Ius soli e ius sanguinis: un conflitto ancora non chiarito in Italia
Dopo diversi anni si è tornati a parlare di IUS SANGUINIS e IUS SOLI. A riportarlo alla luce e stato il neo segretario del PD Enrico Letta, che nel discorso di insediamento all’assemblea nazionale del Partito Democratico ha dichiarato: ”Io sarei molto felice se il governo di Mario Draghi, tutti insieme, senza polemiche, fosse quello in cui dar vita alla normativa dello Ius Soli che voglio qui rilanciare”.
L’affermazione ha subito innescato un acceso dibattito ed i partiti di destra si sono schierati contro questa proposta.
Ma che cos’è esattamente lo Ius soli? Che cosa lo differenza dallo ius sanguinis?
“Ius soli” è una proposizione latina che significa “diritto del territorio”. Esso permette di ottenere la cittadinanza di uno stato per il solo fatto di essere nati sul territorio, indipendentemente dalla cittadinanza dei propri genitori. Alcuni Paesi adottano questo principio: Stati Uniti d’America, Canada, Brasile, ecc.
Quindi, se Concetta, figlia di italiani, nasce negli USA, diventa automaticamente americano.
Il principio dello Ius soli si contrappone a quello dello ius sanguinis (“diritto del sangue), che è molto diffuso in Europa. Secondo questo principio, si ottiene la cittadinanza di uno Stato solamente se i genitori sono già cittadini di quello stato.
Quindi, Giovanni può diventare cittadino italiano solamente se i suoi genitori sono italiani.
Perché la cittadinanza è così importante?
L’essere cittadini di uno stato permette di ottenere il pieno riconoscimento dei diritti civili, politici e sociali. Tra questi, la libertà personale, di movimento, di professare la propria religione, di associarsi, di votare, l'uguaglianza di fronte alla legge, ecc.
Siamo così abituati ad avere questi diritti, che li diamo per scontati, quasi naturali, non accorgendoci che ci sono molte persone che vivono nel nostro Paese e che non hanno il loro pieno riconoscimento.
Cosa succede, dunque, alle persone che sono nate e/o vivono in Italia, ma non hanno genitori italiani?
Secondo la Legge 91/1992 sulla cittadinanza Italiana, una persona può ottenere la cittadinanza:
- dopo 10 anni di residenza legale in Italia;
- al raggiungimento del diciottesimo anno di età per i figli di genitori stranieri;
- sposandosi con un cittadino italiano;
- dopo essere stati dipendenti pubblici dello Stato per almeno 5 anni
Nella Legge 91/1992 viene sempre utilizzata la parola “straniero”. Qui è stato deciso di utilizzare invece la parola “persona” per svariati motivi. Si può definire “straniero” un ragazzo di 16 anni, nato e cresciuto in Italia, solamente perché ha genitori che provengono da un altro Paese?
Di Stefania Ferrua
Per approfondimenti, vedi
https://www.actionaid.it/blog/legge-cittadinanza-contro-razzismo
https://www.corriere.it/politica/21_marzo_14/salvini-letta-ius-soli-519ddcca-84c0-11eb-bffe-e0da654e6bc0.shtml
Legge 91/1992 sulla Gazzetta Ufficiale (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1992/02/15/092G0162/sg)