I dati del Rapporto intermedio redatto da Svimez, per il progetto di ricerca Uisp sulla sedentarietà, confermano le differenze interne al nostro Paese
Svimez--Associazione per lo Sviluppo dell'Industria nel Mezzogiorno ha diffuso il Rapporto Intermedio della ricerca “Il costo sociale e sanitario della sedentarietà”: la ricerca prevede di generare valore al mondo sportivo attraverso la creazione di una base informativa regionale sulle abitudini sportive degli italiani. Inoltre, essa produrrà risultati e stime quantitative utili per il supporto alle decisioni dei policy maker di ambito sportivo. Per scaricare il rapporto intermedio clicca qui
Il progetto di ricerca, condotto dall'Uisp con Svimez, è stato presentato da Vito Cozzoli, presidente di Sport e Salute che finanzia il progetto, nel corso della tavola rotonda "Sport sociale, ripresa e resilienza", che ha aperto il XIX Congresso nazionale Uisp. “La ricerca intende indagare le differenze territoriali della pratica sportiva e le conseguenze sugli stili di vita e il relativo costo sociale ed economico sulla collettività - si legge nelle conclusioni al rapporto intermedio - Tali considerazioni forniscono indicazioni su quanta parte di questo gap è legato ad un deficit dal lato dell’offerta (infrastrutture sportive) o della domanda (abitudini socioculturali) consentendo di aumentare la conoscenza specifica del settore e suggerendo indicazioni di policy utili ad incrementare le azioni per la promozione dell’attività fisica e quindi del benessere dei cittadini”.
“L’Italia, nel contesto europeo, si caratterizza per un livello abbastanza alto di attività fisica giornaliera praticata nel tempo libero - scrivono i ricercatori - Secondo dati ISTAT (2019) l’Italia dedica circa 33’ al giorno all’attività fisica (sport e/o passeggiate) posizionandosi al quinto posto della graduatoria, pari merito con l’Austria, dopo Spagna (45’), Finlandia e Lussemburgo (35’). L’attitudine alla pratica sportiva non è omogenea nelle diverse regioni del Paese anche, probabilmente, per una differente disponibilità di strutture organizzate, di servizi e facilities, di personale specializzato. Pesano nella diffusione della pratica sportiva anche le disuguaglianze socioculturali.”.
Il lavoro fin qui svolto ha confermato il gap Nord-Sud facendo emergere le seguenti evidenze rispetto all’anno 2019:
- nel Mezzogiorno quasi il 50% degli individui non pratica alcuna attività sportiva (il 30% nel Centro-Nord);
- solo il 13% delle persone del Mezzogiorno pratica sport in modo continuativo (20% nel Centro-Nord);
- le abitudini e gli stili di vita in relazione al fumo e al consumo di alcol sono abbastanza simili nelle due ripartizioni del Paese;
- l’8,5% degli adulti meridionali è obeso rispetto al 6,5% del Centro-Nord;
- quasi un minore su 3 (31,35%) nella fascia tra i 6 e i 17 anni è in sovrappeso nel meridione, rispetto ad un ragazzo su cinque nel Centro-Nord (21%);
- la speranza di vita in buona salute dai 65 anni in su per gli adulti meridionali è sempre di 3 anni inferiore rispetto a quella degli adulti centro-settentrionali.
Nello studio delle determinanti della sedentarietà è emersa l’importanza della dinamica della partecipazione al mercato del lavoro. Nelle regioni, soprattutto meridionali, dove è più basso il tasso di attività e/o il tasso di occupazione, aumenta la propensione alla sedentarietà con relativo costo sociale ed economico per la collettività. Le prime evidenze empiriche segnalano anche un importante impatto sulla sedentarietà del numero dei componenti familiari”.
Contenuto editoriale a cura di Uisp