È in questo solco che la risoluzione delle Nazioni Unite che istituisce la giornata sottolinea “l’importanza di aumentare la consapevolezza sulle diverse culture, religioni e convinzioni e dell’educazione alla promozione della tolleranza”, incoraggiando “attività volte a promuovere il dialogo interreligioso e interculturale per rafforzare la pace e la stabilità sociale”, sapendo che “la tolleranza, il pluralismo, il rispetto reciproco e la differenza di religioni e di convinzioni promuove la fratellanza umana” (https://undocs.org/en/A/RES/75/200).
Questa giornata ci permette di riflettere su due questioni molto diverse che gravitano intorno alla fratellanza umana:
- quella della (non) oppressione di coloro che appartengono a gruppi percepiti come diversi;
- quella del dialogo e del confronto tra persone e gruppi con convinzioni diverse.
Soffermiamoci brevemente su entrambe.
La distinzione delle persone in gruppi differenti è necessaria per orientarsi nella vita quotidiana; il problema è quando l’appartenenza ad un gruppo piuttosto che ad un altro giustifica la discriminazione; non può avere mai un fondamento oggettivo, ma si basa su interpretazioni e scelte. Nella discriminazione si hanno sempre due soggetti (in questo caso gruppi): quello che la opera e quello che la subisce. Il gruppo che la opera può agire consapevolmente o inconsapevolmente; così come il gruppo che la subisce può ritenere di essere discriminato o meno; in alcuni casi è un’altra parte a evidenziare la discriminazione, non chi la subisce. Vista la complessità del fenomeno e il fatto che la distinzione tra un “noi” e un “loro” può condurre ad una discriminazione, uno degli antidoti è il dialogo con persone appartenenti a gruppi diversi dai nostri, con idee diverse dalle nostre.
Non è facile, perché la nostra mente ha una tendenza innata a cercare conferme alle proprie convinzioni, piuttosto che smentite. È semplicistico affermare che oggi le cose vanno molto peggio in tal senso: è molto probabile che la socialità tra persone che non si scelgono (ad esempio chi abita in un certo luogo) sia diminuita rispetto al passato ed è cresciuta la socialità d’elezione, ovvero con persone scelte, in genere perché più consone alle nostre inclinazioni; inoltre, certamente il funzionamento dei social media amplifica questa tendenza; per altro verso, siamo esposti a molte più informazioni, anche molto diversificate, rispetto al passato. Ciò che però è sicuro è che non possiamo adagiarci: è necessario invece in prima persona cercare un confronto approfondito con persone che la pensano diversamente e favorirlo nei luoghi dove viviamo ed operiamo.
Il confronto approfondito è qualcosa che va oltre lo scontro tra posizioni diverse e invece scava nella radice delle questioni. Come propone Michael Sandel in un breve intervento dal titolo L’arte dimenticata del dibattito democratico, è utile ricondurre opinioni diverse a scelte di campo profonde; questo non allontana maggiormente, anzi: rendendo più chiara la vera motivazione di una determinata presa di posizione, è il primo passo per arrivare ad una sintesi tra idee diverse.
Approfondimenti
Per saperne di più sul rapporto tra differenziazione tra gruppi e discriminazione, cfr. A. Mummendey, S. Otten, Aversive Discrimination, in R. Brown, S. L. Gartner (a cura di), Blackwell Handbook of Social Psychology : Intergroup Processes, Blackwell 2003
Per saperne di più sulla tendenza a cercare conferme nelle proprie convinzioni, cerca l’espressione “bias di conferma”. In particolare, puoi leggere su questo alcuni brani del classico di Daniel Kahneman, Pensieri lenti e veloci. Un podcast divertente che tocca questo tema è la puntata Why Do We Seek Comfort in the Familiar? di Freakonomics: https://freakonomics.com/podcast/why-do-we-seek-comfort-in-the-familiar-ep-445/
L’intervento di Michael Sandel si trova qui sotto: