Ripuliamo gli oceani: GloLitter

Un nuovo progetto promosso dalle Nazioni Unite, GloLitter, aiuterà i Paesi in via di sviluppo a prevenire e ridurre i rifiuti marini. Di fatto, proprio durante il mese di aprile, Manuel Barange (direttore della pesca e dell’acquacoltura della FAO) ha lanciato GloLitter, definendolo come un passo fondamentale al fine di proteggere l’ecosistema oceanico e i mezzi di sussistenza di coloro che dipendono da esso. 

Il progetto, nato per ripulire gli oceani dai rifiuti, è promosso dall’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) e tende la mano ai Paesi in via di sviluppo. 

Ma quali sono gli obiettivi fondamentali di questo progetto? 

  • Combattere il marine litter (rifiuti marini)
  • Incentivare l’utilizzo di buone pratiche di prevenzione e riduzione di rifiuti
  • Valutare la disponibilità e l’adeguatezza delle strutture portuali di raccolta
  • Rafforzare la consapevolezza nei settori della navigazione e della pesca 

Le nazioni che prendono parte al progetto GloLitter arrivano da Asia, Africa, Caraibi, America Latina e Pacifico. 

Dieci paesi sono stati confermati come partner leader: 

Brasile, Costa Rica, Costa d’Avorio, India, Indonesia, Giamaica, Kenya, Madagascar, Nigeria e Vanuatu 

e a loro si aggiungono: 

Argentina, Capo Verde, Colombia, Ecuador, Gambia, Mozambico, Nicaragua, Panama, Perù, Filippine, Senegal, Sri Lanka, Isole Salomone, Sudan, Repubblica Unita di Tanzania, Thailandia, Timor Est, Togo , Tonga e Vietnam come partner. 

I primi assumeranno un ruolo guida nelle rispettive regioni per sostenere le azioni nazionali a supporto del progetto, lavorando con i secondi tramite accordi di gemellaggio. 

“I rifiuti marini sono un flagello per gli oceani e per il pianeta”, ha affermato Jose Matheickal, Capo del Dipartimento per i partenariati e i progetti dell’IMO. “Sono lieto che 30 paesi si siano impegnati in questa iniziativa […] per affrontare questo problema”. 

Vuoi saperne di più? 

Visita i seguenti siti! 

https://www.ideegreen.it/marine-litter-107875.html 

https://www.impakter.it/glolitter-il-progetto-per-la-pulizia-degli-oceani/ 

https://www.rinnovabili.it/ambiente/rifiuti/ripulire-gli-oceani-rifiuti-30-paesi/ 

Cineforum: Pocahontas

Film d’animazione Disney del 1995, Pocahontas è ispirato ad una vicenda realmente accaduta all’inizio del 1600. 

L’opera racconta, attraverso canzoni e disegni, il rapporto tra le popolazioni indigene dell’odierna Virginia e la natura, quindi dell’arrivo dei coloni inglesi intenzionati a conquistare i territori e sfruttarne le risorse. 

A capo della spedizione c’è il malvagio Ratcliffe, accompagnato da altri personaggi, tra cui il domestico Wiggins e convinto che i “barbari” nascondano dell’oro. 

RatcliffeWiggins, perché secondo te quei barbari insolenti ci hanno attaccato? 

Wiggins: Perché gli abbiamo invaso la patria, tagliato gli alberi, scavato il terreno? 

Ratcliffe: È per l’oro! Ce l’hanno e non vogliono che noi riusciamo ad impossessarcene! Bene! Sarò costretto a prendermelo con la forza allora! Dico male?” 

Attraverso questa concezione del popolo di Pocahontas come “barbaro”, il film ci spinge a riflettere sull’etnocentrismo.

 

Che cos’è l’etnocentrismo? 

E’ la tendenza a giudicare la storia e la cultura di popoli diversi dal proprio in base alle norme di quest’ultimo, utilizzato come punto di riferimento e termine di paragone “corretto” rispetto al resto del mondo. Anche John Smith, esploratore, membro della spedizione che si innamora di Pocahontas, cade in questo tipo di ragionamento. Tuttavia è combattuto poiché conoscere la protagonista lo spinge ad amarla, ma le sue credenze rispetto al resto della popolazione indigena fanno di lei solo una sorta di “eccezione”. 

“John: Possiamo insegnarvi tantissime cose. Abbiamo migliorato la vita di selvaggi in tutto il mondo! 

Pocahontas: Selvaggi?! 

J: Ah… non che tu sia una selvaggia… 

P: Solo il mio popolo. 

J: Aspetta! Non fare così! “Selvaggio” è solo una parola… ascolta… un termine che indica… la gente non civilizzata! 

P: Come me! 

J: Be’, quando dico “non civilizzata”… quello che intendo è… 

P: Quello che intendi è “Non come te.” 

 Questo finto interesse per l’aiutare i popoli definiti come “primitivi”, “selvaggi”, insomma incapaci di badare a se stessi (e alle proprie risorse), storicamente, è stato il pretesto per assoggettare popoli, privandoli dei loro territori e delle loro ricchezze.  

Prendere consapevolezza di questi meccanismi della mente e della società è fondamentale per riflettere in modo critico sulle nostre azioni, i nostri giudizi ed i fatti di cronaca cui assistiamo, in modo da contribuire ad obiettivi dell’Agenda 2030 quali la sconfitta della povertà, la crescita economica dei Paesi, la giustizia sociale e la tutela del pianeta. 

Guarderete Pocahontas? Fatecelo sapere taggandoci su instagram @agente0011!  

Veronica Lacorte 

 

Pachamama, madre terra andina

Proprio oggi, 22 aprile, si celebra la giornata mondiale dedicata alla salvaguardia dell’ambiente e del nostro caro pianeta Terra. Conosciuta con il nome inglese di Earth Day (Giornata della Terra), è la più grande manifestazione ambientale del pianeta: è celebrata da 192 paesi al mondo e coinvolge ogni anno circa un miliardo di persone. L’Earth Day, che si celebra un mese e due giorni dopo l’equinozio di primavera, nasce nel lontano 1970, quando 20 milioni di cittadini statunitensi manifestarono contro il degrado dell’ambiente.  

 In questa giornata dedicata al nostro pianeta, ci sembra giusto parlare di una divinità presente in diverse culture: la Madre Terra.  Personificazione della natura, la Madre Terra è donatrice di vita e nutrimento. Questa divinità è stata venerata nel tempo e nello spazio da numerosi popoli che le hanno attribuito nomi diversi: per fare alcuni esmpi, gli antichi greci chiamavano la Madre Terra Gea, gli aborigeni austruliani Kunapipi, i popoli andini  Pachamama. 

 Proprio su quest’ultimo vogliamo soffermarci oggi.  

 Pachamama è la dea venerata dai dai popoli indigeni delle Ande. É la dea della fertilità, della fecondiltà e dell’abbondanza. Incarna una figura materna, che dona vita e protegge. La divinità rappresenta la Terra, ma non  si identifica solo con il suolo o con la natura: è l’insieme di tutto. 

 Nella mitologia aimaraPachamama forma insieme alle dee Mallku (spirito della montagna) e Amaru (divinità rappresentata come un serpente alato, con testa di lama e coda di pesce) la triologia del rapporto tra società e natura del popolo aimara. 

 Il culto della dea Pachamama è praticato tra le comunità aimara, quechua e altri gruppi etnici nell’area Andina tra Bolivia, Ecuador, Perù, nord del Cile e nord dell’Argentina.  Per molto tempo, i rituali a lei dedicati sono stati condannati perché venivano confusi con atti di stregoneria. I rituali servono a riconoscere e ringraziare la Madre Terra per tutto ciò che di dà quotidianamente.  In questi rituali si risoecchia dunque l’amore per la Terra e per le persone che la abitano, che sono visti come fratelli. 

 In realtà, Pachamama non è celebrata durante il giorno dell’Earth Day, ma il primo di agosto. Questa data è simbolica: segna l’inizio del raccolto. I rituali e le offerte servono sia a chiedere il permesso per la raccolta dei frutti della terra, sia per ringraziarla per ciò che dona. A lei si offrono foglie di coca, conchiglie marine e soprattutto il feto di lama, per fertilizzare la terra affinchè non manchi mai il raccolto. 

 Il culto della Pachamama ci fa comprendere quanto l’uomo sia parte integrante della natura e dei suoi cicli. Rispettare la natura significa anche rispettare noi stessi. 

Buon Earth Day a tutti! 

Stefania Ferrua 

 

 

Per ulteriori approfondimenti, vedi 

https://www.earthdayitalia.org/ 

https://es.wikipedia.org/wiki/Pachamama 

Climate Changemakers: prendi parte al cambiamento!

Il cambiamento climatico sta mettendo in pericolo il futuro del nostro Pianeta e quello delle giovani generazioni. I ghiacciai si ritirano, la temperatura dei mari si alza, causando la distruzione delle barriere coralline. Le foreste, polmoni verdi del Pianeta, lasciano spazio ai deserti e numerosi ecosistemi scompaiono. 

 

Di fronte a questo grande pericolo, le azioni dei giovani cittadini e cittadine possono fare la differenza?  

Sì, ogni piccola azione quotidiana che possa contribuire a tutelare l’ambiente che abitiamo è importante. Ma per poter prendere parte alla lotta contro il cambiamento climatico, è necessario che ogni giovane cittadino e cittadina possa conoscere e capire questo fenomeno. È da questa volontà che nasce la campagna Climate Changemakersun movimento globale che vuole rendere accessibile a ogni bambino e bambina l’educazione ambientale, inserendola nei curriculum scolastici in tutto il mondo. Promossa grazie al sostegno di Unicef e Unesco, la campagna vuole rendere la scuola un luogo in cui gli alunni e le alunne possano capire le cause e le conseguenze della crisi ambientale in atto e apprendere strumenti utili per tutelare i propri territori. 

Il cuore e il volto della Climate Changemakers Campaign sono i giovani attivisti e attiviste pronti a far sentire la propria voce in difesa del Pianeta.

Come Mitzi Jonelle Tan, attivista di Manila, nelle Filippine. Mitzi ha potuto recentemente farsi portavoce del movimento, insieme a Greta Thunberg, al primo di una serie di incontri preparatori ai Summit delle Nazioni Unite e alla COP 26, appuntamenti internazionali previsti per fine anno nei quali i governi decideranno i prossimi passi da fare tutti e tutte insieme nella lotta al cambiamento climatico. O come Sofia, attivista messicana che si sta battendo per proteggere il giaguaro dall’estinzione e per la tutela di un’area forestale protetta nel paese. Attivarsi insieme agli attivisti e alle attiviste è possibile caricando sul sito della campagna un messaggio personale da circa cento parole in cui si racconti perché l’educazione climatica è importante. 

L’educazione climatica è un diritto di tutti e tutte ed è necessaria alle future generazioni per prendere parte al cambiamento! 

Silvia D’Ambrosio 

Sito della campagna: https://climatechangemakers.worldslargestlesson.globalgoals.org/ 

 

La Cina e la sfida ambientale

La Cina è il più grande consumatore di energia e il più grande produttore di gas serra al mondo. Ciò è dovuto all’enorme crescita economica che ha coinvolto il Paese negli ultimi decenni. Dall’aumento dei consumi è derivato uno sfruttamento di quantità enormi di risorse naturali.

Nonostante ciò la Cina è attualmente all’avanguardia nelle innovazioni finalizzate alla sostenibilità. Di fatto il governo cinese non è totalmente sordo alle problematiche ambientali, e nel 2015 ha sottoscritto l’accordo di Parigi per la tutela del clima assieme a molti altri Stati.

I leader politici infatti, oltre alla crescita economica danno rilievo anche al tema della sostenibilità che permette di sostenere e proteggere il loro ambiente e territorio e quindi le loro produzioni.

Ma…

La rapida industrializzazione, l’urbanizzazione e la conversione a un’agricoltura di tipo intensivo esercitano una pressione sempre più forte sull’ambiente.

E la Cina è uno dei Paesi più ricchi di biodiversità al mondo (possiede il 10% di tutte le specie vegetali conosciute e il 14% delle specie animali presenti sul pianeta)

Obiettivo:

La conservazione della biodiversità e la tutela degli habitat, sia per gli uomini che per gli animali.

Più nello specifico, gli obiettivi sono quelli di

1) rendere il Fiume Azzurro più pulito e ricco di vita per i delfini

2) di costruire habitat protetti per i panda giganti, le tigri e i leopardi delle nevi.

Qui entra in gioco il WWF che si adopera per aiutare la Cina a raggiungere questi traguardi, offrendo consulenza alle istituzioni competenti e cercando di sensibilizzare il governo su tematiche importanti come la sostenibilità e riduzione dei gas serra; Il lavoro di sensibilizzazione svolto dal WWF prosegue anche su Internet, sui social media, usati moltissimo in Cina e anche all’interno delle scuole, dove l’educazione ambientale è entrata a far parte del programma didattico.

I bambini possono così imparare molto presto ad aver cura dell’ambiente.

Il Panda

Purtroppo la deforestazione e la frenetica costruzione di strade, dighe ed edifici stanno incidendo sulla diminuzione del Panda in Cina; nel corso degli anni ha già dovuto traslocare e restringere il suo territorio a una sola zona di questo vasto Paese, ovvero le foreste di bambù e di conifere della Cina Sud-Occidentale.

I Panda vanno ghiottissimi di bambù e in un giorno possono mangiarne anche più di 30Kg, quasi come se noi mangiassimo all’incirca 20 polli.

Si, mangiano parecchio ed hanno estremo bisogno quindi del loro habitat per potersi nutrire; per loro trovare germogli di bambù diventa sempre più difficile e il rischio di estinzione del Panda è piuttosto alto.

Il compito del WWF è quello di provare a responsabilizzare il governo cinese riguardo le pratiche del disboscamento frenetico che portano i Panda a spostarsi di continuo alla ricerca di luoghi in cui nutrirsi e riprodursi. Ma questo li espone al pericolo del bracconaggio, ovvero la caccia illegale. Ecco perché nasce la Wildlife Crime Initiative, la quale si impegna per contrastare il fenomeno del bracconaggio. L’obiettivo? Dimezzare entro il 2024 la caccia di frodo, il commercio illegale e il consumo di determinate specie animali.

 

Ecco anche le buone notizie!

Il WWF è già riuscito a creare un alto numero di riserve protette per il Panda.

In Cina il panda gigante è protetto sin dal 1938. Attualmente nelle foreste cinesi vivono 1864 panda, il 17 per cento in più rispetto a 10 anni fa – un grande successo!!

Ognuno di noi può contribuire alla salvaguardia dell’ambiente con piccoli gesti quotidiani.

Anche qui il WWF ci viene incontro: sul sito vi è uno strumento che consente di calcolare la propria impronta ecologica personale. Il link qui. Successivamente potete ricevere consigli pratici per uno stile di vita più sostenibile.

Speriamo che i governi di tutti i Paesi si accorgano dell’importanza della salvaguardia dell’ambiente; nel frattempo siamo noi Agenti, che abbiamo in mano il potere di interessarci ai temi della sostenibilità, di tutelare e proteggere il nostro Pianeta, avendone rispetto.

Fonti e approfondimenti: Cina – Il paese dei superlativi e Panda

La Sostenibilità è Donna: Kate Raworth

Kate Raworth

Kate Raworth è un economista inglese. Laureata a Oxford con il massimo dei voti nel corso “Politica, Filosofia ed Economia”, ha successivamente svolto un master in Economia dello Sviluppo, sempre presso la rinomata università inglese. Kate Raworth non si ritiene però una semplice economista, piuttosto una renegade economist” (economista rinnegata).  

Per Kate le sfide del 21esimo secolo possono essere affrontate solo superando la logica della continua ricerca della crescita economicaquella che oggi misura la potenza e il progresso di un paese con l’unico strumento del Pil nazionaleLa sua visione sistemica della realtà l’ha portata ad una riflessione critica sull’attuale paradigma, pratico e teorico, e alla conclusione che il modello attualmente in vigore sia profondamente errato. 

Con la teoria della ciambella”  Kate Raworth è diventata un personaggio noto e influente all’interno del contesto globale, inserendosi nel dibattito pubblico come una delle pioniere di una nuova Economia Sostenibile. La sua riflessione, presentata per la prima volta nel 2012 in un rapporto Oxfam, trova pieno compimento nella pubblicazione del libro, tradotto poi in oltre 20 lingue, Doughnut Economicsseven ways to think like a 21st century economist (L’economia della ciambella: sette modi per pensare come un’economista del 21esimo secolo).  

Oggi Kate Raworth è membro di molte importanti commissioni, come il Club di Roma il Consiglio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per l’Economia della Salute per Tutti. È inoltre co-fondatrice di Doughnut Economics Action Lab e professoressa sia presso l’Environmental Change Institute dell’Università di Oxford sia presso l’Università di Scienze Applicate di Amsterdam. 

 

Doughnut Economics

La semplicità visiva della Doughnut Economics, fondata su solide basi scientificheha reso la teoria della Raworth uno spazio di riflessione, reimmaginazione e ristrutturazione del futuro che oggi coinvolge comunità, governi, città e nazioni di tutto il mondo. 

 

Cosa è la ciambella?

La “teoria della ciambella” è la bussola per la prosperità umana nel 21° secolo. La Doughnut è uno spazio sicuro per l’umanità, uno spazio dove l’Umanità può prosperare perseguendo un reale benessereequo e sostenibile. I due anelli concentrici che formano la comunissima ciambella rappresentano i confini dello Sviluppo umanoindividuati nella base sociale e nel tetto ambientale. All’interno della ciambella troviamo lo spazio critico di depravazione umana (shortfall), all’esterno della ciambella si trova lo spazio critico di degradazione planetaria (overshoot). 

 

I Confini:

La ciambella individua ventuno confini sociali e ambientali del nostro sistema da considerare per ridefinire e riprogrammare lo Sviluppo. 

Confini Sociali 

Il cerchio che delinea l’interno della ciambella consiste nella base sociale, la quale garantisce universalmente giustizia, equità, uguaglianza e sostenibilità, affinché nessuno venga lasciato indietro nel diritto ad una vita dignitosa. Le dodici tematiche sulle quali si misura la prosperità sociale derivano dagli SDGs dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile 

I dodici confini della base sociale sono: salute, educazione, pace e giustizia, parità di genere, cibo, acqua, casa, ricchezza e lavoro, energia, networks, equità sociale, voce politica.  

Confini ambientali  

L’estremità esterna della ciambella è formata dal tetto ecologico, identificato nei nove confini planetari del sistema Terra definiti dalla comunità scientifica internazionaleSecondo il paradigma, “trasgredire uno o più confini planetari può essere deleterio o addirittura catastrofico a causa del rischio di oltrepassare soglie che innescheranno un cambiamento ambientale brusco e non lineare all’interno di sistemi da scala continentale a scala planetaria”. 

I nove confini del tetto ambientale sono: acidificazione degli oceani, cambiamento climatico, fascia d’ozono nella stratosfera, uso globale dell’acqua, cambiamento nell’utilizzo del sistema terrestreprocessi di aereosol atmosfericiintegrità della biosfera, flussi biogeochimici, inquinamento chimico e rilascio di nuove entità. 

A che punto siamo? 

L’attuale paradigma economico ci sta portando a sforare i limiti della ciambella, sia quelli della base sociali e sia quelli del tetto ambientale, con fenomeni di shortfall (carenza di base sociale) overshoot (sforare il tetto ambientale) 

“Today we have economies that need to grow, whether or not they make us thrive. What we need are economies that make us thrive, whether or not they grow.“

“Oggi abbiamo economie che hanno bisogno di crescere, che ci facciano prosperare o meno. Ciò di cui abbiamo bisogno sono economie che ci facciano prosperare, indipendentemente dal fatto che crescano o meno.” 

Kate Raworth 

 

Sette mosse per una nuova economia  

La teoria della ciambella individua sette diverse ricette per trasformare la nostra economia, in una nuova economia. Bisogna superare la visione economica del 20esimo secolo, poiché davanti alle sfide del presente e del futuro si sta rivelando inefficiente e ineguale. Le sfide del nuovo secolo vanno affrontate con una nuova mentalità adatta alla complessità e all’indivisibilità del nostro sistemariconoscendo le sinergie e i trade-off del nostro sistema. 

La transizione verso l’”Economia della Ciambella” è declinata in sette passi: 

  1. Cambia l’obiettivo: dalla crescita del PIL alla ciambella
  2. Guarda il quadro generale: dal mercato autonomo all’economia integrata
  3. Coltiva la natura umana: dall’uomo economico razionale agli esseri umani adattabili alla società
  4. Diventa esperto con i sistemi: dall’equilibrio meccanico alla complessità dinamica
  5. Progetta per distribuire: da “la crescita si rialzerà” a distributivo per design
  6.  Crea per rigenerare: da “la crescita lo ripulirà di nuovo” a rigenerativo per design
  7. Sii agnostico riguardo alla crescita: da dipendente dalla crescita a agnostico della crescita 

 

 I principi pratici della ciambella 

Come trasformare l’idea radicale della ciambella in azione, e quindi come attuare la teoria della Raworth nel concreto è delineato da sette principi pratici. 

  1. Individuare l’obiettivo del 21esimo secolo 
  2. Osservare l’intero sistema 
  3. Nutrire la natura umana 
  4. Avere un pensiero e una mentalità sistemica 
  5. Essere distributivo ed equo 
  6. Essere rigenerativo ed ecologico 
  7. Mirare a prosperare piuttosto che a crescere 

 

 

Simone Gennari 

Vivicittà diventa virtuale e corre per lo sviluppo sostenibile

Domenica 18 aprile in programma una staffetta virtuale in diretta Facebook. Per l’Europa, per la ripresa delle attività di sport sociale e di base

Vivicittà per gli obiettivi di sostegno sostenibile, per l’Europa, per una rapida ripresa delle attività di sport sociale e di base. Sono questi i messaggi che l’Uisp affida a questa 38a edizione della “corsa più grande del mondo”, una staffetta virtuale tra esperienze di sport sociale che verranno presentate con collegamenti tra le venti regioni italiane.

L’appuntamento è per domenica 18 aprile, dalle 10 alle 12, in diretta Facebook sulla pagina Uisp nazionale, che verrà ripresa e rilanciata dalle pagine Facebook dei Comitati regionali, territoriali Uisp e delle attività Uisp. Ci saranno anche molti ospiti, a cominciare dai partner storici di Vivicittà, Radio 1 Rai e Corriere dello sport, insieme a Fidal-Federazione Italiana di Atletica Leggera e Marsh, broker assicurativo. E’ previsto anche un collegamento con Parigi, grazie all’associazione francese Fsgt, poiché proprio il 18 aprile si festeggerà il 70 anniversario dei Trattati di Parigi: nel 1951 i sei stati fondatori dell’Unione Europea firmano i trattati che istituirono la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, primo atto fondativo dell’unità europea.

Il filo rosso che legherà insieme tutti i collegamenti della diretta facebook sarà quello dei 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 Onu. Ogni esperienza di sport sociale di ognuna regione, verrà collegata ad un diverso Global Goal per rendere concreto il percorso di ripresa e resilienza attraverso lo sport, che l’Uisp chiede al governo e alle istituzioni europee di sostenere.

Vivicittà è la manifestazione di sport sociale e per tutti antesignana della stagione delle grandi stracittadine podistiche: dal 1984 non ha smesso di innovarsi e di abbracciare, attraverso lo sport, le grandi questioni sociali del nostro tempo. Vivicittà nasce come la corsa più grande del mondo e, negli anni, si è reinventata come corsa per la pace a Sarajevo e corsa per la legalità al fianco di Libera, corsa per i diritti con Amnesty International e corsa per l’ambiente con le associazioni ambientaliste.

Quest’anno il protrarsi dell’emergenza Covid mette l’Uisp e le centinaia di società sportive che la organizzano sul territorio nelle condizioni di doverla rimodulare, pur tenendo alta la bandiera dello sport per tutti. Per poter dire, ancora una volta: Italia, pronti…via! E far scattare simultaneamente decine di città, con un traguardo unico per tutti: uscire presto dalla pandemia e poter riprendere in sicurezza le attività sportive, per la salute e il benessere delle persone di tutte le età.

Contenuto editoriale a cura di Uisp Nazionale

Book Club: L’anello di Re Salomone

La leggenda narra che Re Salomone avesse un anello che gli permetteva di comunicare con gli animali. Da qui il titolo dell’opera del 1949 di Konrad Lorenz, figura singolare, premio Nobel e padre dell’etologia. 

 

Che cos’è l’etologia? 

E’ una particolare branca della zoologia che studia il comportamento degli animali. Gli studi di Lorenz furono fondamentali per aumentare le nostre conoscenze sul fenomeno dellattaccamento dei nuovi nati ai genitori. Egli studiò l’imprinting, meccanismo attraverso il quale fin dalla nascita e dal primo contatto con chi se ne prende cura, gli animali comprendono a quale specie appartengono e come comportarsi. In particolare, sono famosi i suoi studi con gli uccelli, che egli allevava e da cui era considerato come un genitore. Vi sono anche dei video dei volatili (soprattutto taccole e oche) che accorrono in volo al suo richiamo, lo seguono nelle sue passeggiate, durante le sue nuotate e i giri in canoa. 

In L’anello di Re Salomone racconta dei suoi studi e della sua convivenza, a volte difficile, con gli animali. Il primo capitolo si intitola “Quando gli animali combinano guai” e recita: 

“Perché incomincio proprio dal lato più sgradevole della nostra convivenza con gli animali? Perché il nostro amore per loro si misura proprio dai sacrifici cui siamo disposti a sobbarcarci.” 

Nel corso dell’opera descrive fatti curiosi, ad esempio come anziché ingabbiare gli animali avesse barricato la casa per non farli entrare, di come un’oca avesse sottratto la cuccia al cane e come per tenere lontano un uccello a nulla servissero 

“ le grida più selvagge, i più energici movimenti con le braccia. L’unico mezzo intimidatorio di una certa efficacia era un enorme ombrellone rosso scarlatto: simile ad un cavaliere con lancia in resta, mia moglie, l’ombrello chiuso sotto il braccio, piombava sulle oche che avevano ripreso a pascolare sull’aiuola appena seminata e, gettando un grido bellicoso, l’apriva con mossa repentina” 

Quindi racconta di come suo padre, che amava molto gli anatroccoli, vanificasse questi sforzi, lasciandoli entrare per il tè del pomeriggio. Il libro prosegue con altri capitoli affascinanti e divertenti, tra cui “Una cosa che non fa danni: l’acquario”, “Quando gli animali ci fanno ridere” e un’intera sezione di capitoli intitolata “Storie di cani”. 

Mosso da un grande amore e rispetto per gli animali che lo caratterizzerà per tutta la vita, inserisce anche il capitolo dal dall’esaustivo titolo “Non comprate fringuelli!” in cui spiega che 

“è vero che ogni animale costituisce un pezzetto di natura, ma non ogni animale è adatto a rappresentare la natura in casa vostra. Gli animali che non dovete comprare si possono distinguere in due grandi categorie: quelli che non potrebbero vivere con voi, e quelli con i quali voi non potreste vivere” 

 Quest’opera, scritta più di settant’anni fa, può ancora farci riflettere sul nostro rapporto con gli animali e le altre forme di vita del pianeta, sul loro rispetto e la loro salvaguardia. Questi temi sono alla base degli obiettivi 13, 14 e 15 dell’Agenda 2030. Buona lettura! 

Veronica Lacorte

Autismo: scopriamolo insieme

Care/i agenti, avete visto il video di Agente 0011 sulla giornata della consapevolezza dell’autismo il 2 aprile? La Dottoressa Emanuela Mancuso, psicologa clinica, ci aveva raccontato dei tanti falsi miti da sfatare per quanto riguardo l’autismo.  

Riscopriamo assieme cos’è l’autismo e quali sono le miscredenze che spesso lo accompagnano. 

 

Che cos’è l’autismo? 

Il disturbo dello spettro autistico è un disturbo del neuro sviluppo in cui l’esordio avviene nei primi tre anni di vita del bambino. È caratterizzato da un deficit nella comunicazione e nell’interazione sociale, da comportamenti, interessi o attività ristretti e ripetitivi. All’Autismo può accompagnarsi anche un ritardo mentale, in forme lievi, moderate o gravi. 

Esistono anche quadri atipici di Autismo, con sintomi comportamentali meno gravi o variabili, a volte accompagnati da uno sviluppo intellettivo normale, classificato come autismo ad alto funzionamento (fino a qualche tempo fa conosciuta come sindrome di Asperger). 

I dati finora prodotti dalla ricerca attribuiscono le cause dell’insorgenza dell’Autismo a fattori genetici, con un elevato tasso di ereditarietà. Ad oggi non esiste una cura per l’autismo, ma grazie ad interventi mirati si possono ottenere dei miglioramenti sostanziali. I trattamenti attualmente maggiormente accreditati si basano su interventi farmacologici ed educativo-comportamentali. 

I 9 miti da sfatare 

???? L’autismo in un bambino è determinato dallo scarso affetto dei genitori: 

questo mito non trova alcun fondamento in quanto l’autismo è una malattia del neuro sviluppo, con base biologica e con una componente genetica certa.  

???? L’autismo è causato dai materiali pesanti presenti nevaccinicome il mercurio: 

sono state condotte numerose ricerche su questo tema da agenzie internazionali indipendenti e nessuna evidenza sostiene questa ipotesi ancora, purtroppo, in voga in Italia. 

???? Con un intervento psicoanalitico si può curare il bambino autistico: 

Questo assunto, legato all’ipotesi di una causa non biologica dell’autismo, è stato dimostrato completamente errato da molti studi. Purtroppo, è un falso mito duro a morire e sopravvive ancora in alcune nazioni, tra cui l’Italia. 

In realtà, studi scientifici rigorosi dimostrano che un intervento comportamentale intensivo è in grado di migliorare le capacità relazionali, comunicative e di autonomia dei ragazzi autistici, favorendone una migliore qualità di vita, non “guarigione”. 

???? Ai bambini con autismo servono solo interventi medici:

a oggi non esiste un farmaco contro l’autismo. L’ampia gamma dei disturbi associati alla malattia richiede un intervento capace di coinvolgere fortemente la famiglia, la scuola, il territorio. Con l’età adulta occorre inoltre facilitare le esperienze lavorative, di autonomia personale e sociale.  

Alcuni farmaci possono, però, essere utilmente impiegati per contrastare l’iperattività, l’aggressività o le ossessioni, tutti sintomi spesso associati all’autismo. 

???? L’autismo passa con la crescita: 

Un intervento precoce aumenta le probabilità di successo della terapia e, per ogni bambino autistico, permette di raggiungere il proprio massimo potenziale di autonomia e conoscenze, agevolandone così la vita da adulto. In mancanza di terapia o in caso d’intervento tardivo, le possibilità per una vita autonoma si riducono fortemente. 

???? L’autismo è un disturbo molto raro: 

In Italia, si stima 1 bambino su 77 (età 7-9 anni) presenti un disturbo dello spettro autistico con una prevalenza maggiore nei maschi (4,4 volte in più rispetto il genere femminile). 

L’apparente normalità fisica di molte di loro non ne facilita il riconoscimento e può indurre a ritenere queste persone solamente «bizzarre» o socialmente inadeguate. 

???? Un bambino autistico è, in realtà, un genio: 

I bambini autistici possono presentare alcune capacità sorprendenti insieme ad alcuni deficit marcati. Un bambino può leggere formalmente in modo perfetto, ma non capire nulla di ciò che ha letto. I bambini con autismo mostrano una grande variabilità in termini di quoziente intellettivo, ma molti di loro presentano deficit cognitivi evidenti e solo una piccola percentuale ha un QI superiore alla media. 

???? Se il bambino parla, non può essere autistico: 

Il linguaggio è una delle aree spesso compromesse nel bambino autistico, ma a volte è possibile ritrovare una forma di linguaggio evoluta, anche se può risultare limitata nel numero di parole usate, nella correttezza o nella capacità espressiva. 

???? Per aiutare un bambino autistico basta l’amore: 

In realtà, oltre all’amore occorre una competenza tecnica specifica nei programmi di trattamento riabilitativo.  

 

Scuola inclusiva e disturbo dello spettro autistico 

In Italia nel 1923 si inizia a parlare di scuole elementari speciali. In classi differenziate o scuole elementari speciali venivano accolti ragazze/i con disabilità fisica o intellettiva. Solo con la legge n.118 del 1971, viene proclamato il diritto all’integrazione con l’inserimento degli alunni con disabilità all’interno delle classi ordinarie della scuola pubblica. 

Oggi la scuola che accoglie un minore con spettro autistico le/gli fornisce un sostegno adeguato attraverso l’elaborazione di un Piano Educativo Individuale (PEI), con la collaborazione della famiglia, delle figure specializzate di riferimento, un neuropsichiatra infantile, e dei terapisti che lo seguono nelle attività di riabilitazione. Il PEI deve indicare anche tutti le iniziative e gli strumenti utili all’apprendimento, compresi gli strumenti tecnologici e informatici: computer, tecnologie audio e video e software che aiutano lo studente a creare, immagazzinare e scambiare informazioni per imparare. 

 

 

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Sedentarietà e salute: confermato il gap Nord-Sud

I dati del Rapporto intermedio redatto da Svimez, per il progetto di ricerca Uisp sulla sedentarietà, confermano le differenze interne al nostro Paese

Svimez–Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno ha diffuso il Rapporto Intermedio della ricerca “Il costo sociale e sanitario della sedentarietà”: la ricerca prevede di generare valore al mondo sportivo attraverso la creazione di una base informativa regionale sulle abitudini sportive degli italiani. Inoltre, essa produrrà risultati e stime quantitative utili per il supporto alle decisioni dei policy maker di ambito sportivo. Per scaricare il rapporto intermedio clicca qui

Il progetto di ricerca, condotto dall’Uisp con Svimez, è stato presentato da Vito Cozzoli, presidente di Sport e Salute che finanzia il progetto, nel corso della tavola rotonda “Sport sociale, ripresa e resilienza”, che ha aperto il XIX Congresso nazionale Uisp. “La ricerca intende indagare le differenze territoriali della pratica sportiva e le conseguenze sugli stili di vita e il relativo costo sociale ed economico sulla collettività – si legge nelle conclusioni al rapporto intermedio – Tali considerazioni forniscono indicazioni su quanta parte di questo gap è legato ad un deficit dal lato dell’offerta (infrastrutture sportive) o della domanda (abitudini socioculturali) consentendo di aumentare la conoscenza specifica del settore e suggerendo indicazioni di policy utili ad incrementare le azioni per la promozione dell’attività fisica e quindi del benessere dei cittadini”.

“L’Italia, nel contesto europeo, si caratterizza per un livello abbastanza alto di attività fisica giornaliera praticata nel tempo libero – scrivono i ricercatori – Secondo dati ISTAT (2019) l’Italia dedica circa 33’ al giorno all’attività fisica (sport e/o passeggiate) posizionandosi al quinto posto della graduatoria, pari merito con l’Austria, dopo Spagna (45’), Finlandia e Lussemburgo (35’). L’attitudine alla pratica sportiva non è omogenea nelle diverse regioni del Paese anche, probabilmente, per una differente disponibilità di strutture organizzate, di servizi e facilities, di personale specializzato. Pesano nella diffusione della pratica sportiva anche le disuguaglianze socioculturali.”.

Il lavoro fin qui svolto ha confermato il gap Nord-Sud facendo emergere le seguenti evidenze rispetto all’anno 2019:

  1. nel Mezzogiorno quasi il 50% degli individui non pratica alcuna attività sportiva (il 30% nel Centro-Nord);
  2. solo il 13% delle persone del  Mezzogiorno pratica sport in modo continuativo (20% nel Centro-Nord);
  3. le abitudini e gli stili di vita in relazione al fumo e al consumo di alcol sono abbastanza simili nelle due ripartizioni del Paese;
  4. l’8,5% degli adulti meridionali è obeso rispetto al 6,5% del Centro-Nord;
  5. quasi un minore su 3 (31,35%) nella fascia tra i 6 e i 17 anni è in sovrappeso nel meridione, rispetto ad un ragazzo su cinque nel Centro-Nord (21%);
  6. la speranza di vita in buona salute dai 65 anni in su per gli adulti meridionali è sempre di 3 anni inferiore rispetto a quella degli adulti centro-settentrionali.

Nello studio delle determinanti della sedentarietà è emersa l’importanza della dinamica della partecipazione al mercato del lavoro. Nelle regioni, soprattutto meridionali, dove è più basso il tasso di attività e/o il tasso di occupazione, aumenta la propensione alla sedentarietà con relativo costo sociale ed economico per la collettività. Le prime evidenze empiriche segnalano anche un importante impatto sulla sedentarietà del numero dei componenti familiari”.

Contenuto editoriale a cura di Uisp