Proprio la centralità del materiale prodotto da questa settore, nonostante i grandi sforzi per rendere le filiere produttive sempre meno dipendenti da questo tipo di risorse, negli ultimi anni ha visto un incremento molto significativo, e ancora più netto negli ultimi dieci anni, e il trend si prospetta in crescita anche nel futuro. E vista la crescita costante della popolazione (si stima che saremo 8.5 miliardi entro il 2030..e quasi 10 miliardi nel 2050!), si stima che la crescita di questo mercato continuerà per venire incontro alle crescenti necessità delle persone.
Non solo, paradossalmente gli sforzi globali per l’adozione di tecnologie energetiche rinnovabili e pulite (comprese le auto elettriche) hanno addirittura accelerato il trend, dato che la produzione di energia pulita richiede un maggior utilizzo di minerali e metalli - per esempio, per la costruzione di batterie o accumulatori - rispetto alla produzione da fonti fossili.
Qual è quindi il problema? Il problema è l’impatto che questo settore industriale ha sull’ambiente, sugli ecosistemi e sulle comunità. Tuttavia non è detto che debba essere per forza così: l’industria mineraria ha infatti potenzialmente tutti gli strumenti per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Un recente report dell’International Resource Panel, un gruppo di scienziati esperti sui temi della gestione di risorse avviato nel 2007 proprio per costruire e condividere la conoscenza di questi argomenti, ha infatti lanciato una serie di suggerimenti su come migliorare le performance del settore estrattivo assicurando allo stesso tempo i più alti standard a livello sociale e ambientale. In altre parole, come continuare a fare il proprio lavoro contribuendo al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030.
Uno dei contributi più significativi riguarda la proposta di introdurre di una “licenza di sviluppo sostenibile”. Di cosa si tratta? Le compagnie come quelle minerarie, il cui impatto sull’ambiente e sulle persone che lo abitano è sempre significativo, operano generalmente sotto quella che viene definita “licenza sociale” (Social License to operate). In pratica, oltre alle classiche autorizzazioni per poter svolgere questo tipo di attività ad alto impatto socio-ambientale, è richiesto che le grandi compagnie ottengano anche una specie di “consenso sociale”. Non si tratta di un accordo formale, ma della reputazione della società nell’ambito della propria responsabilità sociale, ovvero sulle politiche di gestione dell’azienda, dei rapporti di lavoro, dell’impatto -anche sociale- che essa ha sul territorio. In altre parole, una specie di “patentino di buona condotta” che è necessario poter dimostrare di possedere se si vuole condurre le operazioni.
La proposta dell’International Panel è quindi di superare questo modello con uno più avanzato, detto Licenza di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development License). In poche parole la proposta prevede un approccio molto più ampio, che tenga in considerazione e si mobiliti per contenere tutti le possibili ricadute negative sull’ambiente, la società, l’economia, individuando tutte le possibili occasioni per contribuire allo sviluppo sostenibile.
Insomma, se abbiamo così tanto bisogno dei minerali e dei metalli estratti dalle grandi compagnie estrattive, abbiamo altrettanto bisogno che il loro l’impatto negativo sia minimizzato e anche che esse si attivino concretamente per contribuire a raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030.