Animali che mangiano la plastica

21 Dicembre 2017
Nel 2016 Shosuke Yoshida, del Kyoto Institute of Technology, e colleghi di altri istituti giapponesi sono riusciti a isolare l'Ideonella sakaiensis, un batterio capace di digerire il polietilene tereftalato, comunemente chiamato plastica PET.

Dopo aver raccolto 250 diversi campioni di detriti di PET e identificato diversi ceppi batterici, gli autori hanno individuato un enzima, denominato ISF6_4831 che, in presenza di acqua, è in grado di scindere il PET in una sostanza intermedia, a sua volta degradata da un secondo enzima.

Questi due enzimi da soli possono scindere il PET nei suoi costituenti fondamentali e, anche se l'intervallo di tempo richiesto è piuttosto lungo, si sono rivelati fondamentali per aprire la strada a nuove soluzioni dei problemi ambientali dovuti alla dispersione di questo materiale fortemente resistente alla biodegradazione.

A ulteriore testimonianza dell’importanza della scoperta e della fertilità di questo ambito di ricerca, un anno dopo Yoshida, nel 2017, Paolo Bombelli, Christopher Howe e Federica Bertocchini hanno scoperto un processo biologico simile messo in atto dalla larva della Galleria mellonella, detta “tarma della cera” per la sua propensione a cibarsi dei favi.

La scoperta, come racconta la stessa Bertocchini, è avvenuta in modo casuale: “Ho l’hobby dell'apicoltura, e l'abitudine - in inverno - di tenere gli alveari vuoti in casa. Nel tirarli fuori per la primavera, l'anno scorso mi sono accorta che erano pieni di questi bachi. Così li ho ripuliti, raccogliendo i bachi in una borsa di plastica. Qualche ora dopo era già piena di buchi e le larve libere”.

In effetti il trilione di borse di polietilene (PE) che usiamo ogni anno - intasando le discariche e contribuendo all'aggregazione di isole di plastica in mezzo agli oceani - potrebbe aver trovato in questo modo il suo “nemico naturale”, dimostrando l’importanza di queste scoperte per il futuro dell’umanità.

L’articolo di Yoshida su Science: http://science.sciencemag.org/content/351/6278/1196

L'articolo di Bertocchini, Bombelli e Howe: http://www.cell.com/current-biology/abstract/S0960-9822(17)30231-2
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