C’era una volta la wildlife

08 Febbraio 2021

Negli ultimi giorni effettivi della sua controversa presidenza, Donald Trump ha sferrato un ultimo colpo all'ambiente.


Dopo aver fatto uscire, anche se solo temporaneamente, gli Stati Uniti dagli storici Accordi di Parigi, The Donald ha compiuto un altro pericoloso gesto prima della fine, il 20 Gennaio 2021, del suo mandato presidenziale. Il 6 Gennaio si è infatti svolta l’asta per la vendita alle compagnie di estrazione di petrolio e gas di una parte di quella che è considerata l'ultima grande terra selvaggia degli USA : l'Arctic National Wildlife Refuge.


Che cos’è L’ANWR (Arctic National Wildlife Refuge)?


L'Arctic National Wildlife Refuge, situato nella zona nord-orientale dello stato dell'Alaska, è attualmente, con i suoi 78.000 chilometri quadrati di estensione, il più grande dei 16 National Wildlife Refuges presenti. Oltre ad ospitare migliaia di specie animali, ha un ruolo fondamentale poiché costituisce l’habitat principale delle renne Caribù Porcupine e degli orsi polari. Oltre alla vasta fauna e flora selvaggia, il territorio è casa anche della popolazione indigena dei Gwich’in, che vive nella regione dell'Arctic National Wildlife Refuge da centinaia di generazioni.


La fine di una delle più lunghe battaglie ambientali degli USA?


La contesa per il territorio dell'ANWR da parte dell'industria petrolifera va, in realtà, avanti da decenni, fin dalla decisione nel 1960 del presidente Eisenhower di istituire l'area come riserva naturale.

Ma ora, dopo delle prima aperture già manifestatesi durante il quinquennio presidenziale repubblicano, il territorio, considerato "off limits" fino a pochi anni fa, sembra destinato alle trivellazioni.

La vendita al miglior offerente dei diritti di perforazione, con durata decennale, di una parte della riserva naturale, il 5% dell'area totale, ha come obiettivo la ricerca di un nuovo giacimento di petrolio, che secondo i più ottimisti potrebbe costituire uno dei più grandi giacimenti petroliferi del Nord America.

Insomma una storia già raccontata con un trade-off tra denaro e ambiente che più volte abbiamo visto ripetersi nella storia recente, con conseguenze molto più che evidenti.


Il flop e la speranza.


Nonostante i forti interessi economici in gioco, l'asta non sembra essere andata come l’attuale presidente uscente aveva previsto. Infatti, a causa della struttura impervia dell'area e della mancanza di infrastrutture - è una riserva di natura selvaggia d’altronde - non sembrano essere pervenute particolari offerte e molte grandi istituzioni finanziarie hanno affermato che non finanzieranno la produzione e la ricerca di petrolio e gas nell'area.

Dobbiamo dunque sperare nell'ennesimo flop di un’amministrazione disastrosa in campo ambientale.

A rappresentare un barlume di speranza è l'imminente insediamento del presidente appena eletto Joe Biden, che sembra propenso ad ascoltare le continue spinte e proteste della comunità ambientalista e delle comunità indigene locali e salvaguardare l'incolumità dell'area. Per ora l'allarme sembra cessato ma, in ogni caso, la guardia resta alta.

Simone Gennari
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