Cause
La causa è spesso un’alimentazione sbagliata o insufficiente, o un aumento del fabbisogno di micronutrienti – come avviene durante la gravidanza e l’allattamento, o durante malattie o infezioni. Questo ha conseguenze negative sia per lo sviluppo e la crescita dei bambini, che per la salute e il funzionamento fisico e mentale degli adulti.
Effetti
I suoi effetti possono essere devastanti, ma spesso restano invisibili: ecco perché le carenze di micronutrienti sono chiamate “fame nascosta”. Le carenze più gravi che colpiscono la salute e lo sviluppo di bambini ed adulti sono dovute alla mancanza di 4 micronutrienti principali: iodio, ferro, vitamina A, zinco.
Ogni carenza ha degli effetti gravi e specifici:
- Le carenze di vitamina A pregiudica la salute e la capacità di sopravvivenza dei bambini, indebolendone il sistema immunitario
- La mancanza di zinco può compromettere lo sviluppo e portare ad un arresto della crescita.
- La mancanza di iodio e ferro impedisce ai bambini di sviluppare il loro potenziale fisico ed intellettuale.
Cure
Gli interventi per combattere al meglio la fame nascosta si concentrano di solito su donne, neonati e bambini piccoli. Agire direttamente su questi gruppi specifici permette di raggiungere alti tassi di successo nel miglioramento della salute, delle condizioni nutrizionali e dell’apprendimento nelle successive fasi della vita.
La diversificazione della dieta è alla base della prevenzione della fame nascosta. Una dieta sana, composta da cibi diversi e bilanciati, è caratterizzata da un buon equilibrio e una giusta combinazione di macronutrienti (carboidrati, grassi e proteine), micronutrienti essenziali ed altre sostanze come le fibre.
Le soluzioni alla fame nascosta
Diversificare le diete
Una delle strategie più efficaci per prevenire in modo sostenibile la fame nascosta consiste nell’aumentare la diversità della dieta (Thompson e Amoroso 2010). Questa è correlata a una migliore situazione nutrizionale nei bambini, indipendentemente dal contesto socioeconomico (Arimond e Ruel 2004). Sul lungo periodo, la diversificazione alimentare garantisce una dieta salutare, contenente una combinazione equilibrata e adeguata di macronutrienti (carboidrati, grassi e proteine), micronutrienti essenziali e altre sostanze come la fibra alimentare. Una dieta a base di cereali, legumi, frutta, verdura e alimenti di origine animale costituisce un’alimentazione adeguata per la maggior parte delle persone, anche se certi gruppi specifici, come le donne incinte, potrebbero avere bisogno di integratori (FAO 2013). Tra i modi efficaci per promuovere la diversificazione della dieta ci sono le strategie incentrate sugli alimenti, come la coltivazione di un orto proprio e la sensibilizzazione volta a modificare le pratiche delle persone relativamente all’alimentazione di neonati e bambini, e alla preparazione del cibo – che include metodi per la conservazione degli alimenti per evitare la perdita di sostanze nutritive.
L’arricchimento degli alimenti industriali
L’arricchimento degli alimenti industriali, che prevede l’aggiunta di piccole quantità di micronutrienti agli alimenti di base o ai condimenti durante la loro elaborazione, aiuta i consumatori a raggiungere i livelli raccomandati di tali sostanze. L’arricchimento degli alimenti – una strategia per la salute pubblica scalabile, sostenibile ed efficace in termini di costi – ha avuto particolarmente successo nel caso del sale iodato: il 71% della popolazione mondiale ha accesso al sale iodato e il numero di Paesi con carenze di iodio è sceso dal 54 al 32% dal 2003 (Andersson, Karumbunathan, e Zimmermann 2012). Altri esempi classici di arricchimento di alimenti sono l’aggiunta di vitamine del gruppo B, ferro e/o zinco alla farina di frumento e l’aggiunta di vitamina A all’olio da cucina e allo zucchero.
L’arricchimento degli alimenti può essere particolarmente efficace per i consumatori urbani che acquistano alimenti arricchiti e processati industrialmente, mentre raggiunge più difficilmente i consumatori rurali, che spesso non hanno accesso agli alimenti industriali. Se si vuole arrivare anche a chi ne ha più bisogno, l’arricchimento degli alimenti dev’essere sovvenzionato o reso obbligatorio, altrimenti le persone potrebbero scegliere cibi più economici non arricchiti.
L’arricchimento degli alimenti, comunque, presenta un certo numero di problemi. In alcuni casi la gente non si fida degli alimenti arricchiti. Per esempio, secondo la Micronutrient Initiative, fino al 30% dei pakistani non usa il sale iodato, per l’erronea credenza che lo iodio provochi infertilità e perché si è diffusa la voce che ci sia un complotto per limitare la crescita della popolazione (Leiby 2012). Da un altro punto di vista, non sempre è facile determinare il livello adeguato dei nutrienti. Le sostanze utilizzate per arricchire gli alimenti potrebbero non essere stabili e andare perse durante il processo di preparazione o conservare del cibo. Inoltre, la biodisponibilità – ovvero il grado o il tasso di assimiliazione di una sostanza – potrebbe essere limitata. Detto questo, ci sono sempre più prove a sostegno dell’accettabilità e dell’efficacia dell’arricchimento degli alimenti.
Bioarricchimento
Il bioarricchimento è un nuovo tipo di intervento relativo alle coltivazioni agricole, che consiste in metodi convenzionali o transgenici per aumentare il contenuto di micronutrienti. Con la selezione delle sementi si possono ottimizzare anche la resa e la resistenza ai parassiti e le caratteristiche di consumo, come il sapore o il tempo di cottura, migliorando così le vrietà convenzionali. Ad oggi, sono state distribuite agli agricoltori solo le sementi bioarricchite con tecniche convenzionali.
Tra le varietà bioarricchite prodotte e distribuite ci sono la patata dolce arancione alla vitamina A, il mais alla vitamina A, la manioca alla vitamina A, i fagioli al ferro, il miglio perlato al ferro, il riso allo zinco e il grano allo zinco. Anche se le colture bioarricchite non sono disponibili in tutti i Paesi in via di sviluppo, ci si si attende che nei prossimi cinque anni il bioarricchimento possa crescere in modo significativo (Saltzman et al. 2013).
Gli alimenti bioarricchiti potrebbero costituire una fonte costante e sicura di micronutrienti specifici per persone non raggiunte da altri tipi di interventi. A differenza dell’arricchimento su larga scala, che raggiunge più i consumatori urbani di quelli rurali, il bioarricchimento arriva prima nelle aree rurali dove vengono prodotte le colture. Le eccedenze di colture bioarricchite possono arrivare sui mercati, raggiungendo prima i consumatori delle zone rurali, e poi quelli delle zone urbane.
Dato che le colture di base bioarricchite non forniscono nè un così alto livello nè una così ampia varietà di minerali e vitamine rispetto to agli integratori o agli alimenti arricchiti industrialmente, non sono la migliore risposta alle carenze cliniche. In ogni caso, possono aiutare a colmare le mancanze di micronutrienti e aumentare l’assunzione giornaliera di vitamine e minerali nell’arco della vita (Bouis et al. 2011). Per quanto lo studio del bioarricchimento non sia ancora completo, svariate colture (fagioli, mais, orzo perlato, riso e patata dolce arricchiti di ferro; e cassava arricchita di vitamina A) dimostrano di migliorare i livelli di micronutrienti (Haas et al. 2005; 2011; 2013; 2014; Luna et al. 2012; Scott et al. 2012; Pompano et al. 2013; De Moura et al. 2014; Tanumihardjo et al. 2013; Talsma 2014; van Jaarsveld et al. 2005).
Gli interventi di distribuzione delle patate dolci arancioni bioarricchite hanno aumentato in modo significativo l’assunzione di vitamina A delle madri e dei bambini piccoli (Hotz et al. 2012a; Hotz et al. 2012b).
La somministrazione di integratori alimentari
L’integrazione della dieta con vitamina A è uno degli interventi più efficaci in termini di costi-benefici per migliorare la sopravvivenza infantile (Tan-Torres Edejer et al. 2005).
Tra il 1999 e il 2005, la copertura è più che quadruplicata, e nel 2012 i tassi stimati di copertura erano attorno al 70% (UNICEF 2014b).
I programmi di somministrazione di vitamina A sono spesso integrati nelle politiche sanitarie nazionali, perché tale vitamina è associata a una riduzione del rischio di mortalità generale e dell’incidenza di diarrea (Imdad et al. 2010). Secondo l’UNICEF, almeno il 70% dei bambini tra i 6 e i 59 mesi di età necessita di integratori di vitamina A ogni 6 mesi, se si vuole raggiungere la riduzione auspicata del tasso di mortalità infantile. Tuttavia, a causa delle fluttuazioni dei finanziamenti, la copertura di interventi in molti Paesi prioritari varia notevolmente di anno in anno. Va inoltre notato che la somministrazione di vitamina A è rivolta tipicamente solo ai gruppi vulnerabili di età compresa tra i 6 mesi e i 5 anni.
La somministrazione di integratori alimentari è meno comune nel caso di carenze di altri micronutrienti. In alcuni Paesi, alle donne incinte vengono prescritti integratori di ferro e acido folico, anche se i tassi di copertura sono spesso bassi e quelli di assunzione regolare ancora più bassi. Per quanto riguarda i bambini, l’arricchimento casalingo con micronutrienti in polvere e integratori nutrizionali a base di lipidi può fornire molte sostanze importanti, come ferro e zinco; ma dare ampia diffusione a questi micronutrienti è ancora più difficile di quanto non sia con gli integratori di vitamina A.
L’apprendimento di nuove pratiche presenta molte difficoltà. In un esperimento svolto nella Cina rurale, circa metà dei genitori o dei nonni hanno smesso di somministrare ai bambini gli integratori a base di soia, ferro, zinco, calcio e vitamine che erano stati forniti gratuitamente, perché pensavano che non fossero sicuri o autentici. Temevano inoltre che glieli avrebbero fatti pagare in un secondo momento (Economist 2014).
Possibili soluzioni
Per combattere la fame nascosta, sono necessari:
- Interventi di sensibilizzazione per modificare i comportamenti e migliorare così l’uso dei servizi legati alla salute, dell’acqua potabile, dei servizi sanitari e delle misure igieniche da parte di donne, neonati e bambini – proteggendoli in questo modo dalle malattie che interferiscono con l’assorbimento di nutrienti;
- L’uso di messaggi mirati a promuovere buone pratiche, come per esempio l’inizio precoce dell’allattamento al seno esclusivo fino a 6 mesi, seguito dall’allattamento al seno fino a 24 mesi accompagnato da alimenti complementari adeguati e sufficienti, come modo economico e sostenibile di prevenire la fame nascosta nell’infanzia;
- Strategie di protezione sociale che consentano alle persone povere di accedere ad alimenti nutrienti difendendole dalle impennate dei prezzi;
- Attenzione particolare all’emancipazione delle donne, aumentandone l’accesso all’istruzione. Il percorso per eliminare la fame nascosta sarà complesso e pieno di ostacoli. Ma se si assegneranno risorse sufficienti, si svilupperanno le politiche corrette e si faranno gli investimenti appropriati, sarà possibile superarli (Fan and Polman 2014). C’è ancora molto da fare per permettere alle persone di tutto il mondo di migliorare l’accesso ad alimenti ricchi di sostanze nutritive e alle rispettive comunità di superare le cattive condizioni di salute e raggiungere le proprie potenzialità di sviluppo.
Per approfondimenti http://indiceglobaledellafame.org/edizioni/page/2/
Foto di Gianfranco Ferraro