Il 17 maggio di ogni anno si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia. L'evento, noto con l'acronimo IDAHOBIT (International Day Against Homophobia, Biphobia and Transphobia), è stato pensato da Louis-Georges Tin, curatore del "Dictionnaire de l'homophobie", per sensibilizzare l'attenzione di politici, opinion leader, movimenti sociali, pubblico e media sulle violenze e le discriminazioni subite dagli appartenenti alla comunità LGBTQIA+ in tutto il mondo. La Giornata, riconosciuta anche dalle Nazioni Unite, si celebra in oltre 130 Paesi in tutto il mondo.
La data del 17 maggio è stata scelta per commemorare la decisione adottata nel 1990 dall'Organizzazione Mondiale della Sanità di rimuovere l'omosessualità dalla lista delle psicopatologie. Dall'anno della sua istituzione, l'evento ha ricevuto il riconoscimento ufficiale di diversi Stati e istituzioni internazionali. Tra queste l'Unione Europea, che dal 2007 appoggia l'evento sul territorio degli Stati membri. Di quell'anno è la famosa "Risoluzione del Parlamento europeo sull'omofobia in Europa" che, all'articolo 8, ribadisce espressamente l'invito "a tutti gli Stati membri a proporre leggi che superino le discriminazioni subite da coppie dello stesso sesso e chiede alla Commissione di presentare proposte per garantire che il principio del riconoscimento reciproco sia applicato anche in questo settore al fine di garantire la libertà di circolazione per tutte le persone nell'Unione europea senza discriminazioni".
Situazione in Europa
Nel mondo, più di 2 miliardi di persone vivono in paesi in cui l'omosessualità è illegale. In 11 giurisdizioni le relazioni consensuali fra persone dello stesso sesso sono ancora passibili di pena capitale. Se negli ultimi 10 anni abbiamo riscontrato segni di progresso a livello globale, continuano a esistere tuttavia discriminazione ed esclusione a causa dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere, e stiamo assistendo a un preoccupante arretramento per quanto riguarda i diritti delle persone LGBTQIA+. I livelli di violenza contro queste persone sono anch'essi allarmanti, anche se ampiamente sottosegnalati. A causa del loro orientamento sessuale e della loro identità di genere i giovani, in particolare, devono affrontare il rifiuto delle loro famiglie, l'abbandono della propria casa, e molestie on-line e off-line. Dobbiamo adoperarci per costruire società pacifiche e inclusive, dove ciascuno possa crescere e vivere appagato e sentirsi sicuro. L'uguaglianza, il rispetto della dignità e il rispetto della diversità sono valori centrali dell'Unione europea. Ciascuno dovrebbe liberamente poter essere sé stesso e amare chi ha scelto senza paura.
La carriera alias è una questione di diritto allo studio
“Le persone trans hanno il più alto tasso di abbandono scolastico. I pochi tentativi per aiutarle sono ostacolati dai gruppi “no gender”, che da tempo tengono sotto controllo il mondo della scuola”.
Carriera alias è un regolamento d’istituto che permette a studenti trans di usare in ambito scolastico (o universitario) il proprio nome di elezione. “È un accordo che garantisce la possibilità di essere visti e conosciuti dagli altri con il proprio nome di elezione, senza dover fare un coming out obbligatorio o continuo davanti a compagni o insegnanti”, spiega Fiorenzo Gimelli, presidente di Agedo, associazione di genitori, parenti e amici di persone lgbtq+. “Resta fermo che il nome anagrafico è usato in tutti i documenti che hanno valore legale verso l’esterno. Sono due percorsi distinti. L’unica finalità della carriera alias è tutelare il benessere delle persone”.
Il regolamento è nato anche grazie alla riflessione di associazioni e genitori. Il senso è quello di rendere effettivo il diritto allo studio delle persone trans. “L’Italia è un paese fortemente arretrato rispetto a questa realtà, troppo spesso negata e invisibilizzata. E l’invisibilit porta a violenza. Sono persone che, se non supportate e incoraggiate a potersi esprimere per ciò che sono, sono costrette a una vita che non è la loro, ma quella che la società e la famiglia si aspetta”, dice Elisabetta Ferrari, presidente di GenderLens.
Secondo i dati dell’agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (Fra), in ambito scolastico il 56 per cento delle persone lgbtq+ dichiara di nascondere sempre la propria identità. La percentuale sale al 77 per cento per adolescenti trans o non conformi al genere assegnato alla nascita. Studi e ricerche citati da GenderLens, individuano la scuola come luogo dove ci sono più spesso episodi di violenza e bullismo contro le persone lgbtq+, con conseguenze sulla salute mentale e sul rendimento scolastico. In questo contesto, le persone trans hanno il più alto tasso di abbandono, con il 43 per cento degli adolescenti tra i 12 e i 18 anni che lascia la scuola prima di aver terminato gli studi. “Non si può ignorare questa situazione”, dice Ferrari.
Da alcuni anni la carriera alias è entrata in diversi atenei e circa 160 istituti scolastici, basandosi sulla normativa sull’autonomia e sulle linee guida su bullismo e discriminazioni, e grazie ad accordi con studenti, famiglie e associazioni. Al momento non esistono previsioni ministeriali, il che significa da un lato che l’adozione del regolamento è a discrezione della direzione scolastica, e dall’altro che i modelli di applicazione possono essere diversi.