Secondo quanto riportato da molti scienziati ed esperti, tra cui la direttrice esecutiva del Programma della Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) Inger Andersen, il dilagare del virus può essere ricondotto, tra le altre cause, anche all’eccessiva pressione che l’uomo ha esercitato negli ultimi decenni nei confronti dell’ambiente.
In altre parole, il comportamento dell’uomo potrebbe aver favorito l’emergere di condizioni favorevoli per il cosiddetto “salto di specie” - detto anche spillover- del virus dagli animali all’uomo. Come infatti abbiamo imparato in queste settimane, spesso questo genere di patogeni rimangono confinati in altre specie animali anche per molto tempo fino a quando, per via di una mutazione genetica, diventano improvvisamente contagiosi anche per l’uomo.
Bene, ma quindi cosa c’entrano i cambiamenti climatici con tutto questo? Secondo gli esperti, per evitare nuove epidemie bisognerà fermare in primo luogo sia il fenomeno del surriscaldamento globale sia la distruzione degli ecosistemi naturali a favore dell’agricoltura, dell’attività estrattiva e anche per creare nuovi spazi da abitare. Tutti questi fenomeni hanno in comune il fatto di rendere più facile per l’uomo entrare in contatto con specie animali selvatiche, favorendo in alcuni casi il “salto di specie” e la diffusione di malattie sconosciute.
É quindi fondamentale, dopo aver composto l’emergenza sanitaria contro il virus, affrontare la risposta di lungo termine contrastando la perdita degli habitat e della biodiversità. Il motivo è molto semplice, come suggerisce ancora la direttrice dell’UNEP: “ci sono troppe pressioni contemporanee sulla natura, ed essendo intimamente la nostra specie (umana) connessa con essa, se non ci prendiamo cura della natura non ci prendiamo cura nemmeno di noi stessi”.
Il punto è che la distruzione degli ambienti naturali spinge la fauna selvatica a vivere sempre più vicino alle persone, oltre al fatto che lo stesso cambiamento del clima spinge gli animali a spostarsi, creando un’opportunità per gli elementi patogeni (come i virus) di trovare nuovi “ospiti” per la loro proliferazione.
Infine, è la raccomandazione di Aaron Bernstein, della Harvard School of Public Health negli Stati Uniti, è molto importante non dividere le politiche pubbliche da quelle ambientali, poiché la nostra salute dipende interamente dal clima e dagli altri organismi che popolano la terra.