Chi sono i Siblings? 

19 Maggio 2021

Ce lo spiega la dottoressa Giulia Franco 


 Qualche giorno fa abbiamo intervistato Giulia, psicologa e psicoterapeuta per parlare di un argomento di cui non si parla spesso. Vi state chiedendo di cosa si tratti? Ecco l’intervista! 

 
Agente: Ok, Giulia! Per prima cosa, raccontaci chi sei. 

Giulia: Vediamo un po’. Ho 34 anni, sono nata e cresciuta a Padova. Sono una libera professionista: nell’ambito clinico mi occupo di bambini, adolescenti e famiglie di persone con disabilità; organizzo gruppi per genitori, fratelli e sorelle di bambine e bambini con disabilità; per quanto riguarda la formazione, insegno al corso per Operatori Socio-Sanitari, all’Università di Padova per il corso di Tecniche della riabilitazione psichiatrica e costruisco gruppi online di  formazione sui siblings. Per quanto riguarda l’ambito scolastico mi occupo di progetti sull’inclusione, dove porto il libro illustrato che ho scritto, che mi aiuta a spiegare la disabilità ai bambini; sviluppo anche progetti sulla sessualità e affettività. 

 
Agente: Puoi dirci chi sono i sibling? 

Giulia: I siblings sono i fratelli e le sorelle di persone con disabilità. 

 
Agente: Come mai hai scelto di occuparti proprio di loro? 

Giulia: Ho scelto di occuparmi di questo per un’esperienza personale. Essendo anch’io una sibling, quando ero piccola non esisteva nessun tipo di servizio, per noi fratelli e sorelle. Per cui una volta diventata psicoterapeuta ho pensato che poter mettere a disposizione la mia professione per questo tipo di supporto potesse essere d’aiuto. L’idea nasce da questa esigenza. Poi ho iniziato così, un po’ per caso, mettendo a disposizione la mia storia, poi è diventata una cosa più strutturata. 

 
Agente: Cosa diresti se dovessi spiegare perché è importante occuparsi anche di chi vive accanto a persone con disabilità? 

Giulia: Una volta si pensava solo al famoso “paziente designato” o alla relazione madre-bambino, invece dà risultati migliori, in termini di benessere per il nucleo familiare, pensare ad ogni componente, con la sua identità e i suoi bisogni. E’ importante per far capire che alcuni sentimenti e preoccupazioni che si possono vivere da sibling sono comuni ad altre persone. Il fatto di poterli condividere con qualcuno fa sentire meno soli e meno sbagliati. Fa pensare “Allora non sono l’unico a provare senso di colpa, rabbiafatica, tutta una serie di difficoltà”. Questo alleggerisce molto. E’ la potenza del gruppo. Questo porta alla conoscenza e alla consapevolezza di sé. Avere consapevolezza delle proprie emozioni può portare a fare scelte, anche future, più consapevoli e libere. Tengo molto al tema della libertà. Non importa tanto cosa scegli, ma il fatto che tu scelga perché vuoi e sei consapevole, non perché subisci una scelta.  

 
Agente: Che tipo di attività svolgi con i gruppi di siblings? 

Giulia: Diciamo che non sono solo gruppi di psicoterapia, ma hanno anche uno scopo di prevenzione. Per cui con i più piccoli e le più piccole - sono divisi per fasce di età - lavoro sulla comunicazione corretta della diagnosi, perché è importante raccontare la verità ai bambini e alle bambine, spiegare cos’hanno i fratelli e le sorelle. Con i più grandi e le più grandi aiuto anche a trovare le risposte da dare agli altri, perché se prima tu vuoi capire che cos’ha tuo fratello, poi te lo senti chiedere dagli altri, ti chiedono “perché fa così? che cos’ha?” et cetera. E’ importante trovare delle risposte che per te possano essere adeguate, che ti facciano sentire a tuo agio. In questi gruppi aiuto i ragazzi e le ragazze a trovare le loro risposte insieme, perché ognuno ha il suo carattere, la sua modalità di risposta. Aiuto a distinguere i contesti, a capire in base al tipo di relazione che si vuole costruire quale risposta dare. Mentre con i gruppi di siblings per giovani adulte e adulti lavoro soprattutto sul tema del futuro e delle loro preoccupazioni a riguardo. 

 
Agente: Com’è cambiato essere una libera professionista della salute mentale con una pandemia in corso? 

Giulia: Nella mia vita prima del covid lavoravo molto a contatto con le persone, ad esempio per i gruppi con adolescenti, facevo molti convegni e conferenze in giro per l’italia, tutte cose che poi sono saltate. Quindi mi sono po’ reinventata. Ero già abbastanza attiva sui social, lo sono diventata di più. Ed è così che ho iniziato a fare colloqui online, formazione online. Ho traslato i gruppi in presenza sulle piattaforme e lo stesso anche per le conferenze e le dirette sui social, i webinar sulle piattaforme. 

 
Agente: Come è stato questo cambiamento? 

Giulia: Posso dire che è uno strumento che funziona nel momento in cui dall’altra parte c’è qualcuno che collabora. Ci sono difficoltà dal punto di vista tecnico, ad esempio si perde parte della comunicazione non verbale, la spontaneità che solo una relazione in presenza ti può dare, l’autenticità. Tutto sommato però devo dire che ci sono tanti pro. Ho potuto conoscere persone da tutta Italia che non avrei mai potuto conoscere. Quindi un po’ il web ha battuto le distanze. I limiti sono questi, i vantaggi sono che ai miei gruppi sui siblings partecipano persone da tutta Italia, è un’esperienza molto più ricca. C’è stata la voglia di conoscerci anche dal vivo, per cui gli ultimi progetti sono stati dei weekend a Roma in cui psicologia, convivialità e cultura si sono intrecciate, anche con le attività che abbiamo svolto visitando siti storici e artistici. 

 
Agente: Dove possiamo trovarti sul web? 

Giulia: ho il mio sito web giuliafranco.it, ma potete scrivermi su instagram a @giuliafrancopsicoterapeuta. 

 
Agente: Grazie, Giulia! 

Giulia: Grazie a voi! 

 

Perché abbiamo intervistato Giulia? 


Perché, come ci insegna l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la salute è un costrutto bio-psico-sociale. Salute non è solo “non avere una malattia” e non riguarda solo noi, ma anche la nostra rete di supporto, la nostra famiglia, i nostri amici e le nostre amiche che ci sostengono, le nostre emozioni e le nostre speranze per il futuro. Per raggiungere il benessere di tutte e di tutti, non dobbiamo solo curarli (in inglese to cure”), ma prendercene cura (in inglese “to care”).  

Veronica Lacorte 
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