Il dato più preoccupante è però quello legato alle dinamiche temporali. Non bisognerà infatti attendere fino al 2100 per vedere i primi effetti di questo disastro ambientale, perché si ritiene che avanti di questo passo il 70-90% di questi ecosistemi non sopravviverà già nei prossimi 25 anni.
Un’altro fenomeno che è stato messo in luce durante il convegno è stato quello che viene definito “sbiancamento”, o bleaching in inglese. Forse saprete che molti coralli sono colorati, e questo fenomeno è dovuto alla presenza di alcune alghe, che vivono simbioticamente all’interno dei coralli stessi e che danno loro il colore. Purtroppo, a causa dell’acidificazione delle acque e soprattutto all’aumento della temperatura, i coralli sono posti sotto stress e reagiscono liberandosi delle alghe: è così che si ottengono coralli bianchi e opachi, caratteristiche che presagiscono la sofferenza dell’organismo e maggiore predisposizione alla morte.
Per cercare di far fronte a questo disastro si sta provando a trapiantare coralli vivi, creati in laboratorio, all’interno delle barriere coralline danneggiate per provare e riattivare la proliferazione. Purtroppo questa tecnica sta dando, per il momento, risultati non troppo incoraggianti, in particolare per la minore resistenza di questi coralli nell’ambiente oceanico.
Secondo gli esperti, nel 2100 i pochi luoghi dove ancora potranno proliferare i coralli saranno alcune parti della California del Sud e il Mar rosso, rimanendo comunque habitat a rischio.