La produzione e distribuzione “informale” del cibo: una via verso lo sviluppo sostenibile?

28 Gennaio 2021
La produzione, distribuzione e consumo di cibo sono tra le pratiche che più gravano sull’utilizzo delle risorse del nostro pianeta. Per questo motivo, i Goal di Sviluppo Sostenibile 11 e 12 si concentrano rispettivamente sulla creazione di città e comunità sostenibili e sul consumo e produzione responsabili dei prodotti alimentari. Le soluzioni per rendere le abitudini alimentari globali più sostenibili sono particolarmente complesse e variano con il contesto socioeconomico.

Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), è necessaria una vera e propria rivoluzione del sistema alimentare mondiale, che garantisca alimenti nutrienti e di qualità e tuteli l’ambiente. Ciò comporta cambiamenti radicali dal punto di vista economico, ambientale e sociale. Attualmente, la dieta della popolazione globale è insostenibile sia per il nostro pianeta che per la salute umana.

Mentre nei paesi sviluppati c’è un consumo eccessivo di cibi preconfezionati, e quindi non sufficientemente sani e nutrienti, le popolazioni dei paesi in via di sviluppo non si alimentano adeguatamente a causa dei prezzi troppo elevati dei prodotti. Nel suo ultimo Simposio sul Futuro dell’Alimentazione, svolto nel 2019, la FAO ha individuato quattro strategie per rendere più sostenibile l’alimentazione umana. L’organizzazione punta sulle politiche pubbliche, che dovrebbero incoraggiare la distribuzione e il commercio di prodotti sostenibili, ma anche sulla responsabilizzazione della popolazione.

Nei paesi del Nord del mondo, gli obiettivi alimentari sostenibili possono essere in parte raggiunti tramite l’imposizione di regole specifiche, come la certificazione di sostenibilità sui prodotti in vendita dei negozi: uno strumento efficace sia per il produttore che per il consumatore. Tuttavia, non è una risoluzione praticabile in tutti i contesti.

Un’alternativa particolarmente diffusa nei paesi del Sud del mondo è la produzione e distribuzione “informale” del cibo. Alcuni esempi sono: coltivare un orto presso la propria abitazione, raccogliere piante commestibili nelle foreste o nelle campagne vicine, condividere cibo con famiglia e amici, acquistare informalmente (pagando in contanti) dai coltivatori nei mercatini o per strada. È una pratica comune sia nelle campagne che nelle città – in capitali come Lagos, Dakar, Nairobi e Accra, l’80% dell’economia alimentare è informale, e avviene principalmente tramite l’acquisto diretto dai coltivatori.

L’informalità può essere considerata sostenibile: permette di mantenere i prezzi più bassi, acconsentendo così agli strati più vulnerabili della popolazione di sfamarsi e di accedere a prodotti più nutrienti. Allo stesso tempo, la compravendita informale può sfuggire al monitoraggio esterno, rendendo più difficile misurare la sostenibilità della produzione del cibo o le abitudini alimentari della popolazione. Un aspetto particolarmente sostenibile di questo fenomeno è che incoraggia ad utilizzare le risorse locali nella vita di tutti i giorni. Coltivare un piccolo orto o condividere il cibo con la nostra rete familiare e di amici sono abitudini semplici, ma che possono fare la differenza nel nostro impatto sull’ambiente!

Qui puoi trovare un video delle Nazioni Unite sulla sicurezza alimentare nel mondo



E qui un approfondimento della FAO sull’accesso ad alimenti nutrienti nel mondo (in inglese)

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