Il mondo si è prefisso di sconfiggere la fame entro il 2030, obiettivo che non può prescindere dalla diffusione del concetto di sicurezza alimentare.
Shashe è una località nel sud dello Zimbabwe. La popolazione è molto povera e i genitori non solo non hanno le risorse per sfamare i loro bambini, ma spesso sono costretti ad allontanarsi da loro per cercare lavoro in territori più fertili.
Una speranza
Oggi per queste famiglie c’è una nuova speranza. Un progetto concreto e di lunga prospettiva che sta dando vita a un aranceto coltivato e curato direttamente da loro, con l’aiuto di volontari ed esperti.
L’area interessata è di 90 ettari, dotata di un nuovo sistema di irrigazione, e vede il coinvolgimento di 200 agricoltori.
La possibilità di commercializzare e vendere le arance, garantita dai partner locali, permette la continuità del lavoro, che si traduce in un reddito sicuro e rompe per sempre il ciclo della fame e della povertà.
Oltre alla coltivazione delle arance, gli abitanti di Shashe hanno la possibilità di produrre anche altri frutti e ortaggi, fondamentali per il sostentamento quotidiano della famiglia.
Mentre i bambini possono finalmente andare a scuola.
Approccio innovativo e mitigazione dei cambiamenti climatici
Grazie a finalità chiare e condivise e a una costante auto-valutazione, gli agricoltori vengono assistiti nel processo di sviluppo e modifica del piano di lavoro in base a opportunità, tecnologie e innovazioni agronomiche, così come nella revisione e ridefinizione dei loro obiettivi a breve termine, mantenendo invariati visione e obiettivi generali.
Questo nuovo modello abbraccia dunque una visione e una filosofia comune che ha lo scopo primario di garantire che la sicurezza alimentare (generalmente quantificata in “disponibilità di cibo”) sia accompagnata dalla sostenibilità commerciale a lungo termine (rappresentata da “colture di elevato valore”, in questo caso gli agrumi). Dall’investimento dei guadagni nella gestione e manutenzione comune dello schema. Mentre i profitti individuali vengono divisi tra i beneficiari coinvolti nel progetto (definiti “azionisti”).
Un nuovo modello promosso da Cesvi
Questo nuovo modello consiste nella messa a punto di un processo continuo di apprendimento e adattamento, dove il ruolo di Cesvi è quello di promuovere una partnership tra la comunità e gli attori esterni (istituzioni, aziende).
A Shashe, lo sviluppo delle capacità gestionali della comunità va di pari passo con l’ammodernamento infrastrutturale.
La sostituzione dell’irrigazione per allagamento con sifoni e canali di distribuzione (sistema obsoleto precedentemente in uso) è stata resa possibile grazie all’introduzione di pivot. Sono stati poi scavati dei pozzi direttamente nel letto del fiume Shashe, inserite delle pompe sommerse ed è stata effettuata una pulizia estensiva della terra.
Risparmio effettivo
Tutte queste migliorie hanno comportano una riduzione di oltre il 50% dell’utilizzo di acqua.
Entro il 2020, quando gli alberi garantiranno la massima produzione di arance e il fabbisogno d’acqua sarà massimo, il risparmio previsto, secondo il regime irriguo necessario, sarà di circa 400.000 metri cubi annui per ognuno dei tre pivot.
Il risparmio di acqua si traduce automaticamente in risparmio di elettricità per una cifra di circa 50.000 dollari l’anno.
Questa cifra è quindi a disposizione della comunità, e rappresenta inoltre una riduzione enorme di emissioni di CO2, contribuendo così alla risposta globale ai cambiamenti climatici.
Inoltre, dal 2011 ad oggi Cesvi ha fornito circa 22.000 alberi di arance piantati dalla comunità.
Benefici ambientali
Il potenziale di sequestro di anidride carbonica per un aranceto a basso regime di input 4 come Shashe rappresenta un’opportunità incredibile per dimostrare che anche piccole comunità rurali possono contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici (Jackson 2013; Mngrsquo e Beedhy 2013; Metha et al. 2016).
In un prossimo futuro questo potenziale potrebbe perfino giocare un ruolo diretto nel mercato delle emissioni, generando ulteriori guadagni per supportare e stimolare lo sviluppo della comunità ed espandere l’attuale area irrigata anche attraverso fondi derivanti da programmi di pagamento per servizi ambientali (Mngrsquo e Beedhy 2013).
In seguito all’introduzione di giovani aranci, che necessitano di almeno 4-5 anni per raggiungere la maturità, la coltivazione stagionale di altri prodotti tra i filari di aranci è diventata una pratica consolidata. Prodotti come fagioli, zucche, patate dolci, rape, cavoli e mais sono coltivati sia a contratto, in cambio di denaro, sia per soddisfare i bisogni alimentari di base.
Gli agricoltori sono in grado di prendere in prestito input (fertilizzanti, semi) come parte di un contratto con compagnie di agri-business e ripagare il prestito sottraendolo al guadagno dato dal raccolto.
Con questa formula, il peso dell’investimento di capitale iniziale è mitigato e la vendita garantita: ciò permette alle comunità più povere di coltivare prodotti ad alto valore commerciale in un regime agricolo ideale. Spesso infatti le comunità riducono l’uso di fertilizzante per mancanza di fondi, danneggiando gravemente quantità e qualità del raccolto. Ora non è più necessario.
Per approfondimenti Caso Studio Zimbabwe
Foto di Giovanni Diffidenti