Contesto Storico
Istituita dalle Nazioni Unite nel 2000 con Risoluzione 55/201 e proclamata per il 22 maggio, la Giornata Mondiale della Biodiversità ha lo scopo di aumentare la comprensione e la consapevolezza dei problemi della biodiversità e di commemorare l’adozione del testo della Convention on Biological Diversity (CBD) adottata a Nairobi, Kenya, il 22 maggio 1992 e firmata a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992.
La Convention on Biological Diversity (CBD) è lo strumento legale internazionale per “la conservazione della diversità biologica, l’uso sostenibile dei suoi componenti e la giusta ed equa condivisione dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche” che è stato ratificato da 196 nazioni. Il suo obiettivo generale è quello di incoraggiare le azioni che porteranno ad un futuro sostenibile.
Che cos’è la biodiversità e perché è fondamentale
La biodiversità si riferisce alla varietà di forme di vita che popolano il nostro pianeta. Questa diversità si estende a tutti i livelli di organizzazione biologica, dalle molecole ai sistemi ecologici. La biodiversità comprende la diversità genetica all’interno di una specie, la diversità delle specie all’interno di un ecosistema e la diversità degli ecosistemi all’interno di un territorio. La biodiversità è quindi una caratteristica fondamentale della vita sulla Terra e rappresenta una fonte di benefici per gli esseri umani, tra cui la produzione di alimenti, l’approvvigionamento di acqua e l’assorbimento di anidride carbonica. La biodiversità è inoltre un indicatore della salute degli ecosistemi e della loro capacità di rispondere ai cambiamenti ambientali. Tuttavia, la biodiversità è minacciata dalla distruzione degli habitat, dall’inquinamento, dal cambiamento climatico e altre attività umane.
Le popolazioni indigene proteggono l’80% della biodiversità rimanente del mondo
La perdita di foreste si dimezza nei territori abitati dagli indigeni. Inoltre circa il 65 per cento di queste aree si è salvata dallo sfruttamento – nelle altre zone si scende al 44 per cento. Sono moltissimi i casi in cui il controllo del territorio da parte delle popolazioni native si è rivelato efficace, duraturo e resiliente, evidenziando come una governance di questo tipo possa dar vita a “relazioni sostenibili fra uomo e paesaggio”, considerando che “i popoli indigeni conducono attività compatibili con la biodiversità locale e spesso la incentivano”. Del resto, sono le persone che conoscono meglio le proprie terre e sulle quali hanno sempre fatto affidamento, “posseggono conoscenze ancestrali sull’adattamento, la mitigazione e la riduzione dei rischi derivanti dai cambiamenti climatici e dai disastri naturali”, secondo la Banca Mondiale.
Il ruolo fondamentale delle donne indigene
“Le donne indigene trasmettono la conoscenza dei loro antenati e allo stesso tempo guidano le loro comunità verso un futuro resiliente. Quando le donne indigene si impegnano, le politiche e le azioni climatiche a tutti i livelli beneficiano della loro conoscenza e leadership olistica e incentrata sulla natura”, ha dichiarato il segretario esecutivo delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici, Patricia Espinosa.
Come ha spiegato in una recente intervista l’ex relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni, Victoria Tauli-Corpuz: “Le donne indigene aiutano a proteggere i fragili territori in cui vivono. Le donne indigene sono trasmettitrici cruciali di conoscenze relative alla gestione ambientale sostenibile per le generazioni future”.
Imparare da queste esperienze e migliorare la partecipazione delle donne indigene alla politica climatica è fondamentale per raggiungere gli impegni assunti nell’ambito dell’accordo di Parigi e per uno sviluppo sostenibile e inclusivo.
Per saperne di più:
https://www.lifegate.it/indigeni-proteggono-un-quarto-della-superficie-mondiale