaglianze e le ingiustizie. 

Chi lavora nella cooperazione internazionale può occuparsi innanzitutto di fornire beni e servizi di prima necessità alle comunità a cui mancano. Costruire pozzi per garantire l’accesso all’acqua potabile o sistemi di fornitura dell’energia elettrica, per esempio. Ma anche garantire l’accesso all’istruzione e alle cure primarie tramite la costruzione di scuole e ospedali e la fornitura di questi servizi. 

Queste figure si occupano anche di tutelare alcuni gruppi discriminati e lavorano perché siano garantiti loro i diritti fondamentali. Sono accanto ai migranti, che in tutto il mondo scappano dal proprio paese per cercare altrove un futuro migliore, e alle minoranze etniche e religiose. 

Infine, sono pronti e pronte ad intervenire quando si verificano delle catastrofi naturali (uragani, terremoti…) o umanitarie, come epidemie o gravi carestie. 

 

Come lavorano e chi sostiene le loro attività? 

L’idea con la quale i progetti vengono attuati è quella di dare alle popolazioni locali gli strumenti perché in futuro non abbiano più bisogno di sostegno esterno e possano portarli avanti in autonomia. Per questo, le attività vengono spesso pensate CON i beneficiari e le beneficiarie piuttosto che PER loro.  

Sono tantissimi gli enti che si occupano di cooperazione, sia a livello nazionale sia globale. Le più famose sono le agenzie dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, che riunisce gli stati con l’obiettivo di mantenere la pace e il rispetto dei diritti umani in tutto il mondo. Ma esistono anche le cosiddette ONG, organizzazioni non governative, e molte altre associazioni, che svolgono funzioni simili 

Sui canali social di Agente 0011 oggi trovate l’intervista a Francesco, cooperante in Iraq. Correte ad ascoltarla! 

 Silvia D’Ambrosio 

BEST TEAMS OF THE MONTH: APRILE 2021!

Care e cari agenti, anche il terzo mese di challenge si è concluso e abbiamo i vincitori di aprile 2021! Alcuni di voi sono arrivati a un soffio dalla vittoria, ma la sfida è ancora aperta e vi invitiamo a non mollare: la sfida per i migliori team dell’anno non è ancora terminata!

Congratulazioni invece ai team che sono riusciti ad aggiudicarsi il primo posto nelle relative categorie. Scopriamoli insieme!

SCUOLA:

  1. Categoria 5-10 anni: Salvatori della Terra, di Novara (NO)
  2. Categoria 11-13 anni: Teen Titans Class 1D, di Melito Porto S. Salvo (RC)
  3. Categoria 14-19 anni: Ad Maiora 2021, di Siracusa (SR)

ENTI INFORMALI:

  1. Categoria 5-10 anni:
  2. Categoria 11-13 anni:
  3. Categoria 14-19 anni:

Potete consultare la classifica definitiva sul portale, attraverso la pagina personale del vostro team. Ricordiamo che si aggiudica il titolo di “Best Team of the Month” il team con più punti che non ha ancora vinto il titolo. La classifica generale sarà tenuta in considerazione per decretare i “Best Team of the Year” alla fine della challenge.

Ancora congratulazioni ai team che hanno raggiunto la vetta per questo mese, e un grande in bocca al lupo a tutti gli altri che riusciranno a farlo nelle prossime settimane.