Il cambiamento climatico ha effetti devastanti su sicurezza alimentare, biodiversità, risorse idriche, ecosistemi, suolo e produzione agricola, con conseguenze su larga scala ovunque. Senza misure di adattamento entro il 2030 le rese mondiali dei raccolti diminuiranno in media del 2% per decennio, colpendo maggiormente le regioni più insicure dal punto di vista alimentare ed alimentando tensioni e disuguaglianze.
L’Indice 2019 evidenzia che complessivamente la fame nel mondo sta passando da grave a moderata, con un calo del 31% rispetto al punteggio di GHI registrato nel 2000. Tuttavia, la percentuale di popolazione che non ha regolare accesso a calorie sufficienti è stagnante dal 2015, il numero di persone che soffrono la fame è salito a 822 milioni (erano 795 milioni nel 2015) e sono 149 milioni i bambini vittime di arresto della crescita a causa della malnutrizione. In molti paesi i progressi sono troppo lenti per poter raggiungere entro il 2030 l’Obiettivo Fame Zero (SDG 2); al ritmo attuale, infatti, circa 45 paesi non riusciranno ad attestarsi nemmeno ad un livello di fame basso.
“Con l’aumento del numero di persone che soffrono la fame - commenta Mary Robinson
professoressa aggiunta di giustizia climatica al Trinity College di Dublino - non possiamo più permetterci di considerare l’Agenda 2030 e l’Accordo di Parigi sul clima una questione volontaria, che ogni stato membro può decidere autonomamente. La piena attuazione di entrambi è diventata invece imperativa al fine di garantire un mondo vivibile per i nostri figli e nipoti.”
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Contenuto editoriale a cura di Cesvi, foto credit di Gianfranco Ferraro