La storia di Bereket e Kali

28 Novembre 2018
La storia di Bereket

Bereket (nome di fantasia) è un bambino eritreo di 5 anni affetto da sordomutismo. La madre ha cercato di portarlo in Europa per garantirgli l’assistenza medica che nel Paese di origine non riusciva a ottenere, ma è stata fermata e rinchiusa con il figlio in un centro di detenzione. Bereket, oltre a essere molto piccolo, soffre anche di una forma di disabilità che gli rende difficile relazionarsi con gli altri bambini. Questa condizione è peggiorata dalla permanenza nel centro di detenzione.

Lo staff di Cesvi ha segnalato il caso di Berek alle agenzie ONU di competenza e ha offerto sia al bambino che alla madre il sostegno psicosociale di cui avevano bisogno. L’intervento dell’ONU e le pressioni sulle autorità che gestiscono il centro hanno fatto sì che Bereket e la madre potessero essere rilasciati. Al momento si trovano in uno spazio sicuro, in attesa di ricevere adeguata assistenza medica.

La storia di Kali
Kali (nome di fantasia) è una bambina di 4 anni e viene dalla Guinea Bissau, un paese dalle difficilissime condizioni politiche ed economiche. Il padre di Kali decide di decide di fuggire portandola con sé, in cerca di condizioni di vita migliori. Entrambi vorrebbero arrivare in Italia quindi si imbarcano in Libia per raggiungere il paese attraverso il mediterraneo ma vengono intercettati dalla Guardia Costiera libica.

Solo pochi terribili attimi per decidere il destino di una vita intera: il padre si getta in acqua per sfuggire alle autorità, e Kali resta sola sul gommone che avrebbe dovuto traghettarla verso un nuovo inizio. Viene condotta in uno dei centri di detenzione di Tripoli in cui lavora Cesvi. Gli operatori le forniscono subito una prima assistenza psicosociale e, dai racconti della bambina, cercano di capire la sua storia. Il suo caso viene riportato alle agenzie ONU competenti perché ne richiedano il rilascio e il ricongiungimento con il padre.

Nel frattempo, la bambina viene seguita dalla psicologa e dallo staff di Cesvi, che la coinvolge in attività ricreative e psicosociali per tenere monitorate le sue condizioni e supportarla, per quanto possibile, nel difficile contesto del centro di detenzione. A seguito delle pressioni delle agenzie ONU e del sostegno dell’ambasciata della Guinea Bissau, Kali è stata rilasciata e ora si trova in uno spazio sicuro, in attesa di essere ricongiunta con il padre.

 
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