Il report di quest’anno evidenzia che dal 2000 sono stati fatti dei progressi nella riduzione della fame, ma questi progressi sono stati irregolari e il numero di persone che soffrono la fame nel mondo è ancora inaccettabilmente alto. Il livello di fame, infatti, resta grave o allarmante in ben 51 Paesi ed estremamente allarmante in uno, la Repubblica Centrafricana, dove in 17 anni non è stato registrato neanche un debole miglioramento. A livello macroregionale le zone più colpite dalla fame sono l’Asia meridionale e l’Africa subsahariana, in cui negli ultimi decenni si sono registrati violenti conflitti e guerre civili che hanno portato con sé numerose crisi e carestie.
A causa della mancanza di dati sulla denutrizione o delle stime sull’arresto della crescita e il deperimento infantili, non è stato possibile calcolare l’Indice Globale della Fame per tutti i Paesi del mondo. Ma potrebbero essere proprio i Paesi esclusi dal calcolo del GHI quelli maggiormente a rischio: Paesi come la Repubblica Democratica del Congo, l’Eritrea, la Siria, la Somalia e il Sud Sudan, infatti, mancano di dati statistici proprio perché vivono da anni una situazione drammatica.
Analizzando nel dettaglio le singole regioni, emergono notevoli differenze all’interno dei Paesi stessi: l’America Latina, per esempio, ha uno dei più bassi livelli regionali di fame, ma i tassi di arresto della crescita nei dipartimenti del Guatemala variano dal 25% a un impressionante 70%. Per questo motivo è fondamentale adottare non un approccio unico, ma una più ampia varietà di programmi e strategie per combattere la fame nel mondo. Scoprite tutti i dati l’Indice Globale della Fame sul sito dedicato: www.indiceglobaledellafame.org