Ruth è stata la seconda donna della storia americana (dopo Sandra Day O’Connor) a far parte della Corte Suprema[1], massimo organo giudiziario degli USA.
Vita privata
È nata a Brooklyn nel 1933 da genitori ebrei immigrati dalla Russia, dopo il diploma di scuola superiore si è laureata alla Cornell University per poi iscriversi alla prestigiosa scuola di legge di Harvard (fu una delle 9 donne su 552 studenti) senza però concluderla a causa di disguidi amministrativi e così si laureò alla Columbia University.
Si sposò molto giovane con un avvocato che la sostenne nelle sue battaglie nonostante in molti gli dicessero che Ruth doveva stare a casa a sfornare biscotti e prendersi cura della casa e della figlia. Lui però non li ascoltava.
Vita lavorativa
Per anni fu avvocata e si batte per il riconoscimento e l’eliminazione della discriminazione di genere presente nella società statunitense e di quel periodo lei disse: “I giudici pensavano di essere dei bravi padri, dei bravi mariti, e non consideravano discriminatori gli ostacoli che dovevano affrontare le donne, credevano davvero nell’idea conservatrice che le distinzioni – le donne non dovevano fare le giudici – fossero per il loro bene, per la loro tutela. La società non era ancora avanzata al punto da influenzare la Corte”.
Il cambiamento è arrivato grazie alle lotte femministe degli anni ’70 ma anche grazie a lei e a ad una causa “Reed v. Reed” per cui si batté strenuamente. Due ex coniugi separati si contendevano la proprietà immobiliare del loro figlio deceduto e la legge dell’Idaho, lo Stato in cui risiedevano, prevedeva che in questi casi la precedenza fosse data al padre. Ginsburg scrisse la difesa della donna sostenendo che i trattamenti differenziati che stava ricevendo erano di carattere discriminatorio e che per questo costituivano una violazione del quattordicesimo emendamento. Grazie a ciò, la Corte Suprema deliberò in favore stabilendo che non possono esserci discriminazioni tra uomo e donna nella nomina dell’amministratore di una proprietà immobiliare.
Nei ventisette anni in cui fu giudice alla Corte Suprema «ha rivoluzionato il mondo del diritto e della giustizia, battendosi apertamente per il riconoscimento dei diritti fondamentali della persona e per la eliminazione di quelle arretratezze culturali e incrostazioni del sistema giudiziario che continuavano ad operare sul fronte dell’uguaglianza dei diritti e della parità di trattamento, con l’effetto di ridurre per tutti, non solo per le donne, gli spazi di libertà e di autodeterminazione necessari per una piena cittadinanza».
Famosi sono infatti i suoi “I dissent” (sono in disaccordo) con i quali si opponeva alle ingiustizie che incontrava.
È morta all’età di 87 anni il 18 settembre 2020, poche settimane prima delle presidenziali americane.
[1] La Corte Suprema è l’organo giudiziario federale di grado più elevato nella magistratura statunitense. In modo simile alla nostra Cassazione, la Corte Suprema esprime pareri sulla legittimità delle sentenze di primo e secondo grado, emanate rispettivamente dai tribunali distrettuali e dalle corti d’appello.
Valeria Lotti